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LE CITTÀ - LE CITTÀ NELLA STORIA E NEL TERRITORIO

geografia



le città


le città nella storia e nel territorio

Città e urbanizzazione

La città è il tipo più evoluto di insediamento umano, ma non è un fatto recente: tutte le antiche civiltà sono giunte a creare degli agglomerati urbani. Le prime cit­tà della storia sono nate nei maggiori focolai di civilizzazione, quali il bacino deI Mediterraneo, il Medio Oriente, l'India e la Cina.

In queste regioni per migliaia di anni gli insediamenti rimasero villaggi agricoli, piccoli, uniformi, com'era ovvio per delle società egualitarie. Nella regione della Mezzaluna Fertile circa 6000 anni fa cominciarono a formarsi le specializzazioni professionali e le dif­ferenze sociali. Man mano che i villaggi s'ingrandivano, si delineava l'egemonia di uno tra essi, o comunque il controllo di un'au­torità centrale: le prime strutture statali sono nate in simbiosi con le prime città. La società egualitaria di villag­gio diveniva una società stratificata che, oltre ai coltivatori, comprende­va artigiani, mercanti, sacerdoti, amministratori, soldati e schiavi.



La città ebbe bisogno di protezione contro i nemici, cosa che richiedeva un intervento collettivo per la costruzione di mura fortificate. Nella crescita delle più antiche città, ebbero un ruolo im­portante la vicinanza di terre agricole produttive e la disponibilità idrica di fonti superficiali o sotterranee. Il modello più compiuto di città-stato è offerto dalla polis greca.

La rivoluzione industriale e l'espansione europea del XIX secolo sono all'origine dello sviluppo urbano che caratterizza il mondo attuale; le città si dilatano più rapidamente del passato e acqui­stano una posizione preponderante nella vita economica e sociale, mentre le campagne perdono valore.

Se i paesaggi rurali testimoniano l'ampiezza delle trasformazioni operate dai gruppi umani sulla superficie terrestre, le città ne espri­mono il livello: esse riuniscono le attività in­dustriali e commerciali, le strutture politiche e culturali. Queste fun­zioni caratterizzano l'insediamento urbano per la consistenza degli aggregati cui danno luogo, per i modi di vita che im­pongono, per le correnti di scambi che suscitano. Mentre le comunità rurali possono vivere di un'economia autosufficiente, la vita urbana esige scambi: la città prende dall'esterno le derrate alimentari per i suoi abitanti e le materie prime per le sue fab­briche; distribuisce le merci che produce e quelle che il commercio all'ingrosso vi concentra.

La città esprime una trilogia di poteri: il potere politico, che ne fa una capitale o un capoluogo regionale; il potere religioso, esercitato dal vescovo o dal capitolo della cattedrale; il potere commerciale, rappresentato dal mercato e dalle strutture di deposito e di distribuzione delle merci.

Nei tempi andati i concetti di città e di campagna si contrapponevano nettamente. Ma la rivoluzione industriale e l'esplosione ur­bana del XIX secolo hanno introdotto un rivolgimento radicale, crean­do nuovi quartieri intorno al nucleo storico. Basandosi su questa frattura nell'evoluzione urbana, il marxismo concentra l'attenzione sul processo di industrializzazione, che ha fatto della città un campo segregativo di rivalità eco­nomiche. Se­condo l'interpretazione marxista, la "città" autentica non è sopravvis­suta all'avvento del capitalismo industriale.

La distinzione che i Romani avevano ereditato dagli Etruschi tra urbs nel significato di struttura edilizia della città e civitas come orga­nizzazione sociale e politica, si è persa in età medievale e da allora la città venne sentita come simbiosi tra un coagulo di edifici circondati da mura e un coagulo di funzioni politiche, economiche, religiose, culturali.

La separazione formale e sostanziale fra città e non città, fra popo­lazione urbana e popolazione rurale, si dissolve dopo la rivoluzione francese, quando l'amministrazione napoleonica equipara legalmente i contadini ai cittadini. Più tardi, il si­stema di fabbricazione nato nella città si dilata all'esterno investendo il contado. C'è un elemento del vecchio concet­to di città che rimane immutato, ed è il coagulo delle funzioni urbane.

Al momento attuale è molto difficile dare della città una definizione valida ovunque. Esiste una serie pro­gressiva di stadi: dal villaggio (agricolo), al borgo (con una parte di popolazione ancora legata alla terra), alla città (con sole attività extra-agricole). In concreto non è possibile individuare il punto in cui un agglomerato passa da rurale ad urbano. In alcuni paesi le città sono contraddistinte da un proprio sta­tus amministrativo; in Francia l'Istituto Nazionale di Statistiche Economiche e Sociali considera come città "un comune la cui popolazione accentrata supera i 2000 abitanti". Negli altri paesi le definizioni variano in misura note­vole: un criterio puramente aritmetico, quale il numero di abitanti, risulta inadeguato.

La nascita della città è legata allo sviluppo di funzioni non agricole: attività commerciali, industriali, amministrative: è quindi valido il criterio basato sulle funzioni: mentre il villaggio vive di attività agricole, la città è un luogo di funzioni amministrative e culturali, di scambi e di servizi; è un nodo di relazioni, un punto d'incontro di uomini e di merci, un crogiolo di idee e di innova­zioni.

L'approccio geografico allo studio della città si è progressivamente modificato. La geografia urbana inizialmente ha prestato più attenzione agli aspetti concreti: il sito, la struttura planimetrica, l'occupazione dello spazio e le differenti utilizzazioni del suolo. Poi si è interessata degli abitanti: la provenienza, la ripartizione, i caratteri demografici, le attività economiche, i modi di vita. I geografi hanno poi indagato le cause originarie dello sviluppo delle città nel territorio; hanno eviden­ziato le funzioni urbane all'interno e verso l'esterno: da ciò è nata la spinta a indagare il ruolo regionale della città e l'esistenza di reti im­postate su nodi legati da relazioni gerarchiche.

La geografia si è sforzata di rispondere a tre ordini di interrogativi:

perché la città è sorta in quel determinato luogo: ha indagato sui fattori di localizzazione, da quelli connessi con le condi­zioni ambientali e quelli legati con l'economia e con l'ambito socio-politico;

perché la città si è sviluppata in un determinato modo: l'analisi della storia della città e degli eventi che ne hanno disegnato il volto;

perché la città ha assunto certe funzioni: l'analisi delle attività urbane per comprendere il rapporto tra la città e il territorio circostante e le relazioni con le altre città.

La crescita urbana assume tre aspetti. Il primo è territo­riale: riguarda l'estendersi della città e il rapporto con il substrato fisico. Il secondo è demografico: abbraccia non solo l'incremento della popolazione, ma anche i cambiamenti nella struttura etnica, professio­nale, sociale. Il terzo aspetto è funzionale: riguarda le attività, da quel­le amministrative a quelle industriali e ai servizi commerciali e culturali.

Il ruolo può variare col variare delle dimensioni, delle funzioni, del "potere" delle città e con i mutamenti politici e sociali, ma esprime sempre un'organizzazione mediatrice tra i gruppi umani e l'ambien­te esterno. Questa concezione impone di distinguere tra "città" e "ur­banizzazione". La città può attorniarsi di quartieri periferici e divenire un'agglomerazione: l'unità è sempre mantenuta dal nucleo coordinatore. Invece una schiera di case operaie, o un quartiere di palazzi giustapposti, senza un nucleo coordinatore riman­gono dei semplici fatti di urbanizzazione.

Nuove forme urbane hanno preso corpo in alcuni paesi in rappor­to allo sviluppo economico e all'ideologia politica. Le città operaie sono annessi abitativi di una grossa industria, di una miniera, di una "zona industriale" pianificata. Le agrovilles vogliono essere delle città nella campagna: esse accolgo­no operai agricoli in unità residenziali che hanno la pretesa di offrire il comfort della città allo scopo di uniformare le condizioni di vita dei lavoratori. L'uso deI tempo libero ha dato luogo alla formazione di complessi edilizi di tipo urbano e a "stazioni" marine e mon­tane, che sono le città dell'industria turistica

Un'ultima distinzione è da fare tra "urbanizzazione" e "civilizzazione urbana". L'urbanizzazione è il processo di sviluppo delle città sia come numero che come dimensioni, e abbraccia tutto ciò che riguarda la dinamica territoriale di tale processo. La civilizzazione urbana deno­ta un complesso di modi di vita originari della città che penetrano nel mondo rurale, per cui la differenza tra città e campagna va sfumando. Ormai è più forte la contrapposizione tra classi di reddito che tra urbani e non-urbani.

Un approccio alla geografia urbana

Nell'intento di inventariare le diversità delle fisionomie urbane, i geografi si sono dedicati a individuare dei "tipi" di città e hanno stabi­lito delle classificazioni in base alla struttura morfologica e in base alle funzioni.

La gerarchia delle dimensioni delle città è uno dei principi fondamentali della differenziazione interurbana e il più importante rivelatore dell'organizzazione deI sistema urbano. La "teoria delle località centrali" di Christaller rappresenta il primo tentativo di spiegare, attraverso un modello, la distribuzione e la gerarchia delle località in rapporto all'entità della popolazione servita.

Un secondo principio di differenziazione delle situazioni urbane fa riferimento alla base economica. Questa esprime le diversità delle spe­cializzazioni funzionali delle città: traduce gli adattamenti spaziali dell'attività economica quali risultano dalla distribuzione geo­grafica dei fattori di produzione e dai rapporti che si stabiliscono tra la loro localizzazione e quella dell'attività svolta. La base economica è una delle espressioni significative delle interazioni economiche tra le città: essa contribuisce a definire la posizione di ogni città nel sistema urbano.

La strutturazione degli spazi intraurbani obbedisce a un certo numero di regole che si spiegano con la distanza dal centro, la rendita fondiaria, la segregazione sociale.

Il primo di questi principi, il "fattore socioeconomico", riguarda le segregazioni dovute alle disparità delle situazioni socioeconomiche. Il secondo evidenzia che la configurazione geografica delle aree residen­ziali è indissociabile dalla struttura per età della popolazione, cioè che ci sono zone abitate prevalentemente da giovani e zone abitate da anziani. Il terzo principio riguarda la componente che delinea le diffe­renze etniche della popolazione di una città e la corrispondente com­partimentazione residenziale. Infine bisogna far intervenire il processo storico di strutturazione della città per definire le configurazioni geografiche corrispondenti.

La geografia urbana comprende, oltre alla geografia della città, ­che analizza il sito e la posizione, la struttura e le funzioni, anche la geografia delle città, che studia le città nel territorio e le reti urbane: un settore che ha preso il nome di poleogeografia

Le innovazioni nel campo della geografia urbana sono quelle che riguardano i si­stemi di città. Integrando il tempo nel procedimento analitico, esse permettono di scrutare il funzionamento di questi siste­mi e di testare le ipotesi per esplicarne il fondamento.

Le generazioni di città

È molto difficile spiegare perché è sorta una città. Il problema è stato affrontato distinguendo tra città spontanee e città fondate

Le città appartengono a generazioni diverse sia per le origini che per i tipi di sviluppo. Le cause che le hanno fatte nascere si possono ricondurre a tre categorie: motivi economici, funzioni politico-religiose, necessità difensive. Ogni città si trova marchiata in qualche misura dalla scelta iniziale.

I motivi economici sono i più frequenti. L'apparizio 131c28b ne della città coincide con l'avanzamento della divisione del lavoro: si diversificano progressiva­mente le specializzazioni artigianali e commerciali ed entrano in gioco i trasporti a distanza e l'uso della moneta per gli scambi. L'accumulo di popolazione induce a impiantare i servizi neces­sari alla vita collettiva, e così nascono e si sviluppano le città "figlie deI commercio". È questa la generazione delle città millenarie deI Medio Oriente e deI Mediterraneo, dell'India e della Cina.

Se in particolari aree comparve il fenomeno urbano, fu anche perché era favorito dalla reli­gione. Per la maggior parte le città più antiche vennero edificate in primo luogo per la divinità e per il re che ne era il rappresentante. Molte delle città antiche erano centri di un potere teocratico in quanto governate da sovrani che apparivano investiti di un'autorità divina. Come centri religiosi, la loro importanza era rinforzata dalle pressioni della classe sacerdotale e, come centri economici, esse erano i principali mercati: erano i pilastri dell'economia e della società, i punti foca­Ii deI potere e dell'autorità, i centri animatori dell'innovazione.

Dalla Mesopotamia l'idea di città si diffuse in diverse direzioni investendo l'isola mediterranea di Creta, dove Cnosso fu la pietra angolare deI sistema di città della civiltà minoica. L'urbanizzazione dell'antica Grecia inaugura un nuovo periodo dell'evoluzione della città. Tra il VII e il VI secolo a.c. in Grecia si formava un sistema urbano di oltre 500 città.

Quando i Romani subentrarono ai Greci, il loro dominio incorpora non soltanto il litorale mediterraneo, ma anche una larga parte nell'in­terno dell'Europa e deI Nordafrica. Il sistema urbano dell'Impero Romano fu il più grande mai sviluppato sulla Terra.

C'era già una tradizione urbana nella Penisola Italiana prima che Roma emergesse. Gli Etruschi avevano costruito città attorno ai templi collocati in siti eminenti. Queste città servivano come nodi per una civiltà agricola e commer­ciale fiorente.

