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Le "Nuvole" di Aristofane - TRAMA

greco



Le "Nuvole"

di Aristofane





TRAMA

Composta dapprima per le Dionisie del 423 a.C. e accolta piuttosto freddamente, "Le nuvole" fu in seguito rielaborata da Aristofane. È appunto questa seconda stesura che è giunta fino a noi. Il contadino Strepsiade non riesce a dormire: pensa ai suoi debiti e agli interessi che dovrà pagare alla fine del mese. Il figlio Fidippide, invece, ronfa tranquillo, sognando i cavalli e le corse in cui spende tutto il denaro paterno. Strepsiade, rimpiange la sua semplice vita di campagna prima del disgraziato matrimonio con un'aristocratica e raffinata gran dama, dalla quale il giovane Fidippide ha ereditato l'inclinazione agli agi e al lusso; persino, sul nome da dare al figlio i due sposi avevano stentato a raggiungere un accordo: lei ne voleva uno in "ippo", da cavaliere, lui lo voleva chiamare Fidonide, "uno che risparmia"; e si erano decisi per Fidippide. D'improvviso al vecchio si presenta una soluzione. Sveglia il figlio e gli propone di entrare nel Pensatoio di Socrate per apprendere la pratica sofistica del ton etto logon creitto poiein, cioè del "rendere più forte il discorso più debole", in modo da eludere i creditori. Di fronte al rifiuto di Fidippide, non esita a farsi egli stesso scolaro. Quindi si reca al pensatoio e vi incontra gli individui più strani; ad un certo punto scorge, in una cesta sospesa per aria, il celebre filosofo Socrate: per ottenere quanto desidera - gli dice il maestro- dovrà abbandonare i vecchi dei e affidarsi alle nuvole (il coro), le sole vere divinità. Esse compaiono: promettono di aiutare Strepsiade a divenire un oratore imbattibile e lo affidano a Socrate. Nella parabasi per bocca della corifea Aristofane si lamenta della scarsa fortuna di questa sua commedia, già rappresentata precedentemente; ricorda il successo di altre sue opere, rivendicando la propria capacità di proporre sempre argomenti 929g64j nuovi, senza servirsi di mezzi volgari per suscitare il riso. Polemizza, infine, con gli Ateniesi che hanno rieletto ad alte cariche l'odiato Cleone e li incita ad arrestarlo per furto e corruzione. Le lezioni, tuttavia,confondono le idee al semplice Strepsiade, che costringe Fidippide ad entrare in sua vece nel pensatoio. Qui il Discorso giusto e il Discorso ingiusto, personificati, si contendono in un agone la palma del migliore: alla fine, Fidippide sceglie il Discorso ingiusto e spiega al padre con quali mezzi può evitare di rimborsare i creditori. Dopo però lo picchia, dimostrandogli con quegli stessi mezzi di aver proprio ragione: quando era bambino, infatti, Strepsiade lo aveva percosso più volte per correggerlo; ora che è diventato adulto, il figlio si limita a rendergli il favore, del resto "i vecchi"-dice- "sono due volte bambini; anzi è giusto che ne prendano più i vecchi che i giovani, perché meno dei giovani dovrebbero sbagliare". Ma quando Fidippide minaccia di picchiare anche la propria madre, il vecchio fuori di sé, si precipita a dar fuoco al pensatoio. La commedia oggi appare come una delle più riuscite del poeta per la capacità di trasferire situazioni contingenti in una dimensione universale, eternando in Strepsiade e Fidippide il perenne conflitto delle generazioni ed il problema di una corretta scelta educativa: un tema trattato da Aristofane col genio di una comicità smagliante.





