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Riflessione sulla cultura siciliana e meridionale dell'800

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Riflessione sulla cultura siciliana e meridionale dell'800.


1. LA SCOPERTA DEL SOCIALE

Nel 1873 Cusumano pubblica alcuni articoli "Sulla condizione attuale degli studi economici in Germania" dove critica gli ideali del liberalismo. Cusumano vedeva la via della modernizzazione nel socialismo della cattedra. A questo proposito, nel 1874 si avrà un dibattito per trovare una soluzione ai problemi economici e sociali dovuti ai processi di industrializzazione in tutta Europa. In Italia, il centro del dibattito era il ruolo dello stato sulle economie, la cosiddetta Questione sociale. Già Cusumano aveva riflettuto sul fallimento dei moti del 48 e, facendo riferimento alla scuola francese (da Saint-Simon a Sismondi), aveva teorizzato una scienza dell'ordinamento sociale che avrebbe dovuto risolvere la questione sociale. Se già prima del 48 si cercava un'equa ripartizione della ricchezza, tale processo si rese maggiore dopo la rivoluzione. Dopo Smith, gli economisti erano stati costretti a scegliere tra una libertà economica senza uguaglianza sociale e un'uguaglianza sociale senza libertà economica. Bentham aveva tentato una riconciliazione tra i 2 principi, ma fallì. Il dibattito tra stato ed individuo, divise maggiormente gli schieramenti politici ed economici: da un lato quelli che volevano che il governo facesse tutto (socialisti); dall'altro quelli che volevano la libertà individuale (liberisti). A queste 2 scuole se ne aggiunse una 3° che era contraria alla proprietà privata assoluta e accettava l'intromissione del governo solo là dove era utile o indispensabile (di questa scuola facevano parte De Luca e Majorana). Majorana diceva che i responsabili della fallita rivoluzione del 48 sono i socialisti. Secondo Majorana lo stato doveva garantire istruzione ed educazione, secondo Bruno, invece, doveva mantenere sicurezza e giustizia. Intanto, in Sicilia si era elaborato un liberalismo umanitario (diverso da quello economico) che fu poi portato a termine dallo stesso Cusumano, sempre tenendo in considerazione la scuola francese. Dopo un viaggio in Germania, Cusumano diventa un democratico che vuole dimostrare la necessità di riforme istituzionali e di un nuovo rapporto tra stato ed economia. Cusumano si muoveva sempre tra riformismo liberale e radicalismo sociale, ma non voleva arrivare a delle rivoluzioni sanguinose. I socialisti della cattedra nacquero nel 1872 e subito formarono un'associazione, composta da professori, letterati ed economisti, che diede i suoi buoni risultati. Per Cusumano questa è una stagione felice e non si pentirà mai di essere un economista siciliano, anzi, sarà tra i suoi desideri il fatto di poter insegnare in una università della Sicilia.



