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ETA' GRECO-ROMANA - PLUTARCO, LA BIOGRAFIA

greco



ETA' GRECO-ROMANA


C'è il problema di come chiamare questo periodo, che va dal 31  - Battaglia di Anzio, con la conseguente conquista dell'Egitto, al 528 - Chiusura della scuola filosofica di Atene da parte di Giustiniano, che non produceva più molto, c'era solo Plotino che sviluppò Platone sul piano mistico (è poco più di una filosofia ellenistica); la chiusura ufficiale voluta dall' imperatore è il sigillo posto alla fine di un pensiero (pagano) e rappresenta il superamento di questa mentalità. Anche l'anno di inizio è preso da un episodio preciso: lo scontro di Ottaviano contro Marc 131b17b antonio: è la fine di una guerra civile, ma anche la fine del regno dei Tolomei in Egitto. In Egitto c'è Alessandria, che costituiva il centro culturale del primo ellenismo; la sua conquista e il diretto contatto con Roma cambia la prospettiva: tranne Polibio, gli altri autori sono vissuti come se Roma non esistesse, in quanto considerata una copiatrice e per di più rozza; con la conquista dell'Egitto bisogna fare i conti con Roma, che non solo era diventata padrona del Mediterraneo (=del mondo) ma ora aveva anche il controllo diretto sull'Egitto. Così il nuovo centro del mondo diventa Roma, meta di molti autori greci, che devono prendere una posizione nei suoi confronti.


Come chiamare questa età?

L'età precedente era quella alessandrina, caratterizzata appunto dalla figura di Alessandro. Ci si è posti però il problema su come chiamare questo periodo:



Età imperiale; sarebbe un nome che riguarderebbe solo Roma e non la Grecia

Età romana; sottolineerebbe solo l'aspetto politico

Età greco-romana; Roma dal punto di vista politico e Grecia dal punto di vista culturale

La cultura greca deve rendersi conto di Roma. Alcuni personaggi ricoprono cariche, addirittura nella legislazione romana (sono intellettuali → appartengono ad un gruppo che già di per se stesso si segnalava in Grecia, i Romani intrecciano relazioni con loro). Roma era abituata a dare in gestione le province a gente del posto perché:

   Costava di meno

   Per la pax romana: la classe del posto aveva interesse a mantenere buoni rapporti con Roma per non essere dominati

   conoscevano il posto



PLUTARCO


Plutarco viene da Cheronea, in Beozia, luogo al quale fu molto legato: infatti lui stesso dice non sarebbe potuto venir via da lì perché se no la popolazione avrebbe subito un drastico calo.

Le sue opere più importanti sono i Moralia e Le vite parallele; I MORALIA sono un'ottantina di scritti, che abbracciano tematiche diverse. I titoli delle opere di Plutarco sono ricordati in latino; si diceva che fosse così perché vennero organizzate dal monaco Planide: ma anche Planide era greco!! molto probabilmente i titoli erano in greco, ma passarono in latino quando entrarono nel mondo romano.

De Erodoti malignitate

È un opuscolo di Plutarco nei moralia che insultava Erodoto, accusandolo di cattiveria. Attacca Erodoto che aveva attaccato i Tebani perché si erano arresi a Serse, ma non avrebbero potuto fare altro! Erodoto aveva fatto vedere nella scelta politica dei Tebani una scelta voluta; Plutarco invece va contro Erodoto per la figura che ha fatto fare alla Beozia.


