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MAGNITUDINE APPARENTE E ASSOLUTA

geografia astronomica



MAGNITUDINE APPARENTE E ASSOLUTA

La diversa luminosità delle stelle, sin dall'antichità, ha suggerito la suddivisione delle stelle. Infatti già con Ipparco, e poi con Tolomeo, le stelle erano state suddivise in sei classi di grandezza in ordine decrescente di luminosità. Attualmente non si utilizza più il termine grandezza ma magnitudine e la magnitudine apparente di una stella, che né rappresenta la luminosità, viene misurata attraverso fotometri fotoelettrici. Tra ogni classe di magnitudine vi è una differenza di luminosità di 2,5 volte. Infatti, come dice la legge Psicofisica di Fechner, quando la magnitudine apparente aumenta in successione aritmetica, la luminosità aumenta in progressione geometrica. Dato che dalla 1a alla 6a classe di magnitudine la luminosità diminuisce di 100 volte, posso dimostrare che la ragione della progressione n vale 2,5:


4 5 classi di magnitudine (successione aritmetica)



n1 n2 n3 n4 n5  luminosità (progressione geometrica)


n5 =100 n= 100 1/5 n=2,5

Con misure più precise ci si è resi conto che alcuni corpi celesti erano più luminosi di quelli inseriti nella 1a classe perciò si cominciò ad usare anche la magnitudine zero e magnitudini negative. La luminosità apparente di un astro però dipende anche dalla sua distanza dall'osservatore e precisamente la quantità di luce per unità di superficie diminuisce col quadrato della distanza dell'osservatore dalla stella secondo la legge:


Luminosità apparente l = k L/d2    Luminosità intrinseca L


Per confrontare la luminosità intrinseca delle stelle bisogna calcolarne la magnitudine che 828g64i avrebbero se fossero tutte alla stessa distanza standard di 10 pc, nota come magnitudine assoluta M. Attraverso la magnitudine assoluta si può ricavare la distanza dell'astro in due modi:

attraverso la formula di Pogson  M = m + 5 + 5Log10d

attraverso un particolare tipo di grafico formato da tre linee tarate corrispondenti una alla magnitudine assoluta, una alla magnitudine apparente ed una alla distanza per cui conoscendo le due magnitudini posso determinare la distanza (vedi figura).





















STELLE VARIABILI


Le stelle non hanno tutte luminosità costante nel tempo. Ci sono alcune stelle infatti che vengono dette stelle VARIABILI in quanto variano la loro luminosità nel tempo. Esse possono essere variabili intrinseche (per cui la variabilità di luminosità è una proprietà della stella) oppure geometriche (o appartenenti a sistemi multipli che variano la loro luminosità per fattori esterni ad esse). Inoltre le variabili si suddividono in regolari (la cui luminosità aumenta e diminuisce secondo intervalli di magnitudine regolari) e irregolari (la cui luminosità varia secondo variazioni impreviste). Le variabili irregolari sono legate a particolari fasi dell'evoluzione: infatti alcune stelle all'improvviso si accendono e aumentano di molto la loro luminosità perché esplodono; quest'esplosione rappresenta la morte della stella che darà poi vita ad altri corpi celesti. Invece in altri periodi della loro evoluzione le stelle possono essere variabili regolari : un esempio possono essere Variabili Nebulari tipo T-Tauri che si trovano nella fase iniziale della loro vita; ma l'esempio più importante di variabili regolari sono le Cefeidi e le Mireidi relativamente a breve periodo (2 50 giorni) e a lungo periodo (80 700 giorni). Le Cefeidi hanno come prototipo una stella variabile della costellazione di Cefeo (D Cefei) nell'emisfero boreale ma stelle simili si possono trovare in tutte le galassie. Di solito si trovano nelle braccia a spirale della galassia dato che hanno una bassa velocità. La loro importanza è nel fatto che, studiando Cefeidi presenti nelle nubi di Magellano (piccole galassie irregolari visibili nell'emisfero australe) si è scoperta una relazione tra il periodo di pulsazione e la magnitudine apparente; quindi, potendo considerare trascurabile la distanza tra le singole stelle delle nubi di Magellano rispetto alla loro distanza dalla terra, si pensò che la stella relazione ci fosse tra il periodo di pulsazione e la magnitudine assoluta della stella. Perciò misurando accuratamente il periodo di pulsazione si poté risalire alla magnitudine assoluta; in seguito, dopo aver misurato la magnitudine apparente con un fotometro fotoelettrico, si risalì alla distanza della stella (Formula di Pogson o grafici - vedi paragrafo precedente). Le Mireidi invece hanno come prototipo la stella Mira della costellazione della Balena (M ceti) e sono stelle del tipo supergiganti rosse. Quelle che abbiamo descritto fin ora sono variabili intrinseche; le variabili geometriche invece sono stelle che appartengono a sistemi multipli (insiemi di due o più stelle legate fisicamente dalla forza di attrazione che ruotano intorno al proprio centro di massa). La massa dei corpi celesti legati fisicamente come i sistemi binari di stelle è calcolabile attraverso l'analisi delle loro orbite, utilizzando perciò la terza legge di Keplero modificata da Newton:

T periodo di rivoluzione dell'orbita

m1 + m2 somma delle masse delle due stelle (espresse in masse solari)

d semiasse maggiore dell'orbita

 


T2/d2 =m1 + m2



Le stelle doppie possono essere DOPPIE VISIBILI in cui le componenti sono visibili al telescopio (sono stelle relativamente vicine a noi) e il cui piano orbitale forma un angolo di 90° con la linea visuale. Oppure possono essere DOPPIE FOTOMETRICHE le cui componenti non sono risolvibili al telescopio; il loro piano orbitale forma un angolo di 90° con la linea visuale ma sono talmente distanti che si eclissano a vicenda. Infine le DOPPIE SPETTROSCOPICHE sono stelle molto distanti dalla terra il cui piano orbitale si trova lungo la linea visuale; per questo effettuano degli spostamenti radiali rilevabili attraverso l'effetto Doppler:

Dl entità dello spostamento delle righe spettrali

più per l'allontanamento; meno per l'avvicinamento

l lunghezza d'onda della sorgente

V velocità della sorgente  

C velocità della luce


 


Dl l V/C






Doppie fotometriche

 

Doppie visibili

 

Geometriche

 

Regolari

 

Doppie spettroscopiche

 

Mireidi

 

Cefeidi

 

Nebulari tipo T-Tauri

 

Intrinseche

 

Supernovae

 

Intrinseche

 

Irregolari

 
Stelle Variabili










SPETTRI STELLARI E CLASSI SPETTRALI


La luce di una stella è la sua carta d'identità e per studiarla si utilizza lo spettroscopio che produce, per ogni stella, uno spettro differente. Gli spettri prodotti dalle stelle sono del tipo di assorbimento in quanto prodotti da una radiazione bianca (proveniente dal nucleo incandescente della stella) che attraversa un gas a bassa pressione (costituenti degli strati più esterni, gassosi e rarefatti della stella). Questo tipo di spettro è caratterizzato da uno sfondo colorato -che costituisce lo spettro continuo- solcato da bande nere il cui numero e la cui posizione dipende dalla composizione chimica della sorgente e dei gas attraverso cui passa la luce; perciò esaminando le posizioni e lo spessore delle bande spettrali si può determinare la composizione chimica della stella. In realtà, però, la questione non è così semplice perché i diversi "tipi spettrali" dipendono anche dalla temperatura del corpo emittente perché la radiazione luminosa prodotta dalle stelle è una radiazione termica. Il fatto è che non tutte le stelle hanno la stessa temperatura come testimoniano i diversi colori che hanno le stelle; infatti la temperatura della sorgente è inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda della radiazione che produce, da cui dipendono proprio i diversi colori. Quindi per determinare la temperatura superficiale della stella, si ricava dallo spettro di assorbimento lo spettro di emissione (che sono tra loro complementari) e in quest'ultimo si prende in considerazione la radiazione di maggiore intensità. Dalla lunghezza d'onda di questa radiazione si risale alla temperatura superficiale attraverso la legge di Wien:


lmax T = K



"La lunghezza d'onda del massimo di intensità di emissione è inversamente proporzionale alla temperatura assoluta".