Le città greche e le città romane furono grandi modelli di civiltà urbana grazie all'interpenetrazione delle terre e dei mari e all'impor­tanza degli scambi commerciali nel bacino del Mediterraneo.

La seconda generazione comprende le città che sono state investite dal processo di rapido sviluppo susci­tato dalla rivoluzione industriale: al forte accrescimento della popola­zione si è accompagnata una profonda trasformazione dell'organismo urbano.

A questa seconda generazione appartengono molte città dell'Euro­pa occidentale; esse hanno conosciuto nel corso della storia fortune diverse, ma quasi tutte hanno esplicato per secoli importanti funzioni. Molte città d'origine medievale manifestano l'importanza della religione con la chiesa madre affacciata sulla piazza centrale.

Le fonti storiche permettono di distinguere le città che erano già nel passato dei grandi agglomerati in forza delle loro funzioni politiche e commerciali, da quelle che furono destate dal processo di industrializza­zione. Sia le une che le altre hanno assunto un prodigioso sviluppo a partire dalla seconda metà deI secolo scorso. Le città hanno dovuto adattarsi alla crescita esplo­siva delle fabbriche, all'espansione deI sistema dei trasporti e alla co­struzione di casamenti per la manodopera.

La terza generazione è quella delle città figlie della rivoluzione indu­striale, sorte in funzione della nascita e dello sviluppo di industrie. Le città generate dalla prima rivoluzione industriale erano legate alle miniere di carbone e all'abbondanza d'acqua.

Alla terza generazione sono da ascrivere anche le città dei "paesi nuovi", cioè paesi di recente valorizzazione, che non hanno conosciuto un urbanesimo preindustriale. Queste città sono moderne fin dalla nascita e si assomigliano tutte, in quanto edificate secondo gli stessi canoni.

La generazione delle città dei "paesi in via di sviluppo" può talvol­ta risalire i secoli o i millenni; ma più spesso si tratta di città coloniali la cui nascita fu determinata dall'espansione dell'economia europea nel quadro dell'orga­nizzazione dei mercati mondiali. Uno Stato per mantenere e valorizzare i territori conquistati vi impianta accantonamenti di truppe e vi organizza dei centri amministrativi e commer­ciali. Le moderne potenze coloniali fondarono e valorizzarono soprattutto dei centri nodali, da cui potevano esercitare il loro controllo politico ed economico.

Una generazione particolare è quella delle città principesche e delle capitali create. La città principesca ha un carattere di grandiosità poiché esprime un desiderio di prestigio. Fa parte di una scelta politica la decisione di edificare una nuova capitale.

È frutto di una programmazione socio-politica la formula delle new towns, intesa a creare nuove città in cui la vita risulti più facile e più felice, fuori dalla congestione della metropoli.

Le funzioni che presiedettero alla nascita di una città evolvono nel tempo e possono andare incontro ad alterne fortune o al declino. Le città possono anche scomparire deI tutto in seguito a cataclismi naturali, a distruzioni belliche, a rovesci economici e politici. La crescita di una città può anche bloccarsi per l'espansione di una metropoli troppo vicina.

Il sito e la posizione geografica

Per sito s'intende la collocazione topografica della città, l'ambito ristretto e preciso in cui essa sorge; la posizione fa riferimento ad un contesto più ampio, in cui hanno peso soprattutto le co­municazioni e le condizioni geografiche in rapporto alle attività e alle funzioni urbane. Il sito e la posizione appaiono collega­ti alle funzioni che la città è chiamata a svolgere: il sito è più connes­so all'insorgenza delle città, la posizione è più un fattore permanente relativo allo sviluppo.

La scelta deI sito sembra oscillare tra due condizioni fondamentali: le possibilità difensive e la facilità di contatti con l'esterno; spesso è la fun­zione a comandare il sito. Se poi la funzione cambia, il sito primitivo può risultare inadatto con la conseguenza di un progressivo abbandono.

Il sito difensivo è il più caratteristico tra quelli preferiti nei secoli passati a causa della generale insicurezza. In epoca classica le città principali si organizzavano ai piedi di un colle, che veniva munito perché servisse come rifugio in casa di pericolo: acropolis greca o arx romana.

La difesa più immediata e spontanea è offerta dal sito d'altura di difficile accesso: può trattarsi di un poggio isolato o di uno sviluppo su dorsali, o di uno sprone tra due valli confluenti. Nelle zone interne sono stati i moderni assi di traffico lungo il fon­dovalle ad attirare in basso la popolazione dei vecchi borghi medievali.

Dopo il rilievo, il secondo elemento utile alla difesa è l'acqua. La città insulare risulta protetta da tutti i lati. Per le città su penisole e promontori, la difesa è completata mediante l'ere­zione di mura e il taglio di un canale lungo il lato di contatto con la terraferma. Oltre alle isole e penisole lagunari, si possono citare le isole costiere, ma sono ancora più numerose le città sorte su isole fluviali. Entro un'ansa fluviale, la città risulta protetta da più lati; ben protetto è pure il cuneo formato tra due fiumi confluenti.

Anche le città sorte su isole facili da difendere, prossime alla costa, hanno dato luogo allo sviluppo di nuovi insediamenti sulla sponda vicina. Talvolta la geminazione si forma al di là di uno stretto braccio di mare, o più spesso sull'opposta sponda di un fiume.

Mentre il sito è un dato topografico locale, la posizione è un dato geografico a vasto raggio: è la localizzazione della città in rapporto al suo intorno. Il valore della posizione, come quello deI sito, può mutare nel tem­po con l'evolversi dei cicli storici e delle strutture economiche.

Per quanto riguarda la posizione, la circolazione è un elemento fondamentale per la vita di ogni città; le sue funzioni dipendono dalla facilità di spostamento sia nel caso di una prevalente attività commerciale, sia nel caso della sorveglianza militare e della direzione politica.

Una delle più frequenti, e anche delle più favorevoli allo sviluppo urbano, sarà la posizione di crocevia, cioè nel punto d'incrocio o di convergenza delle linee di traffico, dove risultano favorite sia la funzione commerciale che la preminenza politico-amministrativa.

Il crocevia può anche consistere nella posizione di contatto tra due regioni differenti e complementari, ad esempio montagna e pianura: la città è il luogo d'incontro e di scambio dei prodotti di queste due regioni. La fascia pedemontana è disseminata di città; più avvantaggiate sono quelle presso lo sbocco delle valli nella pianura, centri di sbocco vallivo

Quando i fiumi sono grandi, ma soprattutto navigabili, si genera una serie di città fluviali. I punti preferiti sono le conche nel tratto montano e soprattutto lo sbocco in pianura.

È vantaggiosa la posizione all'incrocio deI fiume con assi di circolazione, poiché favorisce lo sviluppo delle attività commer­ciali. Sono numerose le città di ponte in corrispondenza deI passaggio obbligato, sul quale convergono più vie da una parte e dall'altra deI fiume. Talvolta il transito è stato facilitato da un'isoletta entro l'alveo fluviale.

Quasi mai mancano città sulla foce, dato che possono usufruire nello stesso tempo dei vantaggi della posizione fluviale e della posizio­ne marittima. Quando la foce ha forma di estuario, sorge una città nell'ultimo tratto di fiume stretto, dove c'è l'ultimo ponte prima che inizi l'allargamento ad imbuto; posizione adatta alla funzio­ne di porto, dato che gli estuari sono navigabili per­ché il riflusso della marea Ii tiene sgombri dalle torbide. Anche le foci a delta contano qualche città alle radici o sulle ramificazioni, ma in genere non si prestano alla creazione di buoni porti, data la formazione di banchi di sabbia: talvolta si rende necessa­rio aggirare il delta con un canale navigabile.

La posizione marittima, pur generalmente favorevole, non sempre si presta allo sviluppo di porti. Le città marittime s'insediano più spes­so sui litorali articolati che non su quelli rettilinei e più spesso nelle insenature che non sulle sporgenze. Le insenature, che formano uno specchio d'acqua riparato dai venti, facilitano le attività portuali, e la città si distende ad anfiteatro. Al contrario, le sporgenze sono battute dal vento e dalle onde, ma hanno il vantaggio di essere facilmente difendibili dai tre lati bagnati dall'ac­qua: il quarto lato poteva essere difeso con una cortina di mura o una fossa che recideva la città dalla terraferma. Sui litorali rettilinei sono rare le città antiche: soltanto da pochi decenni vi sono cresciuti cospicui centri balneari, favoriti dal mare poco profondo e adatto ai bagni.

L'urbanizzazione delle fasce costiere appare come un feno­meno irreversibile; tuttavia negli ultimi decenni ha destato sorpresa l'accelera­zione della crescita urbana di parecchi poli interni di sviluppo econo­mico e politico, in particolare alcune capitali di paesi emergenti.

Anche per la posizione bisogna ripetere che qualsiasi valu­tazione non può essere immutabile e avulsa dal contesto storico-sociale.

Urbanesimo e concentrazioni urbane

Il processo di urbanizzazione ha assunto nel nostro secolo una straordinaria rapidità con l'allargamento delle periferie cit­tadine e la formazione di aggregati peri-urbani.

L'urbanesimo dei paesi industriali è fomentato dagli squilibri eco­nomici tra l'ambiente rurale e le città più progredite e più dinamiche. Lo sviluppo industriale ha richiamato manodopera offrendo nuovi posti di lavoro nelle fabbriche e nelle at­tività collaterali, commercio e servizi. Ma se all'origine dell'urbanesi­mo stanno ragioni economiche, in molti paesi la fuga dalle campagne è connessa ad una ricerca di promozio­ne sociale. Il basso tenore di vita e le condizioni di arretratezza deI ceto rurale hanno indotto i giovani a cercare un lavoro più garantito e più dignitoso in città: a ciò ha contribuito la meccanizzazio­ne, che ha ridotto i posti di lavoro nel settore agricolo.

Gravi conseguenze affiorano nelle regioni di partenza: l'esodo fa mancare all'agricoltura le braccia giovani più valide e molti campi sono degradati a terra incolta. Nelle zone d'arrivo nascono gravi problemi d'ordine economico e sociale, come quello degli alloggi e dell'assistenza, senza contare gli effetti della congestio­ne (squilibrio ecologico e inquinamento).

Alle vaste aree agricole sempre più vuote si contrappongono le ri­strette aree industriali sempre più congestionate. Queste non consistono solo di agglomerati urbani veri e propri, ma anche in zone che ospitano una fitta popolazione ormai staccata dall'agricoltura: a tali aree si dà il nome di aree urbanizzate

Più drammatico è l'urbanesimo dei paesi sottosviluppati, dove folle di contadini sradicati dai campi si abbarbicano a città incapaci di assorbirli, e si stipano nelle bidonvilles peri­feriche.

La popolazione urbana si ripartisce in città di dimensioni disparate: dalle cittadine, alle città di provincia, alle metropoli regionali. Benché l'im­portanza di una città non si possa desumere dal numero degli abitanti, questo fornisce comunque un valore indicativo, in base al quale si usa definire come grandi città quelle che hanno più di 100.000 abitanti, e come città milionarie quelle che superano il mi­lione.

Le grandi metropoli sono lo specchio del rapido processo di urba­nizzazione dell'umanità nel nostro secolo: attualmente sono circa 240 e concentrano 780 milioni di persone, pari al 14% dell'umanità.

Nella megalopoli atlantica che va da Washington a Boston, con 50 milioni di abitanti, si è realizzato il più significativo prodotto urbano dell'economia neoindustriale, la più vasta concentrazione di servizi di rango elevato. Il risultato dell'eco­nomia neoindustriale consiste in una poderosa espansione dei servizi; ma è anche il testimone dei drammi delle megalopoli: cappe di smog, improvvise paralisi della vita urbana, difficoltà nello smaltimento dei rifiuti, tensioni so­ciali e scontri violenti. La delinquenza e l'insicurezza crescono col cre­scere delle dimensioni urbane.

La pessima qualità dell'aria è caratteristica di quelle megalopoli che hanno avuto una recente esplosione demografica. Gli inquinan­ti dell'aria sono il biossido di zolfo, l'ossido di carbo­nio, gli ossidi di azoto, i composti volatili deI piombo, le polveri sospe­se. La causa principale sta nelle emissioni degli autoveicoli.

L'urbanesimo moderno, iniziato in Europa con la rivoluzione indu­striale, è passato nel Nuovo Mondo al seguito della "civilizzazione eu­ropea" e poi si è propagato negli altri continenti, intasando di gente le città a discapito delle campagne. All'inizio deI nostro secolo la popola­zione delle città rappresentava il 14% della popolazione mondiale; in mezzo seco­lo l'indice di urbanità saliva al 28%. La percentuale tra il 1950 ed oggi è cresciuta dal 28 al 45 per cento e probabilmente raggiungerà il 50% a fine secolo. La popolazione urbana aumenta assai più velocemente della popolazione rurale; negli ultimi decenni il ritmo si è diffe­renziato denunciando un certo rallentamento nei paesi industriali e un'esplosione nei paesi deI Terza Mondo.