2. TRA SOCIALISMO E SCU 222g67c OLA DI MANCHESTER

Nelle 2 tesi fondamentali di Cusumano si mette a confronto l'economia dei discendenti di Smith e la scuola italiana. I primi avevano disgiunto l'economia dalle altre scienze, mentre la seconda aveva considerato la ricchezza in rapporto al benessere comune. L'economia politica era diventata la scienza che si occupava della soddisfazione dei bisogni degli uomini. Grazie alla vittoria di un concorso, Cusumano riesce a finire i suoi studi in Germania ed a pubblicare (anche grazie a Lampertino) il suo primo rendiconto sulla scuola economica tedesca. Cusumano, quindi, affronta le contrapposizioni che intercorrono tra i socialisti della cattedra e la scuola di Manchester. Più che una lettera, inviata prima a Lampertino e poi pubblicata, si tratta di un manifesto che vuole dimostrare la non-separabilità dell'economia dalle altre scienze. La nuova scuola economica tedesca modificava le teorie di Smith; protestava contro le assolute soluzioni; modificava il principio del diritto di proprietà; e indicava alcuni rimedi per la questione sociale. Capo di questa scuola era Wagner. Subito essa fu accusata da alcuni giornalisti di socialismo, ma secondo Cusumano si tratta di un'accusa falsa perché essa ammetteva la proprietà privata, il capitale, l'eredità, ma desiderava l'intervento dello stato. Ma allora qual è il lato nuovo della scuola economica tedesca? A questa domanda Cusumano cercò di rispondere con una seconda lettera inviata a Lampertino: "il punto nuovo sta nel determinare la posizione dello stato relativamente all'economia nazionale". Del sistema economico i socialisti ne discussero molto nel congresso di Eisenach, che simboleggiò il tramonto della scuola di Manchester e della concezione ristretta dello stato e faceva nascere i socialisti della cattedra. La nuova scuola tedesca era una posizione mediana tra socialismo e scuola di Manchester. Ma cosa si intendeva per scuola di Manchester? Essa escludeva l'intervanto dello stato, teorizzava delle leggi naturali e il diritto assoluto alla proprietà. Essa era riuscita a far proclamare la libertà, ma la sua missione era finita qui ed ora era considerata pericolosa perché non riusciva ad affrontare la questione sociale. La nuova scuola, invece, conviveva con il socialismo nel chiedere l'aiuto dello stato, anche se in maniera diversa e con programmi più realistici. Già Cusumano aveva parlato dello scontro tra il partito diretto da Schulze-Delitzsch e quello diretto da Lassalle. Mentre il primo aveva trovato nella capacità individuale degli uomini il fattore principale del miglioramento delle classi operaie, riservando allo stato soltanto il compito di migliorare l'istruzione, il secondo aveva assegnato tutto allo stato. La nuova scuola tedesca, invece, desiderava aderire ad entrambi i filoni insieme, cercando di trovare una soluzione alla questione sociale. Proprio quando in Italia sembra avviarsi un processo di modernizzazione e di sviluppo, sembra che la questione sociale si aggravi. Qui nasce la scuola lombardo-veneta che Ferrara critica perché il centro della sua riflessione è proprio la questione sociale. Ferrara voleva degradare lo scritto di Cusumano che, ormai, era quasi il vangelo dei seguaci della scuola tedesca. A questo punto intervenne Luzzatti che non credeva che i socialisti della cattedra fossero la causa della questione sociale, anzi per lui la causa era l'esagerato liberalismo ferrariano.

3. LE SCUOLE ECONOMICHE DELLA GERMANIA

Le idee economiche della Germania non avevano avuto molta accoglienza in Italia. Forti aveva trovato negli articoli di Cusumano una tendenza autoritaria, adoratrice dei professori germanici. Secondo Cusumano, però, è innegabile che tra i riformisti italiani e i realisti tedeschi esistano alcuni rapporti di parentela: entrambi accentuano le teorie moderne dello stato e non credono nell'efficacia assoluta della proprietà. Economisti come: Lampertino, Miraglia, Errera, ecc erano a favore di Cusumano; altri come: Scarabelli, Ferrara, Bruno, ecc rifiutavano i suoi principi: alcuni perché fraintesi, altri perché non accettati. A Berlino, nel 1846 venne fondata la prima società di liberi scambisti con lo scopo di combattere i dazi differenziali. Nel 1858 venne inaugurato il congresso economico che segnava l'ascesa definitiva dei liberi scambisti. Il 1° Congresso commerciale di Heidelberg servì per ottenere la libertà del commercio e l'abolizione dei dazi che inceppavano industria e commercio. Risolto il problema della libertà di commercio, restava da risolvere la questione sociale. Si pensava che essa fosse soltanto una questione di produzione: si doveva aumentare la produzione e il capitale (infatti, il salario dell'operaio dipendeva dal rapporto di offerta e domanda). Altro mezzo per risolvere la questione sociale era l'istruzione, non solo per i benefici che esercitava sull'abilità dell'operaio, ma anche perché educava il cuore dell'operaio. I liberisti credevano che la soluzione assoluta per risolvere la questione sociale fosse l'aumento del capitale, ma non capivano che di pari-passo si doveva muovere la divisione dei beni. Solo dopo il 48 si ebbero aiuti agli invalidi, scuole gratuite e banche popolari. Alle varie opinioni si aggiunse quella di Engel che proponeva la partecipazione al profitto come uno dei mezzi migliori per la soluzione della questione sociale. La questione sociale andava risolta attraverso la cooperazione tra le varie classi; lo stato deve limitarsi a difendere i diritti dei cittadini. Meinecke distingueva nel campo storico-economico 3 fasi: 1° (1810-1848) liberalismo classico, 2° (1848-1870) storicismo empirico, 3° positivisti e realisti. Le teorie sulla questione sociale erano diverse; ad esempi ricordiamo quella di Eras che credeva fosse soltanto una questione di produzione e non di divisione della ricchezza (questa teoria ebbe breve vita). Il Congresso di Crefeld (1874) ammise l'intervento dello stato nelle casse di assistenza per gli operai. Secondo Duncker lo stato non soltanto può, ma deve porre dei limiti all'egoismo economico.

