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I FARAONI TRA STORIA E ARCHEOLOGIA: LA CONFIGURAZIONE DEL TERRITORIO

geologia



i faraoni tra storia e archeologia


la configurazione del territorio

Gli Egizi chiamavano il loro Paese Kemet, "la terra nera", in opposizione a Desheret, "la terra rossa", cioè il deserto. Il suo nome moderno è la forma grecizzata dell'egiziano Hut-ka-Ptah, "la dimora del ka di Ptah", che allude al tempio di questa divinità situato a Menfi. La sua denominazione attuale, in arabo, è Misr.

La storia dell'Egitto è sempre stata condizionata dalla particolare configurazione del territorio, che ha influenzato l'economia, la politica e le scelte strategiche dei suoi governanti.



L'Egitto è un altopiano roccioso situato nell'Africa nord-orientale, solcato dal Nilo per circa 1500 km, da nord dello Uadi Halfa, nei pressi della II cateratta del Nilo, fino al Mediterraneo. Nell'antichità, i suoi confini furono spostati a seconda delle circostanze storico-politiche. A sud, la frontiera naturale era situata presso la I cateratta, all'altezza dell'isola di Elefantina, toponimo giustificato dall'importanza del commercio dell'avorio, che qui si esercitava con le regioni subtropicali. Elefantina si trova di fronte all'attuale Assuan.

A sud della I cateratta si estende la Nubia, toponimo forse derivante dall'egizio nub, "oro", di cui la zona era particolarmente ricca. Ad est si erge la catena montuosa arabica, formata da falesie molto scoscese che, dai bordi della Valle, scendono fino al Mar Ross 212c21c o, costituendo un deserto roccioso solcato da letti di corsi d'acqua (detti uadi al singolare, uidan al plurale) che, già inariditisi nell'antichità, furono utilizzati come piste per raggiungere le cave ed i giacimenti minerari che si trovavano nella zona. I centri minerari più importanti della zona sono quelli di Serabit el-Khadim, dove si trova un tempio della dea Hator, e dello Uadi Maghara. Miniere di rame sono state rinvenute a Timna, presso Eilat.

Nella zona costiera siro-palestinese, la presenza egiziana è attestata già nel III millennio a.C., mentre la massima estensione del dominio egiziano in Asia risale alla seconda metà del II millennio a.C., quando i confini dell'Impero giungono fino all'Eufrate. In quest'epoca, i confini meridionali si collocano nei pressi della IV cateratta del Nilo, mentre quelli occidentali raggiungono Zawiet Umm el-Rakham, 340 km ad ovest di Alessandria, dove si trovavano postazioni fortificate di Ramesse II.

Il deserto occidentale ha sempre costituito il limite del territorio egiziano verso ovest, ed è sempre stato considerato regione ostile e pericolosa. Nella cultura egiziana è anche la terra dei morti, la terra delle grandi necropoli delle regioni menfita e tebana. Il confine politico è costituito da una serie di oasi che si susseguono da nord a sud: Siwa, Baharia, Farafra, Dakhla e Kharga e, a sud della I cateratta, Kurkur e Dunqul, che non hanno fornito alcuna testimonianza archeologica. Da Asiut parte una pista carovaniera che passa per Kharga, per l'oasi di Selima nel Sudan nord-occidentale, per arrivare a el-Fasher, nella provincia di Darfur. Detta Darb el-Arba'in, "pista dei 40 giorni", fu utilizzata a scopo commerciale fin dal III millennio a.C., quindi in modo intensivo in epoca romana.

Il confine settentrionale dell'Egitto è costituito dal Mediterraneo, in cui sfocia il Nilo dopo essersi diramato nel Delta per circa 200 km. Nell'antichità contava sette rami, ora ridotti a due, quello di Rosetta e quello di Damietta. Questi sono collegati da una fitta rete di canali, che irrigano una zona molto fertile, densamente popolata fin dall'antichità. Ciò ha determinato dei problemi dal punto di vista archeologico, dal momento che la sovrapposizione degli abitati e l'umidità del clima hanno impedito o limitato la conservazione dei reperti. Tra Alessandria e il Cairo si trova la depressione dello Uadi Natrun, importante per i giacimenti di natron, utilizzato per disseccare i corpi nel processo di mummificazione.

All'imboccatura del Delta è ubicato il Cairo, nei pressi del quale si trovava Menfi, oggi Mit Rahina/el-Bedrashein, una delle più importanti città egizie. Ad una settantina di km a sud-ovest è situato il Fayyum, una semioasi alimentata dal Bahr Yussuf, che si stacca dal Nilo all'altezza di Deirut e s'immette nel Fayyum presso Hawara ed el-Lahun, per poi terminare, dopo essersi diramato in una fitta rete di canali, nel Birket Qarun. La superficie di questo lago salato è diminuita nei secoli.

Nell'antichità, il Paese era costituito da due grandi zone, l'Alto Egitto, dalla frontiera meridionale fino a Menfi, ed il Basso Egitto, dall'imboccatura del Delta fino al Mediterraneo. Si parla anche di Medio Egitto, espressione che indica la zona compresa tra il Cairo e Asiut.

La struttura geografica stessa mostra come l'Egitto sia terra di dualità, tanto fortemente sentita da permearne anche la cultura: l'Alto ed il Basso Egitto; la Valle, che corre parallela al Nilo, e il Delta; la Valle e il deserto. Il faraone è denominato nesu-bity, "Colui che appartiene al giunco e all'ape", cioè all'Alto ed al Basso Egitto; neb-tauy, "Signore delle Due Terre"; nebty, "le Due Signore", con allusione a Nekhbet e a Uadjet, le dee egizie protettrici della regalità.

Il faraone incarna nella sua figura, divina per dogma, le forze centripete destinate a mantenere l'unità del Paese con l'aiuto di Maat, l'ordine cosmico, la giustizia e la rettitudine che egli deve garantire. Quando tali condizioni vengono meno, e la monarchia non può assicurare l'unità del Paese, si determinano periodi di crisi, ricorrenti ciclicamente.

L'elemento di coesione del Paese è rappresentato dal Nilo, delle cui acque il sovrano deve garantire la buona gestione. Già dalla fine del IV millennio a.C., questi è rappresentato nell'atto di scavare i canali, necessari alla diffusione delle acque ai fini dell'irrigazione. Gli argini dovevano regolare e proteggere le terre nei periodi d'inondazione. Nel corso del III millennio a.C., dei funzionari si occupavano di questi aspetti della gestione del territorio, come mostrano titoli quali "Sovrintendente delle aree paludose" e "Sovrintendente dei canali".

Le inondazioni, che dagli anni '70 non si verificano più in Egitto a seguito dell'innalzamento della diga di Assuan e della formazione del lago Nasser, erano dovute alle piogge che dalla fine della primavera si abbattono sui rilievi dell'Etiopia. Le acque potevano ricoprire le terre per più di un metro e mezzo e, ritirandosi, lasciavano un deposito di fertile limo.

La piena del Nilo scandiva la vita degli Egizi e determinava le loro stagioni, denominate Akhet, il periodo dell'autunno e dell'inverno, Peret, la primavera, e Shemu, l'estate. L'inizio della piena coincideva con l'inizio dell'anno civile ed amministrativo, in luglio, cui erano dedicati festeggiamenti particolari.

Per una migliore gestione, il territorio era diviso in distretti amministrativi, chiamati dagli Egizi sepaut e dai Greci nomoi, da cui deriva il nome moderno di "nomi". Tale suddivisione è attestata fin dal III millennio a.C., ma la lista più importante è fornita, agli inizi del II millennio a.C., dalle iscrizioni della cappella di Sesostri I a Karnak, che ne riportano l'elenco completo accompagnato dall'indicazione della loro estensione e dal loro emblema, costituito da un trespolo sormontato da un oggetto o da un animale, ipostasi del dio locale. Ogni distretto presentava caratteristiche proprie, soprattutto in ambito religioso, che contribuivano a formare l'unità culturale e ideologica del Paese, in cui convivevano contraddizioni recepite dagli Egizi come aspetti diversi in un'unica realtà.

Altre liste geografiche si trovano su papiri di epoca tolemaico-romana e sulle pareti dei templi di Edfu e Dendera. Il numero e l'estensione dei nomi varia a seconda delle epoche: i 22 nomi dell'Alto Egitto sono definiti già nella V dinastia, mentre i nomi del Basso Egitto risalgono al periodo tolemaico-romano; il Fayyum e le oasi restano esclusi. Il numero 42 aveva un valore simbolico, rispecchiando quello dei giudici dei morti e, secondo una tradizione riportata da Clemente Alessandrino, del II secolo d.C., quello dei libri sacri egizi.


le fonti

La ricostruzione della storia e della civiltà egiziana è stata effettuata sulla base di numerose fonti, che si dividono in dirette, o primarie, cioè prodotte dagli Egizi, e indirette, o secondarie, lasciate da altri popoli venuti in contatto con la civiltà egizia.

Tra queste ultime vanno ricordate le fonti prodotte dai Greci, presenti in Egitto fin dal VII-VI secolo a.C. come mercenari, commercianti e viaggiatori. Questo periodo costituisce la fase finale dell'epoca faraonica: i Greci arrivano dunque in un mondo che ha raggiunto la sua pienezza culturale. Questa sfasatura determina nei Greci la convinzione che la plurimillenaria cultura egizia sia frutto di una straordinaria saggezza, grazie alla quale sono stati creati monumenti fuori della normalità, e genera racconti favolosi, lontani dalla realtà storica.