In relazione alla loro diversa temperatura le stelle sono state suddivise in sette classi spettrali O B A F G K M in ordine decrescente di temperatura. Il primo ad aver classificato le stelle in base agli spettri è stato l'italiano Secchi nel 1860; attualmente il più ampio catalogo di classificazione delle stelle, detto "catalogo Henry Draper" si trova all'università di Harvard negli Stai Uniti: il criterio utilizzato è stato quello di collocare le stelle in una sequenza continua in base agli spettri. Le classi spettrali coprono una temperatura di circa 27000 °K dai 3000/4000 °K della classe M (colore rosso) ai 30000 °K della classe O (colore blu). Ogni classe spettrale ha dieci sottoclassi da 0 a 9 (il Sole si trova nella classe G2); inoltre la classe M ha tre sottogruppi R N S le cui stelle sono ancora più rosse e fredde.

Attraverso la classe spettrale di una stella si può ricavare la sua distanza: infatti, dato che la luminosità delle stelle diminuisce al diminuire della loro temperatura, è possibile risalire dalla classe spettrale alla Magnitudine assoluta e i n seguito da quest'ultima alla distanza della stella.



MOVIMENTO E VELOCITA' DELLE STELLE


Le stelle sembrano fisse ma in realtà si muovono di un movimento per noi impercettibile a causa della grande distanza. Perciò il movimento di una stella viene studiato controllando la posizione di un astro rispetto a stelle circostanti e ripetendo l'osservazione a lunghi intervalli di tempo. I moti stellari possono essere movimenti reali, e quindi propri di una stella, che si compiono in determinate direzioni a grande velocità ma che a noi appaiono lenti; oppure possono essere movimenti apparenti, come conseguenza della rotazione terrestre, per cui ogni stella sembra descrivere intorno all'asse celeste ed in senso retrogrado un'orbita circolare. A seconda della diversa latitudine da cui si osserva, le stelle possono essere intramontabili (si vedono sempre sopra il piano dell'orizzonte) o occidue (sorgono, culminano e tramontano). Se l'osservatore si trova al polo nord, le stelle gli appariranno tutte intramontabili, in quanto l'asse celeste, intorno a cui girano le stelle, coincide con la verticale del punto di stazione. Se l'osservatore si trova all'equatore le stelle gli appariranno tutte occidue e formeranno archi più o meno lunghi a seconda della loro minore o maggiore declinazione. Infine se l'osservatore si trova ad una latitudine intermedia, le stelle più vicine al polo gli appariranno intramontabili (in quanto le loro orbite si trovano sopra il piano dell'orizzonte), mentre le stelle più vicine all'equatore gli appariranno occidue.





































Finora abbiamo parlato di movimenti stellari dipendenti dalla rotazione terrestre; invece il moto proprio di una stella m è lo spostamento annuale della direzione che congiunge l'osservatore e la stella, espresso in secondi d'arco. La stella con maggior moto proprio è Barnard (m = 10,3 secondi d'arco); però essa è anche la stella più vicina alla Terra dopo Proxima Centauri (d = 1,8 pc). Infatti bisogna notare che il moto proprio di una stella dipende molto dalla distanza della stella stessa dato che le direzioni delle linee visuali cambiano più lentamente o velocemente a seconda che la stella sia lontana o vicina.








Inoltre il moto proprio di una stella dipende anche dalla sua velocità. La velocità spaziale VS di una stella si scompone secondo due direzioni perpendicolari tra di loro: velocità radiale VR e velocità tangenziale VT. Quest'ultima è in relazione al moro proprio della stella e dipende dalla sua distanza. La velocità tangenziale e il moto proprio sono legate tra di loro dalla relazione:


VT = m d






Per questo a parità di moto proprio la velocità tangenziale dipende dalla distanza, quindi la conoscenza del moto proprio non implica la conoscenza della velocità tangenziale.

Infine la velocità radiale è la velocità di alcuni corpi che si allontanano o si avvicinano a noi e quindi che si muovono lungo la linea visuale. La misurazione della velocità radiale avviene attraverso l'applicazione dell'Effetto Doppler. Dopo aver inviato la luce della stella ad uno spettrografo, dall'osservazione dello spostamento delle righe spettrali si potrà determinare la velocità radiale dell'astro. Se la stella è ferma, le righe spettrali saranno coincidenti con le righe spettrali ottenute in laboratorio da una lampada ad idrogeno. Invece, se la stella è in movimento le righe dello spettro saranno spostate rispetto a quelle della lampada ad idrogeno: se le linee spettrali sono più spostate verso il rosso (red shift) vuol dire che la sorgente è in allontanamento, altrimenti se sono spostate verso il blu (blu shift) la sorgente è in avvicinamento. L'entità dello spostamento delle righe spettrali ci permette di misurare la velocità di una stella attraverso la relazione:

Dl entità dello spostamento delle righe spettrali

più per l'allontanamento; meno per l'avvicinamento

l lunghezza d'onda della sorgente

V velocità della sorgente  

C velocità della luce


 


Dl l V/C






Possiamo notare, dalla presenza dell'elemento l che l'effetto Doppler non è uguale a tutte le lunghezze d'onda, anzi lo spostamento delle linee spettrali è proporzionale all'aumento o alla diminuzione di lunghezza d'onda della sorgente. Perciò conviene misurare l'effetto Doppler a lunghezze d'onda più elevate.


IL DIAGRAMMA H-R


IL diagramma H-R è stato ideato da due astronomi E. Hertzsprung e N. H. Russel (dalle cui iniziali il diagramma deriva il suo nome), indipendentemente l'uno dall'altro, che ci fornisce una chiave per interpretare l'evoluzione stellare. Infatti nel digramma H-R le stelle sono disposte ponendo in ascissa la loro temperatura (da cui dipendono la classe spettrale e il colore) e in ordinata la loro luminosità (il sole nel diagramma ha luminosità pari a Uno). Gran parte delle stelle si dispongono lungo una fascia che attraversa diagonalmente il diagramma, detta Sequenza Principale, in cui le stelle sono disposte secondo un ordine regolare dal blu al rosso. Le stelle, durante la loro evoluzione, si trovano in sequenza principale nella loro fase di maturità, durante la quale sono stabili. Inoltre, dopo aver calcolato le masse stellari attraverso la terza legge di Keplero modificata da Newton:


T2/D2 = m1 + m2


si è notato che nella sequenza principale c'è una diminuzione delle masse stellari da sinistra verso destra.

Al di fuori della sequenza principale nella parte in alto a destra si posizionano le giganti e le supergiganti rosse, che hanno una superficie radiante molto ampia (e sono quindi molto luminose) ma che sono relativamente fredde. Invece in basso a sinistra ci sono le nane bianche, che hanno una superficie radiante molto piccola (e sono quindi poco luminose) ma sono molto calde ed hanno una densità alta.


















L'EVOLUZIONE STELLARE


Le fucine delle stelle sono le nebulose, formate di polveri e gas freddi (soprattutto idrogeno: oltre il 90%). E' probabile che le stelle nascano dai cosiddetti globuli di Bok, veri addensamenti di grandi quantità di polveri e gas che appaiono come nuclei oscuri nella generale luminosità della nebulosa. All'interno dei globuli possono innescarsi moti turbolenti (per esempio per l'onda d'urto dell'esplosione di una supernova) che frammentano i globuli in ammassi più piccoli all'interno dei quali l'attrazione gravitazionale presente tra le particelle della nebulosa da vita ad un processo di aggregazione. Con il proseguire dell'addensamento e della contrazione, l'energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica, che va ad aumentare la temperatura del corpo gassoso che si trasforma in Protostella. A causa della gravità la contrazione prosegue e il nucleo si riscalda. A questo punto il destino della stella dipende dalla sua massa: infatti se la massa è scarsa la temperatura non arriva a far innescare le reazioni termonucleari, quindi la contrazione si arresta e la protostella si trasforma in nana bruna.; invece se la massa è sufficientemente alta la temperatura continua ad aumentare. Arrivata ad una temperatura assoluta T=107 °K, nel nucleo stellare si innesca la sequenza protone-protone, processo termonucleare di trasformazione dell'idrogeno in elio:

Dove e+ è una particella di antimateria, detta Positrone che corrisponde all'elettrone ma ha carica positiva, e n è una particella molto piccola senza carica, detta Neutrino, che hanno una velocità elevatissima e che riescono ad attraversare liberamente la materia. Questa particella deve essere introdotta affinché la trasformazione rispetti il principio di conservazione del momento angolare della quantità di moto.