PERSONAGGI PRINCIPALI

Strepsiade: Vecchio contadino semplice che in un primo momento non esita minimamente a ricorrere alle arti ingannatrici della scuola di Socrate pur di porre fine ai propri guai finanziari. La sua natura semplice è testimoniata fin dall'inizio, quando sostiene di avere commesso un errore sposando una donna di gran casato, poiché individua nella casta di lei i germi della dabbenaggine del figlio Fidippide, del quale critica anche "le fluenti chiome", che ancora una volta testimoniano le sue origini più elevate, derivanti dal casato materno.
In alcuni tratti Strepsiade ha caratteristiche comiche, quando, ad esempio, la sua grettezza intellettuale gli impedisce di comprendere gli insegnamenti di Socrate, o addirittura lo induce a fraintenderne il significato, interpretandoli tutti in modo molto materiale. Solo alla fine della commedia capirà a fondo gli errori che la sua iniziale superficialità lo ha indotto a commettere, e, dando fuoco al pensatoio, con tutti i suoi inganni, in qualche modo si riscatta agli occhi del lettore moderno e del pubblico. Strepsiade rappresenta l'opposto di Socrate e la mentalità comune e gretta del ceto popolare; è un impasto di idee tradizionali e di grettezza contadina.

Fidippide: La scelta del suo nome ci fa subito capire che ci troviamo di fronte ad un personaggio di nobili origini (da parte materna), il quale si presenta a noi come il classico erede della nobiltà, a cui piacciono i cavalli e i cavalieri, e che quindi si considera uno di loro (v.82; v.116; v.122), sprezzante delle richieste del padre, fra le quali quella di andare a scuola. Quando infine accondiscende a frequentare il pensatoio di Socrate, trova gusto nell'imparare le novità, nel poter disprezzare le leggi perché è comunque in grado di farsene beffe, avendo scelto di seguire gli insegnamenti di Discorso Peggiore, e conclude la sua apparizione sulle scene sostenendo che è giusto picchiare sia il padre che la madre, dichiarazione questa contraria a qualunque insegnamento morale, di allora come di adesso. È scontato, quindi, che Fidippide non riesca a conquistare la simpatia del lettore.

Socrate: È il protagonista della commedia, e non solo personaggio teatrale, ma anche figura storica che, venticinque anni dopo essere stato portato sulla scena, fu processato da un tribunale di Atene e condannato a morte sia perché con i suoi insegnamenti corrompeva i giovani sia perché non riconosceva gli dei che la città venerava, ma apprezzava invece divinità nuove e diverse.
Egli rappresenta nel testo il sofista corruttore che inganna la gente con le sue dottrine, la sua pericolosa sapienza e le sue capacità verbali, e ciò è dimostrato più che chiaramente dalla facilità con cui convince Strepsiade a credere nelle nuove e ingannevoli divinità delle Nuvole; il filosofo non esita a rappresentarle al povero contadino con il loro aspetto più terribile e minaccioso, perché egli ne sia terrorizzato e, di conseguenza, affinché lo abbia in suo potere.
La dialettica di Socrate risulta, quindi, una scienza negativa, poiché esasperata nelle conseguenze, portata avanti da questa figura del "sapiente" che si estranea dalla comunità dei cittadini, che propone modelli di vita e credenze diversi da quelli tradizionali, che sovverte le abitudini radicate e corrompe le tradizioni. La sua scienza perciò non paga ed il semplice contadino Strepsiade, resosi conto di essere stato ingannato, distruggerà infine il pensatoio e tutto ciò che esso rappresenta. Aristofane tratta, quindi, da ciarlatano e da mistificatore un uomo che la nostra cultura considera uno tra i principali punti di riferimento, quasi una sorta di padre culturale, per non dire addirittura un martire. E' naturale quindi interrogarsi sulle ragioni che spingono Aristofane a prendere una tale posizione. La via più ovvia per risolvere il problema è all'interno del conflitto politico "innovazione-conserevazione": Aristofane, attivo protagonista del gruppo conservatore, risulterebbe ostile a Socrate dal punto di vista politico. Tuttavia questa interpretazione non è la più corretta, poichè non tiene conto del fatto che Aristofane e Socrate appartenevano a quella cerchia essenzialmente aristocratica che partorirà il governo dei "trenta tiranni". In realtà l'opposizione fra i due uomini ateniesi è da trovarsi nella diversa posizione culturale ed ideologica che essi assumono: Aristofane è l'emblema della cultura conservatrice mentre Socrate di quella innovatrice. Per Aristofane l'educazione deve avvenire mediante una poesia rigorosamente priva di elementi intellettuali, per Socrate e la sofistica invece essa deve compiersi mediante il dialogo critico fondato sulla logica eleatica. Tale opposizione non è riconducibile pienamente ad un semplice conflitto tra "pensiero intuivo" e "pensiero critico": siamo in realtà di fronte ad uno scontro tra culture radicalmente diverse che solo con difficoltà riescono a confrontarsi.