Le notizie fornite dai primi Greci recatisi in egitto originarono un flusso aneddotico che non ci è pervenuto, come quello che doveva trovarsi nell'opera non conservatasi di Ecateo di Mileto, della fine del VI secolo a.C. Esso confluì in Erodoto, le cui "Storie" rappresentano la prima importante fonte omogenea sull'Egitto. Erodoto visita il Paese attorno al 450 a.C., ed è il primo ad occuparsi della storia egizia che, se risulta fantasiosa per le prime dinastie, diventa sempre più fedele e documentata nei periodi a lui più vicini. Egli interroga i sacerdoti egizi e raccoglie una grande quantità di notizie.

Con Omero nasce il mito di un Egitto ricco, saggio e situato ai confini del mondo. Nell'"Odissea", Ulisse accenna all'Egitto come a una terra da cui è difficile tornare. Nell'"Iliade", è presentato come una terra dalle ricchezze leggendarie, ove si trova Tebe "dalle cento porte", con allusione ai piloni d'accesso ai templi cittadini.

Eschilo, nel IV secolo a.C., manifesta un atteggiamento sprezzante nei confronti degli Egizi, perché questi si erano alleati con i Persiani, nemici storici dei Greci. Platone parla dell'Egitto nel "Timeo" e nella "Repubblica" come di un Paese diviso in caste immutabili nei secoli, governato da individui superiori e dalla saggezza millenaria, tanto da doversi prendere a modello. Qualche notizia sull'Egitto si trova nei frammenti pervenutici di Ecateo di Abdera.

Un resoconto più ampio è fornito da Diodoro Siculo, che soggiorna nel Paese nel 59 a.C. e si avvale, oltre che della sua esperienza diretta, anche delle opere di autori precedenti, come Ecateo di Abdera, Agatarchide di Cnido ed Erodoto. Strabone, che visse alcuni anni ad Alessandria e si spinse fino alla I cateratta con Elio Gallo, prefetto d'Egitto, nel 25-24 a.C., tratta dell'Egitto nel XVII libro delle sue "Geografik£

Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nella sua "Naturalis Historia", si occupa dell'Egitto dal punto di vista geografico e naturalistico. Plutarco (50-120 d.C.), nel suo trattato "De Iside et Osiride", racconta la leggenda relativa ai due dei, seguendo il mito egizio ma aggiungendovi interpretazioni allegoriche. Giovenale (47-127 d.C.) accenna in modo satirico agli Egizi come adoratori di gatti e coccodrilli. Verso il 150 d.C., Claudio Tolomeo parla dell'Egitto nella sua opera geografica, elencandone le diverse regioni e le loro principali località.

Nel V secolo d.C., un erudito egiziano, Horapollon, scrive un trattato sui geroglifici, proponendo per ogni segno un'interpretazione allegorica che risulterà fuorviante nei successivi tentativi di decifrazione.

Nel 641, gli Arabi islamizzano il Paese, cancellando la cultura autoctona. Fino al XVII secolo, l'interesse per l'Egitto è limitato ai pellegrini europei diretti in Terrasanta. L'idea di un Paese dispensatore di una sapienza arcana e salvifica permane fino all'Illuminismo.

La ricoperta dell'Egitto si ha con la spedizione di Napoleone del 1798-1799, in seguito alla quale venne pubblicata la "Description de l'égypte", nelle cui tavole i monumenti egizi furono illustrati minuziosamente. Durante la spedizione venne ritrovata la Stele di Rosetta, che permise a Jean-François Champollion, nel 1822, la decifrazione dell'antica scrittura dei faraoni.

Prima della spedizione napoleonica e prima della possibilità di comprensione della lingua egizia, le fonti secondarie, rappresentate dagli autori classici, dalla "Bibbia" e da qualche racconto di viaggiatori, costituivano il solo approccio possibile alla cultura del Paese. Le fonti primarie non potevano essere lette e correttamente interpretate. Per questa ragione, la nascita dell'Egittologia, la scienza che studia tutti gli aspetti dell'Egitto antico, si fa coincidere con le scoperte di Champollion.

Queste fonti possono essere divise in scritte, figurate e in resti materiali. Tra le prime, si ricordano i testi relativi ai sovrani, le lettere di sovrani o dei privati, le autobiografie, le stele funerarie, le composizioni letterarie, i documenti amministrativi e contabili, i testi religiosi. Le fonti figurate sono costituite da tutte le manifestazioni artistiche, dipinte o scolpite a bassorilievo o a tutto tondo. Tra i resti materiali, si collocano quelli archeologici e quelli umani, da cui si possono dedurre dati antropologici. Per arrivare ad una corretta ricostruzione storica, occorre verificare e confrontare più fonti primarie di natura diversa, ricorrendo anche alle fonti secondarie.


la periodizzazione storica tradizionale

Le linee di sviluppo della storia egiziana sono improntate ad una straordinaria continuità, in cui, tuttavia, sono evidenti elementi di trasformazione. Il processo continuo di configurazione e di mantenimento della civiltà egizia in tutte le sue manifestazioni si oppone alla periodizzazione tradizionale della sua storia, consistente in "periodi forti", l'Antico Regno, il Medio Regno e il Nuovo Regno, e in certa misura l'Epoca Tarda, intervallati da tre periodi di crisi o di debolezza dello Stato, detti Periodi Intermedi, e all'ulteriore raggruppamento di dinastie dei sovrani egizi. Questa scansione cronologica trova una sua parziale giustificazione nell'analisi delle principali manifestazioni della storia egizia, nonché nella tradizione, evidenziata nelle liste regali della seconda metà del II millennio a.C., che fa corrispondere l'inizio di periodi ben individuati con determinati sovrani, come Menes, tradizionale unificatore del Paese e iniziatore della sua storia, Djoser, iniziatore dell'Antico Regno, o Montuhotep, del Medio Regno.

Tra queste liste va citato il Papiro o Canone dei Re di Torino, risalente all'epoca di Ramesse II, che inizia con un elenco di dei e semidei ai quali è attribuito il dominio sull'Egitto in epoca antichissima, cui segue, come fondatore della monarchia egizia, Menes. Un'altra lista molto importante è quella incisa su di una parete del tempio di Sethi I ad Abydos, in cui sono enumerati, come antenati, 76 sovrani, il primo dei quali è Menes. Un altro elenco era inciso nella tomba di Tjunroy, un alto funzionario di Saqqara di epoca ramesside. Noto come Tavola di Saqqara, conteneva in origine i nomi di 57 re. Va ricordata la Tavola di Karnak, risalente a Thutmosi III, che enumerava, non in ordine cronologico, 61 nomi, di cui ne restavano solo 48. Queste liste rivestono molta importanza per lo storico, perché i nomi degli antenati "scomodi" non sono elencati. Tra le esclusioni, sono significative quelle dei sovrani hyksos o quella di Amenhotep IV/Akhenaton e dei suoi immediati successori. Le integrazioni possono essere ricavate da altre fonti, in particolare dai ritrovamenti archeologici.

Molto importante è la Pietra di Palermo, una stele che doveva trovarsi in origine in un tempio, il cui frammento principale è conservato nella città siciliana, mentre altri si trovano al Cairo e a Londra. Vi si enumerano i re delle epoche più antiche della storia egizia, fino alla V dinastia, con l'annotazione di fatti essenziali come l'altezza della piena del Nilo durante i loro anni di regno. Per la VI dinastia sono stati individuati annali simili, iscritti su di una lastra riutilizzata come coperchio del sarcofago della regina-madre Ankhenespepy, rinvenuta a Saqqara sud. Vi si leggono i nomi dei sovrani del periodo, delle loro madri e alcuni fatti salienti del loro regno, quali l'altezza della piena del Nilo, l'invio di spedizioni militari o la presentazione di particolari offerte agli dei.

A questi documenti va aggiunta un'opera molto posteriore, redatta in greco da Manetone, un sacerdote egizio del III secolo a.C. La sua opera, "T£ A"guptiak£", è stata tramandata da Giuseppe Flavio, del I secolo d.C., e qualche passo si ritrova negli scritti di Sesto Giulio Africano (III secolo d.C.) e di Eusebio (IV secolo d.C.), divulgati da Giorgio Sincello intorno all'800 d.C. Vi si legge che, dopo il regno di dei e semidei, governarono l'Egitto 30 dinastie di sovrani, che iniziano con Menes e terminano con Alessandro Magno. Una XXXI dinastia, formata da re persiani, venne aggiunta all'originale manetoniano da uno storico successivo e chiamata "Seconda Dominazione Persiana". Alle dinastie I-XXX, nelle quali viene divisa la storia egizia, si è aggiunta la dinastia 0, in cui si sono raggruppati sovrani protostorici di cui si è trovata testimonianza.

Una dinastia comporta una successione di re legati da vincoli di parentela o da strette affinità politiche. Al suo interno, i nomi dei sovrani si ripetono con una certa regolarità. Le cause dell'estinzione di una dinastia possono essere varie, e non sempre sono note. Se la divisione in dinastie, come quella in grandi regni, viene mantenuta per tradizione, non sempre corrisponde alla realtà storica dei fatti.


la preistoria e gli inizi della storia



La civiltà egizia ebbe un lungo periodo di gestazione: infatti, il processo di formazione dello Stato fu lungo e complesso. Le componenti ideologiche che s'individuano nella preistoria e nella protostoria dell'Egitto costituiranno dei modelli per tutta la durata della sua storia, e si esprimeranno in quella sostanziale continuità ed organicità che caratterizza la civiltà egizia.

