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Ippolito - Prologo

greco



Ippolito

Prologo


Sono Cipride, potente e famosa tra i mortali e tra gli dei, di quanti abitano tra il Ponto e i confini di Atlante, onoro chi venera la mia potenza, punisco terribilmente chi è superbo nei miei confronti; anche gli dei sono fatti così, hanno piacere ad essere onorati dagli uomini.

Subito dimostrerò la verità delle mie parole. Ippolito, figlio di Teseo e dell'Amazzone, l'allievo del venerabile Pitteo, unico tra i cittadini di Trezene,afferma che sono la peggiore delle dee; disprezza l'amore e il matrimonio, invece onora Artemide figlia di Zeus, la migliore, secondo lui, fra le dee. Attraverso i boschi, in compagnia della dea vergine, stermina le bestie selvagge con i suoi cani veloci, è un rischio per un mortale essere così amico di una dea. Non sono per nulla gelosa di loro, ma in questo giorno punirò Ippolito per i torti che mi ha fatto; ho progettato già da tempo quello che devo fare, non ho bisogno di altri sforzi. Un giorno Fedra, la sua matrigna, lo vide venire dalla casa di Pitteo per assistere alle cerimonie dei sacri misteri e per mia volontà fu presa da amore tremendo. E prima che Fedra giungesse a Trezene, proprio sull'acropoli di Atene, fece costruire, lei che si struggeva per un amore lontano, un tempio in onore di Cipride e andava dicendo che l'aveva fatto per onorare Ippolito. Dopo che Teseo, colpevole dell'assassinio dei figli di Pallante, lasciò la Terra di Cecrope con la moglie, e venne esule per un anno in questa terra, la moglie Fedra, colpita dalla passione, se ne muore in silenzio, e nessuno dei familiari conosce la sua malattia, ma questo amore non finirà così. Io dirò a Teseo e a tutti come stanno le cose; e il padre ucciderà il giovane che è mio nemico,con uno dei tre voti che il dio del mare Poseidone gli concesse in dono. La nobile Fedra tuttavia morirà, ma i miei nemici riceveranno la giusta punizione per la sua sventura. Ecco Ippolito che torna finalmente dalla caccia, lo seguono molti servi che intonano canti in onore di Artemide, e non sa che questo è il suo ultimo giorno di vita.Io me ne andrò via da questi luoghi.



Ippolito. Seguitemi cantando in onore della Celeste Artemide, figlia di Zeus, nostra protettrice.

Cacciatori Salve, o signora figlia di Latona e di Zeus, Artemide, la più bella tra le vergini, tu che abiti in cielo nella casa d'oro del padre. 747c27h Salve, o Artemide, la più bella delle dee dell'Olimpo.

Ippolito A te offro una corona intrecciata di fiori da un prato incontaminato, mai falciato, dove il pastore non osa pascolare le greggi, solo le api ci volano in primavera e il Pudoro lo irriga con acque abbondanti; solo a chi è saggio per natura, è concesso cogliere i fiori, non certo ai malvagi. O amata signora, accetta dalla mia mano devota questa corona per i tuoi capelli d'oro. Solo io tra i mortali ho questo privilegio: vivo con te, parlo con te, ascolto la tua voce anche se non ti vedo. Possa io morire fedele a te così come ho vissuto.

Servo O Signore accetta un buon consiglio da me

Ippolito Si certo, altrimenti non saremmo saggi

Servo Conosci quella legge stabilita (tra) per gli uomini?

Ippolito Non so, perché mi fai questa domanda? 

Servo Odiare la superbia e ciò che piace a tutti.

Ippolito Giusto, tutti gli uomini superbi sono odiosi.

Servo Sono le persone affabili che si fanno amare

Ippolito E ci guadagnano pure, con poca fatica

Servo Non pensi che tra gli dei valga la stessa legge?

Ippolito. Si, se abbiamo le stesse leggi degli dei

Servo Ma perché non veneri una nobile dea?