L'ATENE DEL SUO TEMPO

Intorno al 460 a.C. il partito democratico di Efialte e di Pericle salì al potere approfittando di alcuni insuccessi dei conservatori che, fino ad allora, avevano guidato la politica della città. Pericle guidò da solo per oltre trent'anni le sorti di Atene, rispettandone i principi democratici: con una grandiosa politica di nuove costruzioni e di abbellimenti della città, egli diede lavoro e benessere alle nuove masse popolari a cui aveva anche dato l'effettiva possibilità di occuparsi della cosa pubblica istituendo un'indennità per quei cittadini che avessero dovuto fungere da giudici popolari. È in questa età che Atene divenne il centro morale dell'Ellade, cui convenivano da ogni località greca poeti, retori e sofisti: qui sorsero nel secolo successivo le grandi scuole filosofiche dell'Accademia e dei peripatetici. Giovò anche alla gloria di Atene l'essere divenuta paladina dei movimenti democratici di tutto il mondo greco, contrapponendosi in ciò agli ideali statici e conservatori propugnati dalla sua grande rivale, Sparta.

La politica estera di Atene durante l'età periclea fu essenzialmente volta ad affermare il primato della città sul resto della Grecia e, nel tentativo di raggiungere questa supremazia, Atene lottò soprattutto contro Tebe e Sparta; contro queste due città e le loro alleate dovette sostenere più tardi la lunga e sfibrante guerra del Peloponneso (431-404), provocata e voluta dallo stesso Pericle, nella quale Atene vide infine crollare il proprio predominio. Dopo la morte (nel 429 a.C.) di colui che probabilmente fu il più grande uomo politico ateniese, il clima politico fu acceso e contrastato per l'ascesa, ai vertici degli organi decisionali, dei leader demagogici. Essi erano politici privi di scrupoli, il cui potere personale era solo apparentemente ancorato al consenso della massa civica, ma, in realtà, poggiava sull'effimero ed interessato favore di precise componenti del corpo sociale e si nutriva di un esibizionismo politico ad effetto, ma spesso inconsistente e deleterio. Aristofane era un fermo sostenitore della democrazia e polemizzò duramente, così come altri commediografi, con Cleone, successore di Pericle. A differenza, infatti, della democrazia radicale di Pericle, quella di Cleone era solo una democrazia "apparente", viziata e corrotta dalla demagogia.

Tutti i drammi di Aristofane sono uno specchio deformato (per esigenze comiche) della società del suo tempo. Una società a due facce, fra loro contrastanti: la campagna e la polis ateniese, colta nell'epoca del suo massimo splendore culturale. Mondi distanti dal punto di vista temporale, non certo da quello spaziale: mentre la civiltà contadina è legata ad antiche leggi e ad antichi modi di pensare, quella cittadina è un'officina di nuove idee ed è proiettata al futuro. Questi due lati della stessa medaglia sono Strepsiade e Socrate. L'uno è un contadino tradizionalista, tenacemente legato alle idee conservatrici, l'altro è il perfetto esponente del pensiero laico e dei tempi nuovi. Aristofane, criticando la degradazione della società ateniese, permette ad un suo personaggio (moralmente ambiguo e spregiudicato) il passaggio dalla realtà quotidiana ad un mondo fantastico ed utopico. Questo passaggio è un modo per rinnovare la polis o per evadere da essa ed è scandito dall'atto di attraversare una porta, quella della casa di Socrate, che si spalanca su un mondo diverso. Questo "rito di passaggio" porta ad una nuova condizione esistenziale, fantastica e fiabesca, che si allontana dalla dimensione realistica ancorata alla vita quotidiana della polis. Quindi la commedia di Aristofane sovverte sul piano fantastico la città reale per delineare un mondo immaginario. Questi sono i due poli entro cui si sviluppa la trama: da un lato Atene con i suoi personaggi (come l'intellettuale Socrate) derisi pubblicamente, dall'altro lato, un'utopia, un mondo alla rovescia, lontano da qualsiasi tipo di esperienza dei sensi, quasi legato, come nella tragedia, al mito.


