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Tutto sui buchi neri in 20 risposte

astronomia



Tutto sui buchi neri in 20 risposte

Sono gli abitanti più affascinanti e strani dello "zoo" dell'universo.

Giganteschi aspiratori cosmici, risucchiano materia e luce in un viaggio senza ritorno, perché nulla può più uscire da essi.


  1. Che cos'è un buco nero?

E' una regione di spazio che ha una densità talmente alta, cioè una massa concentrata in un volume talmente ridotto, che nessun corpo può sfuggire alla sua attrazione gravitazionale. Ogni corpo celeste è caratterizzato da una " velocità di fuga2, la velocità alla quale occorre staccarsi da esso per sfuggire alla sua attrazione gravitazionale. Nel caso della Terra, per esempio, la velocità di fuga è pari a 40000 chilometri orari. Un buco nero ha una concentrazione di massa talmente grande che la sua velocità di fuga è superiore perfino a quella della luce. E dal momento che nulla può andare più veloce della luce, nulla può sfuggire al suo campo gravitazionale. Persino un raggio di luce viene attirato dalla sua gravità senza più poterne uscire fuori.



  1. Come si forma un buco nero?



Secondo le teorie più accreditate, i buchi neri sono il risultato dell'ultima grande esplosione con cui si spegne la vita di una stella di massa molto grande, trasformatasi in supernova. Dopo l'esplosione, la supernova si tramuta in una stella di neutroni. Ma nel caso delle stelle di massa particolarmente grande, l'agglomerato di neutroni è destinato a collassate. Questo collasso è detto "gravitazionale", in quanto la forza di gravità innesca una contrazione progressiva della materia che si traduce nella formazione del buco nero.



  1. Da cosa è composto?

Secondo la Teoria di Relatività Generale, la gravità è una manifestazione di curvatura dello spazio-tempo. I corpi celesti di grande massa distorcono infatti lo spazio 757i84h -tempo, tanto che le normali leggi della geometria non sono più applicabili. Nei pressi di un buco nero, la distorsione dello spazio è talmente elevata da dare a questi corpi alcune strane proprietà. Un buco nero ha un orizzonte degli eventi, una superficie sferica che ne delimita il confine e dove la velocità di fuga è pari a quella della luce. Una volta oltrepassato questo orizzonte, non se ne può più venir fuori e si viene inesorabilmente risucchiati verso il centro, detto singolarità. Questo è il densissimo punto dove la forza gravitazionale tende all'infinito e dove si concentra tutta la materia che precipita.


  1. Quanto può essere grande?

Esistono due modi per descrivere la grandezza di un corpo. Uno è la massa, l'altro lo spazio che occupa. Nel primo caso, in linea di principio non esistono limiti, né massimi né minimi: un buco nero può avere qualsiasi massa, purché questa sia compressa fino ad una densità sufficiente. Si ritiene che la maggior parte dei buchi neri siano stati prodotti dalla morte di stelle molto massicce e quindi che abbiano una massa equivalente as esse; in media, circa 10 chilogrammi (1 seguito da 31 zeri), pari a 10 volte la massa del Sole.

Alcuni, come quelli che occupano il centro delle galassie,possono avere però una massa molto più elevata, circa un milione di volte quella del Sole (10 kg). Maggiore è la massa di un buco nero, maggiore è lo spazio che esso occupa: il raggio dell'orizzonte degli eventi e la massa del buco nero sono direttamente proporzionali. Un buco nero di massa 10 volte superiore a quella di un altro avrà anche un raggio dell'orizzonte degli eventi 10 volte superiore. Per fare un esempio, un buco nero di massa pari a quella del Sole avrebbe un raggio di 3 km; un "tipico" buco nero di massa pari a 10 volte quella del Sole avrebbe un raggio di 30 km. Un buco nero di massa pari ad un milione di volte quella del Sole avrebbe un raggio di 3 milioni di km.


Quanti tipi ne esistono?