In Occidente crescono ancora le città interme­die, mentre le metropoli si sono fermate. Il fenomeno si può spiegare in termini di qualità della vita: il miglioramento dei trasporti e la diffusione di servizi in tutto il territorio hanno ridimen­sionato i vantaggi di abitare nella grande città, della quale vengono tollerati sempre mena gli svantaggi, quali gli alti costi e la congestio­ne.

Se nei paesi meno sviluppati le metropoli continuano a gonfiarsi, ciò è dovuto all'alta natalità, ma anche al fatto che la gente vi trova una speranza di lavoro e un miraggio di vita preferibile alla campagna.

Su di un piano sistematico si possono individuare quattro tipi di concentrazioni urbane. Il tipo europeo è legato alla rivoluzione industriale e allo sviluppo dei commerci interna­zionali. Il secondo è il tipo dei paesi nuovi (a popolamento europeo). Que­sti paesi hanno conosciuto una crescita urbana repentina: i tassi di popolazione urbana rimangono alti perché l'agricoltura estensiva su gran­di aree, riuscendo a produrre molto con una manodopera esigua, atti­ra poca gente e dà eccedenze alimentari per una consistente popola­zione cittadina. Il tipo sovietico presenta tassi abbastanza elevati di popolazione urbana ma sempre controllati, in armonia con la pianificazione dello sviluppo economico. Il tipo dei paesi sottosviluppati registra una situazione in cui la popolazione delle città arriva appena a un quarto di quella totale, quando non si ferma a valori ancora più bassi. La crescita accelerata pro­duce distorsioni a favore di una città primate o di pochi centri nodali, che spiccano per le loro dimensioni demografiche su tutti gli altri centri.

Il ruolo centrale avuto dal fenome­no urbano nella storia della civiltà è oggi compromesso da uno svilup­po eccessivo e disordinato. Il gonfiamento dei sistemi metropolitani rischia di peggiorare la situazione dell'uma­nità perché l'urbanesimo incontrollato porta disoccupazione e sottoc­cupazione, delinquenza, emarginazione dei gruppi immigrati nelle bidonvilles, congestione, degradazione ambientale, inquinamento. L'urbanizzazione selvaggia crea tensioni tra gruppi e classi sociali all'interno della città, tra città e campagna, tra le nazioni.


struttura delle città

La pianta originaria

La pianta della città, cioè l'articolazione dell'edilizia, delle strade, delle piazze, dei giardini, può essere condizionata dalle asperità deI rilievo e dal contatto col mare o coi fiumi; ma esprime sempre un tipo di civilizzazione, sia che essa rispecchi un piano preordinato o un impianto anarchico. Particolari dettami religiosi hanno guidato alla pianta circolare o alla pianta quadrangolare. l Romani privi­legiarono la pianta a scacchiera, orientandola secondo il sor­gere deI sole, o adattandola al rilievo o alla riva deI fiume. In ogni tempo c'è stata una ricerca della planimetria ideale. Nel Medioevo il cerchio è sembrato l'immagine della perfezione.

Bisogna anche fare i conti con i condizionamenti della natura. Le città sorte su isolette o su sporgenze peninsulari risentono dell'an­damento dei contorni: con l'aumentare della popolazione il caseggiato trabocca sulla terraferma o sul retroterra. Lungo le coste il caseg­giato ha la tendenza a disporsi su più file parallele. L'influenza deI rilievo è meno imperativa di quella dell'acqua, ma non meno evidente. Le città erette in aree morfologicamente mosse presentano piante irregolari, perché hanno dovuto adattarsi al sub­strato naturale. L'espansione urbana ha provocato sban­camenti di colline, livellamenti, rimodellamenti delle coste.

Si possono distinguere tre piante fondamentali derivate da antichi canoni costruttivi, tre modelli che hanno ispirato le costruzioni di città, guidando gli urbanisti nello sviluppo e nel rinnovamento: la scacchiera, la pianta radiocentrica, la struttura lineare.

La città a pianta regolare presenta una disposizione geometrica del contorno e deI reticolo viario. La struttura regolare si presenta in due forme principali: quella a scacchiera e quella radiocentrica.

La pianta a scacchiera è stata diffusa dai Romani e ha conosciuto un grande favore per la sua semplicità e funzionalità. La scacchiera romana, come quella dei castra, è originata da due assi fondamentali che si incrocia­no perpendicolarmente: il cardo maximus e il decumanus. Il cardo dà l'orientamento all'insieme: quando va da nord a sud si dice "secundum coelum"; spesso viene tracciato in altre direzioni per adattare l'impianto urbano alla configurazione deI rilievo a al corso di un fiume, e in tal caso si parla di orientamento "secundum naturam".

Anche nel Medioevo, pur prevalendo la pianta radiocentrica, sono nate numerose città a scacchiera. In epoca moderna questa strut­tura è stata adottata nel disegno di città pianificate e nei nuovi quartieri di espansione urbana. È stata poi esportata nelle aree di colonizzazione, soprattutto nel Nuovo Mondo, forse perché le vie rettilinee sono adatte sia alla sorveglianza militare che alla circolazione.

Una struttura così regolare si presta alla lottizzazione e alla divisione della città in settori amministrativi e alla costruzione di case in blocchi regolari.

La pianta radiocentrica, con le strade divergenti a raggiera da un nucleo centrale, è il risultato di un'evoluzione urbana tipica dell'Eu­ropa medievale. Gli ultimi secoli deI Medio Evo sono contrassegnati dallo sviluppo della civilizzazione urbana, della "civiltà comunale": i comuni ottengono autonomia di fronte all'Impero e formano delle città-stato. Con il declino deI feudalesimo, il centro deI potere politico si sposta dai castelli alle città mentre si afferma una nuova organizzazione politica. La città comincia a svilupparsi intorno al cro­cevia che è la ragion d'essere deI suo mercato, o si afferma all'ombra di un castello posto al centro di una cerchia di mura difensive. L'ani­ma della città è costituita dalla chiesa madre che rappresenta il potere religioso, e dalle sedi deI potere civile. Spesso si tratta di una posizione fortificata, che ha lasciato traccia in molti toponimi. L'ingrandimento procede per stadi successivi: prima c'è l'avanzata dei sobborghi fuori delle mura, lungo le strade divergenti dalle porte; poi una nuova cerchia ingloba i sobborghi, mentre gli spazi li­beri interposti vengono coperti da nuovi edifici e riprende lo sviluppo dei quartieri fuori delle porte.

Ogni stadio è ricalcato dal coevo perimetro di mura: i tracciati delle mura abbattute hanno dato luogo agli anelli di circonvallazione. Si vengono a formare delle aureole edilizie concentriche con strade sub-circolari o poligonali intersecate dagli assi viari divergenti dal cen­tro.

La pianta lineare è caratteristica delle città sorte lungo un asse generatore, sul quale si innestano le vie trasversali. Questa configura­zione deriva dall'allinearsi degli edifici lungo un'arteria di traffico, un corso d'acqua, una dorsale o uno sprone roccioso. La città lineare, nella sua forma più semplice, corrisponde all'immagine deI vecchio borgo con le case af­facciate ai bordi della strada maestra: l'urbanistica moderna l'ha riva­lutata per la capacità di consentire comunicazioni scorrevoli e di far penetrare la struttura urbana nel contesto rurale.

Altri tipi planimetrici mena comuni riguardano certe città create ex novo come sede di principi o di governi, le città pianificate a strut­tura lassa, le città ad impianto anarchico.

Nelle città principesche e nelle capitali create la pianta è concepita per valorizzare particolari edifici o per esaltare la fun­zione preminente, perciò il disegno della rete viaria e le linee architet­toniche servono a conferire all'insieme un tono maestoso.

Una pianificazione particolare riguarda la città-fortezza, studiata dagli architetti militari per resi­stere meglio ai colpi di cannone e fruire di una maggiore ampiezza di tiro. Come più idonea allo scopo è stata adottata la pianta a stella: le protuberanze radiali non sono che aggetti in corrispondenza degli spigoli deI poligono perimetrale, ma spesso l'impianto è più elaborato.

La città pianificata a struttura lassa ha le case sparse nel verde in apparente disordine; ma non è una struttura urbana sviluppatasi senza alcuna regola, bensì una creazione degli urbanisti. Alcune sono state formate da una sola unità urbani­stica; al­tre sono costituite da diversi complessi edilizi disseminati nella verzura e collegati da una semplice trama di viabilità. Questo modello si rispec­chia anche nei più recenti quartieri residenziali delle città europee, dove la linea curva tende a soppiantare la pianificazione a scacchiera.

La pianta a struttura anarchica appare in balia dell'empiri­smo senza alcun canone ordinatore. Tali sono le città indigene di molti paesi sottosviluppati.

Una tappa particolare dell'urbanistica è la città ideale, che ha la sua culla nel Rinascimento pur vantando precursori nell'età classica. La città ideale è la città che non esiste, ma che si potrebbe costruire secondo criteri razionali, dotandola di tutti i vantaggi possibili. Vi si scorge l'aspirazione alla perfezione e la ten­denza alla razionalità funzionale, basata su un disegno geometrico: la città, opera dell'uomo, è l'esaltazione delle capacità dell'uomo e della ragione umana.

Nel corso dei secoli sono mutati i canoni architettonici dell'edificazione delle città e sono intervenute profonde modificazioni dell'esi­stente. Mentre nel Medioevo la città si organizzava in una piazza cen­trale che le strade a raggie­ra collegavano con le porte nelle mura, le concezioni urbanistiche deI Rinascimento rompono questo schema e recuperano ele­menti urbanistici dell'Antichità.

Nel periodo del classicismo sorgono città volute dal "principe" e quindi preordinate in funzione deI palazzo, ma si ampliano città vetuste con grandi piazze. Gli Spagnoli portano nel Nuovo Mondo i loro canoni urbanistici: stra­de a scacchiera delimitanti isolati di 84 metri di lato (cuadras) con al centro della città la Plaza Mayor fiancheggiata dalla cattedrale e dal palazzo deI governo. Negli Stati Uniti, verso la fine deI XVIII secolo, per la capitale Washington viene conce­pito un grandioso progetto urbanistico con larghissimi viali rettilinei fiancheggiati da alberi.

A metà del XIX secolo, in pieno liberalismo economico, il rapido sviluppo delle città e dei sobborghi industriali fece prendere coscienza della necessità di una regolamentazione sanitaria degli alloggi e delle fabbriche. Per reazione all'insalubrità dei quartieri operai, nella seconda metà del XIX secolo vengono realizzate le prime città-giardino. Contempo­raneamente nelle vecchie città dell'Europa continentale si demoliscono le cerchia di mura per realizzare delle cinture verdi e i viali di circon­vallazione. A fine secolo compaiono negli Stati Uniti i primi grattacieli. Sotto l'influsso deI cattolicesimo sociale e deI marxismo si fa strada in Europa una presa di coscienza deI diritto di ognuno ad un alloggio vivibile: nasce il movimento delle case ope­raie e di alloggi a basso prezzo attraverso l'intervento della pubblica amministrazione.

Dopo la prima guerra mondiale, le periferie delle grandi città indu­striali entrarono in una fase di sviluppo senza controllo. Per reazione a questa espan­sione disordinata, alcuni architetti, stesero la "Carta di Atene": essa proclamava che lo spazio urbano ha la quadruplice funzione di permettere al cittadino di abitare, di lavorare, di circolare, di ricrearsi.

Dopo la seconda guerra mondiale, oltre alla ricostruzione e all'edificazione di città nuove, si presentò il problema dell'adattamento deI centro storico al moderno sviluppo urbano: adattamento che ha voluto dire distruggere per riedificare e soltanto in un secondo tempo è sfociato nel moderno concetto di restauro conserva­rivo ("Carta di Venezia").

Quartiere, sobborgo, periferia. Le teorie dello sviluppo urbano

Le suddivisioni interne costituiscono un aspetto importante della città, la quale non è uniforme ed omogenea, ma varia­mente articolata sia sul piano morfologico che su quello funzionale.

L'elemento di base della vita urbana è il quartiere. Ogni quartiere ha una propria fisionomia legata alle linee architettoniche e alla sto­ria, alla funzione che svolge e alla gente che vi abita. Nel mondo asiatico troviamo la compartimentazione per gruppi etnici. Oggi nei paesi d'immigrazione le città sono spesso divise secondo la nazionalità d'origine degli abitanti, quando non si tratti di segrega­zione. Per gli abitanti, il quartiere costituisce la realtà più precisa e più viva.

Il quartiere è un settore all'interno della città; il sobborgo all'inizio ne sta fuori, imperniato su una via d'accesso o sull'opposta sponda di un corso d'acqua. Poi la città, crescendo, lo ingloba e inglo­ba anche i villaggi suburbani, che entrano a far parte di un'unica agglomerazione, mentre i toponimi sopravvivono come nomi di quartieri.

