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L'EDIPO RE di SOFOCLE

greco



L'EDIPO RE di SOFOCLE

Da Vernant a Paduano, il processo all'interpretazione freudiana della tragedia


La più famosa -seppur contestatissima- interpretazione dell'Edipo Re sofocleo si deve forse a Freud, che dalla tragedia fece derivare il nome del complesso maschile infantile per cui il bambino viene portato ad odiare il padre e ad attaccarsi morbosamente alla madre. Certo l'Edipo re assurse per Freud e per la psicoanalisi a paradigma del fenomeno psicologico, ma non solo, perché Freud stesso spiegò  l'efficacia della tragedia in questo modo:
 

Il suo (di Edipo) destino ci commuove soltanto perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il nostro primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza contro il padre: i nostri sogni ce ne danno convinzione. (...) davanti alla persona in cui 242h71c si è adempiuto quel desiderio primordiale dell'infanzia indietreggiamo inorriditi, con tutta la forza della rimozione che questi desideri hanno subito da allora nel nostro intimo. Portando alla luce della sua analisi la colpa di Edipo, il poeta ci costringe a prendere conoscenza del nostro intimo, nel quale quegli impulsi, anche se repressi, sono pur sempre presenti.



Sigmund Freud, da Interpretazione dei sogni, 1900

In parecchi testi, Freud riprende questa tesi e cita il mito di Edipo (la lezione XXI del ciclo di lezioni di Introduzione alla psicoanalisi, la lettera a Wilhelm Fliess del 15 ottobre 1897...). A questo proposito bisogna ricordare  quanto fosse importante per Freud e quanto lo sarà per la psicoanalisi (in particolar modo il filone junghiano)  ricorrere al mito: un po' come nella filosofia platonica, il mito diviene paradigma, exemplum, una via efficace per spiegare, più precisamente per far affiorare dall'inconscio ciò che abbiamo rimosso. L'importanza dell'arte per Freud sta anche in questo: egli stesso sostiene che "noi e lui [Freud e il poeta] attingiamo alle stesse fonti, lavoriamo sopra lo stesso soggetto, ciascuno di noi con metodo diverso". Riprendendo il discorso della critica freudiana, oltre il  passo sovracitato egli inserisce una serie di versi, dalla tragedia stessi, sui quali  fa poggiare trionfante la propria interpretazione:


dall Edipo Re di Sofocle, vv.977-983   GIOCASTA:     Ma perché sgomentarsi, se in balìa     della fortuna sono i casi umani,     che l'uomo non potrà mai preconoscere?     E' più saggio affidarsi alla ventura,     come si può; né tu temere le nozze     con tua madre. Non giacquero molti in sogno     con la loro madre? E vivono sgomenti     forse per i loro sogni? No, se vogliono    condurre la vita senza troppi affanni.


Freud nega l'interpretazione della tragedia secondo la quale la morale sta nell'accusa degli dei e del Fato, anzi nega che sia questa a causare l'effetto tragico. Piuttosto il successo della tragedia sta nel riconoscimento del lettore nell'Edipo, perché la tragedia stessa indica esplicitamente (nei versi sopra citati) che la leggenda è tratta da un primordiale materiale onirico.