Gli scienziati hanno proposto tre tipi diversi di buchi neri. Il più semplice è quello di Schwarzschild, caratterizzato soltanto dalla massa, e formato dalla singolarità e dall'orizzonte degli eventi. Si tratta di un buco nero stazionario, che non ruota e non ha carica elettrica. Il secondo è quello di Kerr, che ruota su se stesso e ha una singolarità che per effetto della rotazione si allunga a forma di anello. E' circondato da due distinti orizzonti degli eventi concentrici e al di là di quello esterno si trova l'ergosfera, una regione di spazio-tempo simile ad un vortice cosmico, dove la materia non viene soltanto attirata ma entra in rotazione.

Quello di Reissner-Nordstrom non ruota ma ha carica elettrica. Anch'esso ha due orizzonti degli eventi concentrici e tra l'uno e l'altro c'è una zona in cui la materia è risucchiata. Ma una volta superato l'orizzonte degli eventi più interno, la materia non viene più risucchiata e resta lì.


Come si scopre la sua esistenza?


I buchi neri non si manifestano direttamente alla nostra osservazione,  proprio perché la luce non può sfuggire da essi. E' solo una serie di indizi a rivelarcene indirettamente la presenza. In primo luogo la loro forza di gravità è talmente intensa da curvare lo spazio-tempo e dirottare il percorso della luce. Grazie a questa caratteristica, detta effetto di "lente gravitazionale", gli scienziati hanno potuto visualizzare la luce deformata di galassie quasar in regioni tanto remote e oscure del cosmo che senza l'aiuto di questa distorsione non ci avrebbe mai potuto raggiungere.

Altre tracce dell' esistenza dei buchi neri ci giungono dalla materia che ne viene risucchiata. Infatti, in linea generale, maggiore è la forza di gravità, maggiore è la compressione a cui la materia viene sottoposta e più alta è la temperatura che tale materia raggiunge.Man mano che la temperatura sale, poi,  la frequenza delle radiazioni elettromagnetiche che essa emette aumenta. Rilevamenti di raggi X e gamma, le radiazioni elettromagnetiche che hanno la frequenza più elevata, e quindi una lunghezza d'onda minore, (meno di un decimillesimo della luce visibile), rivelano quindi che ci si trova in presenza di un astro caratterizzato da una potentissima forza di gravità.




Esistono prove più certe?


La distorsione dello spazio-tempo e l'emissione di raggi X o gamma non bastano ad identificare con certezza un buco nero. Esistono però altre prove più significative, legate al comportamento della materia che vi precipita. E' infatti stato osservato che l'emissione di raggi X e gamma, non è costante, ma variabile. Questo potrebbe indicare che il risucchio della materia all'interno del buco nero non avviene in modo costante, ma intermittente, come se la materia prima di precipitare impiegasse un certo tempo ad accumularsi. La durata dell'accumulo, che nel caso di buchi neri piccoli sembra essere molto breve (da qualche ora a qualche giorno), rivela anche le dimensioni del buco nero. Gli studiosi hanno infatti messo in relazione il periodo di accumulo della materia con il tempo che un buco nero impiega a compiere un'intera rotazione su se stesso: questo sarebbe tanto maggiore quanto più grande è il buco nero.


Cosa succede se vi cadiamo dentro?


Se ci avviciniamo ad un buco nero avvertiamo sempre più intensa la sua forza di gravità che ci risucchia. Questa non ha la stessa intensità su tutte le parti del nostro corpo: sono le gambe, la parte più vicina al buco nero, a subirne maggiormente gli effetti. Il risultato è che, mentre il resto del corpo è ancora normale, ci ritroviamo con gambe lunghissime, letteralmente stirate dalla forza di gravità. Entrano infatti in gioco le forze di marea, e le nostre gambe si allungano per lo stesso principio per il quale il livello del mare si innalza a causa della forza di gravità esercitata sulla superficie terrestre dal Sole e dalla Luna.