Ippolito E quale? Stai attento a non sbagliare.

Servo Eccola, Cipride, che sta vicino alla tua porta.

Ippolito Da lontano la saluto io che sono puro

Servo Però e una dea nobile e venerata tra gli uomini

Ippolito. Che sia un dio o un uomo, ciascuno ha le sue preferenze

Servo Che tu possa essere felice, sei saggio quanto occorre

Ippolito Non mi piace un dio venerato di notte

Servo Ma bisogna, o figlio, onorare tutti gli dei.

Ippolito Andate, amici, nella reggia e preparate la mensa. E' bello dopo la caccia avere una tavola imbandita, bisogna strigliare i cavalli cosi che dopo il banchetto io possa addestrarli nel modo migliore. Porta i miei saluti alla tua Cipride.

Servo Noi, invece, non possiamo imitare i giovani che la pensano cosi. Da buoni servi, rivolgeremo preghiere alla tua immagine, o signora Cipride, bisogna essere indulgenti se un giovane cuore impetuoso pronuncia parole stolte, fa' finta di non sentire. E gli dei devono essere piu saggi degli uomini.

Coro Da una roccia, dicono,

stilla acqua dell'oceano,

essa scorre pura dai dirupi

con brocche puoi attingerla.

Qui nell'acqua di fiume

un'amica lava vesti purpuree,

su una roccia assolata le asciuga;

da questo luogo giunse

la notizia della mia padrona.

Consumata dalla malattia

se ne sta a letto dentro casa,

e veli sottili ombreggiano i suoi biondi capelli,

da tre giorni ormai non tocca cibo,

per un male nascosto desidera morire.

Forse tu vaneggi

posseduta da un dio,

da Pan, o da Ecate 

o dai sacri Coribanti o dalla Grande Madre?

O forse ti tormenti,

colpevole di non aver offerto

le sacre focacce a Dittinna,

la grande cacciatrice?

Va errando per terra e per mare

attraverso le onde,

forse un amore segreto inganna lo sposo,

re di nobile stirpe.

O forse un marinaio navigò da Creta

verso il porto più ospitale

portando la notizia alla regina,

che soffre inchiodata al letto.

Dolorosa debolezza,

conseguenza dei dolori del parto

è solita convivere con il difficile carattere delle donne ,

dentro di me ho sentito una volta questo fremito,

ed io con devozione invocai Artemide,

celeste signora degli archi

e protettrice dei parti,

che sempre mi soccorre con gli altri dei.

Ma ecco davanti alle porte la vecchia nutrice

che accompagna costei fuori dal palazzo,

scura in volto.

L'animo mio desidera sapere che cosa succede,

che cosa ha stravolto il suo aspetto così diverso dal solito.  










I episodio


Nutrice. O mali odiosi dei mortali, che cosa posso fare per te? Eccoti finalmente alla luce del sole, all'aria aperta. Prima desideravi venire qui ad ogni costo ma subito ti affretterai a rientrare. Infatti subito cambi idea e non ti rallegri di nulla, e non ti piace ciò che hai vicino e pensi che sia più dolce ciò che ti manca. E' meglio essere ammalati che curare, quello è un male semplice, a chi cura il dolore si aggiunge anche la fatica. Tutta la vita degli uomini è dolorosa e non c'è tregua per gli affanni e se c'è qualcosa di più bello della vita, la tenebra lo avvolge. Sembrano perdutamente innamorati di qualsiasi cosa splenda sulla terra, ma noi non conosciamo altra vita neanche quella ultraterrena, e ci perdiamo dietro vane parole.

Fedra. Sollevate il mio corpo e sostenete la mia testa; mi sento sfinita, tenetemi le mani, o ancelle. Anche il velo mi pesa, toglietemelo scioglietemi i miei riccioli biondi.