4. DAL POSITIVISMO AL SOCIALISMO CATTEDRATICO

La nuova scuola economica si chiamava realista o dei socialisti cattedratici (proprio per indicare la base delle sue indagini scientifiche e l'appartenenza ad essa dei migliori professori universitari della Germania; es: Wagner insegnava a Berlino). Il programma della nuova scuola, formulato da Wagner e Schonberg, criticava il laissez-faire (=la proprietà assoluta), dichiarava la sua posizione media tra manchesteriani e socialisti e dimostrava che sia lo stato, sia la società, sia gli operai dovevano intervenire nella questione sociale. Scrive Cusumano: "mentre il sistema mercantile aveva ritenuto produttivo solo il commercio esterno, relativo alle classi dei coltivatori e dei proprietari, Smith aveva incluso la classe manifatturiera, ma era caduto nell'errore di dichiarare improduttivi i lavori immateriali". Subito dopo si accese un nuovo dibattito, quello sulla rendita: mentre: mentre Smith aveva considerato la rendita come un soprappiù del prodotto del suolo e aveva trovato la rendita in ogni terreno, Ricardo, al contrario, facendo consistere la rendita nella differenza del costo di produzione di 2 terreni di diversa qualità, non la aveva trovata in ogni terreno e l'aveva fatta dipendere anche dall'aumento della popolazione. Sismondi, però, combatte il materialismo di Smith e dice che le ricchezze devono essere considerate come un bene che lo stato deve dividere agli individui per salvare la società. Per la scuola sismondiana, infatti, la miseria non è più un fatto marginale, ma un fatto sempre più in rilievo che sta diventando pericolosa e nociva. Il socialista che meglio si oppose alle teorie di Smith fu il francese Blanc. Sul legame tra scuola sociale francese e socialismo cattedratico, Cusumano aveva espresso 2 punti: 1) ammettere a priori l'intervento dello stato giustificarlo a priori; 2)non ammettere leggi economiche assolute nel senso della scuola di Manchester. Che fare, allora, di fronte allo "spettro rosso del socialismo"? Per Cusumano ciò si poteva combattere solo con delle riforme economiche e legislative (leggi sulle fabbriche, minore lavoro per donne e bambini, aiuti economici per invalidi e malati). L'economia tedesca, a differenza di quella francese e inglese che vedevano nello stato un semplice meccanismo di sicurezza, aveva riconosciuto necessario lo stato, come depositario degli interessi della nazione, come unico organo in grado di garantire benessere sociale alla società. Le teorie di Smith furono combattute in Germania dal reazionario Muller e dal progressista List. Secondo il primo, Smith aveva tracciato la sua teoria facendo riferimento all'Inghilterra e alle sue condizioni di nazione (quindi questa teoria non poteva essere applicata ad altri paesi che presentavano situazioni diverse). List credeva che la ricchezza nazionale dipendesse dallo sviluppo delle forze produttive e aveva diviso queste ultime in 3 gruppi: agricoltura, arti e commercio (la 2° è la + importante). La nazione, inoltre, percorreva 4 gradi di sviluppo: pastorizia, agricoltura, agricoltura-manifattura, agricoltura- manifattura-commercio. Lo stato, per resistere alla concorrenza straniera, doveva mettere dei dazi protettivi. Quelle di Muller e List sono delle critiche che vanno contro il cosmopolitismo di Smith (=le leggi economiche hanno un valore assoluto per tutti i popoli), a favore di teorie + relative. A Smith si criticava anche lo stato visto come un male necessario. Smith aveva pensato che l'ordine privato fosse in armonia con quello pubblico deducendo che lo stato doveva garantire agli individui solamente "la sicurezza" di godere il frutto del loro lavoro. I doveri dello stato erano quelli di difendere la società dalla violenza esterna attraverso la difesa e dalla violenza interna attraverso la giustizia. Schonberg e Wagner credevano, invece, che lo stato potesse risolvere anche la questione sociale. Durante il medioevo si dovettero affrontare 2 problemi: rendere più forte lo stato e sviluppare e sviluppare il principio della libera personalità impedito dalle corporazioni. Si cercò di risolvere entrambi i problemi attraverso la teoria della prosperità (si ammette il sistema mercantile) e la teoria del contratto (l'azione di ogni uomo è limitata dalla coesistenza con altri uomini; di questo ne aveva parlato Hobbes, Locke, ma più approfonditamente Kant). Lo stato doveva garantire la libertà di tutti senza curarsi del benessere materiale, spirituale e morale dei cittadini. Smith aveva considerato gli individui separatamente, mentre Cusumano parla di questi nella loro totalità. Ma lo stato deve anche garantire benessere e prosperità, proprio per questo la teoria di Kant, che nel 1800 era il frutto di un genio, nel 1830 viene criticata da altri filosofi come Hegel e Schelling. Sull'aspetto economico fu Mill a modificare le teorie di Smith. Mill ammetteva l'intervento dello stato nel campo dell'eredità, della proprietà, dei contratti, dell'istruzione e del lavoro. Alla scuola tedesca lui piacque molto perché non pronunciava delle teorie assolute, ma relative al tempo e al luogo. Dopo Smith la situazione dell'industria era cambiata ed erano sorti nuovi bisogni. I suoi discepoli avrebbero dovuto modificare le teorie dei maestri, ma reagirono in senso opposto enfatizzando ulteriormente quella che era una teoria assoluta.