Plutarco fu un amministratore di cui i Romani si valsero per amministrare il loro impero. Potrebbe essere nato sotto Traiano, ci sono, infatti, giunte delle notizie che dicono che gli abbia conferito le "insegne di console", cioè la dignità di console, che è come il titolo di console, e la carica di "supervisore di governatori romani dell'Illiria" → ma i governatori sono Romani!! in un'altra ci parla del suo "occuparsi della Grecia (επιρέπειν Ηλλαδην)" è decisamente impossibile che sia diventato governatore della Grecia!! L'Illiria era una zona burrascosa, la Grecia aveva un certo peso; queste sono evidentemente notizie greche, dettate dall'orgoglio, che magnificano la posizione di Plutarco. Lo Ziegler sostiene che esse siano la realizzazione di una crescente affermazione di Plutarco in ambito greco e nei confronti dei Romani. Che non abbia ricoperto cariche così è dimostrato da I PRECETTI, un opuscolo importante per il pensiero politico di Plutarco. Sono indirizzati ad un amico che stava per ricoprire una carica romana, a cui dà dei consigli. Gli dice che qualunque carica ricopra, deve ricordarsi che "Comandi, ma sei a tua volta comandato,(devi imitare gli attori e la loro drammaticità, su moltissimi si abbatté la scure tagliatrice di gole." → significa che c'era qualcuno che se ne approfittava di questo potere; Plutarco ne parla dicendo che ha oltrepassato i limiti: lo ammonisce dicendo che è un attore che recita il testo di un altro e che è l'ultimo anello di una catena di potere: deve stare al suo posto. Sicuramente ha ricoperto cariche, ma non coprì mai la carica di sovrintendenza di governatori.

Plutarco sostiene che in politica è assurdo rifarsi a un glorioso passato che non esiste più: la situazione è diversa; sarebbe come se i bambini mettessero le scarpe dei padri, è un'azione funesta (gli elementi che fanno gonfiare il popolo vanno lasciati ai sofisti). Ricordare gli esempi degli antenati non ha nessun senso perchè la situazione è troppo diversa, si rischia di sollevare il popolo inutilmente. Ci sono esempi che vanno richiamati, ma non quelli che gonfiano la gloria militare: non si possono più avere! Hanno l'unico risultato di far gonfiare vanamente la gente che ascolta. Permane in lui l'idea di ricordare del passato solo ciò che è trasportabile nel presente: per esempio la multa a Frinico, l'amnistia dell'epoca dei Trenta, per aver fatto una tragedia sulla presa di Mileto, momento vergognoso per la storia ateniese.

Una sua frase celebre, che rappresenta al meglio la situazione contemporanea, è: "Ricordati sempre del calzare romano che hai sulla testa". con questa affermazione non vuole dire che il romano è cattivo, ma che ormai non sono più loro (i greci) a decidere: dobbiamo essere realistici, la Grecia non è più autonoma; l'esercito (il calzare indica la carica, il sandalo militare) ci può schiacciare da un momento all'altro.


Plutarco ricoprì una carica importante anche al santuario di Delfi: anche Delfi aveva ceduto, superato, ma Plutarco, supertradizionali, credeva ancora nell'importanza del santuario. Sotto la sua spinta, infatti, Delfi riacquistò molto prestigio → ha fatto molto. Scrisse addirittura opere sulla perdita di importanza degli oracoli, per riportarne in auge il peso.

In "Iside e Osiride" cerca di creare un sincretismo assimilando la religione egizia alla greca, trovando un'origine comune ai miti, rivaluta le credenze greche a cui lui è molto legato: cerca di vedere nel nuovo qualcosa di antico, di far riemergere il passato ogni volta che è possibile. Per esempio nel paragone tra Aristofane e Menandro, o nel trattato su come i giovani devono leggere i poeti.

Tutte queste opere secondarie sopra citate vanno sotto il nome di Moralia: Planide in questa organizzazione mise in primo piano le opere morali (εθικά), però poi il titolo finì per estendersi a tutte le opere minori di Plutarco.


Le vite parallele

È un'opera monumentale, quella per cui Plutarco è ricordato. Comprende 50 biografie, 46 delle quali sono "accoppiate" (formando 23 coppie di vite messe a confronto), mentre le altre 4 (di Arato, Artaserse, Galba e Otone) sono separate. In queste vite, però, si è notato come Plutarco non parli di quello che dovrebbe essere il suo eroe, Epaminonda, e neanche di Scipione: questo ci fa pensare che molto probabilmente ci siamo persi la prima parte dell'opera. Potrebbe anche essere, però, che la sezione riguardante Epaminonda era talmente vasta, che si è staccata ed è rimasta indipendente.

