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LE OPERE PRINCIPALI - Lavandare

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LE OPERE PRINCIPALI


I libri migliori del Pascoli sono "Myricae" e i "Canti di Castelvecchio".


Myricae è la prima raccolta di poesie; il titolo spiega già in parte il contenuto: Myricae in latino significa tamerici, piante umili che crescono al livello del terreno e che nessuno considera.

Sono il simbolo della poesia umile che Pascoli intende comporre, una poesia fatta di piccole cose osservate con la meraviglia del fanciullo.

La poesia del Pascoli è estremamente semplice.


Tra le poesie raccolte in Myricae ricordiamo:

·   &nb 121i88b sp;    Lavandare



·   &nb 121i88b sp;    Novembre

·   &nb 121i88b sp;    X Agosto


A Castelvecchio di Barga, nella casa di campagna dove soggiornò frequentemente a partire dal 1895, il Pascoli scrisse queste nuove myricae, che egli chiamò "autunnali", alludendo alla declinante stagione del suo vivere.

Comuni alle due raccolte sono l'amore per la vita della campagna e per le cose umili; ma c'è, qui nei Canti, accanto alla rappresentazione realistica dell'ambiente contadino, una visione simbolistica più decisa e le cose umili divengono come un rifugio dall'ansia della morte, presenza continua nella vita del Pascoli.


Tra le poesie raccolte nei Canti di Castelvecchio ricordiamo:

·   &nb 121i88b sp;    Il gelsomino notturno

·   &nb 121i88b sp;    La mia sera

·   &nb 121i88b sp;    La cavalla storna


"Lavandare"

Lavandare è una delle myricae più caratteristiche.

Ci si trova in un quadro autunnale in un'ora incerta e senza tempo.

I sensi del poeta, immerso nella campagna solitaria, colgono vigili la natura intorno, le sue immagini, le sue voci: un campo appena arato, un aratro abbandonato sui solchi, i rumori prodotti dallo rumore d'acqua delle lavandaie, anch'esse parte del paesaggio.

Poi tutto sfuma in un'unica nota: un canto d'amore e di nostalgia, che è come il variarsi, in una voce umana sperduta nell'immensità della campagna, dello sfiorire autunnale, che già il Pascoli aveva colto in quell'aratro abbandonato.

E' una poesia d'immagini e di sensazioni. Gli oggetti sembrano dissolversi in un'onda di malinconia.
La prima parte è descrittiva, in cui prevale ancora il colore. L'aratro dà un'idea di dimenticanza; difatti è stato abbandonato nel campo.

La seconda parte si lega alla prima attraverso il canto delle lavandaie, canto dell'abbandono: la persona amata si è allontanata e ancora non ritorna al paese.

"Novembre"

Anche qui si ha una visione dell'autunno, sfumata in un alone di tristezza.



Il paesaggio è nitido e oggettivamente disegnato.

E' l'estate dei morti, una limpida giornata di novembre.

Intorno si diffonde una sensazione di primavere lontane, percepite, dietro le suggestioni vaghe dei sensi, dalla memoria.

Ma è un'illusione breve: i rami sono secchi, il cielo vuoto di rondini, la terra resa arida e compatta dal freddo; su tutto grava un'amara solitudine, un silenzio sconfinato.

In questo silenzio l'anima coglie un lontano cadere di foglie, un declinare irreversibile della vita.

La poesia è capace di rendere le sensazioni più impalpabili e la vibrazione che esse suscitano nella vita della coscienza.

Evoca il senso della morte.

"X Agosto"

Questa poesia rievoca la morte del padre del poeta, che venne ucciso il 10 agosto nel 1867. Questo giorno è anche la festività di un martire, S. Lorenzo, e in cui si verifica il fenomeno delle stelle cadenti.

Il dolore personale del poeta si avverte già nel pianto delle stelle con cui si apre la poesia e nell'immagine della rondine uccisa, ma soprattutto nella quartina finale, dove il cielo s'incurva lontano e pietoso sulla terra, dominata dalla tragica fatalità del male.
Pascoli si era creato il problema se scrivere di questi eventi tragici della sua vita o lasciarli fuori dalla sua poesia; questo è un po' lo stesso problema che aveva avuto il Leopardi, che fu accusato di fare una poesia che fosse solo un lamento continuo.

Il rischio è che le vicende biografiche finiscano col legare il poeta alla sua vicenda personale, levando quindi alla poesia la caratteristica d'universalità.

Pascoli finì per venire sulle proprie vicende personali.

"Il gelsomino notturno

Il gelsomino notturno è un fiore notturno che si apre la sera per poi dischiudersi all'alba ed esala un intenso profumo.

La lirica rinuncia ad ogni forma di sintassi, di concatenazione logica, per esprimere un puro scorrere senza tempo delle cose e dell'anima.

Gli elementi essenziali della rappresentazione sono costituiti dal profumo dei fiori, dalle minuscole voci degli insetti, dal trascorrere lento delle stelle, dalla luce che s'accende e si spegne nella casa solitaria.

Questa poesia fu dedicata ad un amico che si era sposato.

La poesia è invasa da un velato riferimento alle nozze e a quel rapporto sessuale che non finisce di attrarre e allo stesso tempo d'impaurire Pascoli.

Sullo sfondo della lirica vi è l'io del poeta che pensa ai suoi cari (il consueto ricordo dei suoi morti, la loro misteriosa presenza sulla sua vita), ma senza pianto.

Nasce qui la scoperta di una dimensione nuova della realtà. Il tremore delle cose, il loro accendersi e spegnersi, i fiori che si schiudono, mentre il poeta è immerso in pensieri di morte, fanno sentire il continuo fondersi della morte e della vita nell'unico mistero dell'essere.






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