Nutrice. Coraggio figlia, non continuare ad agitarti. Sopporterai più facilmente il tuo male, con animo nobile e tranquillo; è destino che gli uomini soffrano.

Fedra. Ahi, magari potessi attingere acqua pura dalla fonte e riposare distesa a un'ombra di un albero in un prato fiorito.

Nutrice. Che vai dicendo, figlia? Non dire queste cose, non parlare come una folle davanti alla gente!

Fedra. Conducetemi al monte; andrò nel bosco, dove cagne feroci inseguono maculati cerbiatti; per gli dei voglio incitare i cani e scagliare il giavellotto dalla punta di ferro.

Nutrice. Perché ti angosci con questi pensieri? perché questo tuo interesse per la caccia? Perché questo desiderio di acqua sorgente? C'è qui vicino alle mura un pendio ricco di acque dove potrai dissetarti.

Fedra. Artemide patrona di Limna e delle gare equestri, se fossi nelle tue pianure e domare venete puledre.

Nutrice. Perché di nuovo vaneggi? Un attimo fa salita sul monte ti abbandonavi col pensiero alla caccia, ora invece puoi domare il cavallo. Ci vorrebbe un bravo indovino per capire quale dio ti sconvolge la mente.

Fedra. Che cosa ho fatto? Me infelice! Dove sono andata a finire? sono stata una pazza, sono caduta accecata da un dio, me sventurata. Nutrice, coprimi di nuovo il capo, mi vergogno per le cose che ho detto. Piango per la vergogna, la ragione fa soffrire ma la follia è un male, è meglio morire senza conoscere.

Nutrice. Ti copro, ma quando la morte coprirà il mio corpo? La vita mi ha insegnato tante cose. Per gli uomini sono pericolose le amicizie troppo forti, meglio scegliere un legame più debole che facilmente si possa sciogliere, io soffro troppo anche per te e questo è un peso insopportabile, regole troppo rigide non danno gioie, ma danneggiano la vita e la salute, il giusto equilibrio è la cosa migliore.

Coro. Vecchia fedele nutrice di Fedra noi vediamo questi tristi eventi ma non capiamo qual è il suo male, vorremmo saperlo da te.

Nutrice. Non lo so neanch'io, gliel'ho chiesto ma non vuole parlare.

Coro. E non conosci neanche la casa della sua sofferenza?

Nutrice. No, tace su tutto

Coro. Com'è sciupata e debole!

Nutrice. Certo, non mangia da tre giorni!

Coro. E' accecata da un dio o è lei che vuole morire?

Nutrice. Vuole morire, e per questo non tocca cibo.

Coro. E' una cosa incredibile se il morto lo permette

Nutrice. Ma lei non parla della sua malattia.

Coro. E non se ne accorge guardandola?

Nutrice. Si trova lontano da qui.

Coro. E tu non la costringi a parlare per conoscere il suo tormento?

Nutrice. Le ho provate tutte, ma inutilmente; non mi arrenderò! Non smetterò di prendermi cura della mia infelice padrona e tu ne sarai testimone. Figlia mia, dimentichiamo i discorsi di prima, calmati e non ti tormentare, cambiamo discorso, non è facile capirti. Se hai una malattia che non si può dire ci sono qui le donne che ti possono aiutare, se invece la tua pena può essere riferita a degli uomini, allora rivolgiamoci ai medici. Ebbene, perché non parli? Non dovresti tacere,figlia mia,o dovresti correggermi se dico qualcosa di sbagliato o essere d'accordo con me. Dì qualcosa, guardami, o me infelice, invano soffriamo donne e ne sappiamo quanto prima. Non si è lasciato convincere prima e neppure adesso. Sii pure ostinata quanto vuoi, ma sappi che, se morirai, rovinerai anche i tuoi figli. Per l'amazzone che ha generato un padrone per i tuoi figli, un bastardo che pensa di essere un figlio legittimo, tu lo conosci bene Ippolito!

Fedra. Ahimè!

Nutrice. Ti colpisce questo nome?