Tutt'intorno si distende la periferia, una cintura ex rurale stretta­mente legata alla vita della città e investita dall'espansione edi­lizia, che avanza mordendo la campagna. La peri feria di quasi tutte le grandi città ha ubbidito ad un ritmo alterno di sviluppo: in un primo momento si sono formati dei raggi d'espansione urbana lungo gli assi stradali divergenti dalle porte; in un secondo tempo si sono inserite comunicazioni trasversali, divenu­te fattori di urbanizzazione; poi i terreni agricoli intercalari sono stati investiti dall'espansione edilizia dando corpo a un tipo di sviluppo "a macchia d'olio".

l "raggi" costituiscono le punte avanzate della conquista urbana. La loro fisionomia si differenzia a seconda deI substrato in cui si in­scrivono. Quando aderiscono a direttrici stradali che collegano centri di piccola consistenza, formano dei tentacoli lunghi e sottili in cui le costruzioni moderne si alternano ai vecchi borghi. Se lungo l'as­se di sviluppo preesistevano già delle cittadine, queste vengono a costi­tuire degli ingrossamenti, nei quali i nuovi casamenti danno l'impronta dell'urbanizzazione moderna.

Le città non hanno quasi mai una pianta uniforme perché le diverse epoche di crescita han no lasciato ciascuna la propria impronta. La pianta della città è il riassun­to della sua storia: vi si può seguire la successione delle diverse tappe, l'alternarsi delle politiche che hanno pre­sieduto all'evoluzione, lo spirito di conservazione ambientale o di spe­culazione edilizia. Le vecchie città europee manifestano alcune fasi di sviluppo caratteristiche. Di solito si riconosce la successione di tre zone concentriche. All'interno sta il nucleo antico, il "centro storico", delimitato dal perimetro delle mura. Il nucleo storico è circondato da quartieri a impianto regolare, che si sono formati nel secolo scorso con un alternarsi di edifici pubblici e palazzi di abitazione. La terza cerchia, meno compatta, è formata da nuclei staccati e da raggi d'espansione, inframmezzati da aree agricole: una certa specializzazione differenzia i complessi industriali dalle zone residenziali.

La distribuzione delle attività economiche impongono allo spazio urbanizzato certe regole di organizzazione, a cominciare da quella se­condo la quale le attività terziarie tendono a localizzarsi nelle città se­guendo il principio della centralità.

L'articolazione delle città in zone funzionali (zoning) ha dato luogo a diverse teorie. La teoria delle zone concentriche formulata da Burgess distingue cinque zone principali: il distretto centrale degli af­fari (Central Business District), il cuore della città; una zona circostante (inner city) formata da case vecchie con uffici commerciali e piccole indu­strie manifatturiere; più oltre una cintura industriale con abitazioni per la classe operaia; poi una fascia di abitazioni per classi agiate nel­la zona residenziale periferica e infine un'area di residenze di lusso per i ceti più ricchi che sfuggono all'addensamento delle città e abita­no in ville spazieggiate con parchi e giardini.

Attraverso un procedimento analogo, Dickinson ha individuato nell'ambito delle città inglesi la successione di quattro zone concentri­che. La zona centrale, che è la più antica, è divenuta la zona degli affari (city) con banche e uffici ma poche abitazioni. La zona interme­dia, con edifici vecchi e poco igienici, è stata abbandonata dai ceti abbienti e si è venuta affollando di immigrati e di povera gente. La zona periferica, costruita dopo la prima guerra mondia­le, è formata da quartieri residenziali e da nuovi im­pianti industriali. La frangia esterna ha dimore rade di alto livello, sorte dopo l'ultima guerra mondiale.

Secondo la teoria dello sviluppo a settori, formulata da Hoyt, i canoni di affitto e il livello socio-economico degli abitanti variano da un settore urbano all'altro: l'evoluzione progressiva si attuerebbe in ogni settore per slittamento radiale dal centro alla periferia.

Gli americani Harris e Ullman hanno avanzato la teoria dei nuclei multipli, secondo la quale le città presentano zonizzazioni sia concentriche che a settori e hanno diversi centri o nu­clei secondari, che nel loro sviluppo interferiscono con l'espansione deI nucleo centrale.

L'espansione delle città moderne è avvenuta sotto la pressione della crescita demografica e la spinta della speculazione immobiliare.

Città multiple e geminazioni

Lo sviluppo urbano può portare alla formazione di un nuovo nucleo insediativo, specie se questo nasce con funzioni diverse da quelle che presiedettero alla nascita deI primo: si viene così ad avere una città multipla. A fian­co della "città vecchia" a struttura compatta e disordinata, i quartieri moderni a struttura regolare formano una "città nuova".

Si parla di sdoppiamento o geminazione quando accanto alla città si sviluppa un nuovo centro indipendente. Esempi di geminazioni sono le molte "marine" e i "lidi" , che hanno conosciuto un rapido sviluppo come centri balneari. Altri casi di sdoppiamento deri­vano dalla creazione di un annesso industriale accanto a una città. Vi sono geminazioni e città duplici per motivi di segregazione raz­ziale o religiosa.

Ogni città che abbia un passato e un certo dinami­smo manifesta sempre una struttura composita, in cui si giustappon­gono o si sovrappongono diverse influenze.



Agglomerazioni, conurbazioni, regioni urbane

La rapida espansione urbana dei nostri tempi ha profondamente trasformato l'aspetto e la natura della città. Lo sviluppo delle metropoli ha inglobato i sobbor­ghi, poi la dilatazione periferica ha investito villaggi e città in un rag­gio sempre più vasto. Si sono formate estese agglomerazio­ni imperniate sulla città-guida, centro animatore di tutta la vita econo­mica e sociale.

L'agglomerazione è un insieme continuo sul piano topografico e unitario sul piano economico, anche se può trovarsi diviso in una se­rie di entità amministrative. La città-centro è il cuore e la forza trainante di tutto l'insieme: in essa si concentra­no i poteri decisionali e le funzioni di rango più elevato, in rapporto ad essa si orga1izza la rete convergente di comunicazioni. I quar­tieri dei centro animatore possono avere caratteri diversi sia sul piano morfologico che sul piano delle attività economiche e dei livelli sociali. La diversità più evidente è quella tra i settori d'espansione moderna, abba­stanza ordinati, e i settori di coalescenza di vecchi nuclei originaria­mente separati, a struttura irregolare. Notevoli contrasti pre­senta la compartimentazione sociale.

La conurbazione rappresenta un tipo particolare di agglomerazio­ne: si usa il nome di conurbazione nel casa in cui due o più città vicine, indipendenti tra loro anche se una può avere qualche preminenza, si dilatano fino a saldarsi topo­graficamente.

Le città, specie se animate da in­dustrie e da commerci, si allargano e si moltiplicano e arriva­no a coprire quasi interamente una regione: si parla allora di regione urbana. Il casa più nota di conurbazione cresciuta fino a costituire una regione urbana è quello di Megalopolis, nome dato da Gottmann alla megalopoli formata dalle decine di città che si susseguono senza interruzione da Boston a Washington.

La prospettiva è un crescente squilibrio tra aree impoverite e desertificate e aree urbane congestionate in misura insopportabile. La situazione si fa drammatica nei paesi in via di sviluppo, dove l'urbane­simo incontrollato ha fatto prolificare sterminate periferie di bidonvilles. La "conferenza di Roma" ha formulato al proposito una dichiarazione finale di grande portata: si indica come rimedio la pianifi­cazione dello sviluppo, inteso nei suoi aspetti sociali, eco­nomici, politici. Fanno spicco alcune raccomandazioni su problemi vitali:

la necessità di una più equa distribuzione delle risorse tra paesi ric­chi e paesi poveri;

una politica tesa ad equilibrare la distribuzione degli abitanti, onde attenuare, all'interno di ogni paese, le disparità tra aree di congestione e aree di abbandono;

la necessità di promuovere la dotazione di servizi e lo sviluppo economico delle zone rurali per li­mitare l'esodo verso le città;

sostanziali modifiche dell'orientamento giuridico in modo da controllare il regime fondiario e i prezzi dei suoli per rendere possibile una pianificazione territoriale e l'attuazione dei piani urbanistici;

assicurare il diritto di una procreazione responsabile, e perciò garantire un'informazione adegua­ta e i mezzi per agire di conseguenza.

In numerosi paesi industriali, le periferie urbane non si popo­lano più tanto di immigrati giunti dall'esterno, quanto di gente uscita dai quartieri centrali delle vecchie città. L'immediata periferia non è sufficiente a decongestionare le metropoli, ma presenta sintomi di sovraffollamento. Le città circostanti sono divenute dei semplici centri-dormitori: gli abitanti vanno a lavorare ogni giorno nella città centrale. Ad un livello più avanzato si pongono le città-satel­liti, che offrono un certo numero di posti di lavoro, ma sono un po' scarse di servizi per i quali è necessario il ricorso alla metropoli. Oltre alle trasformazioni di cittadine preesistenti, la nostra epoca è caratterizzata da un più razionale tipo di decentra­mento pianificato: si tratta di nuclei organici autosufficienti, costruiti a qualche decina di chilometri dal centro, ai quali si dà il nome di "città nuove".

Il consumo di spazio è un grave problema dell'attuale processo di urbanizzazione, che porta gravi conseguenze: l'occupazione di terreni agricoli in un mondo che conosce gravi insufficienze alimentari; la dilatazione dei quartieri urbani con un aggravio di spese per le infrastrutture e per i trasporti; i fenomeni di squilibrio ecologico; i costi crescenti dell'asset­to deI territorio; la disgregazione della funzione di centralità. In diversi paesi è stata adottata la pianificazio­ne dello sviluppo per scongiurare una crescita anarchica e la conge­stione delle città.


funzioni delle città

Le funzioni urbane

La città è un organismo e come tale esercita funzioni sue proprie. Ogni città risponde ad una serie di esigenze che ne giustificano la nasci­ta e le successive sorti.

La città è la sede di un gruppo sociale articolato, è il crocevia in cui diverse componenti si fondono, è la mediatrice tra la collet­tività che in essa vive e l'ambiente esterno, sul quale proietta le sue elaborazioni tecniche e culturali. Il tentativo di inquadrare le funzioni urbane non in raggruppamenti eterogenei facilmente conte­stabili, ma secondo la loro incidenza sullo sviluppo della città e deI suo intorno, porterebbe ad individuare tre grandi categorie: le funzio­ni economiche, le funzioni sociali, le funzioni d'irradiamento.

Le funzioni economiche sono dirette all'accrescimento dei beni di­sponibili, che possono essere utilizzati sul posto o altrove. Esse contribuiscono non soltanto alla crescita della città in cui si svolgono, ma esercitano anche un'azione verso l'esterno e si integrano con lo sviluppo regionale e nazionale. Possono manifestarsi con flussi di merci e di persone, ma la loro essenza è di produrre plusvalore e ac­cumulare una certa massa monetaria: è questo il risultato dell'indu­stria, deI commercio, deI turismo, degli investimenti finanziari.

L'industria è uno dei massimi fattori dello sviluppo urbano moderno. Nel caso più semplice essa lavora i prodotti locali, dando luogo ad un reclutamento di manodopera e a una redistribuzione deI reddito sotto forma di salario. La città appare allora come il crogiolo in cui le materie prime sono trasformate in prodotti finiti e il lavoro umano è tradotto in denaro: è il processo deI "valore aggiunto". Nella maggior parte dei paesi sviluppati le materie prime provengono da lontano e i manufatti sono esportati; localmente l'addensamento di manodopera porta alla moltiplicazione dei salari e delle possi­bilità di spesa. L'importanza della cor­relazione tra sviluppo urbano e sviluppo industriale è emersa da tutti i processi d'industrializzazione. L'industria è capace di far na­scere molte città dal nulla. L'industria ha poi ridestato vecchie città avviandole a nuovi sviluppi.

Il commercio costituisce una funzione urbana fondamentale: il suo ruolo è stato particolarmente significativo nella vita di tante città deI passato. L'elemento essenziale è l'accumulazione monetaria ottenuta con gli scambi: la città è un centro di conferimento e di consumo dei prodotti regionali e di redistribuzione dei manufatti locali o importati. Lo scopo deI commercio è di creare dei benefici, di accre­scere il potere economico della città attraverso lo sviluppo di organismi specifici.

La funzione turistica è imparentata sia all'industria che al commer­cio. La materia prima è l'attrazione turistica; lo sfruttamento avviene talvolta attraverso un processo inter­medio di trasformazione, talvolta attraverso la sola commercializzazione. Il turismo attrae cliente­la e produce posti di lavoro: ha un duplice ruolo nei confronti dell'economia locale, ma rappresenta anche un'entrata valutaria in divise estere che risulta di grande rilievo a livello nazionale per il rie­quilibrio della bilancia dei pagamenti.

La funzione finanziaria non ha come scopo immediato lo sfrutta­mento e la valorizzazione dei beni materiali, ma raccoglie e moltiplica le risorse reinserendole nel processo produttivo. La città è la sede de­gli organi centrali di banche e di istituti finanziari, in cui si ammassa la ricchezza regionale e da cui promanano gli investimenti o i prestiti che alimentano la marcia della produzione.

L'insieme delle attività economiche appare inscindibile: non v'è industria senza commercio, né commercio senza finanza. La concentrazione delle funzioni genera l'accentra­mento delle persone. Così la città vede svilupparsi la funzione residen­ziale, di cui è da sottolineare la bivalenza economica: da un lato essa fomenta l'attività edilizia per fornire alloggi e servizi alla popolazione; dall'altro l'accrescimento della forza-Iavoro crea un aumento della massa di sa­lari spendibili e quindi un allargamento deI mercato.