LA POSIZIONE DELL'AUTORE

Con "Le nuvole" Aristofane crea uno dei testi più complessi e inquietanti del teatro antico, nel quale dà del suo contemporaneo Socrate un giudizio che contraddice quello con cui la tradizione considererà il filosofo ateniese: un maestro sublime, dedito all'incessante ricerca della verità.Egli, invece, rappresenta il pensatoio di Socrate come una scuola di ribalderie, dove non si apprenderebbe solo l'arte di rafforzare una posizione debole attraverso l'affinamento delle capacità dialettiche, ma anche quella di giustificare sempre e comunque il proprio operato, così da riscuotere la generale approvazione. Sicuramente non si tratta di un fraintendimento involontario: infatti Socrate, pur non essendo un sofista- attento solo a onori e guadagni- è per Aristofane un esponente di quel pensiero critico che può dar luogo ad effetti disastrosi. Lo dimostra, appunto, il danno che ne viene allo sprovveduto Strepsiade che si fa discepolo socratico per imparare qualche imbroglio utile a tacitare i creditori; ancora maggiori poi sono i danni che la nuova filosofia arreca a suo figlio Fidippide , più intelligente del padre e meglio capace di assimilare e sfruttare quanto appreso dai cattivi maestri. Aristofane dimostra, quindi, una grande preoccupazione per l'educazione dei giovani: essi sono attratti dalla vita brillante e dai piaceri, ma devono addestrarsi ad assumere le responsabilità di futuri cittadini adulti. Lasciarli senza saldi principi, prospettare loro che ogni cosa può essere giusta o ingiusta, relativamente a come la si considera, significa educarli nella convinzione che qualunque arbitrio sia possibile, minando la società fin dalle fondamenta.Il vertice poetico del testo è rappresentato dall'agone fra Discorso giusto e Discorso ingiusto, i due personaggi che tentano di conquistare- ciascuno per sé- il favore di Fidippide. Ma mentre il primo gli propone un programma di vita austero, fatto di temperanza, controllo degli istinti, faticosi esercizi fisici e bagni freddi, così da acquisire le stesse virtù dei combattenti di Maratona; l'altro non soltanto teorizza la massima permissività in tutti i campi, ma sostiene anche con argomentazioni capziose il diritto per ciascuno di comportarsi come crede, facendosi beffe della moralità antica. Nelle discussioni vince il Discorso ingiusto; all'altro non resta che ritirarsi sconfitto, riconoscendo di non avere nulla di attraente da offrire, a parte la fedeltà ad una giustizia ormai scomparsa dalla coscienza degli individui.Sulle vicende degli uomini si librano poi le nuvole del coro, talvolta partecipi, più spesso impassibili osservatrici di tanta follia; una follia che, prima o poi, dovrà fare i conti con la volontà degli dei, giacché questi non consentiranno per sempre il trionfo della malvagità (cosa di cui Aristofane, con autentico senso religioso, è assolutamente convinto).Il coro esprime, inoltre, l'insoddisfazione del poeta per la sordità del pubblico ai suoi messaggi politici contro Cleone (vv.581sgg.). "Quando eleggeste stratego quel cuoiaio di Paflagone, odioso agli dei, noi aggrottammo le ciglia e facevamo cose da pazzi.eppure lo eleggeste. Dicono infatti che in questa città sia presente il cattivo consiglio, ma che comunque poi gli dei volgano al meglio i vostri errori". Sulla soglia del regime democratico o demagogico, quando l'aspirazione di pochi individui al subdolo controllo delle masse sembra vanificare la partecipazione di tutti alle decisioni comuni, Aristofane esprime la sua speranza e volontà di cambiamento dichiarando la propria fiducia nella vitalità intrinseca delle istituzioni democratiche.