Problema: l'opera che noi abbiamo è introdotta da un proemio, dopo il quale si inizia subito a parlare di Alessandro; però è molto strano, se non improbabile che Alessandro fosse il primo: infatti sia per questo motivo che per il fatto che non ci sono Epaminonda e Scipione, ci viene da pensare che ci siamo persi un pezzo. E allora perché la parte che noi abbiamo è preceduta da un proemio?

Il proemio che noi abbiamo è in realtà una seconda introduzione

Ci siamo persi interamente la prima parte, che era preceduta da un proemio; quello che è sopravvissuto di questa parte è stato appiccicato alla seconda, che inizia con Alessandro e che noi abbiamo.

La critica ha giudicato le vite come biografie attendibili che si chiudevano con dei confronti, molti dei quali erano forzati perché Plutarco rimase ingabbiato nell'impostazione del confronto e si trovò obbligato a farlo, anche quando sarebbe stato forzato

La critica più recente, però, non vede questi collegamenti a volte forzati come degli "accessori", ma come elementi basilari. Per esempio Quinto Fabio Massimo è paragonato a Pericle: la tattica di uno di temporeggiare contro Annibale non fu ascoltata così come l'altro ebbe numerosi oppositori. Questo collegamento, apparentemente forzato, in realtà non lo è, perché Plutarco vede il comune tra i due: riesce a vedere qualcosa che non è immediatamente visibile e va a fondo nel personaggio.

Il Canfora sostiene che, mentre Polibio fa una previsione di Roma (prevedeva la lunga durata e ne dava le motivazioni), Plutarco fa un bilancio di tutti i campi in cui Roma si è segnalata.


Confronto tra Greci e Romani

C'è un metodo per questo confronto? Uno ha notato che nel confronto il Greco è sempre più antico sia per una questione di datazione (i personaggi greci risalgono al VI-IV sec, mentre quelli romani durante la fine della repubblica e l'inizio dell'impero), sia per una questione (conseguente a quella appena detta) di documentazione (quella greca è di gran lunga maggiore). Anche Plutarco prende posizione in questo "dibattito", sostenendo che la civiltà greca è anteriore e originale: i Greci hanno trovato e i Romani hanno avuto già la strada aperta. L'ipotesi più probabile è che questa visione sia spontanea perché costituisce la sua mentalità.


I personaggi e gli exempla

Qualcuno ha notato che Plutarco, nel parlare dei vari personaggi, passa dal più noto al meno noto: è contestabile perché il fatto che siano recenti o meno è un dato di fatto, questo No. Plutarco vuole evidenziare quello che accomuna o divide due mentalità: l'opera ha un intento di confronto, ma anche di moralità; quest'ultimo aspetto risente dell'influenza romana degli exempla: infatti Plutarco, attraverso la sua opera, vuole dare degli esempi, dei modelli da seguire, i suoi personaggi sono degli eroi. Anche quando essi sono negativi (cosa abbastanza rara) sono utili, in quanto indicano l'esempio negativo da rifuggire.


È storia quella di Plutarco? No, perché ce lo dice lui stesso: "non scrivo storia, ma biografie": distingue nettamente le due cose. Plutarco scrive vite di uomini, il suo intento è diverso; la storia si occupa di fatti importanti, la vita, invece, di cose apparentemente secondarie (l'indole di un uomo si vede di più nelle piccole cose di tutti i giorni piuttosto che nelle grandi battaglie). Infatti nelle biografie esclude la narrazione e la descrizione delle grandi imprese, perché ormai sono cose già conosciute e si sa dove trovarle: Plutarco si impone come scopo di trovare il vir, e non lo si trova nel modo in cui conquista, ma nella vita di tutti i giorni. Partendo dal principio che Plutarco non scrive storia, ma biografie, la storia del personaggio viene o accennata o riassunta o data per scontata. Pone attenzione non sulle azioni, ma sul modo di agire (τρόπος καί έθος, a volte invece di έθος usa διάθεσις atteggiamento): l'atteggiamento che un personaggio tiene in pubblico è troppo condizionato (dalla sua carica, dalla sua posizione sociale.); Plutarco ricerca l'individuo.