Le funzioni sociali sono esercitate insieme a quelle economiche da tutte le città: esse abbracciano la pub­blica amministrazione, le scuole, le strutture sanitarie. Una città può avere scuole di livello elevato cui confluiscono studenti da fuori, può essere dotata di ospedali con attrezzature e re­parti specializzati a beneficio di un consorzio intercomunale. Le fun­zioni sociali creano dei posti di lavoro e si accompagnano ad una se­rie di attività economiche indotte.

La terza categoria è quella delle funzioni d'irradiamento che riguardano la diffusione dei modi di vita, dei tipi di civilizzazione, delle ac­quisizioni formatesi nel crogiolo urbano e destinate sia alle popolazio­ni cittadine che a quelle esterne. La città esercita un certo potere di formazione, di informazione, di trasformazione: essa è ser­vita da mezzi di trasporto urbano e da collegamenti esterni che garan­tiscono le condizioni di accessibilità e d'irradiamento. Bisogna considerare anche i mezzi con cui la città diffonde le elaborazioni culturali: la città offre spetta­coli, libri, giornali, associazioni. Essa dispone del potere di influ­ire sulla vita di tutta la regione.

Classificazione delle città in base alle funzioni

La città è un organismo, i quartieri in cui si ripartisce ne riflettono le diverse funzioni; se qualcuna di queste prevale sulle altre, impone la sua influenza e conferisce la sua impronta a tutta la città.

In antico presiedeva alla vita urbana la funzione religiosa, unita a quella ammini­strativa e a quella commerciale. Nell'epoca classica la città era il centro organizzatore di un territo­rio da essa retto ed amministrato. Nel medioevo il rapporto si invertiva e la posizione dominante veniva assunta dalla campagna attraverso il po­tere dei feudatari, mentre la vita cittadina si raccoglieva all'interno delle mura. Dopo il Mille, nelle città in ripresa trovava la sua sede specifica il sistema corporativo, basato sulle specializzazioni dell'arti­gianato. Alle fortune degli artigiani e delle corporazioni d'arte teneva dietro la nascita di una borghesia mercantile; intanto si faceva più netta la differenziazione dei quartieri urbani e si delineava la compar­timentazione delle attività per contrade.

Nell'età moderna il dominio della città sul territorio si afferma con la dissoluzione del potere feudale. La formazione delle signorie e degli Stati nazionali e l'allargamento dei mercati alle dimensioni planetarie fanno traboccare lo sviluppo urbano fuori delle vecchie mura difensive.

La corsa all'urbanesimo dell'epoca contemporanea si sviluppa at­traverso il modo di produzione dell'industria. La rivoluzione industria­le fa nascere miriadi di città e altre ne trasforma radicalmente, impo­nendo nuovi paradigmi urbanistici: rimangono da una parte le vecchie città regionali, centri ricchi di storia nel mezzo di un proprio territorio subordinato; emer­gono le città figlie della rivoluzione industriale, sorte in funzione dello sfruttamento minerario e delle attività manifatturiere, raggruppate nelle zone industriali. Le basi materiali dell'urbanizzazione sono la mi­niera, la fabbrica e la ferrovia.

Per una classificazione, si devono tener conto le attività urbane rivolte verso l'esterno; su questo principio si fonda la teoria delle attività di base. Tutte le attività sono distinte in una classe basilare di relazioni funzionali con l'esterno e in una classe non basilare, connessa alla vita interna della città. I beni e le prestazioni fruibili della popolazione esterna alla città corrispondono alle funzioni basilari, che costituiscono la base economica urbana. Quanto più consistente è la mole di beni e servizi che la città invia all'esterno, tanto più elevato è il livello funzionale della città. I beni e le prestazioni all'interno della città per soddisfare i bisogni della popolazione rappresentano le funzioni banali (non basilari).

II rapporto tra il settore di base (che produce per l'esportazione e genera un afflusso di denaro) e il settore non di base (che comprende i servizi) fornisce l'immagine della base economica di una città.

Metodi più generali consi­stono nel dedurre a priori dalla popolazione attiva una percentuale pari alla frazione degli occupati in attività "interne" (da non prendere in considerazione). Data la popolazione attiva delle diverse città da classificare, si calcola la percentuale di addetti alle singole classi di attività e per ciascuna di queste classi si ritiene che la percentuale più bassa (tra tutte le città conside­rate) rappresenti il minimo necessario per la vita cittadina; la differen­za in più rispetto a questo minimo sarà considerata come attività rivolta verso l'esterno, consacrata all'esercizio delle funzioni basila­ri o attività di base.

L'indice delle "attività di base" viene impiegato per misurare di quanta una città si distacca dai minimi, così da fornire un "indice di diversità": più l'indice è elevato e più la città è specializzata. Confrontando le attività extra-urbane di diverse città è possibile determinare per ognuna la funzione dominante.

Più delle tradizionali funzioni terziarie oggi è il quaternario a esprimere il livello funzionale delle città. L'offerta "ter­ziaria" di merci e servizi da parte delle città è tesa a soddisfare la do­manda dell'utenza e quindi è una funzione "passiva". Le funzio­ni "quaternarie" di gestione e di comando sono generatrici di organiz­zazione territoriale e sono "attive". Le prime" concentrandosi nelle città, le fanno diventare la meta di flussi di utenti e fruitori di servizi e quindi la loro localizzazione nelle città dipende dalla "do­manda" da parte delle aree circostanti. Le attività quater­narie sono fattori di organizzazione territoriale in quanto animano i processi evolutivi indipendentemente dall'esistenza di una "domanda".

Il prevalere delle funzioni "attive" quaternarie su quelle "passive" terziarie è il criterio funzionale per distinguere il concetto di "metro­poli" da quello di "città". A siffatta distinzione corrisponde la distinzione tra centralità metropolitana, o "funzionalità generatrice", e centralità urbana, "di servizio". La metropoli esercita la supremazia su altre città e sull'intero territorio in quanto costituisce la fonte della organizzazione territoriale.

Città caratterizzate da una funzione dominante

Le classificazioni descrittive-esplicative offrono un'immagine concreta della città nei suoi ca­ratteri salienti. L'occupazione prevalente può conferire ad una città certi attributi caratterizzanti, specie se le dimensioni urbane non sono molto grandi.

La funzione commerciale è all'origine di moltissime città. Il centro di mercato è un aggregato divenuto più urbano che rurale in forza degli scambi tra i prodotti agricoli e i prodotti dell'artigianato (e dell'industria). Spesso il mercato s'innesta su una fiera periodica, innalzata poco per volta ad attività stabile con la creazione di botteghe, alberghi, banche; e può essere poi rafforzato dalle funzioni amministrative. Questi mercati locali si distinguono daI villaggio rurale per il consistente numero di negozi.

Una città commerciale è non soltanto un luogo di scambi e di servizi, ma un centro animatore di traffici a vasto raggio attraverso specifici organismi di direzione commerciale e bancaria. Il ruolo commerciale appare esaltato nelle metropoli regionali, che rac­colgono ed esportano i prodotti di tutta una regione e vi irraggiano le merci provenienti da paesi lontani. Raramente le città commerciali non sono dotate di altre funzioni: la presenza di merci importate e la disponibilità di ca­pitali innestano lo sviluppo industriale e la crescita della popolazione.

l grandi poli commerciali hanno un ruolo internazionale. l grandi por­ti marittimi trafficano con tutti i continenti attraverso una rete sviluppata di linee maritti­me solidali con le vie deI retroterra.

Le città militari possono essere basi fortificate di frontiera, oppure località scelte per la concentrazione di soldati e armamenti, o porti militari con i relativi arsenali: obbediscono a preoc­cupazioni strategiche, senza alcun rapporto con le condizioni economi­che locali. La necessità di difesa deI territorio ha sempre sortito la cre­azione di piazzeforti; talvolta un'intera città fu creata esclusivamente per la difesa. Cessata la vita "artificiale" dovuta alla presenza della guarni­gione, certe città sono decadute. Alcune città cre­sciute ai piedi di castelli e fortezze, o al riparo dei bastioni, hanno po­tuto sopravvivere al cessare delle funzioni militari in quanto le vie d'in­vasione erano anche vie commerciali. Il passato offre innumerevoli esem­pi nei quali la funzione difensiva si riflette sulla struttura deI caseggiato, se­condo un paradigma urbanistico che si può far risalire alle cittadelle rinascimentali.

Vi sono città destinate a funzioni politiche e ammi­nistrative: create per il potere che rappresentano, per il coordinamento di un nuovo territorio, per la volontà di un sovrano o di un parlamen­to, hanno una struttura pianificata. Alle geometriche città principesche deI passato, erette per la residenza di un sovrano, hanno fatto seguito le "capitali create", dovute alle decisioni di governi preoccupati di avere una sede funzionale, al di fuori delle agglomerazioni urbane già esistenti, per non favorirne una a discapito delle altre.

Sotto il comun denominatore della funzione culturale si possono comprendere le città religiose e le città di pellegrinaggio, cresciute all'ombra di un santuario meta di pellegrini: queste città hanno dato luogo a sfruttamenti commerciali d'ogni sorta. La vita delle città universitarie è imperniata sulle attività connesse all'istruzione superiore e ha riflessi nei numerosi istituti e negli alloggi per professori e studenti.

Le funzioni ricettive sono specifiche dei centri turistici e delle sta­zioni di cura. Il turismo interessa in primo luogo i centri balneari, che nei nostri climi sono frequentati quasi esclusivamente in estate mentre ai tropici hanno un'attività continuativa; i centri montani fruiscono di una doppia stagione; su di un arco di tempo esteso a tutto l'anno si distribuisce l'afflusso nei centri d'arte e nelle stazioni climatiche. Le stazioni di cura comprendono le molte "città d'acqua" e i centri termali. Specifiche creazioni tecniche sono le città-sanatorio, localizzate in ambienti salubri distanti dalle agglomerazioni urbane. La funzione ricettiva balza evidente dalla struttura edilizia caratteristica di alberghi, pensioni, luoghi di ritrovo e di svago.

Il sito e la nascita delle città minerarie dipendono dallo sfruttamen­to delle risorse deI sottosuolo: vi sono città deI ferro, città del rame, deI petrolio, dell'oro e dei diamanti. l giacimenti di minerali metallici non ferrosi fanno nascere città che vivono quasi esclusivamente di quella sola risorsa e raggiungono dimensioni mediocri; esauriti i filoni, talvolta queste cit­tà decadono o scompaiono. Le miniere di carbone e di ferro, che alimentano un'industria siderurgica collegata alle successive lavorazioni meccani­che, danno vita grandi città, le quali crescono tanto da formare estese agglomerazioni o regioni urbanizzate. Il carbone e il ferro animano una tale massa di industrie trasformatrici che, anche quando le miniere sono esaurite, le città continuano la loro vita industriale, importando le materie prime da fuori.

Molteplicità di funzioni e varietà di quartieri

Se l'ipotesi di una funzione capace di permeare di sé l'intero tessu­to urbano trova riscontro in città piccole, è invece raro che le grandi città non abbiano funzioni molteplici o qualche funzione ausiliaria accanto a quella dominante. Le nuove funzioni si possono svi­luppare a tal punto da sopravanzare quelle originarie.

Col crescere dell'aggregato urbano le funzioni si moltiplicano e si differenziano. Il caso più comune è la coesistenza di industria e com­mercio, che si stimolano a vicenda. Le due attività assorbono molta manodopera e quindi stimolano l'afflusso di popolazione e lo sviluppo dell' edilizia abitativa, dei servizi sociali, degli istituti finalizzati alla preparazione dei quadri dirigenti e delle maestranze.

Per questa via si genera una specializzazione funzionale dei settori della città, che costituiscono i quartieri geografici: alla fun­zione corrisponde una specifica configurazione morfologica e una cer­ta immagine sul piano sociale. Le differenze risultano più nette nelle edificazioni urbane recenti, dove è interve­nuta la politica di "piano" per determinare le aree da adibire a particolari funzioni.

Nelle città si formano nuclei capaci di irraggiare la loro influenza sulla localizzazione di attivi!à integrative o subalterne, attratte nella loro area gravitazionale. Da questo coagularsi di forme e funzioni specifiche risulta l'indivi­duazione delle diverse unità geografiche.

Lo studio dei quartieri si basa su elementi morfologici e funzionali e su problemi economico-sociali. l negozi e i servizi indispensabili alla vita quotidiana sono distribuiti in modo ubiquitario; i negozi di prodotti rari, gli uffici amministrativi, le sedi delle banche e deI grande commercio si trovano nel cuore della città, secondo un modello di Central Business District. Valori elevati deI suolo, edifici altissimi, traffico diurno intensissimo, incroci di trasporti pubblici caratterizzano il CBD.

I quartieri non sono collocati casualmente. L'industria metalmec­canica ricerca la vicinanza della ferrovia con la quale gli stabilimenti hanno propri raccordi in ragione deI trasporto di merci pesanti. Nelle città marittime la funzione commerciale fa perno intorno al porto, attrezzato per immagazzinare le merci in arrivo. Nelle città commerciali, oltre al quartiere deI mercato, c'è un quartiere di industrie per­ché una parte delle merci importate viene lavorata sul posto. Sopravvivo­no all'interno delle città piccoli opifici e laboratori d'artigia­nato; le grosse fabbriche sono decen­trate in specifici quartieri periferici.