CRITICA SU "LE NUVOLE" DI ARISTOFANE


-LE NUVOLE E LA QUESTIONE SOCRATICA

Da sempre studi e letture de "Le Nuvole"sono stati orientati dai suggerimenti del più antico critico di Aristofane: Platone. Far dire a Socrate stesso, nell'Apologia, che la causa reale della sua condanna non era tanto l'accusa occasionale di Anito e Meleto,quanto la diffamazione remota di un "autore di commedie",significò far coincidere l'inizio dei mali del filosofo con la "commedia di Aristofane". L'avvicendarsi inesauribile di questioni interpretative su "Le Nuvole" è stato per secoli sorretto dal dogma della responsabilità di Aristofane nella condanna del filosofo e si è pensato che la rappresentazione di Socrate, per quanto distorta dall'ostilità e dalla satira, sia stata comprensibilmente interpretata come immagine attendibile del personaggio storico. Così già in Diogene Laerzio ed in Eliano troviamo l'ipotesi d'accordo tra Aristofane e gli accusatori di Socrate. Meno drammatico risulta invece l'intervento di Eunapio secondo il quale "Aristofane,pur non direttamente prezzolato,sarebbe comunque responsabile del verdetto contro Socrate".Anche Taylor in "Varia socratica" è convinto assertore della storicità del Socrate di Aristofane e sostiene che ne "Le Nuvole" non fosse "parodiata l'arte di Protagora e Gorgia ma la vera dialettica quella di Socrate e dei suoi amici eleatici e pitagorici."Solo a partire dalla fine del Settecento si rinuncia a vedere in Aristofane un "carnefice consapevole" e sul personaggio di Socrate ne "Le Nuvole" si formano finalmente ipotesi diverse come quelle di ispirazione romantica o quelle addotte da Hegel che rivendicano la "serietà culturale e politica" di Aristofane, liberando così le Nuvole dall'accusa ormai divenuta canonica.E' in "Aristophanis comoediae ex optimis exemplaribus emendatae" che Brunk considera Socrate come "riflesso di una prassi letteraria più che di una figura reale" e reputa dunque che"il nome del filosofo servirebbe solo a dare forma e credibilità ad un insieme di tratti eterogenei tipici della commedia antica". Sarà Maier con la celebre monografia socratica "Sokrates" (le cui tesi erano peraltro già presenti in Wilamowitz e saranno riprese da Schmid) che combinerà l'ipotesi dell'equivoco (Socrate come rappresentate antonomastico dei filosofi naturalistici da lui in realtà così distanti) con la teoria della tipicità da commedia. Alessandro Grilli tende invece a sottolineare che ne "Le Nuvole" ci sia una buona probabilità che "i tratti del filosofo siano tipizzati e solo la mancanza di confronti estesi con caricature analoghe impedisce di ricondurne univocamente una buona parte alle convenzioni del genere".


- L'ASCETISMO

Alessandro Grilli crede che ne "Le Nuvole" "importante sia il fattore dell'ascetismo intrinseco alla disciplina del Pensatoio" anche se "i tratti propriamente ascetici associabili alla figura di Socrate non hanno tuttavia grande rilievo drammatico e si limitano alla mera caratterizzazione esteriore del personaggio.Il vero ascetismo de "Le Nuvole" si manifesta, invece, in una serie di rinunce prospettate e, in un'ultima analisi, imposte dal Coro al vecchio protagonista."

Bateson crede che la situazione di Stripsiade di fronte al programma ascetico de "Le Nuvole" si configuri come un "Double Bind" : "la soluzione del problema è possibile ma coincide con i sintomi del problema stesso."Il protagonista si trova in un vero e proprio "labirinto degli specchi"(per usare le parole di Grilli) poiché crede di avere un figlio traviato dalle cattive compagnie,ma in realtà si tratta di un nemico irriducibile, e vorrebbe aggiustare ogni cosa mettendosi nelle mani di professionisti,che in realtà si rivelano pericoli persino per lui.



-I DUE AMBIENTI DE " LE NUVOLE"

Carlo Russo ha molto parlato dell'importanza della coesistenza di due ambienti differenti all'interno del quadro scenico. " In altre commedie "dice " la coesistenza di due o tre ambienti è estemporanea. Ne "Le Nuvole", invece, la coesistenza di due ambienti, regolata da un'altrettanto caratteristica coesistenza dal prologo in poi di molti distinti primi personaggi non antagonistici, arriva nel " Le Nuvole" ad essere perpetua. L'autore però continua dicendo che "i due ambienti avvicinati sono invece distanti nella realtà ateniese perché le persone non vengono concepite come"vicine di casa" ma ignorano le une le abitazioni delle altre", essendo comunque anche ideologicamente distanti reciprocamente.I due contrastanti ambienti vengono a simboleggiare una "battaglia ideologica" (come crede anche Schmid) tra la nuova cultura sofistica e quella conservatrice della classe aristocratica.