Attraverso la descrizione di Bruto si vede una notevole capacità di Plutarco di conferire

Topos classico, per indicare la forza d'animo dice che il dormir è limitato al minimo;

"durante una notte oscurissima","lucerna che dava luce fioca", prepara l'atmosfera per l'arrivo del fantasma;

"corpo spaventoso, figura orrenda...", non descrive l'aspetto fisico del fantasma perché se no diminuirebbe la portata dell'apparizione;

"Bruto ebbe il coraggio di parlargli", vuole sottolineare il coraggio di Bruto non solo in battaglia ma anche ad affrontare se stesso;

Il fantasma risponde "a bassa voce": "io sono il tuo cattivo genio", lui è il suo destino.

Plutarco ama molto le scene notturne, non molto considerate dalla storia perché non si combatte e perché di notte il personaggio è solo con se stesso. Nel momento anteriore la sua morte, dopo la sconfitta di Filippo, alcuni dicevano che bisognava fuggire; Bruto dice: "Bisogna fuggire con le mani, non con i piedi": bisogna fuggire dalla sciagura, uccidendosi.

Plutarco ama molto le morti perché sono il momento in cui l'uomo si rivela in modo particolare: per questo non ama le morti in battaglia, ma quelle "normali".

Questa attenzione nel creare l'eroe è stata definita FILANTROPIA, nel senso di "interesse per l'uomo": scavare nella parte più intima dell'uomo per portarla alla luce.

Il Bruto di Plutarco è presente nel Giulio Cesare di Shakespeare. Oltre a un valore pedagogico, si ricava una concezione della storia intesa come successione di grandi. I suoi sono eroi romantici, che non cedono di fronte alla sventura: sanno opporsi. La sua è una galleria di eroi che ha garantito la fortuna di Plutarco soprattutto nell'800.


LA BIOGRAFIA


Questo non è un genere inventato dai dotti ellenistici: per esempio l'apologia di Socrate è considerata una biografia (di tipo filosofico), così come la biografia di Anassagora in Isocrate o quella di Agesilao in Senofonte; queste ultime due biografie, però, sono elogiative e tendono a delineare il perfetto tipo di generale. Isocrate prende questo re spartano e lo delinea come perfetto, Agesilao è abbastanza coerente con la vita; Anassagora non ha nulla a che vedere con un re, è diventato un simbolo. Busiride di Isocrate era il leggendario re egiziano che uccideva e si mangiava gli ospiti, è un giochino sofistico che dimostrava l'abilità di parlare. Qest'ultima è paradossale, le altre sono elogiative che più che parlare della vita dipingono gli atti essenziali. Per questo si può dire che la biografia era già stata usata prima dell'Ellenismo.

I dotti ellenistici hanno bisogno di ricavare notizie sulle vite degli autori. Le biografie sono particolari perché non devono dipingere persone storiche, ma autori. Ci sono tre filoni fondamentali:

Senza pretese letterarie, contiene i dati fondamentali della vita (poco più che data di nascita e morte), più l'elenco delle sue opere

Di tipo aneddotico: più ampio, ma carente di scientificità: non si preoccupa della veridicità, riporta solo aneddoti fantasiosi, probabilmente non inventati da loro, ma ricavati da altri testi.

La biografia ideale: l'esempio più illustre è quello di Satiro su Euripide; è una via di mezzo tra i due filoni sopra citati e cura anche la forma: questa fu quella usata dai dotti, ma non quella usata da Plutarco, il quale usava la biografia tradizionale per fondare l'eroe. Certo anche questa si fonda su aneddoti, però cerca anche di dare alla vita una certa organicità, si rifà con maggiore rigore alle biografie precedenti.





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