Le prime tracce di lavorazione della pietra risalgono al Paleolitico Inferiore, 300.000 anni fa circa. Il progressivo inaridimento climatico, intercorso circa 40.000 anni fa, è all'origine dello spostamento delle popolazioni nomadi verso la Valle del Nilo, seguito da una fase di abbandono verso il 10.000/7000 a vantaggio del deserto occidentale e, poco prima del Neolitico, dallo stanziamento definitivo nella Valle di gruppi umani di diversa provenienza. Le comunità agricole attestate a partire dal 5000 a.C. abitano in capanne realizzate in mattoni crudi, un materiale che sarà largamente utilizzato in Egitto, coltivano cereali, addomesticano gli animali, producono ceramica, lavorano l'osso, l'avorio, le pietre dure, tessono il lino e realizzano figurine a tutto tondo antropomorfe e teriomorfe.

Queste caratteristiche si ritrovano nelle culture predinastiche, che appaiono come fasi di un processo privo di iati, protrattosi per circa 1500 anni. Nel Badariano, così chiamato dal sito di Badari in Alto Egitto, e nel contemporaneo Fayyum A (4500-3900/3800 a.C. circa), si assiste ad un processo di accelerazione, che include l'inizio della lavorazione del rame. Caratteristica è la produzione di vasi ad orlo nero, che continuerà durante l'Amraziano, o Naqada I (dal nome della località dell'Alto Egitto nei pressi di Abydos), databile al 3900/3800-3700/3500 a.C. circa. Questo periodo si presenta come la prosecuzione del precedente, ma vi si registra una notevole espansione demografica, testimoniata, oltre che dal moltiplicarsi degli abitati, anche da un incremento nella produzione di vasi in pietra e di ceramiche, decorate con scene umane o animali o con motivi a spirale. Con il Gerzeano, che si divide in due periodi, Naqada II e Naqada III (3700/3500-3050 a.C. circa), si assiste ad un allargamento degli orizzonti culturali, con contatti tra le popolazioni stanziate nella Valle del Nilo e con quelle nubiane e vicino-orientali. Si diffondono le tavolozze d'ardesia teriomorfe, utilizzate primariamente per polverizzare la malachite per il trucco, e la produzione di ceramica dipinta su ingobbio rosato. Cominciano ad apparire vere e proprie strutture tombali, che sottolineano la differenziazione sociale, tra le quali è particolarmente significativa la tomba 100 di Hierakonpolis, decorata con pitture che si articolano nelle diverse attività di una collettività organizzata, con raffigurazione di animali, barche e scontri tra uomini armati, che s'inseriscono nel tema della sconfitta dei nemici da parte di un capo, tipico dell'iconografia faraonica.

Questi temi sono attestati su altri oggetti cerimoniali, e troveranno la loro espressione più compiuta nella tavolozza di Narmer, monumento celebrativo dell'unificazione del Paese. Questo sovrano, che si colloca nella dinastia 0, è stato a lungo identificato con il Menes delle liste regali e di quella manetoniana, anche se è più probabile che quest'ultimo sia identificabile con Aha, iniziatore della I dinastia; a meno che, con il nome Menes, non s'intenda un sovrano generico, dal momento che men, in egiziano, significa "uno, qualcuno".

Sulla tavolozza, Narmer è rappresentato ora con la corona bianca dell'Alto Egitto, ora con la corona rossa del Basso Egitto, ed appare vittorioso sui nemici. Il suo nome, in caratteri geroglifici, è iscritto all'interno del serekh, un rettangolo sotto il quale si trova una serie di linee verticali che rappresentano la stilizzazione della facciata del palazzo reale, ad aggetti e rientranze.

Il serekh si trova sviluppato nel muro di cinta in mattoni crudi del "forte" di Hierakonpolis, risalente a Khasakhemuy, grande e ultimo re della II dinastia, noto per le sue statue che mostrano, alla base, una successione di figure sconvolte, nemici vinti di cui viene fornito anche il numero. Questa caratteristica architettonica è documentata anche nelle grandi tombe protodinastiche di Abydos, in cui furono sepolti i sovrani della I e II dinastia, come provano le barche funerarie o rituali ritrovate nelle loro vicinanze, elemento caratterizzante delle sepolture regali. Nella tomba U-j sono state trovate placchette in avorio risalenti al 3200 a.C. circa, che riportano i primi esempi noti di scrittura geroglifica. A nord delle tombe furono erette monumentali cinte di mattoni crudi ad aggetti e rientranze, la maggiore delle quali, nota come Shunet ez-Zebib, risale a Khasakhemuy e sembra essere il prototipo della cinta del complesso piramidale di Djoser a Saqqara.

All'interno di quest'ultima si eleva una piramide a sei gradoni, la prima edificata in Egitto. La sua forma ricorda la scala che il re defunto utilizzava per salire in cielo, come si afferma nei "Testi delle Piramidi". Nelle sale sotterranee di questo complesso furono rinvenute migliaia di vasi in pietra iscritti con i nomi dei sovrani delle prime dinastie, che costituiscono una fonte importantissima per la loro conoscenza. La capitale del Paese è posta a Menfi, mentre a Heliopolis, un centro di culto situato a nord della città, Djoser fece erigere un tempio.

Tra i successori di questo sovrano, Sekhemkhet si fece seppellire a Saqqara in una piramide a gradoni, rimasta incompiuta, mentre Khaba costruì la sua piramide, a gradoni e non terminata, a Zawiet el-Aryan.


l'antico regno ed il primo periodo intermedio

La III dinastia, fase di passaggio tra l'epoca protodinastica e l'Antico Regno, è caratterizzata da grandi realizzazioni architettoniche ed artistiche, nonché dalla diffusione della scrittura e dallo sviluppo dell'amministrazione del Paese, che si perfezionano nella IV dinastia.

Tra la fine del regno di Huni, della III dinastia, e l'inizio di quello di Snefru, primo sovrano della IV, fu costruita una serie di piccole piramidi, da Elefantina fino a Seila nel Fayyum, passando per Edfu sud, el-Kula, Ombos/Tukh, Abydos, Zawiet el-Mayetin. Non si tratta di tombe, bensì di monumenti destinati ad esaltare la presenza dei sovrani in zone del Paese significative da un punto di vista politico o religioso.

Un grande edificio piramidale, attribuito a Snefru, venne innalzato a Meidum, e altre due piramidi furono costruite dal medesimo re a Dahshur. L'una, che presenta una forma a doppia pendenza, conserva gran parte del rivestimento originale. L'altra, all'interno della quale Snefru fu sepolto, è la prima a pareti lisce costruita in Egitto. Intorno a questi edifici si estende una vasta necropoli, le cui tombe presentano una decorazione a rilievo o dipinta, che comporta temi iconografici che diventeranno tradizionali nel corso del III millennio a.C. Durante il regno di Snefru vennero effettuate spedizioni nel Sinai, verso le miniere di rame e turchese, nonché in Nubia.

I sovrani successivi, con le loro regine e i loro alti funzionari, scelsero la spianata di Giza per le loro sepolture. All'interno della piramide di Cheope (Khufu), il suo nome compare in graffiti lasciati dai costruttori, in cui la forma dei segni è tipica dell'Antico Regno. Che l'edificio risalga alla metà del III millennio a.C. è confermato dalla datazione al radiocarbonio dei materiali organici estratti con carotaggi dalle fessure esistenti tra i blocchi della costruzione. Anche i corpi degli operai che costruirono le piramidi, rinvenuti nella parte sud-orientale della necropoli, sono stati analogamente datati al medesimo periodo. Di questo sovrano rimane, oltre alla sua tomba dalle proporzioni gigantesche e ad alcune stele rinvenute in zone minerarie, un'unica statuetta in avorio, proveniente da Hierakonpolis.

Radjedef, che regnò tra Cheope e Chefren, venne sepolto a nord di Giza, presso il villaggio di Abu Roash. Della sua piramide, i cui blocchi furono riutilizzati già nell'antichità come materiale da costruzione, è visibile poco più che la vasta fossa centrale, scavata in profondità nella roccia.

La piramide di Chefren (Rakhaef), sulla piana di Giza, è circondata dalle sepolture dei suoi funzionari. A valle si trovava un tempio, ornato da imponenti statue del sovrano, vicino al quale una roccia di calcare venne modellata in forma di Sfinge. Questa statua colossale, che esprime la potenza e la grandezza del sovrano, risale all'epoca di Rakhaef, di cui sarebbe la rappresentazione, benché ne sia stata recentemente proposta una datazione all'epoca di Khufu. Con il Nuovo Regno, venne adottata come immagine della divinità solare Harmachis.

La piramide di Micerino (Menkhaura), più piccola delle precedenti, presenta soluzioni architettoniche nuove ed eleganti. Il tempio funerario, il viale processionale ed il tempio in valle furono terminati rapidamente, alla morte prematura del sovrano, in calcare e mattoni crudi.

Shepseskaf, suo successore, si fece seppellire in una sorta di sarcofago colossale, noto come Mastabat el-Faraun, ubicato a Saqqara.