Fedra. Tu mi uccidi madre, ma d'ora in poi, per gli dei, non fare più il nome di quest'uomo.

Nutrice. Vedi? Tu ragioni bene ma non ti preoccupi del futuro dei tuoi figli e della tua vita.

Fedra. Amo i miei figli, ma altro mi sconvolge.

Nutrice. Non hai macchiato le mani di sangue?

Fedra. Le mie mani sono pure, è il mio cuore che è contaminato.

Nutrice. Forse è un maleficio di qualcuno dei tuoi nemici.

Fedra. Un amico senza accorgersi mi distrugge e senza che io lo voglia.

Nutrice. Teseo ha fatto un torto nei tuoi riguardi?

Fedra. Che nessuno mi veda mai fare del male a mio marito!

Nutrice. Che c'è di così terribile per cui tu vuoi morire? E' uno sbaglio!

Fedra. Lasciami sbagliare! Sarò io a morire!

Nutrice. Sarà colpa tua se non potrò aiutarti.

Fedra. Non mi stringere la mano, perchè mi fai forza?

Nutrice. Ti stringerò anche le ginocchia e non ti lascerò andare.

Fedra. Anche per te queste cose saranno dei mali quando li conoscerai

Nutrice. Ma quale male sarà per me più grande del perderti?

Fedra. Morirai, e questo mi darà onore

Nutrice. Ti supplico, non nascondermi cose onorevoli

Fedra. In situazioni vergognose voglio comportarmi nobilmente.

Nutrice. Parlando sarai ancora più nobile.



Fedra. Per gli dei, allontanati, e lasciami la mano!

Nutrice. No, non ti lascio, finché non mi dici quello che dovresti!

Fedra. Te lo dirò, perché ho rispetto di te.

Nutrice. D'ora in poi sarai tu a parlare, io tacerò

Fedra. O madre, di quale empia passione ti macchiasti

Nutrice. Quella che sentì per il toro? O che altro?

Fedra. E anche tu, infelice sorella, sposa di Dioniso

Nutrice. Perché vaneggi, perché insulti i tuoi parenti?

Fedra. Ed io sono la terza a cadere nella sventura.

Nutrice. Sono sconvolta, che cosa vuoi dire?

Fedra. Da sempre nella mia famiglia siamo donne sventurate!

Nutrice. Non riesco ancora a capirti!

Fedra. Ahimè, fossi tu a dire ciò che dovrei dire io!

Nutrice. Non sono un'indovina a sapere cose che non conosco!

Fedra. Che cos'è quello che gli uomini chiamano amore?

Nutrice. Una cosa dolcissima, figlia, ma anche dolorosa.

Fedra. Ma io ho provato solo l'aspetto doloroso

Nutrice. Sei innamorata, e di chi?

Fedra. Chiunque egli sia, il figlio dell'amazzone.

Nutrice. Vuoi dire Ippolito?

Fedra. Sei tu a dirlo, non io.


Nutrice. Ahimè, che dirai ancora, mi hai distrutta, donne, non si possono sopportare queste cose ed anche io non le sopporterò finché vivo; che giornata terribile! Voglio morire. Addio. Anche le persone sagge, senza volerlo, amano il male. Afrodite non era certo una dea, ma una forza più grande, lei che ha distrutto lei, me e la casa.

Coro. Hai sentito la regina lamentarsi? Come soffre! Preferirei morire piuttosto che trovarmi nella sua infelice situazione! Sei rovinata. Hai rivelato il suo male. Che cos'altro ancora ti riserva questo giorno! Qualcosa di nuovo succederà nella reggia. È chiara ormai la sorte che Afrodite ha scelto per te, sventurata.