L'intensità della caduta dipende dalle dimensioni del buco?


Si potrebbe credere che le forze che ci tirano verso il centro del buco nero siano tanto più intense quanto più grande è il buco nero: in realtà non è così. Paradossalmente, la nostra fine sarebbe un po' meno brutale se cadessimo in un buco nero grande. In prossimità di un buco nero piccolo, di massa pari a quella del Sole (solo 3 km di raggio), la forza di marea che si determina è talmente forte che il nostro corpo ne sarebbe subito dilaniato: se prudentemente ci limitassimo a inviarvi un'astronave senza equipaggio, questa sarebbe immediatamente ridotta ad un lunghissimo e sottilissimo spaghetto. Avvicinandoci invece di persona ad un buco nero gigantesco (se ne ipotizzano alcuni del diametro di milioni di km) la situazione almeno per un po' sarebbe più tranquilla. La forza di marea rispetto ad una superficie così estesa e pari circa a un decimilionesimo di quella che si manifesta sulla Terra per l'azione di Sole e Luna è quindi di fatto tanto debole che non l'avvertiremmo. Ci ritroveremmo risucchiati dal buco senza neanche rendercene conto. Solo dopo aver raggiunto la singolarità del buco nero, il densissimo punto dalla forza gravitazionale che tende all'infinito e dove si concentra tutta la materia che precipita, avvertiremmo inesorabile ed istantaneo l'effetto stirante della fortissima gravità. E finiremmo comunque dilaniati.


Come si possono formare buchi neri giganteschi?


Gli scienziati ipotizzano che esistano buchi neri di enormi dimensioni, che potrebbero essere stati generati, per esempio, dal collasso gravitazionale di una intera galassia. Il raggio di un buco nero di questo tipo potrebbe essere nell'ordine dei tre miliardi di chilometri.


Che fine fa la luce inghiottita?


Abbiamo visto che neppure la luce, se viene risucchiata da un buco nero, può uscirne. Se una sorgente luminosa si avvicina ad un buco nero, fino ad una certa distanza la luce si diffonde dalla sorgente uniformemente a 360 gradi. Andando avanti, però, si crea una differenza sempre maggiore tra la velocità della luce irradiata in direzione del buco nero, che aumenta, e quella della luce che si espande in direzione opposta, che viene rallentata. All'altezza dell'orizzonte degli eventi la velocità della luce che si irradia in direzione opposta diventa zero, ed una volta che la sorgente è penetrata nel buco nero tutta la luce da essa emessa si concentra inesorabilmente verso la singolarità.


Che fine fa la materia inghiottita?




Secondo la teoria classica dei buchi neri, quella descritta nel 1916 dall'astronomo tedesco Karl Schwarzschild, tutti gli oggetti risucchiati procedono verso la singolarità, considerata come un punto di massa infinita. Secondo altre teorie, come quella elaborata nel 1963 dal matematico neozelandese Roy Patrick Kerr, la singolarità ha la forma di una sorta di anello modellato dall'azione della forza centrifuga che si crea al centro di buchi neri rotanti. In quest'ultimo tipo di buchi neri i corpi risucchiati possono anche sfuggire alla singolarità. Ma a quel punto dove vanno? Una delle risposte è connessa all'esistenza di una sorta di cunicoli o addirittura "ponti2 spazio-temporali, come li battezzarono Einstein ed il suo assistente Nathan Rosen nel 1935. Questi, detti "wormhole", collegano fra loro in modo quasi istantaneo due buchi neri di uno stesso universo o di due universi diversi.


Come nascono i cunicoli?


La loro esistenza potrebbe risalire addirittura alle prime fasi di vita del nostro universo. Alcuni studiosi, infatti, sostengono che siano il residuo delle connessioni che congiungevano il nostro universo con gli altri, durante la fase dell'improvvisa inflazione che si scatenò dopo il Big Bang.


Potremmo attraversarli?


