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Antigone di Sofocle

greco



Antigone

di Sofocle



L'amore è il sentimento che domina la tragedia, quello più importante, che determina gran parte delle azioni dei personaggi. E' l'amore per il fratello Polinice che spinge Antigone a violare l'editto di Creonte che proibiva la sepoltura dei traditori della patria, è l'amore di Emone per Antigone che lo induce al suicidio quando viene a sapere che la sua amata è morta, è l'amore per il figlio che fa prendere a Euridice la scelta finale quando scopre del suicidio del figlio ed è nell'amore che Ismene entra in conflitto con la sorella.

L' "Antigone" è 818c28i una tragedia basata tutta sul grande conflitto tra i sentimenti e le tradizioni e la razionalità e le leggi della Polis e della ragion di stato. Creonte, che ingiustamente si prende la responsabilità di tutte le disgrazie che si succedono durante lo svolgimento del dramma, non è altro che un uomo al servizio della Polis, un uomo che ha il potere e che non può permettersi passi falsi: il suo compito è delicato, in mano ha la vita dei cittadini e l'interesse della polis... i sentimenti personali devono cadere davanti alla necessità della salvezza comune.

Creonte è costretto ad agire come agisce;  difendere la ragion di stato contro i sentimenti e contro il destino gli costa caro: la morte del figlio, della moglie, della nipote e l'infamia di tiranno sanguinario. In realtà Creonte porta solo a termine il suo dovere e il continuo infierire dei sentimenti e dell'amore sulle sue scelte politiche provoca nel suo animo un indurimento per lui sicuramente doloroso e necessario che, come lui stesso aveva predetto, lo porterà alla rovina ("ricordati però che i temperamenti troppo duri più facilmente si arrendono, proprio come il solidissimo ferro, se viene troppo indurito dal fuoco, alla fine si spezza più agevolmente e va in frantumi").



L'amore quindi nella tragedia è uno dei due poli contrapposti: i sentimenti e la ragion di stato. L'amore è rappresentato fino all'estremo da Antigone che accetta di morire per dare eterno riposo al fratello e la ragion di stato è rappresentata da Creonte che, fino in fondo coerente al suo dovere di sovrano, accetta la rovina personale, piuttosto che quella della Polis.


Creonte ha combattutto contro tutto e tutti. Non c'è nessuno che fino in fondo gli sia stato alleato nella sua scelta di grande rispetto per l'interesse comune. Ora però Creonte rivela il suo aspetto di uomo. Non sopporta più la pressione di tutti gli avvenimenti che gli si svolgono intorno, e cede a quella parte di lui, quella dei sentimenti, che con la sua ascesa al potere era stato costretto a annullare. E' comprensibile quindi da parte di Sofocle la scelta di un cambiamento così repentino: la parte dell'amore in Creonte esplode, vince improvvisamente sulla razionalità e mette in luce il disperato conflitto che è alla base di tutta l'opera e che porterà Creonte alla rovina. Resosi conto che contro il destino non è utile combattere, Creonte vede crollarsi addosso il castello dei suoi princìpi che lo travolgono sotto la spinta dei sentimenti che lo schiacciano.


Sì, Tiresia, che pure è in fondo dalla parte di Creonte è un indovino e conosce bene il destino. Quando Tiresia nel suo discorso dice a Creonte che deve sapersi ravvedere, probabilmente non critica il suo comportamento fedele alla Polis, ma il fatto di essersi voluto opporre al volere del Fato. In sostanza le idee e i princìpi che muovono le azioni di Creonte non possono essere criticate, ma contro il destino, lieto o funesto che sia, nessun uomo può imporre la sua volontà. Chi lo fa, può ricerverne gravi danni, come nel caso di Creonte.




"Nulla nella vita dell'uomo è stabile" . Questa affermazione è il sunto del discorso del nunzio che arriva alla corte di Creonte per annunciare la morte del figlio del re, Emone. Sofocle, con queste parole ci presenta uno dei drammi più grandi che l'umanità abbia mai vissuto: l'incertezza del futuro. In un mondo come quello antico, dove si credeva che il destino fosse scritto e assolutamente irrevocabile, la concezione della felicità doveva essere assai sofferta. Nel discorso finale Corifeo, afferma che "la saggezza è la prima condizione della felicità"  e che "Le parole superbe degli uomini arroganti scontano i colpi spietati del destino e in vecchiaia insegnano a essere saggi" ciò significa probabilmente che per un uomo, l'unico modo per essere felice è quello di saper accettare il destino così come è scritto e di capire che tutto quello che gli accade è comunque il volere irrevocabile di un'entità superiore agli stessi dei. L'uomo che al contrario entra in conflitto con il destino e cerca con la sua arroganza di modificarne il percorso, è un uomo che tenta di infrangere l'ordine universale, il "kosmoV", ene paga le conseguenze.

Il concetto di felicità negli antichi, torno a ripetere, doveva essere davvero sofferto, se l'unica felicità che riuscivano a immaginare era quella di saper accettare il bene così come il male, come il fato aveva deciso per loro. Il termine "saggezza",  in queste ultime parole dell'Antigone, indica forse proprio questo senso di grande serenità che è ben lontano dalla rassegnazione.








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