Userkaf, considerato il fondatore della V dinastia, anche se sua madre apparteneva alla famiglia regnante della IV dinastia, scelse lo stesso sito, ma ritornò alla forma piramidale per la sua tomba, situata a nord-est di quella di Djoser. Edificò un tempio solare vicino ad Abusir, cui si ispireranno i sovrani successivi. La V dinastia è caratterizzata dall'impulso dato al culto di Ra, il sole, testimoniato non solo da un racconto tramandatoci dal papiro Westcar, ma anche dall'esistenza di templi solari, come quello di Userkaf o quello di Niuserra ad Abu Gurob, in cui l'elemento centrale era una sorta di obelisco tozzo non monolitico, simbolo solare per eccellenza.

Sahura, Neferirkara, Niuserra, Raneferef e Shepseskara costruirono le loro piramidi, di dimensioni e qualità inferiori alle precedenti, ad Abusir. Nei templi funerari di Neferirkara e di Raneferef sono stati rinvenuti numerosi papiri. Verso la metà della dinastia si assiste ad una riforma amministrativa, ed alla fine della stessa aumentano le sepolture dei funzionari nelle province.

Alla fine della V dinastia vengono per la prima volta iscritti, all'interno della piramide di Unis, a Saqqara, i "Testi delle Piramidi", nei quali, in formule magico-religiose, viene ripetuto il nome del sovrano, che assicura la paternità dell'edificio. Questi testi si ripeterono, in seguito, nelle piramidi dei sovrani e di alcune regine fino all'VIII dinastia.

Durante la V e la VI dinastia, anche le tombe private si arricchiscono, oltre che di un repertorio figurativo ampio ed articolato, anche di testi che, se spesso sono lunghe liste di titoli portati dal proprietario della sepoltura, talvolta contengono autobiografie ideali, che permettono di conoscere la mentalità del periodo e le principali qualità di cui una persona doveva dar prova, oppure autobiografie vere e proprie, che illustrano i fatti salienti della vita del funzionario.

Particolarmente importante è l'autobiografia di Uni, incisa nella sua tomba ad Abydos e oggi conservata al Museo del Cairo. Vi si menzionano varie attività svolte per i sovrani della VI dinastia Teti, Pepy I e Merenra, sepolti in piramidi di Saqqara. Durante il regno di Pepy I, in particolare, questo funzionario diresse una serie di spedizioni militari sulla costa siro-palestinese. La presenza egiziana nella zona è confermata dal ritrovamento di materiali egizi che riportano il nome del sovrano.

Le autobiografie incise nelle tombe della Qubbet el-Hawa, di fronte ad Assuan, forniscono notizie significative sulle spedizioni condotte da alti funzionari in Nubia, alla ricerca di materiali di lusso. Quella di Herkhuf riporta, oltre alla descrizione delle missioni compiute per ordine di vari sovrani, anche una lettera inviata al funzionario da Pepy II, in cui questi raccomanda di portare alla corte, con tutte le cure, un nano "danzatore del dio", trovato da Herkhuf in Nubia.

Queste spedizioni sono comprovate anche da graffiti presenti lungo le piste carovaniere a sud della I cateratta. Altri graffiti sono stati rinvenuti nel Sinai, nelle cui zone minerarie furono effettuate varie missioni.

Nel corso della VI dinastia, in politica interna vengono effettuate scelte strategiche importanti. Si attua un notevole decentramento amministrativo, in seguito al quale numerosi funzionari cominciano a farsi seppellire nelle località dove hanno esercitato le loro attività. Numerose necropoli si costituiscono in Medio Egitto, ad esempio a el-Qusiya, l'egizia Qis, sulla riva occidentale del Nilo, dove le tombe, decorate a rilievo o dipinte, dei governatori del nomo fra la VI e la XII dinastia vengono scavate nella roccia della falesia. Tombe contemporanee analoghe si trovano nelle necropoli di el-Sheikh Sa'id, Quseir el-Amarna e Deir el-Gebrawi, sulla riva orientale.

A partire dalla fase finale del regno di Pepy II, negli ultimi due secoli del III millennio a.C. si verifica un indebolimento del potere centrale ed una progressiva decadenza della zona menfita. I sovrani della VII e dell'VIII dinastia regnano nominalmente su tutto il Paese, ma sono i grandi funzionari locali che agiscono sempre più come governatori autonomi delle loro regioni. Una serie di carestie, unita ad una possibile incompetenza amministrativa dei sovrani menfiti, porta al periodo di crisi della IX e X dinastia, chiamato I Periodo Intermedio. Questo non costituisce una fase di rottura tra l'Antico ed il Medio Regno, bensì un momento in cui la continuità tra i due periodi viene arricchita da significative trasformazioni, soprattutto ideologiche, che si esplicitano nella letteratura, nell'arte, nelle credenze religiose e funerarie, trovando un'espressione compiuta agli inizi del II millennio a.C.

I principi di Heracleopolis, che si presentano come eredi diretti dei sovrani menfiti, si arrogano ampi poteri sulla zona centrale del Paese, particolarmente prospera grazie non solo all'agricoltura, ma anche ai commerci, facilitati dalla posizione di cardine della regione tra nord e sud ed incrementati dalle piste carovaniere che dal Medio Egitto raggiungono le oasi e la Nubia. A sud acquisisce particolare importanza una dinastia di principi tebani, che si sconteranno con i principi heracleopolitani o con gli alleati di questi ultimi.

Le fasi alterne di questo conflitto si possono dedurre da alcune autobiografie, come quella iscritta nella tomba di Ankhtifi a Moalla, fedele al principe di Heracleopolis, o quelle presenti nelle tombe di Asiut, appartenenti a Khety I, a Tefib e a Khety II. Gli ultimi scontri hanno luogo nei pressi di Asiut, e vedono vincitore Montuhotep II, che riunifica l'Egitto, dando inizio al Medio Regno.


il medio regno ed il secondo periodo intermedio

La crisi della fine del III millennio a.C. porta ad importanti trasformazioni ideologiche e culturali, che investono la figura del sovrano ma anche le concezioni funerarie e religiose. Se permane il dogma secondo cui il re è un dio sceso tra gli uomini per governare il Paese prima di ricongiungersi, alla sua morte, agli altri dei, si fa strada il pensiero che anche lui deve rispondere delle sue azioni in terra. Egli deve essere garante della maat, la giustizia e l'ordine cosmico che permettono l'equo mantenimento dei rapporti sociali e la buona gestione del Paese. Il re è il mediatore della divinità, ma, nella sua veste umana, porta su di sé il peso e la responsabilità del governo del Paese: la fatica che ne deriva è espressa iconograficamente nella sua raffigurazione di uomo maturo dal viso marcato dai segni del tempo e delle preoccupazioni.

In ambito funerario, durante l'Antico Regno la sepoltura, e quindi l'accesso all'Aldilà, era riservato al sovrano ed a coloro che, da lui scelti, ne ottenevano il privilegio. A partire dal Medio Regno, invece, l'Aldilà è aperto a tutti coloro che si sono comportati secondo la maat: l'uomo è giudicato per le sue azioni direttamente dagli dei, senza l'intercessione del sovrano. Il corpus di formule magico-religiose dei "Testi delle Piramidi", appannaggio esclusivo della famiglia reale durante il III millennio a.C., subisce notevoli trasformazioni e viene ora iscritto sui sarcofagi, da cui la denominazione di "Testi dei Sarcofagi", appartenenti anche ai privati.

L'Egitto, riunificato da Montuhotep II, si avvia verso un periodo di stabilità e di buon governo, considerato dagli stessi Egizi come l'epoca classica della sua storia in ambito politico, artistico, letterario e linguistico.

In politica interna, questo sovrano attua alcune riforme amministrative ed instaura uno stretto controllo delle regioni centrali del Paese. All'estero, cerca di ristabilire il controllo dei territori nubiani tra la I e la II cateratta, riavviando lo sfruttamento delle miniere ed il mantenimento delle piste carovaniere. Conduce operazioni militari contro i Libi e gli Asiatici, riprende l'attività estrattiva nel Sinai ed invia una spedizione in Libano al fine di procurarsi legno di cedro.

Grande costruttore, restaura, amplia o innalza templi a Elefantina, el-Ballas, Dendera, el-Qab, Gebelein, Abydos, Tod, Armant, e edifica la propria sepoltura ed il proprio tempio a Deir el-Bahari, all'interno della grandiosa cornice architettonica costituita dalle falesie della riva occidentale tebana. Questo tempio riprende la struttura dei complessi delle piramidi, anche se reinterpretato in modo più compatto ed arioso alla luce dei nuovi apporti artistici provinciali.

Il suo successore, Montuhotep III, ne continua l'operato e volge la sua attenzione alle cave dello Uadi Hammamat, inviandovi alcune spedizioni, ed al confine orientale del Paese, dove comincia ad erigere una serie di fortificazioni che saranno poi continuate da Amenemhat I, fondatore della XII dinastia, e verranno chiamate "mura del principe". Riprende un'intensa attività estrattiva nel Sinai, come dimostrano documenti rinvenuti a Serabit el-Khadim, e la presenza egizia è largamente attestata nel Vicino Oriente, in particolare a Byblos. I rapporti con queste regioni si rafforzano nel corso della XII dinastia: i principi di Byblos si presentano come governanti locali, ma anche con titoli egizi di alto rango, e decorano le loro tombe con oggetti egizi o d'imitazione egizia.