- L'IDEOLOGIA POLITICA DI ARISTOFANE E QUADRO SOCIOLOGICO NE "LE NUVOLE"

Ci si chiede come mai Aristofane ne "Le Nuvole" mentre attacca Socrate e mette alla berlina il democratico Cherefonte, non fa parola dei suoi giovani amici aristocratici, quali Alcibiade, Carmide e Crizia. Cout sostiene che "benché il soggetto lo richiedesse quasi necessariamente, Alcibiade non viene nominato poiché il poeta ed il giovane erano amici ed entrambi in quei tempi avversari della democrazia radicale". Anche secondo il "Platon" di Wilamowitz "il silenzio del commediografo fu dovuto a riguardo per i signori cavalieri, imposto ad Aristofane dalla sua posizione di partito."Molto differente risulta invece essere l'ipotesi di Robert per la quale "Le Nuvole" rappresenterebbero "il distacco e quasi una sorta di vendetta di Aristofane contro quel potente gruppo dei cavalieri dei quali, l'anno precedente, era stato al servizio.Al quadro sociologico che "Le Nuvole" sottendono ha, invece, rivolto l'attenzione Meautis in "L'aristocratie athenienne"; esse rappresenterebbero in forma comica ma "con sostanziale serietà"il processo di trasformazione dell'aristocrazia ateniese provocato dal "deracinement"dalla campagna alla città, che fu la conseguenza della politica imperialistica di Pericle.Quel "deracinement "che, secondo lo studioso, avrebbe costretto i giovani aristocratici ad un radicale mutamento del loro costume di vita: "dalla sana passione per i cavalli e per le caccia alle orge e alle dissipazioni urbane in compagnia di suonatrici di flauto e di sofisti".Per Maier (in "Socrate") e anche secondo il Winspear e il Silverberg, l'attacco ne "Le Nuvole" contro Socrate e la Cultura "illuministica" viene, infine, interpretato come "una lotta della tradizione e della conservazione contro la democrazia radicale".




BRANI


Se prendiamo sul serio due passi salienti delle Nuvole, commettendo una trasgressione rispetto al genere letterario, possiamo derivare, dalla commedia, due tesi altrettanto serie.

Aristofane, con un suo espediente tipico, quello di prendere le metafore alla lettera, mette in scena, a partire dal verso 889, un confronto di dissoi logoi, il Discorso migliore e il Discorso peggiore, facendo recitare le rispettive parti a una coppia di attori. Il Discorso migliore loda la sophrosyne dei tempi antichi e l'educazione che formò i vincitori di Maratona; il Discorso peggiore esalta l'individualismo, l'edonismo e la trasgressione.

Discorso peggiore: Se uno ti becca in flagrante con sua moglie, gli risponderai che non hai fatto niente di male; poi butterai la colpa addosso a Zeus, dicendo che anche lui soccombe all'amore per le donne. E tu, mortale come sei, come potresti avere più forza di un dio?
Discorso migliore: E se coi tuoi consigli si ritrova un rafano su per il culo e lo spellano con la cenere rovente, come farà dopo a sostenere di non avere il culo rotto?
Discorso peggiore: E anche se ha il culo rotto, che male c'é?
Discorso migliore: Non vedo cos'altro gli potrebbe capitare di peggio.
Discorso peggiore: Che ne diresti, allora, se ti dimostro che hai torto proprio su questo punto?
Discorso migliore: Me ne starè zitto. Cos'altro potrei fare?
Discorso peggiore: Dunque, dimmi un po': gli avvocati, che gente sono?
Discorso migliore: Rottinculo.
Discorso peggiore: Esatto. E i tragici?
Discorso migliore: Rottinculo.
Discorso peggiore: Giusto. E i politici?
Discorso migliore: Rottinculo.
Discorso peggiore: Ti rendi conto di aver torto marcio? Anche gli spettatori, guarda un po' chi sono, la maggioranza...
Discorso migliore: Sto guardando...
Discorso peggiore: E cosa vedi?
Discorso migliore: Per gli dei, la maggioranza assoluta sono rottinculo! Questo lo conosco, e anche quello, e anche il capellone qui davanti.
Discorso peggiore: E cosa ne concludi?
Discorso migliore: Abbiamo perso. Razza di culaperti, tenete, eccovi il mio mantello: passo dalla vostra parte.