L'idea che i "wormhole" siano una strada per viaggiare istantaneamente da un luogo all'atro dell'universo, e addirittura una catapulta verso dimensioni spazio-temporali diverse dalle nostre ha sempre affascinato gli studiosi. Nel 1985 l'astronomo Carl Sagan stava scrivendo il romanzo di fantascienza Contact, poi portato sullo schermo da Robert Zemeckis nel 1997. In cerca di un espediente plausibile per far viaggiare i suo personaggi nell'iperspazio, chiese aiuto al fisico statunitense Kip Thorne del California Institute of Technology. Thorne mobilitò una squadra di ricercatori per analizzare in dettaglio le caratteristiche di questi cunicoli. Da ciò sono venute fuori nuove teorie u ciò che ci accadrebbe attraversando un cunicolo spazio-temporale. I matematici relativisti li descrivono come luoghi altamente instabili, attraversati da onde gravitazionali, le cui perturbazioni, anche minime, hanno l'effetto di renderli ancora più tempestosi. La presenza di queste onde fa sì che il cunicolo resti aperto per brevissime frazioni di secondo. Pur riuscendo ad entrarvi, un viaggiatore verrebbe accelerato oltre la velocità della luce, scatenando perturbazioni gravitazionali talmente violente da sigillare nuovamente il cunicolo nelle invalicabili singolarità dei buchi neri che esso congiunge.


E cosa ci accadrebbe?


Anche ammettendo che i cunicoli siano stabili, attraversarli non sarebbe una piacevole esperienza. La radiazione che vi piove dentro dalle stelle vicine subirebbe una compressione di frequenza, spostandosi sempre più verso l'alto dello spettro elettromagnetico, regione dei raggi X e gamma. E il viaggiatore che attraversasse il cunicolo verrebbe letteralmente fritto da queste gigantesche dosi di radiazioni letali.


Cosa sono i buchi bianchi?


La materia risucchiata da un buco nero, dopo aver percorso il cunicolo spazio-temporale, ha anche un'altra possibilità: sbucare in un buco bianco. Si tratta di corpi, fino ad oggi esistenti solo nelle formule matematiche, con proprietà opposte e simmetriche a quelle dei buchi neri. Anche i buchi bianchi si sviluppano su un piano spazio-temporale a senso unico, che va però esclusivamente dall'interno verso l'esterno, senza alcuna possibilità di accesso. Il buco bianco ha anch'esso un centro detto singolarità, ma a differenza di quello dei buchi neri, questo è un punto che espelle qualsiasi punto di materia, perfino la luce. Gli studiosi sono propensi a riconoscere i buchi bianchi come una delle conseguenze teoriche della simmetria che caratterizza le equazioni della Teoria di Relatività Generale. Partendo da un qualsiasi risultato di un'equazione, è possibile ripercorrere "a marcia indietro" il calcolo che lo ha prodotto. I buchi bianchi sarebbero quindi un risultato perfettamente valido dal punto di vista matematico, ma ciò non vuol dire che esistano davvero. 


Noi potremmo diventare un buco nero?


Teoricamente si. Dato un corpo (che immaginiamo sferico) di una certa massa si può calcolare un raggio, detto "critico", al di sotto del quale la materia collassa in uno stato infinitamente denso chiamato singolarità. In teoria, quindi, qualsiasi corpo, anche uno di noi, un biscotto e qualsiasi altro oggetto dotato di massa può trasformarsi in un buco nero, purché possa essere compresso fino ad una densità sufficiente.




Cosa sono i mini-buchi neri?


Visto che qualunque corpo può diventare un buco nero, ecco allora entrare in scena i mini-buchi neri, cioè buchi neri minuscoli, grandi quanto le particelle subatomiche. Affinché si possano produrre buchi neri così piccoli, è necessario immaginare condizioni di densità tanto elevata che potevano esistere solo appena dopo il Big Bang. Il fisico inglese Stephen Hawking ha ipotizzato che questi livelli di densità siano stati raggiunti circa 10  secondi dopo la gigantesca esplosione, a causa dell'onda d'urto dovuta al fortissimo rinculo che ebbe la materia cosmica dopo il Big Bang. Tali straordinarie condizioni avrebbero permesso la formazione di mini-buchi neri, alcuni dei quali sopravviverebbero ancora oggi. Essi concentrerebbero una massa di un miliardo di tonnellate in un raggio di un decimillesimo di miliardesimo di centimetro.