II cuore delle città coincide con il quartiere amministrativo e com­merciale, in cui si addensano gli uffici e le banche.

La funzione residenziale si inscrive nel quadro urbano con valori diversi: intorno al centro amministrativo-commerciale stanno i quartieri nobiliari e borghesi; alla periferia i quartieri deI tipo città-giardino, abitati dal ceto medio, si distinguono dalle schiere di casa­menti dei quartieri popolari.

Nel mondo ad economia di mercato la contrapposizione tra alloggi signorili e al­loggi scadenti corrisponde a una contrapposizione di classi socio-eco­nomiche, con l'aggiunta che la penuria di alloggi colpisce prevalentemente le classi subalterne, costrette ad insediarsi in quartie­ri sovraffollati e in case degradate.

Nei paesi comunisti le differenze dei livelli abitativi sono sempre apparse sfumate, con qualche eccezione per i quadri dirigenti deI par­tito e della pubblica amministrazione. Nelle città dei paesi sotto­sviluppati la crescita urbana eccedente il livello delle possibilità econo­miche implica infrastrutture non giustificate da una corrispondente attività produttiva.

La classificazione funzionale dei quartieri è resa delicata dalla molteplicità e dall'imbricazione degli spazi interessati da funzioni so­vrapposte. Lo studio morfologico considera i materiali edilizi e l'aspetto degli edifici, la disposizione delle vie e delle piazze, la struttura planimetrica e volumetrica. L'affollamento viene misurato non con il valore di densità sul territorio, ma attraverso uno specifico indice di affollamento: la media di abitanti per ogni vano d'abitazione.


vita e problemi delle città

La vita urbana e i risvolti negativi dell'urbanesimo

Nei paesi industriali la popolazione cittadina aumenta in forza dell'immigrazione: l'origine degli abitanti è molto eterogenea, soprattutto nei peri­odi di rapido accrescimento. La molteplicità delle funzioni conferisce una notevole varietà alla struttura professionale della popolazione.

La vita urbana pone problemi di giorno in giorno più complessi. L'alimentazione di una grande città deve disporre di vaste aree d'ap­provvigionamento e quindi di rapidi mezzi di trasporto, di magazzini e mercati all'ingrosso per coordinare gli arrivi e la distribuzione.

La vita della città è cadenzata sugli orari delle fabbriche e degli uffici: al mattino gli spostamenti dall'abitazione al luogo di lavoro si sommano all'afflusso dei "pendolari" che vengono da fuori; il fatto si ripete in senso contrario alla sera. Le insufficienze di viabilità e di par­cheggio sono tra i più evidenti aspetti della congestione; ma più grave è l'inquinamento delle acque correnti e delle falde idriche a causa degli spurghi urbani e industriali, e l'inquina­mento atmosferico provocato dai gas di scarico delle automobili e dal fumo delle ciminiere.

DaI dopoguerra le città sono diventate la meta di milioni di fami­glie, mentre le campagne rimangono abbandonate a un destino di decadenza. Questa dinamica degli anni Sessanta deriva dalla vastità delle migrazioni interne, che riempiono le aree urbane: ne con­segue la dilatazione di sterminate periferie. Abi­tazioni sovraffollate, congestione, smog, traffico caotico, alienazione e disservizi sociali sono i risultati più evidenti dell'urbanizzazione.

I casamenti in cui vivono gli immigrati mortificano ad un tempo il concetto di personalità e di comunità. Quello che era sem­pre stato il luogo degli incontri, degli scambi e delle relazioni umane, giunge a isolare l'individuo.

Nella seconda metà degli anni Settanta si è delineato un profondo cambiamento di tendenze demografiche: la spinta all'urbanizzazione, propria dell'età industriale, sembra esaurita, e deI tutto nuove sono le basi dell'ordinamento territoriale dello sviluppo. La caduta della mobilità interna è stata accompagnata da una redistribu­zione che ha privilegiato i comuni di media dimensione, mentre quelli con oltre 100.000 abitanti hanno conosciuto situazioni di declino o di stagnazione a causa deI processo di controurbanizzazione. Il calo demografico delle grandi città può corri­spondere al processo di diffusione delle metropoli, e la crescita delle città medie potrebbe essere interpretata come una nuova articolazione dei sistemi urbani, retti da una logica irradiativa.

Si è delineata una riscoperta del centro storico come parte privilegiata. Le isole pedonali hanno messo in luce certi pregi trascurati, come la possibilità di muoversi senza l'automobile, attirando la borghesia medio-alta. Il centro storico viene riscoperto come il luogo in cui è possibile riannodare un rapporto più stretto tra la città e i suoi abitanti, fruendo degli ambienti favorevoli alla vita associata e agli incontri comunitari e valorizzando edifici vetusti come sedi di servizi sociali. Gli interessi economici si intrecciano con quelli politici e culturali.

Il risanamento conservativo dei centri storici

Il centro storico deve essere considerato come il cuore della città, la sua matrice stessa: perciò va valutato non soltanto come un patrimonio di monumenti e un luogo di servizi superiori, ma anche per la riserva di abitazioni da riqualificare e da restituire a quegli stra­ti sociali che ne verrebbero espulsi. Questa è l'alternativa alle strutture edilizie delle periferie, che non soddisfano le esigenze della vita associata.

In primo piano è da porre il "ricupero dell'esistente", cioè il restau­ro e il risanamento conservativo. Nel contempo bisogna dotare i vecchi quartieri dei servizi necessari, e assicurare ai residenti affitti compati­bili con il loro livello economico.

A partire dagli anni della ricostruzione postbellica, si lamenta una lunga serie di alterazioni e manomissioni: sia per l'invadenza della speculazione edilizia, sia per la debolezza dei pubblici poteri di fronte agli interessi privati. Gli investimenti speculativi nelle aree centrali mirano alla convenienza economica che il proprietario viene ad avere attraverso il meccanismo di demolizione e ricostruzione

Intorno al 1960 si delineano nuove concezioni: devono essere ri­spettate tutte le cose deI passato che hanno valore di testimonianza irripetibile, che cioè possono valere per il carattere di esempio urbani­stico e come documento di un'epoca. Il risanamento e la conservazione non possono che essere globali. Al consolidamento e al restauro delle parti autentiche fa ri­scontro la necessità di eliminare quanto di spurio sia stato aggiunto in epoca posteriore.


la città nella regione

La città organizza la regione

La città assorbe merci e manodopera e distribuisce prodotti finiti e servizi nell'ambito di un territorio che costituisce la sua area d'influenza. Diverse città mantengono relazioni co­stanti tra di loro e formano una rete urbana coordinata dalla metropo­li regionale: questa rappresenta il vertice gerarchico o centro animatore di tutto il sistema.

L'intensità delle relazioni tra città e campagna e la consistenza delle reti urbane sono particolarmente vivaci nei paesi della vecchia Europa. Qui la città ha avuto per secoli la funzione di difendere un territorio, per il quale era anche sede deI governo, luogo di scambi, centro della vita intellettuale e religiosa: lo sviluppo delle industrie e la meccanizzazione dell'agricoltura hanno accentuato ulteriormente la dipendenza economica delle campagne.

Nei tempi andati, intorno ad ogni città si estendeva l'agro alimen­tare, un territorio investito a colture intensive per produrre le derrate necessarie alla vita degli abitanti. Oggi molti dei prodotti alimentari vengono importati da lontane regioni specializzate, grazie ai trasporti più rapidi e alla tecnica deI freddo.

La città provvede a rifornire la campagna di merci necessarie alla vita rurale, che i "grossisti" cittadini distribuiscono nei villaggi attraverso i "dettaglianti" locali; offre poi i servizi di livello elevato, come gli ospedali, le banche, le scuole superiori.

La città rappresenta per gli abitanti delle campagne e dei piccoli mercati rurali non soltanto uno sbocco per i prodotti agricoli e un fornitore di prodotti industriali, ma anche un polo d'attrazione, un centro di direzione amministrativa e d'impulso economico.

Un segno deI dominio della città sul territorio è la sua forza d'attrazione. Folle di contadini si trasferiscono dal loro villaggio alla città più vicina, per quanta non manchino anche spostamenti a lunga distanza. L'attrazione urbana provoca anche l'afflusso di "pendolari": molti degli occupati in città continuano ad abitare in campagna, dove con­servano qualche pezzo di terra che coltivano nei ritagli di tempo (part time farrning). Il decentramento delle industrie dalle zone conge­stionate fa inserire in mezzo alla campagna nuclei di vita urbana: questi diventano centri animatori deI processo di urbanizzazione.

È evidente la tutela commerciale che la città esercita sulla sua re­gione attraverso l'organizzazione deI commercio all'ingrosso e le reti delle filiali e agenzie di grandi aziende; si aggiunge poi la tutela finanziaria, partico­larmente sensibile nelle regioni ad agricoltura specializzata.

La città presiede al suo territorio non soltanto in campo economi­co, ma sotto tutti gli aspetti della vita associata. Essa è un centro cul­turale, richiama masse di studenti nelle sue scuole superiori e modella le idee che diffonde attraverso i giornali. La sfera amministrativa è molto complessa, perché i confini delle circoscrizioni dipendenti dal capoluogo variano a seconda delle diverse funzioni.

Gerarchia delle città e sistemi urbani

La gerarchia delle città dipende dal livello delle funzioni che esse esplicano. Le funzioni si rapportano con il sito e la posizione, ma possono mutare con l'evoluzione deI contesto socio-economico. La posizione fa riferimento ad un ampio orizzonte geografico ed è connessa con le funzioni della città più del sito, inteso come collocazione topografica. La nozio­ne di sito acquista particolare valore quando esprime dei rapporti topografici in termini finanziari e giuridici.

Lo sviluppo urbano può essere con­siderato sotto due punti di vista: l'uno spaziale e l'altro funzionale. Il primo riguarda la crescita della città e le trasformazioni edilizie e via­rie; il secondo riguarda l'evolversi delle funzioni in rapporto alle circo­stante storiche. Lo sviluppo dipende non tanto dalle attività che pro­ducono beni e servizi per la domanda interna quanto dall'esportazione di beni e servizi: perciò le funzioni urbane acquistano significato dall'esame della loro sfera d'influenza e di tutte le implicazioni che ne derivano.

La gerarchia delle città dipende dal grado delle funzioni che queste esplicano e in particolare dal livello dei servizi che offrono. Non si tratta di una "graduatoria" delle città, ma della "dipendenza gerarchica", nel senso che quelle di rango più elevato abbracciano nella loro sfera di servizi superiori anche le aree gravitan­ti per i servizi comuni su città di rango inferiore: quanto più elevate sono le funzioni e quanto più "rari" sono i servizi, tanto più estesa sarà l'are a d'influenza.

Una particolare regolarità empirica è stata rilevata da Zipf e codificata come rank-size rule o legge rango-dimensione. In una rete urbana c'è corrispondenza tra la dimensione demografica (size) di una città e la posizione (rule) che essa occupa nella graduato­ria per numero di abitanti fra tutte le città della rete.

L'espressione matematica della legge è:

Pr rq = Pl

in cui: Pr è la popolazione della città di rango r; Pl è la città al primo posto in graduatoria (città-primate); r è il posta che Pr occupa nella graduatoria della popolazione delle città; l'esponente q è una costante caratteristica deI grado di gerarchizzazione. Quando q = 1, la città che occupa il secondo posto in graduatoria dovrebbe avere la metà della popolazione della città-primate, quella al terzo posto ne dovrebbe ave­re la terza parte. In questo caso, che è il più semplice, mol­tiplicando la popolazione di ogni città per il posto che questa occupa nella graduatoria si ottiene un prodotto uguale alla popolazione della città-primate: i valori di q superiori o inferiori a 1 comportano rispettivamente un più rigido o un più dolce andamento della scala dei valori demografici delle città. Per Zipf la RSR è il risul­tato dell'interazione tra le forze derivanti dalle economie di agglome­razione e la tendenza al minimo costo di trasporto.

Questa legge permette di misurare il grado di gerarchizzazione della rete urbana, facili­tando la comparazione tra diverse situazioni regionali.

Molti Stati presentano una distribuzione delle città secondo la legge rango-dimensione. Altri hanno una distribuzione del tipo città-primate: campeggia una città molto grande e mancano nella graduatoria le città di media grandezza nel senso che dalla metropoli-capitale si salta alla città di provincia. Via via che la vita economica e sociale di uno Stato si fa più complessa, la sua gerarchia urbana tende a configurasi secondo il modello rango-dimen­sione, il quale rappresenta lo stadio di equilibrio di un sistema urbano. Ciò avverrebbe in forza della legge di sviluppo allometrico per la quale, ­in analogia alla crescita degli organi secondo una frazione costante dei tasso di crescita dell'intero organismo, lo sviluppo relativo delle singo­le città nell'ambito di un sistema urbano è una frazione costante deI tasso di sviluppo dell'intero sistema.

Nell'esaminare in modo più specifico la distribuzione spaziale delle città, è tuttavia possibile riscontrare una maggiore o minore regolarità. Una misura obiettiva dei grado di regolarità ci è data dalla nearest ­neighbour analysis, o analisi della minor distanza: si tratta di calcolare il rapporto tra la distribuzione reale delle città e la distribuzione teorica casuale, cioè il rapporto tra la media delle distanze reali da ciascuna città a quella ad essa più prossima: la distanza media teorica in una distribuzione casuale.