5. LA QUESTIONE METODOLOGICA

Gli economisti della nuova scuola, ora si ponevano il problema del metodo da usare, preferendo di gran lunga quello induttivo (dal particolare al generale), soprattutto per influenza di Comte. Anche Wagner, sebbene ritenesse necessario l'uso di entrambi i metodi, sosteneva la superiorità del metodo induttivo. Solo dopo la raccolta dei dati sarebbe stato possibile utilizzare il metodo deduttivo e trovare i mezzi per la soluzione della questione sociale. Per risolvere la questione sociale, quindi, erano necessarie indagini, osservazione di fatti e raccolta di dati. La nuova scuola tedesca credeva che il sistema economico fondato sull'interesse personale non era sufficiente a soddisfare tutti i bisogni economici del popolo e produceva disarmonie; era necessario considerare anche il sistema economico comune e discutere sul ruolo dello stato. Per quanto riguarda lo stato e i suoi compiti, la battaglia andava condotta su 2 fronti: contro i liberisti radicali (per non intercorrere nuovamente negli errori di Smith) e contro i socialisti (per non sopprimere la proprietà privata). Per quanto riguarda il rapporto tra economia ed etica, Schaffle aveva proposto un economia che avesse come punto di partenza e come scopo finale l'uomo e non la ricchezza. In seguito anche Schonberg esaminò la questione: aveva concentrato l'attenzione sul carattere etico dell'economia; grande conoscitore del socialismo e contro il materialismo, considerava i beni materiali dei mezzi per l'adempimento degli scopi sociali degli individui. Da questo principio etico derivava il fatto che l'economia non doveva prestare interesse solo alla produzione dei beni, ma anche al loro consumo e non doveva considerare il lavoro solo come forza produttiva, ma anche come parte della vita dell'uomo. I tedeschi, infatti, criticarono la politica economica liberista perché aveva considerato l'uomo solo come forza lavoro. Per quanto riguarda la proprietà, Wagner aveva precisato la differenza tra proprietà urbana (anche inoperosa e senza una continua proprietà avrebbe dato i suoi risultati) e proprietà rurale (qui è richiesto un continuo impiego di capitali e di lavoro da parte del proprietario). L'amministrazione della proprietà urbana, infatti, era semplice, bastava costruire un palazzo con l'aiuto di un ingegnere e questo sarebbe rimasto per lungo tempo lì, senza dispendio di ulteriore lavoro o capitale. Brentano, nonostante fosse contro la proprietà privata assoluta, voleva la libera concorrenza: il dominio del forte sul debole, del capitalista sull'operaio, della grande industria sulla piccola; minacciando l'esistenza dell'operaio ed abbassando il suo salario ad un minimo che venne definito "salario della fame". Per questo motivo brentano e Wagner avevano chiesto dazi protettivi contro i prodotti stranieri. La proposta di Wagner circa l'espropriazione della proprietà urbana era relativa alle circostanze e non assoluta: "come il proprietario fondiario perdeva ogni diritto di proprietà se non coltivava il terreno, allo stesso modo il proprietario urbano che non destinava la sua proprietà all'uso giusto, doveva subire l'espropriazione". Principio etico delle imposte: diceva che bisognava pagare un'imposta allo stato non per i vantaggi che lo stato offriva ad ogni uomo, ma per una giustizia sociale e naturale che avrebbe smussato il conflitto di classe. L'imposta era un dovere pubblico, non era una pena, ma un legame tra gli individui e lo stato che si proponeva lo scopo della loro perfezione; essa doveva essere considerata come il contributo dell'individuo per lo sviluppo della società. L'imposta dipendeva dal reddito.