La capitale, chiamata Amenemhat Ity-Tawi, "Amenemhat conquistatore delle Due Terre", viene spostata nel Medio Egitto, in una posizione strategica tra il nord e il sud del Paese, nei pressi dell'attuale el-Lisht, e mantiene questo ruolo per circa tre secoli. Nei pressi della città, Amenemhat I e suo figlio Sesostri I innalzano le loro piramidi, fulcro di complessi funerari che riprendono le caratteristiche architettoniche ed i programmi decorativi di quelli menfiti della VI dinastia, e come in quelli sono circondate da piccole piramidi satelliti e mastabe per i membri della famiglia reale e per gli alti funzionari.

Amenemhat I volge la sua attenzione alla Nubia, dove invia varie spedizioni, dirette da suo figlio Sesostri I, associato al trono dal padre negli ultimi dieci anni di regno, per evitare problemi di successione, inaugurando il principio della correggenza. In Nubia viene costruita una serie di fortezze e rafforzato l'insediamento di Buhen. Mentre Sesostri I dirige una campagna contro i Libi, il padre Amenemhat viene assassinato in una congiura di palazzo, come si deduce dal testo noto come "Gli insegnamenti di Amenemhat al figlio Sesostri", in cui il sovrano defunto narra l'accaduto, mettendo il figlio in guardia dagli amici ed ammaestrandolo nelle regole del buon governo. Molti testi letterari del periodo, quali la "Profezia di Neferti", "Le avventure di Sinhue" e l'"Inno a Sesostri", sono animati da una volontà propagandistica, in cui s'insiste sul ruolo del re come garante della maat.

Questo sovrano è conosciuto dai testi ma anche da un buon numero di monumenti, tra cui un obelisco eretto a Heliopolis, unico superstite dei numerosi che si trovavano nella località, ed una colossale stele monolitica, rinvenuta ad Abgig nel Fayyum.

Il regno di Sesostri II, che continua la politica del suo predecessore, è noto grazie ai numerosi papiri ed ai materiali provenienti dalla città adiacente alla sua piramide, el-Lahun, sui margini del Fayyum. Destinata agli operai ed al personale addetto ai culti, fu costruita in base ad un progetto molto razionale, cinta da mura ed organizzata in quartieri separati a seconda del livello sociale degli abitanti. Nella località si riscontra una presenza massiccia di Asiatici, adibiti alla costruzione o al servizio dei templi o di ricchi egizi: si tratta di immigrati stranieri, giunti nel Paese o come preda di guerra o alla ricerca di lavoro.

Sesostri II edifica anche il tempio di Qasr es-Sagha, a nord del lago del Fayyum, nei pressi del quale viene installato un villaggio, a pianta ottagonale e cintato, abitato dagli addetti alle cave che si trovavano nelle vicinanze.

Verso la metà della XII dinastia sale al trono Sesostri III, un sovrano che compie importanti spedizioni in Nubia, contrapponendosi al crescente potere del regno nubiano di Kerma. Nella regione egli sarà adorato come un dio: il tempio di Semna, innalzato da Thutmosi III della XVIII dinastia, verrà dedicato a Sesostri III e al dio locale Dedun. I contatti con il Vicino Oriente si fanno sempre più stretti mentre, in politica interna, si effettuano importanti riforme amministrative, che portano ad una maggiore burocratizzazione dello Stato.

Nel corso della dinastia inizia la bonifica delle zone paludose del Fayyum, che raggiunge il suo massimo sviluppo con Amenemhat III. Nella semioasi si moltiplicano gli insediamenti e si innalzano templi e monumenti. Nel capoluogo, Shedet (l'attuale Medinet el-Fayyum), Amenemhat III costruisce un tempio dedicato a Sobek, principale divinità locale. A Biahmu vi sono ancora i basamenti in muratura di due statue colossali del sovrano, che anche a Dja (l'attuale Medinet Madi) edifica un tempio dedicato a Sobek e a Renenutet, poi ampliato in epoca tolemaica.

Viene sepolto nella piramide di Hawara, all'imboccatura del Fayyum, cui era annesso un imponente tempio funerario, conosciuto dagli autori classici come il "Labirinto". Un'altra piramide del sovrano, non utilizzata, era stata innalzata a Dahshur, dove si trovano anche le piramidi di Amenemhat II e di Sesostri III.

Si sviluppano alcune necropoli provinciali, tra cui è importante quella di Beni Hasan, a sud della moderna Minia, composta da tombe scavate nella falesia che s'innalza sulla riva orientale del fiume. Queste tombe, risalenti alla fine dell'XI ed alla XII dinastia, sono disposte su due file parallele: in quella inferiore si trovano le più povere, costituite da semplici pozzi funerari, mentre in quella superiore si aprono le più importanti, che presentano diverse tipologie architettoniche e pareti coperte da dipinti.

Con Amenemhat IV, che continua le spedizioni nel Vicino Oriente, e con Sobeknefrura, la donna-faraone che gli succede, la prosperità del Paese non sembra declinare, anche se comincia a delinearsi una crisi di potere.

Durante la XIII dinastia, regnano circa 70 re, mentre i visir acquisiscono notevole importanza, e la burocrazia si sviluppa ulteriormente. Si moltiplicano i monumenti realizzati dai privati, indice di un aumento della loro ricchezza. I sovrani continuano a costruire piramidi, come Ameny-Amenemhat VI a Dahshur, o Khendjer a Saqqara sud.

Fin verso il 1700 a.C., la crisi latente viene fronteggiata, ma la crescente pressione degli Asiatici che, già largamente presenti nel Paese, s'installano sempre più numerosi nel Delta, porterà ad un crollo del potere centrale ed alla presa di potere degli Hyksos, nome derivato dalla grecizzazione dell'espressione egizia hekau khasut, "principi dei Paesi stranieri".

La XIV dinastia, originaria di Xois (presso l'attuale Kafr el-Sheikh) nel Delta centrale, corrisponde ad un periodo particolarmente confuso. La lista dei re di Abydos, inoltre, passa direttamente dalla XII alla XVIII dinastia, senza menzionare i sovrani di questo periodo né gli Hyksos, che costituiscono le dinastie XV e XVI.

Questi ultimi sono noti da una fonte secondaria molto posteriore, il "Contra Apionem" di Giuseppe Flavio: questi definisce erroneamente gli Hyksos "Re pastori", in seguito ad una fantasiosa traduzione del loro nome.

Arrivati al potere, scendono sino al Medio Egitto e si alleano con la Nubia, assumendo il controllo delle piste carovaniere. Adottano il modo di governare degli Egizi, la loro scrittura ed i loro dei, e continuano a presentarsi quali figli di Ra. Tuttavia, introducono nella Valle del Nilo anche innovazioni di grande importanza, quali l'utilizzo del cavallo come animale da tiro, nuove armi tra cui la scimitarra e l'arco composito, un nuovo tipo di tornio da vasaio, il telaio verticale, nuovi vegetali e animali e la lavorazione del bronzo.

È nota la loro capitale, Avaris, localizzata a Tell el-Dab'a, nel Delta orientale, al crocevia di una via di transito fluviale e di una terrestre. Fondata nel III millennio a.C. e largamente abitata durante il Medio Regno, conobbe il progressivo insediamento di gruppi umani di origine asiatica, come provano le tombe rinvenute a ridosso delle abitazioni, secondo un'usanza vicino-orientale estranea alla tradizione egizia, o l'inumazione di asini ed altri animali nel pozzo antistante la sepoltura.

Durante la XIV dinastia venne edificata una residenza regale che fu rimaneggiata agli inizi della XVIII dinastia, quando il palazzo venne decorato con pitture di stile minoico: esse furono probabilmente eseguite da artisti cretesi inviati in Egitto nell'ambito degli stretti legami politici e commerciali che sembrano unire la famiglia di Ahmosi I, fondatore della XVIII dinastia, con i dirigenti dell'isola.

La XVII dinastia, per gran parte parallela alla XVI dinastia Hyksos, è formata da principi tebani. Questi creeranno le condizioni per la riconquista e la riunificazione del Paese, conducendo contro gli Hyksos un'aspra guerra ben documentata dalle fonti, quali la tavoletta Carnarvon, la stele di Karnak e l'autobiografia di Ahmosi figlio di Ibn, un militare sepolto a el-Qab.

I primi scontri sono diretti da Sekenenra Tao II, contro l'Hyksos Apofi, ma il tebano soccombe a una morte violenta. Il suo successore, Kamose, che continua la lotta contro Apofi, viene presentato nei testi come un eroe della liberazione, dal momento che riesce a riprendere il controllo delle piste carovaniere dirette a sud che servivano di raccordo tra gli Hyksos ed i loro alleati Nubiani. La guerra è portata a termine da Ahmosi I, che si impossesserà di Avaris dopo averla assediata, si spingerà fino in Palestina e riconquisterà la Nubia, avanzando fino alla III cateratta. È considerato il fondatore della XVIII dinastia, insieme con la moglie Ahmosi-Nefertari, che riceverà un culto a Deir el-Medina nei secoli seguenti.


il nuovo regno

Il figlio di Ahmosi I e di Ahmosi-Nefertari, Amenhotep I, continua la politica espansionistica in Nubia, come attesta l'autobiografia di Ahmosi figlio di Ibn. Durante il suo regno cominciano ad essere utilizzati i titoli di "Figlio del re di Kush" e di "Soprintendente alle terre meridionali".