La nozione di gerarchia e di sistema urbano non può essere separata da quella di area d'influenza della città. L'influenza - o forza d'at­trazione - è tanto maggiore quanto più grandi sono le città e viene diminuita in rapporto alla distanza, che esercita un'azione frenante. Si adombra una legge gravitazionale: l'attrazione esercitata da una cit­tà su una località esterna è direttamente proporzionale alla popolazio­ne e inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Un aspet­to pratico consiste nel determinare i limiti dell'influenza urbana

Per attingere la comprensione della struttura e della dinamica dei sistemi urbani, il metodo più idoneo è quello di prendere le mosse dallo studio deI centro motore da cui traggono impulso i meccanismi di as­setto deI territorio e dal sistema urbano che ad essa è funzionalmente integrato per formare un'area metropolitana.

La dinamica della metropoli si riflette in interazioni con gli alti livelli della gerarchia urbana internazionale, donde il concetto di "Città mondiale": elemento a livello planetario di un sistema caratterizzato dalla crescente mobilità deI capitale, dell'informazione, della tecnologia.

Le reti urbane

Oggi gli scambi non avvengono più soltanto all'interno di un sistema urbano, ma si configurano come reti di flussi che oltrepassano i confini regio­nali. Ogni "nodo" deI sistema è spinto ad allargare il suo raggio con una specifica collocazione nella rete urbana, valoriz­zando le proprie potenzialità in modo vantaggioso per l'integrazione deI sistema.

Sul piano geografico, nell'organizzazione dello spazio le relazioni tra città e territorio complementare non sono analizzabili e comprensibili in sé, ma debbono essere rapportati all'evoluzione delle zone socioeconomiche di cui fanno parte nel quadro di una gerarchia di funzioni e di servizi che si integrano nella rete dei sistemi urbani. L'interpretazione dei rapporti gerarchici fra centri di livello funzionale differente (rete urbana) deve essere integrata dall'inter­pretazione ispirata al modello reticolare: un'organizzazione territoriale meno gerarchica, basata su reticoli funzionalmente articolati e spazialmente distribuiti.

"Rete urbana" è un'espressione usata per indicare un insieme di centri legati tra loro da relazioni. Si possono individuare tre tipi di reti urbane:

"Reti a gerarchia determinata": sono quelle formalizzate nei modelli di Christaller. Sono pensate come sistemi territoriali in equilibrio, il cui limite esterno corrisponde a quello della "regione complementare" della località centrale di più alto rango. Tutto il sistema si regge su valori di "soglia" e "portata" che legano i nodi alle rispettive "regioni complementari" in modo tale che la rete ge­rarchica dei centri non può essere pensata senza una corrispondente suddivisione gerarchica areale.

"Reti multipolari". Le funzio­ni urbane si suddividono tra i vari nodi in combinazioni locali di vario tipo e dimensione, non date a priori ma neppure casuali, in quanto la composizione funzionale dei nodi è tale da creare la base per lo sviluppo agglomerativo delle varie attività.

Tra i nodi si stabiliscono rapporti di interazione e interscambio, basati sulla complementarietà delle funzioni. La rete non ha né centro né confini regionali definiti: con l'internazionalizzazione dell'economia e degli scambi culturali tende alla dimensione planetaria.

"Reti equipotenziali". Le funzioni urbane si suddividono tra i nodi in modo casuale, nella misura in cui può essere considerata ca­suale la distribuzione geografica in condizioni localizzative derivanti da contingenze locali, senza che fattori di prossimità con la domanda o di agglomerazione-polarizzazione intervengano a regolare la distribuzione delle funzioni urbane tra i nodi della rete.

Questi tre tipi di "reti" sono distinzioni concettuali astratte. Ma è comunque possibile definire un sistema urbano in ter­mini di rete come un insieme di località tra cui intercorrono rapporti di interazione più intensi che con altre. La crescente importanza dell'informazione e della sua diffusione, l'internazionalizzazione dei capitali e dei loro movi­menti, l'uso massiccio delle telecomunicazioni avvicina tra loro località e soggetti distanti.

Gli interessi e le strategie spaziali di unità fisi­camente coesistenti, ma appartenenti a reti di organizzazioni diverse, possono essere divergenti a scala locale, cioè non costituire "sistema" a quella scala. In questo modo lo spazio fisico di ogni città sarebbe sede di più "nodi" appartenenti a sistemi diversi e ciascuno con forme di radicamento locale diverse. La loro coesistenza fisica comporta la soluzione di problemi infrastrutturali e ambientali comu­ni.

Tutto ciò riporta alla concezione deI "nodo" come unità fisico-spaziale, cioè come sistema areale locale dotato di una coesione interna grazie alla quale esso può partecipare alla più vasta coesione di rete.

Le trasformazioni intervenute nelle strutture sociali e produttive dei paesi economicamente avanzati sono da correlare ad un nuovo assetto delle maglie urbane e delle relazioni territoriali, dal quale risulta che una vasta serie di attività e di funzioni sono da rite­nersi non più soggette a vincoli localizzativi e a soglie dimensionali. Ne emerge una più ampia partecipazione territoriale al processo di sviluppo, che finisce per incidere nell'articolazione regionale dando luogo alla formazione di strutture spaziali di tipo reticolare.

Contrariamente a quanto postulato dalla tesi christalleriana, se­condo cui la trama urbana presenta una distribuzione a cascata di tipo piramidale, emerge come la struttura urbana vada articolandosi in due livelli: quello metropolitano, espressione di fenomeni di ricentralizzazione, e quello reticolare, in cui si diffon­dono gli esiti deI decentramento e della crescita periferica.

La rurbanizzazione

La parola rurbanizzazione nasce dalla associazione di due concet­ti - "vita rurale" e "urbanizzazione della campagna" - e indica un feno­meno caratterizzato dall'influenza della città sullo spazio rurale. È un fenomeno tipico deI mondo occidentale, ma comincia ad interessare molte altre città deI mondo.

Gli effetti dell'influenza della città sulla campagna si manifestano in un certo tipo di paesaggio: i vecchi centri rurali vengono circondati da case che non hanno nulla a che fare con l'attività agricola; oppure si ha, a fianco del villaggio tradizionale e a contatto con la campagna, la formazione di un nuovo nucleo di abitazioni; si possono avere dei casamenti per alloggi di non rurali in ambiente rurale.

Si distinguono tre tipi di rurbanizzazione:

schiere di villette o di case unifamiliari, allineate lungo le stra­de all'uscita dal paese, dove passano le canalizzazioni dei servizi.

lottizzazioni di case entro grossi riquadri recintati, serviti da un solo ingresso e da una viabilità interna privata.

integrazioni in contiguità con il vecchio insediamento rurale. Questi "villaggi nuovi" differiscono dai vecchi per l'uniformità della struttura architettonica e per l'ordinata concezione planimetrica.

Le aree in cui si sviluppa la rurbanizzazione sono di quattro tipi: le zone rurali racchiuse nell'area d'influenza di una grande città, che vi ha costruito le sue seconde case; le zone d'intenso traffico stradale addossate agli assi di maggior circolazione; le nuove zone industriali in ambiente rura­le, che fanno sviluppare i centri in cui sorgono richiamando manodo­pera da fuori; le zone turistiche in cui i vec­chi centri sono inglobati nella massa delle nuove costruzioni destinate al turismo.

La rurbanizzazione sfocia nella formazione, attorno alla città, di fasce d'espansione comprendenti un crescente numero di comuni rurali abitati da famiglie che hanno contatti frequenti con la città. Gli abitanti di questi comuni dipendono totalmente dalla città per gli approvvigionamenti, per il lavoro, per l'insegnamento al di sopra della scuola primaria, per il tempo libero e per gli altri bisogni non quotidiani: si materializza intorno alla città la diffusione spaziale della società urbana.

L'urbanizzazione delle campagne dipende in buona parte dalla vicinanza alla città e dall'importanza di questa.

Al processo di rurbanizzazione partecipano residenze secondarie (o seconde case). Nei paesi ricchi, la rurbanizzazione è una difesa dell'individualismo contro l'ammassa­mento urbano dominato dal "collettivo"; è un elemento rurale nell'am­bito di un'urbanizzazione lassa, nella quale ampi spazi verdi privati s'interpongono tra gli spazi edificati. Si tratta di non andare ad abitare troppo lontano dalla città in cui si lavora, ma abbastanza lontano per sfuggire ai gua­sti della vita urbana e ai guai dell'affollamento.

Il processo di rurbanizzazione ha posto un freno alla cresci­ta urbana. Oggi soltanto le grandi città deI Terzo Mondo sono sottoposte alla pressione dell'esodo rurale, con la conseguenza di una sottoproletarizzazione di quartieri cresciuti troppo in fretta e in modo anarchico. Nei paesi industrializzati l'esodo rurale è cessato: la popolazione attiva in agricoltura sembra aver raggiunto una certa posizione di equilibrio e le correnti migratorie verso le città si sono esaurite. La rurbanizzazione significa la fine deI mondo contadino e l'osmosi tra vita rurale e vita urbana.


la città nel mondo

Una proposta di classificazione

La nostra epoca è caratterizzata da una diffusa crescita dell'urba­nizzazione. Alle diverse forme di organizzazione sociale corrisponde una propria tipologia di centri urbani contraddistinta da caratteri connessi alle specificità della "cultura".

Si può delineare una classificazione in sei grandi categorie:

Le città dell'Europa Occidentale vantano un ricco patrimonio storico e molteplici attività dell'economia capitalista nelle sue forme più com­plesse.

Le città dell'America Anglosassone (cui si accomunano quelle australiane) sono città nuove in paesi nuovi, caratterizzate da un'ori­ginale arditezza dell'architettura nell'ambito di uno sviluppo capitali­stico.

Le città dell'America Latina, sia quelle sovrimposte alle civiltà precolombiane, sia quelle create ex novo, portano tutte l'impronta del periodo coloniale; sono già "città storiche" con i loro palazzi d'epoca e le chiese barocche, cui l'urbanistica moderna ha aggiunto arditezza architettonica compa­rabile a quella deI Nordamerica.

La città islamica è espressione di una matrice culturale inconfondibile, anche se le intrusioni deI colonialismo hanno dato l'avvio a trasformazioni e giustapposizioni.

Le città dell'Africa Nera appartengono a culture senza organismi urbani prima dell'arrivo degli Europei, e presentano la dicotomia tra i nuclei indigeni e la "città coloniale" creata dagli Europei e ampliata da un urbanesimo incontrollato che ha fatto moltiplicare le bidonvilles periferiche.

Le città dei paesi socialisti: le società e le economie di tipo socialista hanno diffuso i modelli originali dell'Unione Sovietica, ricchi di propri carat­teri distintivi che non hanno mancato di incidere sul processo di urba­nizzazione e sulla fisionomia delle città.

Città dell'Europa Occidentale

Le città dell'Europa Occidentale emergono da una lunga e comples­sa evoluzione. Si tratta di città ingrandite dalla rivoluzione industriale e cresciute, in un secolo, più che in tutto il tempo della loro storia. La crescita si è realizzata nell'ambito di un empirismo liberistico, ma non manca­no interventi pianificati e razionali nel rimaneggiamento dei vecchi quartieri.

Le stratificazioni dello sviluppo urbano comportano differenze si­gnificative, poiché ogni epoca ha il suo ruolo e il suo stile: la pianta della città è il riassunto della sua storia. l diversi periodi urbanistici si caratterizzano per la sovrapposizione o la giustapposizione di nuove planimetrie che modificano l'impianto precedente. In posizione cen­trale, la scacchiera originaria d'epoca romana s'è talvolta conservata, oppure è stata mascherata dalla trama sovrimposta della pianta me­dievale di forma radiocentrica con strade strette e tortuose e con contorno rotondeggiante. Il successivo ampliamento è stato recintato dalla cerchia poligonale cinquecentesca, abbattuta nell'Ottocento per formare i viali della cir­convallazione, cui si sono appoggiati in epoca recente i nuovi quartieri a scacchiera.

Il "Centro" è dominato da un complesso di edifici monu­mentali di prestigio ed è delimitato dai viali di circonvallazione, se­gnati dalle "porte" e dai resti delle mura sottratti alla distruzione. Quasi tutte le città importanti hanno un centro storico conservato, nel quale emergono insiemi monumentali prestigiosi. Il "Centro" rappresenta non soltanto la posizione centrale nell'agglomerazione, ma anche un'immagine di riferimento simbolica.

Nelle città si evidenzia la contraddizione deI sistema liberale tra la rendita economica e la necessità di pianificare lo sviluppo. L'incoerenza della crescita urbana ha portato i governi a programmare, nelle "cinture" delle grandi città, insediamenti pianifi­cati per conferire una certa razionalità all'espansione.

Le città satelliti sono la risposta spontanea al bisogno di avere in breve tempo una grande quantità di alloggi per assorbire i flussi di inurbati. In diversi paesi sono stati costruiti blocchi di edifici sviluppati in altezza con elevata intensità abitativa, senza servizi primari e senza collegamenti pubblici con la città.