PRODOTTO NETTO: è l'andamento di un affare dal punto di vista dell'economia privata.

REDDITO NETTO: è relativo alla persona ed alla soddisfazione dei suoi bisogni.

6. TRA CONSERVATORISMO E DEMOCRAZIA PROGRESSIVA

Nel socialismo della cattedra si incontravano: pensatori del conservatorismo, pensatori del cristianesimo sociale e pensatori della democrazia progressiva. Tutti volevano risolvere la questione sociale allontanandosi dal liberismo. Conservatori sociali e socialisti appartenevano al partito eterodosso dell'economia politica, mentre liberi scambisti e socialisti della cattedra appartenevano al partito ortodosso, contenti del partito economico così com'era e come sarebbe diventato con le riforme. A questi Wagner aveva dato il nome di conservatori reazionari. Dopo la rivoluzione del 48 i conservatori, che rappresentavano gli interessi delle 3 classi (nobiltà, clero e borghesia), erano stati costretti a divenire un partito pratico. Vecchi e nuovi conservatori erano arrivati a conclusioni diverse. I vecchi conservatori volevano la restaurazione delle istituzioni economiche e politiche del medioevo. Secondo Maller, il rimedio per allontanare l'impoverimento non sta nell'istruzione, nella costruzione di ferrovie, ma nell'istituire un principio di giustizia che ad ognuno lascia il suo. Si voleva tornare, insomma, ad una monarchia assoluta. Per fare ciò bisognava dimenticare 100 anni di storia e magari si rischiava di commettere gli stessi errori del passato. Le corporazioni dei mestieri erano delle buone istituzioni medievali, ma non potevano conciliarsi con la grande industria dell'800. Poco dopo si staccò la frazione dei nuovi conservatori la cui ufficializzazione avvenne quasi in contemporanea alla comparsa di Lassalle. Per questi ultimi non bisognava rivivere le istituzioni del medioevo, ma bisognava cominciare un armonico ordinamento sociale. Secondo Cusumano, la differenza tra vecchi e nuovi conservatori sta nel fatto che questi ultimi volevano la formazione delle Trade Unions. Wagener si era battuto per l'introduzione di queste ultime ed andava contro la libertà del lavoro e della concorrenza. Esponente dei nuovi conservatori, pronto a prendere le veci di Wagener, fu Meyer. I nuovi conservatori volevano la formazione di associazioni economiche che avessero il loro fondamento nello stato e non nelle città e l'accettazione del suffragio universale. Essi erano comunque a favore di un'azione lenta e graduale. Lo stato doveva garantire una buona distribuzione della ricchezza ostacolando l'accumulazione nelle mani di pochi, mediante la limitazione del lusso. Meyer proponeva anche un'imposta progressiva ai capitalisti e ai proprietari a favore della classe operaia. Il socialismo, originario della Francia, aveva trovato un valido terreno in Germania. Proprio per questo Cusumano insiste sull'importanza della storia economica degli ultimi tempi della Germania.