Quali prove ne abbiamo?


La massa totale di una galassia può essere calcolata in due modi. Supponendo che la luce irradiata da una stella sia proporzionale alla sua massa, la si ricava misurando la luminosità globale. Oppure la si può calcolare in base alla velocità di rotazione delle stelle, del gas interstellare e delle polveri intorno al disco galattico. Alcune galassie hanno rivelato che la massa calcolata in base alla luminosità risulta decine e decine di volte inferiore a quella ottenuta con l'atro metodo. Ciò dimostrerebbe, quindi, che le galassie, oltre alla materia che possiamo osservare, contengono una massa invisibile, la materia oscura. Tra le tante ipotesi sulla natura e la composizione della materia oscura, una riguarda la materia non barionica, cioè non formata dalla comune materia atomica composta di protoni, neutroni ed elettroni. In questo caso si tratterebbe di mini-buchi neri formatisi ai primordi del cosmo.


La massa dei buchi neri cresce all'infinito?


E' quanto si è creduto fino al 1976. In teoria, risucchiando materia che non verrà mai più espulsa, un buco nero può accrescersi tanto da sconfinare nella sfera gravitazionale di un altro, scontrarsi e fondersi con esso generando un unico buco nero enorme. In quell'anno, però, Stephen Hawking stupì il mondo accademico prospettando per questi corpi celesti un destino diverso, e cioè una lenta fine per "evaporazione".

Hawking dimostrò che, a causa di fenomeni quanto-meccanici, i buchi neri non sono interamente neri ma emettono radiazione. Questa è stata poi chiamata "radiazione di Hawking". L'energia che produce questa radiazione si ottiene a spese della massa del buco nero, che così gradualmente si restringe fino a svanire completamente.



Come fanno i buchi neri ad emettere energia?


La meccanica quantistica prevede che il vuoto non sia completamente vuoto, ma possa produrre massa ed energia praticamente dal nulla, un fenomeno detto "fluttuazione del vuoto quantistico". Coppie formate da una particella e dalla sua antiparticella (cioè la corrispondente particella di antimateria) possono apparire dal nulla, sopravvivere per un brevissimo tempo e alla fine annientarsi l'una contro l'altra. Queste sono dette particelle virtuali. In questo modo il principio di conservazione della massa-energia è violato quando le particelle  vengono create, ma la loro annichilazione ripristina le condizioni iniziali, come se non fosse accaduto niente. Stephen Hawking ha immaginato che se questo fenomeno si verifica nei pressi dell'orizzonte degli eventi di un buco nero, ognuna delle due particelle subisce in modo diverso i suoi effetti. Il buco nero fornisce energia alle due particelle attraverso il suo campo gravitazionale, separando così la coppia e trasformandole da particelle virtuali in particelle reali. Poi, mentre una viene risucchiata, l'altra riesce a sfuggirgli. Le particelle che sfuggono ad un buco nero portano con loro l'energia che esso perde, e di conseguenza un po' per volta la sua massa diminuisce.

A questo punto sembrerebbe però che il bilancio energetico del fenomeno sia zero, in quanto l'energia emessa con la particella che sfugge dovrebbe essere bilanciata da quella assorbita con la particella inghiottita. In realtà, sostiene Hawking, il campo gravitazionale nei pressi dell'orizzonte degli eventi ha dovuto spendere energia per creare la coppia di particelle e, di queste due, ne riassorbe solo una. Così, la perdita netta di massa-energia da parte del buco nero è equivalente a quella della particella che gli è sfuggita.






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