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"Il patto sociale nella società multiculturale"

italiano



Saggio breve


Titolo: "Il patto sociale nella società multiculturale"


Destinatario giornale scolastico



"Come si è stretto il mondo" direbbe F. Fortini, infatti oramai alla nostra società si associa l'aggettivo "multiculturale" e ogni uomo può considerarsi cittadino del mondo. Tuttavia questo meccanismo, così come è sopraesposto, potrebbe apparire fin troppo semplice; al contrario, racchiude al suo interno delle problematiche a cui fa capo un solo concetto con il proprio opposto: la tolleranza.

Secondo Bobbio bisogna chiarire il significato di questo vocabolo, pertanto egli sostiene la presenza di un' ambivalenza di accezioni, una positiva e l'altra negativa ciascuna delle quali si ricollega rispettivamente ad un senso negativo e ad uno positivo del termine intolleranza. Nel suo significato positivo, quest' ultima 727g69h esprime un sentimento di severità e fermezza, mentre il suo contrario (ovvero tolleranza in senso negativo) è "sinonimo di colpevole indulgenza, di condiscendenza al male" a causa della mancanza di valori o di comodità nel quieto vivere. Quando parliamo di tolleranza in senso positivo, ci riferiamo ad una coesistenza libera e conciliante.

Purtroppo nella società in cui viviamo, molte persone si dichiarano tolleranti, ma di fatto non lo sono o perché attribuiscono all'aggettivo un significato negativo (o quanto meno distorto) oppure perché si ritengono tali fino a quando i problemi che coinvolgono il multiculturalismo gli sembrano ancora troppo remoti per interessarli da vicino.



In che cosa consistono questi problemi? Secondo J. Habermas i dubbi relativi alla tolleranza compaiono nel momento in cui le minoranze etniche assumono la consapevolezza di avere una propria identità distinta da quella della maggioranza e pertanto esse iniziano a promuovere movimenti di emancipazione, chiedendo alle autorità che gli vengano concessi specifici diritti o che vengano esentate da particolari doveri. Ovviamente questa sorta di sfida sarà tanto più ardua all'aumentare del divario tra le varie culture e tanto più crudele al crescere del carattere fondamentalistico delle spinte promosse dalle minoranze.

Coloro che appartengono alla maggioranza etnica iniziano ad avvertire inconsciamente un sentimento di paura nei confronti dei "diversi" che pretendono di dettare legge in un luogo che non li rappresenta e che appartiene ad altri.

D'altronde la paura e il suo conseguente difendersi, nonché la consuetudine di marcare il territorio per indicarne il possesso sono caratteristiche che contraddistinguono l'animale che è in noi.

Quest' ultimo è inoltre definito "sociale" in quanto vive in branco, con i suoi simili. Ma chi sono costoro? Gli uomini in generale o più specificamente quelli che mostrano essere accomunati anche dagli stessi interessi, dalle stesse esigenze?

M. Aymard in un articolo de "Il Sole 24 ore" sostiene che per civiltà si intende una totalità nessuna delle quali completamente separata dalle altre in quanto queste si scambiano continuamente innovazioni. Inoltre egli sintetizza in poche parole l'essenza della globalizzazione, fenomeno strettamente correlato con l' argomento qui trattato, che esprime la progressiva trasformazione del nostro pianeta in un grande villaggio e la conseguente abolizione delle distanze e delle differenze tra gli uomini mediante la circolazione istantanea delle informazioni su Internet.  

M.Nussbaum afferma che il multiculturalismo è un dato di fatto; l'educazione e l'istruzione devono inoltre viaggiare di pari passo con l'evolversi della società e di conseguenza con il passare del tempo si avverte l'esigenza di far conoscere agli studenti le caratteristiche principali delle altre culture. Infatti se si è consapevoli dell'esistenza di differenze culturali tra i vari gruppi, è garantito un maggior grado di rispetto reciproco poiché il rifiuto della diversità è dettato dall'ignoranza e si combatte dunque con l'istruzione.

Le diversità sono delle ricchezze infatti più si è diversi  meglio è, purché io, con i miei comportamenti, non provochi danno al mio vicino, ad esempio fino a quando non cambiano le leggi che regolano la proprietà privata, io posso anche battermi per l'abolizione di questa, ma  l'importante è che non vada nella casa del vicino e lo cacci.

E a questo punto è legittimo domandarci fino a che punto sia lecito ostentare tolleranza nei confronti dei diversi.

E' giusto togliere dall' aula, dove la maggioranza degli studenti è di religione cristiana, il crocifisso perché uno studente musulmano si sente discriminato? E se noi andassimo in Islam?

Siamo sicuri che verremmo accettati o ancor di più che verrebbe accolta la richiesta di appendere un crocifisso in aula o di togliere tutti i simboli religiosi islamici? Sarebbe giusto se le donne occidentali, che oramai hanno raggiunto la parità dei sessi, andassero in medio-oriente e, sentendosi discriminate in quanto subordinate e sottomesse all' uomo, esigessero di sovvertire le loro leggi politiche o morali?

Al mondo ci sono tante religioni e tante culture ed è giusto che ognuno professi la sua. Ma è altrettanto vero che, seppur viviamo in una società multietnica e la accettiamo, non per questo dobbiamo venire meno ai principi della nostra religione o nasconderli.

E infatti F. Merlo in un articolo del Corriere della Sera sintetizza quello che in generale è il pensiero della gente comune: "Noi siamo

pronti ad ospitare la diversità delle fedi, delle nevrosi, delle ossessioni e di misteri. Ma senza rinunciare alla nostra identità".

Il grande problema è dunque se esiste un patto tra la società ospitante e coloro che sono ospitati, se la società ospitante ha anche il diritto, il potere di pretendere che coloro che fanno parte dei gruppi ospitati si comportino al loro interno in un certo modo.

Se fosse possibile, si potrebbe stabilire un contratto di tolleranza, un patto reciproco: voi venite, noi vi tolleriamo, e a nostra volta cambiamo in certa misura i nostri modi di vita per stare con voi.

Ma quali sono i limiti di questo patto?  Quanto dobbiamo cambiare noi per poter convivere con voi? Quanto dovete cambiare voi per poter convivere con noi?




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