 



H +1H H + e+ + n p+ n + e+ + n

H + 1H He + g

He + 3He He + 21H




In questo tipo di processo 4 atomi di idrogeno si fondono per formare un atomo di 4He; però facendo il calcolo delle masse dei reagenti e dei prodotti si può notare che 0,7% della massa si trasforma in energia. Per questo, secondo la legge E = m c2,  per ogni grammo di materia si liberano centinaia di miliardi di calorie. Il calore liberato aumenta la pressione dei gas interni, la quale arriva a compensare la forza di gravità: a questo punto la stella si trova in una fase di equilibrio dato che è adulta e non subisce contrazioni né espansioni. La posizione ed il tempo di permanenza nella sequenza principale sono determinate dalla massa iniziale della stella: infatti la stelle dotate di una grande massa sono anche più calde e quindi, consumando idrogeno più rapidamente, hanno una vita più breve rispetto a stelle più piccole, quindi meno calde che sono più longeve perché la pressione dei gas, e perciò anche la temperatura, non deve essere troppo alta per contrastare la forza di gravità (di conseguenza l'idrogeno di consuma più lentamente). In ogni caso quando tutto l'idrogeno è consumato, la pressione dei gas diventa insufficiente per contrastare la forza di gravità, causando così un collasso della stella sul suo centro di gravitazione e perciò una notevole contrazione. Dato che la contrazione produce energia, la temperatura aumenta ancora fino ad arrivare a T=207 °K, che è la temperatura ideale per l'innesco del triplo processo a: attraverso questo processo si produce 12C a partire dall'He a patto che le condizioni di temperatura e densità (d=106 g/cm3) siano rispettate.


24He 8Be    8Be + 4He 12C


Anche in questo tipo di processo c'è la trasformazione di una certa quantità di materia in energia; il grande calore liberato fa sì che gli strati più esterni e rarefatti della stella si espandano. Però, dato che l'espansione corrisponde ad un raffreddamento, la stella entra nella fase della gigante rossa in cui essa ha una grande massa, grande superficie emittente ma bassa temperatura. Se l'espansione supera il punto di equilibrio, sarà seguita ben presto da una contrazione e poi da una nuova espansione, per cui le dimensioni della stella oscilleranno più volte, tanto che la stella sembrerà pulsare e apparirà come una variabile tipo Cefeidi. Dopo la fase di gigante rossa l'evoluzione stellare segue vie diverse a seconda della massa iniziale della stella:


v Stelle con massa iniziale poco inferiore a quella del Sole (m< 0,8 masse solari) devono collassare gradualmente fino a divenire corpi delle dimensioni della Terra con una densità molto alta, trasformandosi quindi in Nane Bianche che, essendo prive di una fonte di energia nucleare, sono destinate a raffreddarsi.

v Stelle con massa iniziale come quella del Sole (0,8<m<8 masse solari), arrivate allo stadio di giganti rosse, finiscono per espellere i loro strati più esterni che vengono trascinati via da imponenti venti stellari dando vita a nubi sferiche di gas in espansione dette Nebulose Planetarie. Dopo la perdita degli strati esterni, il nucleo incandescente è destinato a raffreddarsi, diventando poi una nana bianca.

v Quando la stella si trova in stato di sistema binario con un'altra stella, essa aspira i gas esterni dell'altra stella e aumenta di molto la sua luminosità per poi esplodere; tali stelle vengono denominate Novae.

v Se la massa della stella supera di almeno una decina di volte quella del Sole (m 10 masse solari), la temperatura interna diventa elevatissima portando alla formazione di elementi via via più pesanti fino ad arrivare ad un nucleo di Ferro (l'elemento più pesante producibile nel nucleo della stella) circondato da gusci concentrici di altri elementi in ordine decrescente di pesantezza. A questo punto il collasso si fa rapido e violento per cui la stella viene definita Supernovae. Il materiale rimanente acquista una densità inconcepibile per cui protoni ed elettroni si fondono per formare neutroni e dare vita ad una stella di neutroni, molto piccola e densa.

v Se la massa iniziale della stella è qualche decina di volte di quella solare (m=10 masse solari), dopo la fase di supernovae, la contrazione prosegue e a densità continua ad aumentare: così si viene a formare un corpo sempre più piccolo e denso con un campo gravitazionale immenso, detto Buco Nero: esso è un oggetto freddo in grado di attirare entro di sé qualsiasi cosa o radiazione che entri nel suo raggio d'azione.





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