Le campagne nubiane continuano sotto il suo successore, Thutmosi I, che è uno dei più grandi condottieri della storia egizia. Si spinge a sud fino alla IV cateratta, nella Nubia ridotta a colonia, e ad est fino all'Eufrate, segnando i limiti più ampi mai raggiunti dagli Egizi. Si scontra con Mitanni, regno della Siria settentrionale che sarà per oltre un secolo il principale rivale dell'Egitto, mentre gli straterelli siro-palestinesi diventano suoi vassalli. Nel Paese aumenta progressivamente la potenza dell'esercito, nonché quella del clero. Thutmosi I è il primo sovrano ad essere sepolto nella Valle dei Re.

Dalla moglie principale, Thutmosi I ha la figlia Hatshepsut, e da una secondaria il figlio Thutmosi II, che si sposeranno per ragioni dinastiche. Alla morte di quest'ultimo, il regno spetta di diritto ad un figlio da lui avuto da una moglie secondaria, Thutmosi III. Ma questi è troppo giovane per poter assumere da solo il governo: gli si affianca come reggente Hatshepsut, che, nell'VIII anno di regno, si proclama re ed assume tutte le prerogative, anche esteriori e tipicamente maschili, della regalità.

Durante il suo regno, è rimasto celebre un viaggio al Paese di Punt, di localizzazione non precisata in modo definitivo ma a sud-est dell'Egitto. I ricchi prodotti riportati da questa terra mitica sono raffigurati su alcuni rilievi che ornano il tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari. Questo si sviluppa in modo scenografico su tre terrazze sovrapposte, sorrette da portici, precedute in origine da un viale di sfingi alberato.

Alla morte di Hatshepsut, Thutmosi III riorganizza spedizioni militari in Asia, combattendo contro Mitanni, e in Nubia, dove fonda Napata presso la IV cateratta, ove si eleva il Gebel Barkal, e ne fa la capitale della regione. In Nubia costruisce templi e cappelle, oltre ad importanti edifici in Egitto, quali l'Akhmenu nel tempio di Karnak, chiamato anche "Sala delle feste", di cui un ambiente viene decorato con rilievi che mostrano animali e piante dei Paesi vicino-orientali toccati dal sovrano durante le sue campagne. Stele, statue e oggetti a suo nome si sono conservati in grandissima quantità, e scarabei con inciso uno dei suoi nomi, Menkheper-ra, saranno fabbricati secoli dopo la sua morte, a sottolineare i valori positivi e benauguranti a lui associati.

Nella fase finale del suo regno, ordina una sistematica abrasione del nome di Hatshepsut dai monumenti o la loro distruzione, con l'intento di cancellare la memoria del suo regno ed annientarne l'esistenza stessa (damnatio memoriae). Cancellarne il nome, infatti, significava eliminare l'esistenza stessa di una persona o di una cosa.

Correggente di Thutmosi III negli ultimi anni di regno è il figlio Amenhotep II, che ne imita le imprese, conducendo imponenti campagne in Siria e tornando in Nubia, dove termina il tempietto di Amada iniziato dal padre. Costruisce un tempio a Giza, accanto alla Sfinge, adorata dal Nuovo Regno come immagine della divinità solare Ra-Horakhty, e lascia in tutto il Paese iscrizioni che lo ricordano come un grande sportivo.

Anche Thutmosi IV, suo successore, innalza una stele davanti alla Sfinge, in cui narra che questa, apparsagli in sogno, gli aveva preannunciato che lui avrebbe regnato qualora fosse stata liberata dalla sabbia. Per suggellare la pace con Mitanni, il faraone sposa una principessa del regno siriano.

Lo stesso fa Amenhotep III, il cui regno costituisce un periodo di grande ricchezza per l'Egitto, come testimoniano il numero delle costruzioni realizzate e l'imponenza e la qualità della produzione artistica. A Tebe, l'impianto dei grandi templi è modificato ed ampliato; sulla riva occidentale viene costruito il tempio funerario del re, distrutto da un terremoto già nell'antichità, che era preceduto da due sue statue imponenti note come "colossi di Memnone", e viene edificato il palazzo regale a Malqata, nei pressi di un grande lago artificiale, circondato da quartieri abitativi. Amenhotep III riafferma la potenza e l'infallibilità del sovrano e dell'istituzione stessa della monarchia. Il sovrano viene deificato in vita, come prova il tempio di Soleb, nei pressi della III cateratta del Nilo, dedicato allo stesso faraone sotto forma di dio lunare chiamato Neb-maat-ra, "Signore della Nubia", e ad Amon-Ra di Karnak.

Anche la moglie, Tiy, viene deificata come una delle forme di Hator, e adorata nel tempio di Sedeinga, presso Soleb. Questa regina riveste un ruolo politico importante, tanto da essere raffigurata sotto forma di Sfinge, un onore riservato solamente ai sovrani. Alla morte del marito, Tiy mantiene questa posizione privilegiata ed attiva all'inizio del regno del figlio Amenhotep IV.

Questi si conferisce il titolo di sommo sacerdote del dio Sole, e pone al centro dei culti divinità solari, tra cui Ra-Horakhty, Shu (il soffio luminoso) e Aton (il disco solare). Quest'ultimo è raffigurato come un disco da cui emanano raggi terminanti con mani che porgono il segno della vita ankh.

Nei primi anni di regno, Amenhotep IV edifica nuovi templi soprattutto a Karnak, utilizzando blocchi di pietra di piccole dimensioni, denominati talatat, che vengono decorati con bassorilievi a soggetto nuovo, incentrato sulla raffigurazione del disco solare e della famiglia reale che comunica direttamente con esso. I templi vengono abbelliti con statue colossali del sovrano e della sua moglie principale, Nefertiti.

Nel V anno di regno, Amenhotep IV cambia il suo nome di Akhenaton, "Colui che governa ad Aton", ed inizia la costruzione di una nuova capitale su un terreno vergine dal Medio Egitto, nei pressi dell'attuale Amarna, cui darà il nome di Akhetaton, "L'orizzonte di Aton". Il territorio della nuova capitale è delimitato da 14 stele, poste ad est e ad ovest del Nilo, su cui è inciso un testo programmatico relativo alla fondazione della città ed alla sua funzione. La città doveva essere l'equivalente di Tebe: oltre ai quartieri residenziali per la famiglia reale e gli alti dignitari, ove si trovavano anche i templi, vi erano quartieri artigianali ed operai, nonché scavate nella falesia che circonda la città, le tombe dei funzionari, mentre la sepoltura della famiglia reale venne approntata a nord-est dell'insediamento, in una gola nascosta chiamata Darb el-Melek.

Degli edifici della città si sono conservate le parti inferiori dei muri o le fondamenta, poiché molti elementi costruttivi sono stati utilizzati come materiale da reimpiego. Negli archivi furono portate alla luce circa 400 tavolette d'argilla, che contengono la corrispondenza in accadico fra gli Egiziani ed i governanti vicino-orientali, e mostrano un parziale disinteresse del sovrano verso le grandi questioni di politica internazionale.

Akhenaton realizza importanti riforme in campo religioso, artistico e culturale. La sua politica è quella di un restauratore che, ispirandosi al passato, raggiunge obiettivi rivoluzionari.

S'ispira all'immagine divina del re tipica del III millennio a.C., ne riprende il potere di legare a sé anche il futuro ultraterreno dei suoi cortigiani, ma concentra progressivamente i culti su quello enoteistico di Aton, in cui si fondono aspetti di divinità differenti e con cui solo il sovrano ha contatti diretti. Akhenaton sceglie di adorate l'aspetto visibile del Sole, il Disco, che aveva un ruolo ben definito nella teologia eliopolitana del III millennio a.C., e poteva essere percepito direttamente, in opposizione ad Amon, il "dio nascosto". Per Aton viene composto un inno, iscritto nella tomba di Ay ad Amarna, che ne esalta le caratteristiche universaliste di creatore e vivificatore della natura e degli uomini. Nella fase finale del suo regno, il faraone ordina di scalpellare il nome di Amon e della parola "dei" dai monumenti, ma il popolo continuerà a adorare molte delle divinità tradizionali.

In campo artistico, il sovrano viene rappresentato deforme, con la testa piriforme, il mento, gli zigomi ed il ventre prominenti, le gambe sottili ma con grosse cosce. La sua raffigurazione androgina ha un valore simbolico, perché il faraone è, ad immagine del suo dio, padre e madre di ogni creatura.

La successione di Akhenaton pone una serie di problemi, a causa dei dati resi contraddittori dall'abbandono di Amarna e dallo sconvolgimento dei documenti. A parte Smenkhkhara, che regnò per breve tempo, colui che ripristinò gli antichi culti fu Tutankhamon, sposo di Ankhesenpaaten, una delle figlie di Akhenaton. In quest'opera di restaurazione fu guidato da Ay, che gli succederà alla sua morte prematura. Tutankhamon fu sepolto in una piccola tomba della Valle dei Re, allestita in tutta fretta e riempita di suppellettili di enorme valore. Visitata dai ladri nell'antichità ma subito risistemata e richiusa, fu scoperta nel 1922 da Howard Carter, e può dirsi una delle poche sepolture egizie trovate intatte.