7. IL SOCIALISMO DI STATO: DA RODBERTUS A LASSALLE

Il socialismo entra in una fase importante con Marx ed Engels. Il punto di forza dei loro programmi era l'analisi dei processi di sviluppo. Quando Marx nel 1847 firmava il Manifesto del partito comunista, nello stesso periodo Rodbertus aveva sostenuto che, con il progresso, il ricco sarebbe diventato sempre più ricco ed il povero sempre più povero. Rodbertus ebbe nuovi elementi su cui riflettere, tra cui le crisi del 1839, 1847 e 1857. Rodbertus sosteneva che nelle società avanzate, mentre cresceva la produttività del lavoro, il salario si riduceva ad una quota sempre minore. L'opposizione tra salario e rendita fondiaria è quello che Marx aveva definito "produzione capitalistica". Per Rodbertus la rendita era ogni entrata che si aveva senza lavoro e che si fonda su un processo di prelevamento. Vi erano 2 condizioni alla base di questo prelevamento: 1) il lavoratore deve produrre di più di quanto serva a lui per sopravvivere e deve aumentare la produttività del lavoro; 2) devono essere create delle istituzioni economiche che tolgano questo soprappiù ai lavoratori per attribuirlo ai capitalisti. In questo modo, Rodbertus riuscì a dimostrare l'opposizione tra rendita, salario ed interesse. Nei primi decenni della civiltà, il reddito si divideva in rendita e salario ed il rapporto tra questi 2 era piuttosto semplice; con il progresso della civiltà, invece, la rendita si era ulteriormente divisa in rendita fondiaria ed interesse del capitale. Nel rapporto tra questi 2, potevano avvenire 3 casi: o l'una saliva a danno dell'altra, o l'una aumentava e l'altra restava stazionaria, oppure aumentavano entrambe a danno del salario. Col passare degli anni il lavoro era diventato una merce e l'operaio era stato costretto ad accontentarsi di una quantità di prodotto che poteva soddisfare appena i suoi bisogni ( questa è la ferrea legge del salario di Rodbertus, simile a quella di Cusumano e di Lassalle). Per quanto riguarda Marx, Cusumano fece il riassunto della sua pera "Il capitale". Se è facile identificare i punti in comune tra Marx e Ricardo, assai difficile è riuscire a comprendere che gli interessi e i propositi di Marx erano opposti a quelli di Ricardo. Quest'ultimo aveva scoperto le leggi secondo le quali si sviluppava la ricchezza delle nazioni, mentre Marx aveva mostrato che le leggi dell'ordine economico capitalistico operavano per rovinare la società. Secondo Marx, una merce deve possedere un valore d'uso, in quanto deve poter servire a qualcosa, e un valore di scambio che ne garantisca la possibilità di essere scambiata con altre merci. Il valore di scambio scaturisce dalla quantità di lavoro media necessaria per produrre la merce. Sul prezzo influiscono altri fattori, come l'abbondanza o la rarità del prodotto. Secondo Marx, la caratteristica peculiare del capitalismo è il fatto che in esso la produzione non è finalizzata al consumo, ma all'accumulo di denaro. Il ciclo economico del capitalismo non è M-D-M, ma D-M-D (denaro-merce-denaro). Il plusvalore deriva dalla possibilità del capitalista di comprare una merce particolare: l'uomo. L'operaio - ed è questo il plusvalore - ha la capacità di produrre un valore maggiore di quello che gli è corrisposto con il salario. Il plusvalore discende quindi dal pluslavoro dell'operaio, come lavoro gratuito che egli dona al capitalista. Dal plusvalore deriva il profitto. Capitale variabile = salari (ovvero il capitale mobile).