A voler prendere sul serio l'argomento, il Discorso peggiore ha la meglio perché il Discorso migliore sostiene le sue tesi sulla base di una tradizione condivisa. Ma è sufficiente che la tradizione condivisa muti, perché quello che prima era così fondato rimanga senza sostegno. La debolezza del Discorso migliore non è stata creata da Socrate, bensì dai limiti della cultura poetica di fronte alla nuova cultura dell'argomentazione.





Questi limiti emergono ancora più chiaramente nell'argomentazione, non confutata, con cui Fidippide giustifica la liceità, da parte dei figli, di percuotere i genitori (vv. 1408 ss)

Fidippide: Quand'ero bambino, mi picchiavi?
Strepsiade: Certo, lo facevo per il tuo bene.
Fidippide: Dimmi, allora, non è giusto che anch'io ti voglia bene nello stesso modo, e ti picchi, visto che picchiare vuol dire voler bene? Perché il tuo corpo dovrebbe risparmiarsi le botte e il mio no? Eppure di nascita libera lo sono anch'io. "Piangono i figli e un padre, per te, non dovrebbe piangere?". Mi dirai che usa così, che le botte le prendono i bambini. Ma io ti potrei obiettare che i vecchi sono due volte bambini. Ed anzi è giusto che siano picchiati più dei giovani, in quanto hanno meno ragioni di sbagliare.
Strepsiade: Ma da nessuna parte è uso che al padre si facciano queste cose.
Fidippide: Eppure chi ha istituito per primo questa legge, non era forse un uomo come me e te, uno che ha convinto gli antichi coi discorsi? Ho forse meno diritto anch'io di istituire questa nuova legge per il futuro, che i figli picchino il padre che li picchia? Le botte che abbiamo preso prima della promulgazione di questa legge le condoniamo: siamo d'accordo, ci avete malmenato gratis. Tu però considera i galli e gli altri animali, come tengono a bada il padre. Eppure, in che cosa sono diversi da noi? Solo perché non scrivono decreti.


Se si confronta il primo argomento di Fidippide con quanto dice Socrate in Menone,71e ss, ci si rende conto che la struttura del ragionamento è molto simile. Socrate è alla ricerca di una definizione concettuale di virtù, che valga per tutti gli esempi particolari in cui essa si incarna: per questo, contro la morale tradizionale cui aderisce il suo interlocutore, riconosce che virtù di uomo e virtù di donna devono riferirsi a comportamenti uguali. Analogamente, se si riconosce che è giusto picchiare qualcuno per il suo bene, questo deve vale non solo nel caso del padre rispetto al figlio, ma in tutti i casi.
Il secondo argomento di Fidippide, che si oppone alla tradizione smascherandola come storica, è simile all'argomento con cui, in Repubblica 451e ss, Socrate sostiene che la tradizione di fare ginnastica nudi nelle palestre è di introduzione storica, e che all'inizio fu percepita come scandalosa. Conseguentemente, nulla vieta una ulteriore innovazione, e cioè l'estensione dell'uso alle donne, che può apparire altrettanto scandalosa: anch'essa, col tempo, potrà diventare una tradizione rispettata. Il fatto che il costume si fondi semplicemente sulla durata storica autorizza ad innovarlo, se si ha la forza argomentativa di far accettare nuove usanze.
Questi due argomenti, che mettono in luce con chiarezza l'inconsistenza concettuale della morale tradizionale, non vengono confutati da nessuna parte nella commedia. Il pubblico della commedia non aveva l'interesse e gli strumenti per dedicarsi all'analisi testuale: ma Aristofane, il quale godeva della stima di Platone (Simposio, 189c ss), sembra essere più consapevole della massa dei suoi spettatori.




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