Le città nuove sono il risultato di una politica pianificatoria che mira ad organizzare la crescita urbana integrando alloggi, servizi e posti di lavoro, in modo da rendere autonomo il nuovo insediamento.

Città dell'America anglosassone e dell'Australia

Le città dell'America Anglosassone e dell'Australia sono agglomera­zioni nuove, poiché le popolazioni indigene incontrate dagli Europei non conoscevano alcun tipo d'insediamento urbano.

In queste città i quartieri "storici" sono estremamente ridotti.

Nelle zone di più antico popolamento la pianta della città formatasi per processo spontaneo può risultare a struttura anarchica. Ma ben presto è invalsa la pianta a scacchiera con l'orientamento della rete stradale da nord a sud e da est a ovest. Le vie non hanno nomi propri ma sono designate con un nu­mero d'ordine in rapporto ai due assi centrali.

La struttura a scacchiera è una norma rigida, applicata anche sui rilievi che non si prestano affatto. Sfuggono alla regola soltanto le edifica­zioni più recenti, che presentano una viabilità in parte curvilinea per creare una certa varietà e per favorire la circolazione.

In Canada e Stati Uniti le normative urbanistiche hanno scarsa forza coercitiva, limitandosi alla zonizzazione (zoning) sul piano di "vocazioni d'uso" generiche e modificabili.

L'evoluzione delle città americane è veloce: ciò per un insieme di fattori, quali l'assenza di interessi storici, la mancan­za di protezione legale degli inquilini, la leggerezza dei materiali e la rapida obsolescenza, la presenza di grossi capitali in cerca di collocazioni redditizie.

Il "centro" è relativamente poco esteso: attorno ad esso esistono centri secondari che possono essere i nuclei di altre città autonome.

Negli Stati Uniti la presenza di una popolazione negra si è tradotta in una segregazione che è nello stesso tempo etnica e sociale. Invece non esiste alcuna segregazione nelle città australiane, dove il problema non si pone essendo stata applicata una politica limitatrice dell'immigrazione per salvaguardare la purezza della "bianca Australia".

Città dell'America latina

Le città dell'America Latina formano delle reti che hanno le loro basi sul mare, da dove è iniziata la penetrazione europea. Per la maggior parte si tratta di città marittime, situate sulla costa o collegate con un porto. Sono città rivolte all'esterno, cresciute con il commercio coloniale. Se si eccettuano le fondazioni più tarde, i monumenti dell'epoca della penetrazione europea ne fanno delle città storiche con grandi piazze centrali su cui si affacciano le cattedrali barocche.

La corsa all'urbanesimo negli ultimi decenni è stata sfrenata. Uno degli esiti più negativi è stata la formazione di enormi bidonvilles periferiche.

La rete urbana è gravata dal peso negativo delle città in fase di declino: tra queste, parecchie sono le vittime dei cicli di sfrutta­mento coloniale.

La città islamica

L'espansione dell'Islam ha fatto moltiplicare il numero delle città fino ai margini deI deserto, trasformando le tribù nomadi in popolazioni urbane. Per il buon musulmano non si può praticare bene la religione se non in città, nella "moschea deI venerdì" per la preghiera in comune; la vita cittadina è considerata una condizione deI perfezionamento morale e il fissarsi in città, rinunciando al nomadismo, diviene un precetto.

La città islamica nasce con un travolgente slancio innovativo. La prima localizzazione urbana, che elegge la città a luogo privilegiato per lo sviluppo deI mondo musulmano, è opera della stesso Maometto con l'emigrazione dalla Mecca a Medina nell'anno 622. L'egira è lo sta­bilirsi in un contesto cittadino: il passaggio dal nomadismo alla città è una seconda egira che partecipa dei meriti della prima.

La cultura urbana dell'Islam si forma e si sviluppa attraverso una serie di contributi derivati dalle tradizioni costruttive e dalle strut­ture urbanistiche delle città preislamiche dell'Arabia e dei paesi di prima conquista, gravitanti nell'orbita del mondo ellenistico e romano da un lato e nell'orbita persiana dall'altro. All'interno dello schema antico compaiono elementi nuovi, che diverranno segni distintivi della città islamica: il palazzo e la moschea e le file di bot­teghe che prefigurano i suq delle forme urbane più mature.

L'urbanistica islamica rifiuta ogni procedimento intenzionale e programmato per il quale la città verrebbe dapprima progettata e poi realizzata. La città era sempre stata per gli Arabi una creazione spontanea. Tutto ciò continuerà a persistere anche dopo l'avvento dell'Islam, con l'aggiunta della funzione religiosa e politica.

L'Islam è una religione creatrice di città: la scelta stessa deI sito è determinata da fattori religiosi. In molti casi si tratta di creazioni ex nihilo: il nuovo aggregato si affer­ma su spazi vuoti e soltanto col tempo assumerà il ruolo di polo regionale per un'area che, umanizzata in rapporto ai bisogni dell'aggregato, a questo fa riferimento come centro religioso-amministrativo e mercato di scambio.

Le città sono germinate sia per il supporto economico derivante dall'organizzazione delle carovane, sia per l'ideale islamico che ne fomenta la creazione: fostat, città-accampamento dei conqui­statori accanto alle città preislamiche; ribat, una sorta di convento fortificato per i soldati della guerra santa; città dinastiche moltiplicate dall'instabilità delle dinastie.

Le cellule urbane originarie sono la moschea e il "palazzo". Il palazzo è il nucleo delle città costruite per residenza di un sovrano, di un principe, di un capo: si tratta di un imponente comples­so di edifici destinati ad accogliere centinaia di persone. Il polo spirituale della città è la moschea destinata alla preghiera collettiva deI venerdì, in una posizione centrale che deriva dalla preminenza dell'at­tività religiosa. La moschea servì anche da luogo di riunione e di discussione politica, da tribunale e da camera di consiglio. Men­tre la città classica ospita due poteri, quello politico e quello religioso, la città islamica è monocentrica: con ciò si spiega perché non ha avuto bisogno di una piaz­za per le riunioni pubbliche. Non manca mai l'hammam, il bagno pubblico presso la moschea come elemento necessario per le purifi­cazioni di rito.

Il quartiere ufficiale era, in origine, fortificato. Il quartiere commerciale a vie strette e ombreggiate occupa una posizione adatta alle funzioni di scambio presso una porta della città.

La struttura di quasi tutte le città segnate dall'impronta dell'Islam appare uniforme. Il tratto più appariscente è l'anarchia dell'impianto. Una caratteristica peculiare sta nella zonatura gerarchica e corpo­rativa delle attività economiche: le vie principali sono occupate da orefici e antiquari, da mercanti di stoffe e di tappeti. Vengono poi gli artigiani deI cuoio e deI rame e infine i negozi di generi alimentari. Altro carattere tipico è la compartimentazione dei grup­pi etnici.

Nel contesto della rete urbana c'era sempre stata una gerarchia di funzioni. Al vertice stavano le "città per eccellenza", che integravano le loro attività economiche con funzioni di ir­raggiamento della cultura musulmana. In secondo rango figura­vano le capitali, città amministrative e militari, residenze di sovrani. Al terzo venivano i porti, centri di attività commerciali rivolti all'esterno e in contatto continuo con gli europei. Infine, erano disseminati per la campagna mercati rurali.

L'impatto europeo ha scardinato questa gerarchia tradizionale. Dove c'è stato un processo di colonizzazione, si è messa in piedi una serie di basi militari, di centri di mercato e di nodi di traffico per l'attività degli europei, che occupava­no una parte delle terre; ma si è anche ingenerata una profonda trasformazione delle strutture urbane e della vita cittadina. Nei paesi di più vecchia penetrazione e di maggior afflusso europeo, in un'epoca in cui il rispetto deI passato contava poco, molti centri storici sono stati sommersi dall'ondata di nuove costruzioni e sventrati dal taglio di vie larghe e rettilinee.

Altrove ha inciso sulla trasformazione deI tessuto urbano la volontà di un sovrano pianificatore.

Nei paesi di colonizzazione più recente, gli europei hanno costruito ex novo una loro città adiacente alla città islamica ma da essa indipendente.

Recentemente la spinta d'urbanesimo accelerato che si è manifestata in molte città islamiche, ha provocato la proliferazione periferica di bidonvilles, dove folle di contadini sradicati dai campi si abbarbicano a città incapaci di assorbirle.

La crescente complessità deI groviglio urbano rispecchia la diver­sità di funzioni e di classi sociali all'interno della città.

Città dell'Africa Nera

L'Africa Nera, cioè l'Africa a sud del Sahara popolata da Negri, con­tava poche città prima dell'arrivo degli Europei: qui la città è stata importata e plasmata dalla colonizzazione.

La colonizzazione europea nell'Africa Nera ha dato luogo alla for­mazione di tre tipi di città: le città agenzie commerciali verso l'ester­no; le città dell'interno contemporaneamente mercati e centri amministrativi; le città industriali legate a risorse minerarie. Tutte queste città hanno denunciato, durante l'epoca coloniale, una segrega­zione razziale, che dopo l'indipendenza è andata scomparendo o si è trasformata in segregazione sociale. Tutte accusano oggi un enorme incremento di abitanti e un processo di urbanesimo sfrenato e incontrollabile.

L'eccedenza di popolazione della campagna spinge enormi folle di diseredati verso le città nella speranza di trovarvi un alloggio e un lavoro. C'è, poi, l'attrazione sociologica della città, che è un miraggio per contadini di zone scarse di attrezzature e di prodotti commer­ciabili e dove non esiste pro­spettiva per qualsiasi cambiamento.

Negli Stati di non grandi dimensioni è una regola la struttura monocefala con una capitale sproporzionata rispetto alla popolazione totale. Le capitali concentrano il meglio delle attività terziarie sia pubbliche che private e sono le sedi di istituzioni culturali e di servizi ospedalieri. Nei capoluoghi è caratteristica l'ipertrofia della manodopera nei servizi amministrativi, che assorbono una sovrabbondanza di piccoli impiegati.

È netto il dualismo deI commercio: a fianco dei negozi di tipo oc­cidentale proliferano i mercatini di bancarelle all'aperto e i mestieri minuti.

In tutti questi paesi emerge un netto dualismo sociale atte­nuato nelle zone meglio industrializzate, ma mai assente poiché è un fatto strutturale. Da una parte sta la classe dirigente, integrata nel mondo economico contemporaneo; dall'altra parte sta il resto della popolazione a diversi livelli d'integrazione fino ai gruppi emarginati, esclusi dai circuiti economici e ridotti a una vita di miseria. Tra i due gruppi, si vanno interponendo si­tuazioni di transizione, sta cioè emergendo una classe media.

La divisione in settori è una delle carat­teristiche più critiche delle città dell'Africa Nera, così come di tutti i paesi deI Terzo Mondo.

Città dei paesi socialisti

Le città dei paesi socialisti hanno ricevuto una certa impronta dai canoni urbanistici e architettonici dettati dal regime. Bisogna distinguere tra i vecchi centri urbani, che l'economia socialista ha fatto modificare e sviluppare secondo i suoi canoni, e le città nuove, create in aree non urbanizzate con un impianto basato sulle funzioni da svolgere.

"Città nuove" sono quelle cresciute dal nulla e quelle che hanno sommerso con la loro crescita le località originarie. Nella ex Unione Sovietica, dalla rivoluzione deI 1917 ne sono state create più di mille, di dimensioni ineguali e con funzioni diverse, ma in prevalenza città industriali in zone di produ­zione mineraria. Nei paesi dell'Est europeo le città nuove sono meno numerose in ragione di un'armatura urbana ben radicata e più robusta.

Una città nuova particolare è la "città della scienza", Akademgorodok. Un altro tipo è la "città agricola", agrogorod: l'attività agricola si concilia bene con l'abitazione cit­tadina; le abitazioni, i servizi e gli uffici amministrativi pos­sono essere raccolti in un centro urbano, da cui i lavoratori vengono trasportati ogni giorno.

La trasformazione delle città deI passato è stata frenata per il prin­cipio di accordare priorità alla produzione di beni strumentali più che a beni di consumo quali le abitazioni.

I centri storici e i vecchi quartieri vengono conservati quando sono giudicati di interesse artistico. Le prescrizioni di Lenin dell'ottobre 1917 hanno indotto alla conservazione di palazzi e di musei considerati come beni deI popolo e non come simboli del passato.

Il centro amministrativo e culturale delle città è ipertrofico, mentre il centro commerciale è ridotto a causa della limitatezza del libero commercio.

La crescita urbana ha portato ad una generale penuria di alloggi. La densità abitativa è molto elevata ed è frequente la coabitazione tra più famiglie in uno stesso appartamento. In teoria non vi è compartimentazione socioeconomica tra i quartieri e tra le case, ma in pratica ci sono sempre state concessioni particolari.

In Cina, a differenza della politica sovietica di conservazione del patrimonio storico, molte testimonianze del passato sono state distrut­te. Oggi, al contra­rio, vengono valorizzati i monumenti e i reperti storici, non più intesi come simboli deI potere controrivoluzionario.

Un'altra caratteristica deI passato delle città cinesi è l'impronta dell'intervento europeo e giapponese. A partire dagli anni Cinquanta - compiuta la rivoluzione comunista - gli ampliamenti delle periferie si sono ispirati ai principi urbanistici sovietici.




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