Capitale costante = gli impianti e i macchinari.




Il saggio del profitto è sempre minore rispetto al saggio del plusvalore ed esprime, in modo più preciso, il guadagno del capitalista.

In un primo momento il capitalista cerca di accrescere il plusvalore aumentando la giornata lavorativa. Questo, però, ha dei limiti. Così il capitalismo punta alla riduzione della parte di giornata lavorativa necessaria ad integrare il salario (che Marx chiama plusvalore relativo). Con l'industria meccanizzata, invece, essendo che le macchine non hanno bisogno di riposo, la produzione è continua. Questo, però, genera conflittualità operaia ed una produzione sovrabbondante. La necessità per il capitalista di un continuo mutamento tecnologico, genera la caduta del saggio di profitto. Questa è la legge dei rendimenti decrescenti. A questa contribuiscono delle cause antagonistiche come quella di acquistare materie prime dall'estero, e non nel proprio paese, perché il prezzo è minore. Tale legge finisce per creare, secondo Marx, solo 2 classi sociali in opposizione tra loro: maggioranza industriale (dalla grande ricchezza e potere) e minoranza proletaria sfruttata.

Nonostante Cusumano accusasse Marx di avere amplificato gli errori di Ricardo e di avere commesso qualche imprecisione nelle sue teorie sul valore, non lo attaccò mai frontalmente e, anzi, lo considerava una figura di somma importanza. Anche Lassalle, discepolo di Marx, aveva mosso guerra all'economia politica liberale. Egli credeva che la fonte del capitale fosse la produzione e non il risparmio. Lassalle credeva che si stesse rubando profitto ed interesse agli operai perché a causa della ferrea legge del salario, sarebbe stato impossibile per gli operai un miglioramento economico. Tale legge limitava il salario medio al minimo necessario per la sopravvivenza. L'unico vero aiuto poteva essere solo la costruzione di associazioni produttive che, intese a garantire agli operai tutto il profitto del lavoro, rendevano nulla la legge del salario. Ma dove trovare mezzi e capitale per rendere reale questa proposta? Lassalle aveva chiesto l'aiuto dello stato. Nonostante le associazioni produttive assomigliassero molto agli ateliers nationaux francesi, non ne erano una copia: in Francia lo stato era diventato impresario, Lassalle, invece, voleva che l'operaio diventasse impresario; in Francia l'operaio riceveva soltanto il salario del suo lavoro, Lassalle, invece, voleva dare all'operaio tutto il profitto del suo lavoro. Rimaneva in dubbio come convincere lo stato a dare il capitale necessario per formare le associazioni produttive. Era certo che, fino a quando lo stato sarebbe rimasto nelle mani della borghesia, sarebbe stato impossibile raggiungere l'obiettivo. Secondo Lassalle bisognava ricorrere al suffragio universale. Secondo Cusumano, questa è la differenza tra Marx e Lassalle; mentre il primo riteneva necessaria una rivoluzione sociale, il secondo ricorreva alla via pacifica e legale, al suffragio (infatti per Lassalle rivoluzione=evoluzione, sostituzione di un nuovo ordinamento economico ad uno antico). Inoltre, mentre il socialismo di Marx era internazionale, quello di Lassalle era nazionale. Per queste ragioni i seguaci di Marx si erano divisi da quelli di Lassalle nel congresso di Eisenach del 1869. Lassalle aveva anche cercato di avvicinarsi alla democrazia radicale, ma quando aveva compreso che quest'ultima voleva dare importanza solo alla forma di governo e non all'idea di stato, si era allontanato. Per Cusumano, cmq, Lassalle era e rimase un socialista. Le sue teorie erano stato poco originali perché erano già state avanzate da Roscher, ma la sua audacia sta nell'averle sapute esporre con molta più chiarezza e semplicità. Secondo lassalle la legge del salario era una legge naturale ed eterna, mentre è opportuno ricordare che le leggi economiche erano etiche, sociali, storiche, relative e mutabili. I fatti, però, smentirono la ferrea legge del salario, dato che la condizione della classe operaia era migliorata. Durante l'ultimo congresso tenuto a Gotha, i 2 partiti socialisti si erano fusi accettando un programma comune: rivoluzione sociale di Marx sacrificata per i mezzi legali di Lassalle. Di qui in poi si ebbe un'ascesa del socialismo: non vi era città o borgo che non possedesse delle associazioni democratiche socialiste. Soltanto i contadini si era opposti al socialismo perché avevano paura del suo ateismo e del suo materialismo. I socialisti non combattevano il capitale in quanto tale, ma il capitale in quanto proprietà privata. Se il capitale fosse stato comune, di certo l'organizzazione economica della società sarebbe stata migliore. Ma per attivare il socialismo bisognava cambiare la natura egoistica dell'uomo. Le nuove teorie volevano salvare le società dai pericoli di una rivoluzione sociale. Alla fine la scuola tedesca aveva optato per la soluzione pacifica della questione sociale.