Ad Ay, del cui breve regno siamo poco informati, succede il generale Horemheb. Figura di spicco durante il regno di Akhenaton, epoca in cui si fa allestire una tomba a Saqqara, decorata con rilievi in stile amarniano, è il persecutore di questo sovrano e delle sue riforme. Durante il suo regno, i templi di Aton vengono distrutti, ed i materiali con cui erano stati realizzati sono riutilizzati per nuove costruzioni, soprattutto a Karnak, dove vengono innalzati il IX ed il X pilone. Il recupero di questi materiali ha permesso la riscoperta di edifici atoniani, con i relativi rilievi che illustrano scene di culto, della vita a corte o altre attività. Alla sua morte, Horemheb si fa seppellire nella Valle dei Re: la ricca decorazione della sua tomba riflette la restaurazione dell'altica religione nonché dello stile artistico tradizionale.

Gli succede Ramesse I, iniziatore della XIX dinastia che, insieme alla XX, costituisce il periodo ramesside. Questo faraone, che fa parte di una famiglia di militari originaria del Delta, ha lasciato poca traccia di sé, sebbene nei suoi soli due anni di regno abbia effettuato lavori a Karnak e ad Abydos, dove inizia la costruzione di una cappella, che sarà completata da suo figlio Sethi I.

La sua associazione al trono prima della morte del padre e i riti compiuti in onore di quest'ultimo sono ricordati nei testi dell'epoca. Sethi I porta a termine l'opera di restaurazione della religione tradizionale, riprende le attività militari nel Vicino Oriente, spingendosi fino a Qadesh in Siria, e dà inizio ad una straordinaria attività costruttiva, tanto in Egitto quanto in Palestina e in Nubia, dove amplia il tempio di Sesebi e realizza la sala ipostila di quello del Gebel Barkal. Inizia la costruzione dell'imponente sala ipostila del tempio di Karnak, ove innalza anche, nel primo cortile, il triplice ripostiglio per la barca sacra della triade tebana; edifica un tempio ad Abydos, ove fa incidere su una parete la "Lista dei Re", ed alle spalle di questo tempio costruisce l'Osireion, suo cenotafio e tomba mitica di Osiride, decorata da una ricca serie di testi funerari. Sulla riva occidentale tebana, a Gurna, innalza il proprio tempio funerario, consacrato ad Amon-Ra e luogo di culto di Ramesse I, per il quale costruisce una cappella nella parte meridionale dell'edificio. Nella Valle dei Re fa scavare la sua tomba, uno degli ipogei più ampi e ricchi della necropoli. Nel Delta, ai margini settentrionali di Avaris, fonda la città di Pi-Ramesse, che costituirà la nuova capitale del regno.

Ramesse II, prima correggente e poi successore di Sethi I, continuò l'opera del padre in politica interna ed estera. La nuova capitale viene ampliata con imponenti costruzioni ed arricchita di molti monumenti, di cui oggi resta poca traccia poiché furono smantellati a partire dalla XII dinastia per costruire le città di Tanis e di Bubastis. È stato individuato un quartiere riservato alle guarnigioni di cavalleria, in cui un vasto cortile circondato da pilastri ottagonali risale al primo giubileo di Ramesse II. Nell'area artigianale meridionale si trovavano officine per la lavorazione del bronzo e di altri materiali. Un settore della città era riservato alle scuderie e vi si trovava forse un tempio dedicato ad Astarte, divinità vicino-orientale adorata a Pi-Ramesse insieme con Reshep. Nella città risiedevano varie comunità straniere, come provano i materiali rinvenuti.

Nei primi anni di regno, Ramesse II si distingue in una serie di campagne militari, durante una delle quali affronta gli Hittiti a Qadesh. L'esito della battaglia non è del tutto favorevole al sovrano, che riesce solo a salvare il suo esercito, sebbene un poema, un bollettino e numerose raffigurazioni sulle pareti dei templi la celebrarono come una grande vittoria. Dopo una serie di scontri e di spedizioni nelle terre vicino-orientali, Ramesse II stipula con l'hittita Hattusil III un trattato di pace, che fu sancito dal matrimonio tra il faraone ed una principessa hittita. A questi avvenimenti segue un lungo periodo di pace, durante il quale il faraone sposa un'altra principessa hittita e le famiglie regnanti si scambiano lettere e doni.

Ramesse II ha lasciato di sé un ricordo imperituro grazie alle sue imprese ma anche ai numerosissimi monumenti innalzati in Egitto e in Nubia. Tra questi ultimi va ricordato il colossale tempio rupestre di Abu Simbel, dedicato ad Amon-Ra, Ra-Horakhty ed allo stesso Ramesse II, cui si affianca il tempio minore della moglie principale, Nefertari. Sulle pareti del grande tempio, oltre a scene religiose ed alla raffigurazione delle campagne militari del faraone, si trova quella del Gebel Barkal sotto forma di cobra, la montagna sacra situata in Alta Nubia, non lontano dalla IV cateratta. Altri templi importanti vengono costruiti in Bassa Nubia a Derr, a Wadi es-Sebua, a Beit el-Wali ed a Gerf Husein. Quest'ultimo è andato distrutto, anche se qualche elemento della decorazione è stato salvato. Gli altri templi sono stati spostati dalla loro sede originaria al momento della formazione del lago Nasser, in seguito all'innalzamento della diga di Assuan.

In Egitto, Ramesse II costruisce o porta a termine numerosi edifici sacri su tutto il territorio: ad Abydos termina il tempio di Sethi I e ne edifica uno proprio, e particolarmente intensa è la sua attività costruttiva a Tebe. Completa la sala ipostila di Karnak, amplia il tempio di Luxor e, sulla riva occidentale, costruisce un vastissimo tempio, la cui denominazione di Ramesseo gli fu attribuita da Champollion nel 1829. Questo complesso è circondato da un muro di cinta e comprende, oltre al tempio stesso, il palazzo reale e numerosi magazzini, granai e zone riservate all'amministrazione, nonché il tempio di Tuya, la madre del re, quello di Nefertari ed altre cappelle di membri della famiglia reale.

Ramesse II si fa seppellire nella Valle dei Re, ma la sua tomba è stata depredata e rovinata da terremoti ed inondazioni. Negli anni '90 è stata scoperta la tomba dei figli del faraone, denominata KV5, ed è una delle più grandi della Valle dei Re. La tomba di Nefertari è situata nella Valle delle Regine: scoperta dall'egittologo italiano Ernesto Schiaparelli agli inizi del '900, presenta intatta la decorazione.

A Ramesse II succede uno dei suoi figli, Merneptah, che deve difendere il Paese da invasioni dei Libi e dei Popoli del Mare, un gruppo di tribù di origine mediterranea che tentarono a più riprese di insediarsi in Egitto. Contro di loro combatterà anche Ramesse III, il più grande faraone della XX dinastia, che sale sul trono dell'Egitto dopo un periodo di crisi e di lotte dinastiche. Questi sconfigge nuovamente i Libi ed i Popoli del Mare, e riesce a conservare il dominio sul Sinai e sulla Palestina meridionale. Le sue imprese sono raffigurate, con intento propagandistico, nel grande tempio di Medinet Habu, innalzato dal sovrano a Tebe ovest. All'interno di una cinta monumentale si trovano, oltre al tempio stesso, il palazzo reale, i magazzini, i laboratori artigianali, le abitazioni dei sacerdoti e dei funzionari e gli uffici amministrativi.

Ramesse III effettua lavori nel tempio di Luxor ed a Karnak innalza, a sud-est della grande cinta di Amon, il tempio di Khonsu. Estende l'attività costruttiva a tutto il Paese, come risulta da una cronaca relativa al suo regno conservata sul papiro Harris I.

Notizie dettagliate sull'epoca ramesside si possono ricavare dai numerosissimi documenti ritrovati a Deir el-Medina, dove risiedevano gli artigiani addetti alla realizzazione ed alla decorazione delle tombe della Valle dei Re. Da essi si apprende che, durante il regno di Ramesse III, i membri di questa comunità, non pagati per il loro lavoro, organizzarono uno sciopero, il primo noto della storia. Le fonti ricordano anche una congiura ordita nell'harem del palazzo contro il faraone: i cospiratori furono scoperti e processati. Gli ultimi anni di regno appaiono assai difficili, così come il periodo che ne segue, durante il quale regnano otto sovrani di nome Ramesse.

La situazione generale del Paese va peggiorando: ne trae giovamento il clero, soprattutto quello di Amon a Karnak, che si arricchisce di nuove terre e diventa una vera potenza economica che rivaleggia con il potere centrale del faraone, mentre le grandi cariche sacerdotali diventano ereditarie. Anche i militari acquisiscono notevole importanza. Verso la fine del regno di Ramesse XI, un militare e sacerdote di nome Herihor arriva a farsi rappresentare quasi come un re e adotta un proprio sistema di datazione. Inizia l'"Era della Rinascita", durante la quale l'Egitto è diviso tra poteri diversi e contrapposti.



il terzo periodo intermedio

Alla morte di Ramesse XI, un sommo sacerdote di Amon, Pinegem I, figlio di Piankhi che era succeduto a Herihor, assume il potere in Alto Egitto, pur non arrogandosi il titolo di re. Nel nord, Smendes fonda la XXI dinastia e s'installa in una nuova capitale, Tanis, l'attuale San el-Hagar, che diverrà il luogo di residenza e di sepoltura dei faraoni della XXI e XXII dinastia.