Fedra. Donne di Trezene che abitate questo estremo lembo della terra di Pelope, già altre volte nelle lunghe veglie notturne ho riflettuto sulla rovina degli uomini, non per naturale inclinazione essi agiscono male, infatti, molti ragionano bene. La vita offre molti piaceri, lunghe chiacchierate, l'ozio, piacevole male, e il pudore, uno buono e l'altro che rovina le cose. E dal momento che sono convinta di ciò, non c'è nessun farmaco che possa farmi cambiare idea. Ti dirò quello che penso. Dopo che amore mi ferì, cercavo di sopportarlo nel modo migliore, dapprima ho nascosto col silenzio questo mio male, non c'è da fidarsi della lingua che è capace di criticare i pensieri degli altri, ma poi si rovina da sé. Poi mi sono proposta di sopportare con dignità la mia follia, vincendola con la saggezza. Infine, poiché in questo modo non riuscivo a dominare la passione, morire mi sembrò la scelta migliore, nessuno lo negherà. Non vorrei rimanere nell'ombra se mi comporto nobilmente, né avere troppi testimoni se sbaglio. Sapevo bene che sia l'azione sia la mia malattia erano cose disonorevoli, e di essere donna odiata da tutti. Maledetta sia colei che per prima disonorò il letto nuziale. Proprio dalle cose dei nobili questo male cominciò a diffondersi tra le donne. Quello che piace ai nobili, anche se è vergognoso, piace poi agli umili. Io odio le donne oneste a parole, ma che di nascosto si comportano vergognosamente, come possono, o dea dell'amore, guardare in faccia i loro mariti? Non tremano all'idea che un giorno la complice oscurità delle cose possa rivelare la loro colpa. Proprio questo, care amiche, mi spinge a morire, perchè mai disonori mio marito e i miei figli.Grazie alla loro madre possano vivere liberi e parlare liberamente nella gloriosa città di Atene. Anche l'uomo coraggioso, quando conosce le azioni indegne del padre o della madre diventa uno schiavo. Solo questo vale quanto la vita, un animo giusto e onesto. Il tempo come uno specchio rivela al momento opportuno gli uomini malvagi, che io mai sia uno di loro.

Coro. La saggezza è un bene prezioso e ha sempre fama tra gli uomini.

Nutrice. Signora, la tua disgrazia poco fa mi ha provocato una terribile e improvvisa paura, ma ora capisco di essere stata una sciocca; la riflessione rende più saggi. Infatti, non ti succederà nulla di strano, né di irragionevole, è solo l'ira di una dea che si è abbattuta su di te. Ti sei innamorata. Che c'è di strano? È normale per gli uomini. E per questo ti vuoi rovinare la vita? Il dover morire non giova nè a quelli che amano oggi né a quelli che ameranno in futuro. Non si può resistere a Cipride, quando si scaglia con tutta la sua forza; lei tratta con dolcezza chi s'arrende facilmente, annienta invece chi trova orgoglioso e superbo.

Vola nel cielo, guizza tra le onde del mare, tutto nasce da lei, grazie all'amore, e anche noi siamo suoi figli. Quanti conoscono le opere degli antichi poeti sanno bene che un giorno Zeus si innamorò di Semele. E che splendida Aurora portò per amore Cefalo tra gli dei. Eppure essi abitano tra gli dei in cielo e sono felici della loro sorte, e tu invece non ti rassegnerai?

Dovevi nascere sotto un'altra stella: ora devi accettare queste leggi. Quante persone dotate di buon senso, pur vedendosi tradite nell'onore, fingono di non vedere, e quanti padri tollerano le colpe che i figli hanno commesso per amore? Gli uomini saggi nascondono sempre le cose che non sono belle. Non c'è bisogno che gli uomini siano perpetui ad ogni costo; nulla è perfetto, e tu, caduta in questa disgrazia, come pensi di venirne fuori? Ritieniti fortunata se le gioie superano i dolori. Ma tu, figlia mia, non tormentarti, e metti da parte l'orgoglio; non pretendere di essere superiore agli dei, abbi il coraggio di amare: dio lo vuole. Se sei malata cerca di guarire, ci sono incantesimi e parole capaci di sedurre, ci sarà pure un rimedio per questo male. Gli uomini certo non lo troverebbero mai, se non ci fossimo noi donne.