8. IL XII CONGRESSO DEGLI SCIENZIATI ITALIANI

Dopo che Cusumano torna in Sicilia, si ritrova a dover controbattere le ostilità di Giovanni Bruno. Quest'ultimo, riflettendo sulle varie rivoluzioni, aveva intravisto il pericolo maggiore della rivoluzione nella perdita della libertà e credeva che solo grazie alla moderazione si potesse evitare la rivoluzione.  Il popolo siciliano, nel 48, aveva sostenuto una rivoluzione giustificata dal fatto che il dispotismo non aveva conquistato del tutto la libertà. Secondo Bruno, adesso, bisognava diffondere i sani principi della scienza. Il vero fine della politica era quello di riavvicinare tutte le classi. Sia liberisti che autoritari riconoscevano che la libertà e l'autorità erano 2 dati egualmente indispensabili all'ordine politico. Le differenze nascevano dal fatto che i liberisti credevano nella compatibilità di tutte le libertà con l'ordine sociale, mentre gli altri credevano che molti vincoli avrebbero potuto essere compatibili con la libertà. Inoltre, i liberisti cedevano che il compito dello stato fosse quello di intervenire per ripristinare l'armonia, mentre secondo gli autoritari si trattava di un obbligo. Quando Bruno stabilisce questo ultimo congresso invitando Cusumano, quest'ultimo cerca di farsi appoggiare da altri, ma né Wagner, né Engel, né Lampertino parteciperanno al congresso. Il 29 Agosto fu approvato il regolamento che prevedeva la suddivisione dei lavori in 10 classi o gruppi di materie. Cusumano era stato assegnato alla classe di geografia, linguistica ed antropologia come segretario. Nello stesso periodo una legge aveva limitato il lavoro di ragazzini nelle miniere. Ma il leone del congresso fu Majorana che nelle sue tesi aveva preso per soggetto l'uomo e i suoi bisogni, per oggetto la ricchezza, per campo la società, per limite le leggi e per scopo la prosperità economica. La scienza sociale, secondo Majorana, era una; era impersonale, universale (perché non è privilegio di una sola classe), perpetua (perché si fonda sull'ordine naturale), educativa e moralizzante. Solo alla morte di Bruno, Cusumano riuscirà ad ottenere la cattedra di Scienza delle Finanze.




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