Le ampie dimensioni della città ed il ritrovamento di numerosi monumenti ed iscrizioni a nome di Ramesse II portarono i primi archeologi che vi lavorarono a identificarla con Pi-Ramesse. Studi e scavi successivi hanno dimostrato che quest'ultima e la città di Avaris si trovavano più a sud, rispettivamente a Qantir ed a Tell el-Dab'a. La presenza a Tanis di monumenti ramessidi e di epoca precedente si spiega con la tendenza di riutilizzare materiali di edifici più antichi per costruirne di nuovi.

L'ultimo sovrano della XXI dinastia, Psusennes II, riveste anche le funzioni di Sommo Sacerdote di Amon, unendo nella sua persona il regno del Nord e quello del Sud. Il fondatore della XXII dinastia, Sheshonq I, di origine libica, tenta ugualmente di riunificare il Paese, approfittando dell'estinzione della dinastia dei sommi sacerdoti tebani, e insediando nella capitale meridionale suo figlio Iuput quale sommo sacerdote, capo dell'esercito e governatore dell'Alto Egitto. Sheshonq I compie una vittoriosa campagna in Palestina, che verrà ampiamente illustrata nel tempio di Karnak, dove il faraone intraprende un'intensa attività costruttiva, e ricordata su una stele affissa nel tempio stesso.

Un periodo oscuro ha di nuovo inizio durante il regno di Takelot II, cui seguono anni di guerra civile e di usurpazioni del trono. Alla fine dell'VIII secolo a.C., l'Egitto è governato da re che si autonominano tali in varie parti del Paese, e più dinastie, la XXII, la XXIII, la XXIV e la XXV, regnarono contemporaneamente.

Quest'ultima dinastia è formata da sovrani di origine nubiana, che s'installano nel Paese adattandosi alle usanze locali, adorando gli stessi dei ed assumendo l'aspetto e la titolatura dei faraoni indigeni, pur facendosi seppellire nei pressi di Napata, nella loro terra d'origine. Tra di loro, particolarmente importante è Taharqa, che restaura ed amplia i principali templi in Egitto e in Nubia, ma deve anche continuare a fronteggiare la grande potenza degli Assiri che, nel 671 a.C., riescono ad impossessarsi di Menfi e, negli anni seguenti, si spingono fino nella Tebaide, pur non riuscendo a catturare il faraone. I sovrani del Delta che avevano stabilito contatti con lui vengono duramente puniti dagli Assiri, ad eccezione di Nekao I, re di Sais.

Il successore di quest'ultimo, Psammetico I, è il fondatore di una nuova dinastia, la XXVI, detta saitica dal nome della nuova capitale. Situata nel Delta occidentale, sul ramo di Rosetta del Nilo, la città di Sais, l'attuale Sa el-Hagar, vantava lontane origini predinastiche, anche se le più antiche vestigia portate alla luce risalgono al Nuovo Regno. Il suo periodo di maggior splendore coincide con le dinastie XXIV e XXVI, quando i regnanti, originari della città, vi costruiscono templi e palazzi all'interno di mura imponenti, e vi approntano la loro necropoli.

Psammetico I si destreggia abilmente con gli Assiri ed utilizza mercenari greci e carii contro i principi del Delta che si erano ribellati e contro i Nubiani. I Greci cominciano ad insediarsi stabilmente nel Paese, dove svolgono un ruolo importante nei commerci. Per circa cent'anni, l'Egitto riunificato conosce un periodo di rinascita politica, economica e culturale. Si realizza una sistematica ripresa di temi ed aspetti dell'Antico e del Medio Regno, nell'arte ma anche nell'amministrazione e nei testi religiosi; si sviluppa, inoltre, il culto delle ipostasi animali. Psammetico I fa ampliare il Serapeo di Saqqara, ove erano sepolti i tori Api, incarnazione di Ra. A Menfi, l'antichissimo tempio di Ptah viene ampliato e modificato, come testimonia Erodoto, e verso la fine della dinastia il faraone Aprie vi costruisce un palazzo. Un tempio dedicato ad Amon viene costruito nella lontana oasi di Siwa, nella località di Aghurmi: qui si sarebbe recato, per consultare l'oracolo, Alessandro Magno al suo arrivo in Egitto.

Nekao II, Psammetico II e Aprie continuano la politica estera del fondatore della dinastia, ora attaccando le potenze straniere, ora alleandosi con esse. Psammetico II conduce una grande campagna contro la Nubia, spingendosi fino a Napata. L'esercito, composto di Egizi, Greci, Carii e Fenici, lascia numerosi graffiti a Buhen e ad Abu Simbel, grazie ai quali si è potuto ricostruire il percorso della campagna.

Durante il regno di Aprie si colloca la cattività babilonese degli Ebrei. Molti di questi si rifugiano in Egitto, dove formano una comunità ben documentata soprattutto ad Elefantina. Anche il successore Amasi deve affrontare problemi interni al Paese, causati dalla presenza dei Greci, le cui attività commerciali vengono concentrate nella città di Naucratis, nel Delta. La fine del regno è oscurata dalla crescente potenza dei Persiani, che conquistano il Paese durante il regno di Psammetico III.

Nel 525 a.C., Cambise s'impossessa dell'Egitto, annientando l'esercito egiziano a Pelusio, e ne fa una provincia dell'Impero achemenide, inaugurando la XXVII dinastia. Le fonti hanno lasciato di lui un'immagine molto negativa, mentre più apprezzato pare essere stato Dario I, più conciliante con la popolazione e con le autorità indigene, che ordina la costruzione di alcuni templi, fra cui quello di Hibis nell'oasi di Kharga, in seguito ampliato da Akori, da Nectanebo I e II e dai Tolomei. Dario I porta a termine anche il canale, iniziato da Nekao II, che metteva in comunicazione il Nilo con il Mar Rosso. Lo orna di stele in stile egizio-orientale, utilizzato anche nella realizzazione delle sue statue, a sottolineare il carattere cosmopolita del suo Impero.

L'indebolimento dei Persiani dopo la sconfitta loro inflitta dai Greci a Maratona, nel 490 a.C., viene sfruttato dalla resistenza indigena egizia, che cerca per 80 anni di liberarsi dall'invasore. Vi riesce Amirteo, nel 404 a.C., sovrano nella XXVIII dinastia. Il trono è usurpato nel 399 a.C. da Neferite I, che fonda la XXIX dinastia, originaria di Mendes, attuale Tell el-Rub'a, che viene eletta a nuova capitale. Questo sovrano si fa seppellire nella necropoli situata ad est del tempio, come prova il ritrovamento della sua tomba, profanata e distrutta da Artaserse III, durante la Seconda Dominazione Persiana. I faraoni di questa dinastia riprendono una certa attività costruttiva nel Paese, ma sono più volte impegnati a respingere gli attacchi persiani.

A Sebennytos, nel Delta, si afferma un'altra dinastia, la XXX. Il generale Nectanebo I usurpa il trono e dà inizio ad un periodo di rinascita del Paese, intraprendendo una grande attività costruttiva e riprendendo le tradizioni artistiche della XXVI dinastia. Vi sono scontri, seguiti da alleanze, con i Persiani, che tuttavia invadono nuovamente il Paese, dando origine, per una decina d'anni, ad una seconda dominazione del Paese, chiamata anche XXXI dinastia, particolarmente dura ed oppressiva.

Quando Alessandro Magno, nel 332 a.C., giunge in Egitto, non incontra alcuna resistenza, ma viene ben accolto. Alessandro cerca il favore delle autorità locali, e si fa riconoscere "Signore dell'Universo" dall'oracolo di Siwa. Inizia la costruzione di Alessandria, che diventerà la nuova metropoli aperta sul Mediterraneo, ed inaugura un'epoca in cui i sovrani, benché stranieri, cercheranno di adattarsi alle tradizioni faraoniche. La dinastia macedone comprende, oltre ad Alessandro, Filippo Arrideo ed Alessandro IV.

Nel 304 a.C. si fa iniziare il periodo tolemaico, durante il quale i Tolomei, generali di Alessandro, governano il Paese per tre secoli. Si ampliano gli antichi edifici sacri e se ne costruiscono di nuovi in stile egizio: i più grandi templi visibili in Egitto a Dendera, Edfu, Kom Ombo e File risalgono a quest'epoca.

Il tentativo di proseguimento della tradizione faraonica e di adattamento ad essa sarà seguito anche dai successivi dominatori romani, che s'impossessano del Paese in seguito alla battaglia di Azio del 31 a.C., sconfiggendo l'ultima grande sovrana tolemaica, Cleopatra VII. L'Egitto, divenuto provincia romana, ha perduto la sua indipendenza, ma non la sua individualità culturale, sorretta dall'antica lingua egizia che ancora si studia nei templi, in cui si adorano divinità, prima fra tutte Iside, che estenderanno la loro influenza a tutto l'Impero.

L'Egitto viene annesso all'Impero Romano d'Oriente, nel 395 d.C., e perde la sua memoria storica nel 641, quando è invaso dagli Arabi, guidati dal generale Amr. L'unico legame con il passato viene mantenuto dai cristiani d'Egitto, che continuano ad utilizzare una lingua, il copto, che è l'erede diretta dell'egiziano antico e sopravvive tuttora come lingua liturgica.






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