La critica successiva ha negato l'interpretazione freudiana, un po' troppo semplicistica, non sottile forse perché priva del materiale filologico e storico di cui necessitava. L'intuizione freudiana sta nell'aver percepito l'importanza della tragedia quale analisi dell'animo, del conflitto interiore di Edipo che cammina verso la verità, pronta ad accecarlo: quando l'ubriaco alla festa gli confida la sua vera identità, Edipo sente qualcosa insinuarsi nel profondo, pungergli qualcosa che aveva rimosso (vv.779-786). Inoltre nella affannata ricerca di edipo, Freud vede un paragone col processo di analisi della psiche da lui stesso affrontato: Edipo solleva il velo che gli nasconde la verità, la sua identità parricida e incestuosa, come lo psicoanalista attraverso il dialogo "scopre" al di là della dimensione conscia,  L'Edipo Re è la parabola di un uomo riconosciuto come uguale agli dei dal punto di vista degli uomini, ma pari a nulla, cieco, per gli dei (cfr. Vernant, Ambiguità e rovesciamento. Sulla struttura enigmatica dell'Edipo Re). Chi nega il senso di colpa di Edipo è Jean Pierre Vernant stesso ( Edipo sans complexe è appunto il titolo di un suo saggio del 1979): dimostra quanto e come sia errata la prospettiva freudiana, poiché si propone in forma assiomatica e non scaturisce quale esito di una corretta e integrale analisi di tutti gli aspetti del testo. Come può un'opera letteraria che appartiene alla civiltà ateniese del V sec. a C. e che traspone essa stessa in maniera molto libera una leggenda tebana molto più antica, anteriore al regime della polis, confermare le osservazioni di un medico degli inizi del XX secolo sulla clientela di malati che frequentano il suo studio?: sono queste le parole di critica più diretta all'interpretazione freudiana, che secondo Vernant non è credibile anche perché non poggia su un lavoro minuzioso di analisi. Questo avviene perché Freud trascura la storicità del pubblico che fruisce dell'opera; egli procede nel senso opposto della psicologia storica, che prima ancora di analizzare contenuto, tema, lingua, si occupa del contesto in cui avviene la performance. Una volta analizzato il contesto storico dell'Atene del V sec. a C. , rendendosi conto di come si trattasse di un ambiente politicamente e socialmente diverso, per esempio, dalla Siracusa del XX sec. d.C., dove in questi giorni la tragedia è ripresa, è possibile rendersi conto dell'intima reazione del pubblico. Vernant ammette come già la Poetica di Aristotele, seppur solo un secolo dopo, non sia in grado di interpretare  la tragedia, che appartiene ormai ad un'epoca trascorsa, un epoca in cui il sorgere del principio di responsabilità nel campo del diritto aveva posto il problema della misura in cui l'uomo fosse responsabile delle proprie azioni. Una posizione intermedia è quella di Paduano, che nell'introduzione a Sofocle, Tragedie e Frammenti, in un microsaggio intitolato Sulla diversità, del 1982, sostiene che l'Edipo Re sia una struttura teatrale che non trascriva direttamente sia estranea al complesso di Edipo: anzi lo rappresenta attraverso un rovescamento e uno spostamento. Se lo spostamento è quello dalla dialettica psichica tra conscio e coscienza alla dialettica sociale uomo-dio, il rovesciamento è quello che nella sovracitata dialettica psichica scambia tra di loro desiderio represso e repressione. Infatti Edipo desidera la normalità, ma la realtà si è già organizzata in forme opposte alla volontà del soggetto: l'evento tragico avviene prima dell'azione tragica. Da questo Paduano fa derivare l'uso, in Sofocle, di un'ironia tragica che si discosta dalla sua forma tradizionale. Infatti, se di solito l'ironia tragica, quale convergenza di due significati sullo stesso significante,  viene usata per "prevedere" ciò che accadrà, qui non ha la stessa funzione. L'evento tragico è già stato, appunto, dunque l'ironia ha solo la funzione di confrontare l'immagine del DESIDERIO con quella della REALTA'. Dunque è come se due dimensioni si accostassero parallele: e così se nell'universo simulato Edipo possiede l'autorità, nell'universo reale le stesse valenze autoritarie trasformano il soggetto in oggetto. In entrambi i casi è fondamentale il rapporto con Laio: nella dimensione simulata esiste una filialità solo metaforica, quando per esempio Edipo dice del re "come se fosse mio padre", e si identifica in lui con una serie di punti di contatto (il potere, i possibili figli, la moglie); finché nella dimensione reale la filialità diviene biologica. Paduano rivaluta poi, in un certo senso, il tema della conoscenza: non è infatti importante come potrebbe sembrare la differenza tra sapere umano e oracolo divino, vista l'ambiguità di quest'ultimo. Anzi, la conoscenza, come il potere, rientra nei desideri di Edipo: l'intelletualismo di Edipo fa parte dell'insieme compatto dei suoi desideri autoritari e normativi, citando da Paduano stesso. Ma questa conoscenza, che pur uscirà sconfitta dalla rivelazione, è una forma di eroica tlhmosunh, di sopportazione: "Ahimè, sto per dire la cosa tremenda", gli dice il pastore. Risponde Edipo: "E io per sentirla. Ma sentirla bisogna".




Secondo Paduano il primo di molti Edipi non più senza complesso è quello di Seneca, dove il parricidio e l'incesto vengono assunti come ossessione non risolta. Il complesso esclude tuttavia l'aspetto libidinale e investe unicamente quello autopunitivo dell'angoscia. L'Edipo di Seneca è il primo Edipo freudiano, già vicinissimo alla verità. Un'analisi interessante è quella di Fromm ne "Il linguaggio dimenticato", dove il mito viene inteso come ribellione del figlio contro l'autorità del padre nella famiglia patriarcale (e la teoria trova supporto nelle altre due tragedie della trilogia, Edipo a Colono e Antigone, nelle quali ricorre il rapporto padre-figlio). L'ultimissima interpretazione è quella dello psicologo Franco Maiullari, che nel suo ultimo saggio, L'interpretazione anamorfica dell'Edipo Re. Una nuova lettura della tragedia sofoclea, propone appunto una nuova lettura in chiave psicoanalitica secondo cui l'indagine di Edipo non sia rivolta alla ricerca di sapere ma alla ricerca di potere, e spige l'accecamento di Edipo come mezzo per andare oltre i propri limiti, divenendo così potente come Tiresia. Viene inoltre evidenziata la funzione ambigua di Giocasta, la cui preoccupazione è quella di mantenere l'omertà sui fatti del palazzo








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