Coro: Fedra, questa donna ti dà consigli utili, ma io sono d'accordo con te. Questa mia lode è per te più spiacevole delle sue parole.

Fedra: Sono proprio i discorsi troppo belli a mandare in rovina le città ben governate e le famiglie; bisogna fare discorsi che diano fama alla città:

Nutrice: Perché parli in questo modo? Non hai bisogno di belle parole, ma solo di quell'uomo. Occorre al più presto dirgli la verità. Se non ti fossero capitate simili sciagure e se avessi ancora il controllo di te stessa, non ti spingerei a tanto: ora è più importante salvare la tua vita.

Fedra: Smettila! Non fai altro che dire cose terribili!

Nutrice: Le mie parole sono scandalose, ma certo più utili per te. La mia franchezza, se ti salverà, è migliore del tuo orgoglio e della tua onestà.

Fedra: In nome degli dei, non continuare a parlarmi così: sono ormai vittima della passione, e le tue belle parole mi spingeranno a fare ciò che non voglio.

Nutrice: Dovevi pensarci prima e non dovevi innamorarti, se hai sbagliato, dammi retta, poi mi ringrazierai. Ora mi viene in mente: in casa ho filtri d'amore, ti libereranno da questo male, senza vergogna e senza danno, se avrai coraggio. Dobbiamo prendere da lui una ciocca dei suoi capelli o un pezzo del suo mantello: l'amore sarà reciproco.

Fedra: E' un unguento o una bevanda?

Nutrice: Non lo so, ma che t'importa? L'importante è che ti aiuti.

Fedra: Temo che tu sia troppo intraprendente.

Nutrice: E' solo un filtro, di che cosa hai paura?

Fedra: Che tu dica qualcosa al figlio di Teseo.

Nutrice: Non ti preoccupare, sistemerò io le cose. E tu,Cipride, aiutami, per quello che ho in mente basterà parlare con gli amici di casa.  





























PRIMO STASIMO

Coro:Eros, tu che attraverso gli occhi stilli il desiderio e porti nell'anima un dolce piacere, non procurarmi mai dolore e violenza. Neppure il dardo del fuoco e degli astri è più forte di quello dell'amore. Invano i Greci offrono sacrifici presso l'Alfeo e le case pitiche di Apollo, se non veneriamo Eros, tiranno degli uomini, custode dei legami d'amore: con il suo arrivo porta sventure e disgrazie. Cipride diede in moglie a Eracle la vergine Iole, dopo averla domata lontano dalla casa di Eurito, infelice, come una ninfa e una baccante, tra il sangue e il fumo e i funesti imenei. O sacre mura di Tebe, o fonte dircea,voi potete testimoniare come Cipride s'insinua nel cuore, avendo dato in sposa a Zeus la madre di Bacco, nato due volte, la fece morire. È vento che soffia impetuoso e ape che vola.


SECONDO EPISODIO


I SCENA

Fedra: tacete, o donne, sono rovinata

Coro: che cosa accade di terribile nella tua casa?

Fedra: tacete, fatemi capire quello che succede dentro casa

Coro: sto zitto, questo preludio è funesto

Fedra: Ahimè sventurata per le mie sofferenze.

Coro: Perchè gridi? Quale notizia ti spaventa, assalendo la tua anima?

Fedra: Sono perduta, avvicinatevi alle porte e ascoltate che trambusto vi è nel palazzo.

Coro: Tu sei vicina alla porta, ascolta la voce che viene dalla casa. Dimmi, quale sciagura si è abbattuta su di noi?

Fedra: Ippolito, il figlio dell'Amazzone, grida, rivolgendo alla serva terribili insulti.

Coro: Sento una voce, ma non mi è chiara, ma è, invece, chiara a te che stai vicino alle porte.

Fedra: La chiama ruffiana, traditrice del letto del signore.

Coro: Me infelice, che disgrazia, sei stata tradita mia cara. Che cosa potrò fare per te? E' chiaro ormai ciò che prima era nascosto, e così sei perduta.

Fedra: Ahimè, povera me

Coro: Tradita da chi ti vuole bene

Fedra: Mi ha distrutta rivelando le mie sventure, ha cercato di curare la mia malattia con affetto, ma non nel modo giusto

Coro: Che farai, ora? Il tuo male è senza rimedio. So solo una cosa: l'unico rimedio è la morte.


II SCENA

Ippolito: Terra, sole, che parole terribili ho udito?

Nutrice: Taci, o figlio, prima che qualcuno senta le tue grida.

Ippolito: Non posso tacere, sono cose troppo orrende!

Nutrice: Taci, ti scongiuro (gli si avvicina)

Ippolito: Non toccarmi (si ritrae)

Nutrice: Ti supplico, non rovinarmi!

Ippolito: Perchè dovrei tecere, se non hai detto nulla di male?

Nutrice: Nessuno deve saperlo

Ippolito: Se sono cose oneste, tutti lo devono sapere.

Nutrice: Non violare il giuramento!

Ippolito: La lingua ha giurato, non il cuore.

Nutrice: Che fai, rovini gli amici?

Ippolito: Non è mio amico, chi è ingiusto.

Nutrice: Perdonami, tutti possiamo sbagliare!

Ippolito: Zeus, che errore hai fatto creando le donne! Se volevi una terra popolata da uomini non dovevi farlo con le donne, bisognava che gli uomini, offrendoti oro, ferro o bronzo, ottenessero in cambio dei figli, di pari valori, ed essere liberi, in casa, senza le donne. Adesso, invece, appena ce ne portiamo una in casa, subito siamo rovinati. Anche il padre se ne libera dandola in sposa e ci aggiunge pure la dote. Il marito spende sino all'ultimo centesimo per coprirla di gioielli e di vesti. Di qui non si scappa: se una sposa una donna nobile, deve sopportare la sua indole scontrosa e non darlo a vedere; se, invece, ne sposa una nobile ma tranquilla, vive senza soldi, ma sereno. È meglio avere in casa una donna stupida. Io odio la donna intelligente: pensa più di quanto le è consentito ed è più predisposta al male. La donna stupida, invece, non fa pazzie!   

Le serve, invece, non devono stare con le padrone, ma solo con le bestie, senza parlare. Le serve, invece, portano fuori di casa i malvagi intrighi delle donne. Anche tu sei una di loro, spingendomi a tradire mio padre, e da questo obbrobrio io mi purificherò, che mi contamina solo a sentirlo. Ti salvi solo perché ho giurato, altrimenti rivelerei tutto a mio padre; me ne andrò da questa casa finchè mio padre sarà lontano, non parlerò; voglio vedere se avrete il coraggio di guardare in faccia mio padre e la tua padrona, sfrontate come siete. Non mi stancherò mai di odiare le donne, perchè mai si stancano di essere malvagie.


III SCENA

Fedra: O donne sventurate! Non c'è arte, non c'è parola che possa salvarci quando sbagliamo. Ho avuto quel che meritavo. Come posso nascondere la mia disgrazia, amiche mie. Quale dio, quale uomo mi può salvare da questa situazione disperata, sono la donna più infelice!

Coro: Ahimè! Le cose vanno male; il piano della tua serva ha fallito.

Fedra: Che mi hai fatto, donna, rovina degli amici. Ti avevo ordinato di tacere, ora, invece, morirò disonorata! Devo escogitare qualcosa. Costui rivelerà tutto a suo padre e al vecchio Pitteo, mi riempirà di vergogna. Che tu possa morire e con te chiunque di sua iniziativa ingiustamente aiuterà gli amici. (vv.695)









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