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LA SIRIA E L'ASIA MINORE - DURA EUROPOS

geografia



la siria e l'asia minore


Dura europos

I monumenti di Dura Europos

Dura Europos, colonia greco-ellenistica, poi fortezza e città carovaniera partica, con­quistata da Traiano e dal 165 presidio del confine romano della provincia di Siria, base di partenza per le guerre contro i Parti, fu riconquistata e distrutta dai Persiani Sasanidi dopo il 256. I suoi monumenti hanno quindi una datazione anteriore alla metà del III secolo. Specialmente importanti apparvero le pitture, nelle quali si videro comparire con grande anticipo, rispetto alle composizioni di rappre­sentanza dell'arco di Costantino, la frontalità delle immagini, la composizione para­tattica, le proporzioni gerarchiche anziché nat 212c29c uralistiche e l'abbandono della pro­spettiva illusionistica. Indicazioni in senso analogo si erano già acquisite sui monu­menti di scultura e d'architettura di Palmira, città del deserto siriaco, vassalla di Roma, distrutta nel 272 dalla rappresaglia della campagna condotta da Aureliano contro il dominio della regina Zenobia. Dopo le scoperte di Dura, si credette di dover concludere che l'arte palmirena non era da considerarsi fenomeno locale e marginale, ma che una civiltà artistica partica e siriaca aveva esercitato la sua influenza sullo svolgimento dell'arte dell'an­tichità, determinandone il mutamento delle forme dello stile tardo-antico, matrice, con nuovi apporti orientali, dell'arte bizantina, e quindi fine dell'antichità classica.




Antiochia

La civiltà di Antiochia

Questa linea di svolgimento sembrava accettata generalmente e si volle cercarne un'ulteriore conferma conducendo scavi (1932-1939) ad Antiochia. Questa città non era stata soltanto sede del governatore romano della Siria e di altre cariche amministrative e militari, ma, dopo esser stata centro ellenistico, era divenuta, a partire dalla media età imperiale, la vera metropoli dell'Oriente. Nel tesoro dell'Esquilino erano presenti quat­tro statuette d'argento con le personificazioni, accanto a quelle di Roma, delle tre città di pari grado d'importanza: Costantinopoli, Alessandria, Antiochia. Antiochia verrà danneggiata in modo gravissimo da un grande terremoto nel 526 e non si riprenderà più dopo il saccheggio da parte dei Persiani nel 540. Ma della sua civiltà, della sua bellezza e del suo lusso nel IV secolo abbiamo descrizioni in un opu­scolo, scritto dopo il 350, da Libanio, inse­gnante dei giovani delle classi superiori, pagani e cristiani. Tra questi cristiani, Giovanni Crisostomo (nato nel 354), fornisce altre notizie e descrizioni della sua città. Altre si possono ricavare da uno degli scritti dell'imperatore Giuliano (il Misopogon) redatto nel 363 durante la sua permanenza ad Antiochia.

Da questa città, capitale della Siria, ci si attendeva, con gli scavi, una conferma della prevalenza di influenze artistiche orientali, nel III e IV secolo. Vi si trovò, invece, l'opposto: la messe di mosaici pavimentali delle case di Antiochia e delle ville che sorgevano fra i giardini del sobborgo di Daphne, testimoniano un'interrotta continuità di tradizione ellenistica sino alla fine del IV secolo.

I mosaici di Antiochia

Ad Antiochia, mosaici come quello della gara nel bere fra Dioniso ed Eracle, o quello di Dioniso e Arianna, degli inizi del III secolo, mostrano ancora la derivazione da pitture composte secondo i principi di un ellenismo classicistico. La preoccupazione di imitare la pittura porta la tecnica del mosaico ad una raffinatezza estrema; non vi è alcun sintomo di disfacimento della forma, di allentarsi della coesione formale, come si ha nella pittura a macchia in Roma o, con l'adozione di una tecnica auto­noma, nel mosaico africano.

Per trovare un mutamento di stile, un abbandono del "quadretto" inserito nel pavimento e l'adozione di una composizione unitaria, bisogna scendere all'età costantiniana. A questa appartiene il mosaico dalle forme classiche e solenni che includeva al centro una fontana ottagonale, dalla qua­le partono quattro fasce verticali contenenti ciascuna una figura di Stagione tra elementi di fogliami appropriati, che nascono da grossi cespi, posti ai quattro angoli del bordo a volute vegetali (Museo del Louvre). Negli scomparti cosi formati, scene di caccia ad animali diversi. In queste scene di caccia per la prima volta si avverte nei mosaici di Antiochia l'elemento stilistico tardo-antico. Le figure appaiono ritagliate e prive di volume, le proporzioni anatomiche impoverite e prive della scioltezza ellenistica. La scena di riposo dei cacciatori con al centro un pilastro con statuetta di Diana ricorda la composizione della "Piccola caccia" di Piazza Armerina. Tutto questo è inquadrato da una cornice di tipo architettonico a mosaico in colori simili all'oro, e da una fascia ad elementi geometrici entro cui sono inserite tre piccole composizioni per ogni Iato, con paesaggi mitologici e uccelli, ed ai quattro angoli busti con personificazioni.

In altri centri, della Siria e dell'Anatolia o della costa, troviamo una produzione artistica fiorente, ricca di invenzioni, che tra­smette direttamente all'Occidente, ma la cui sostanza formale rimane collegata con la tradizione dell'arte ellenistica, e in parti­colare con quella di Pergamo. Questa produzione continua, dal II secolo al III e agli inizi del IV; solo nell'inoltrato IV secolo e nel V, si determina una nuova struttura delle forme.

Una decorazione pittorica di una tomba della necropoli di Tiro mostra, con figure mitologiche al disopra di ghirlande, l'origine pittorica di composizioni analoghe sui sarcofagi romani della metà del II secolo.


Efeso

Lo stile "barocco" di Efeso

Ad Efeso, una delle più antiche e la più splendida delle città della costa ionica, fin dall'età di Adriano si andava sviluppando il "barocco dell'età degli Antonini", con un crescendo che va dal tempio dedicato a Traiano al tempio dedicato a Adriano, la cui decora­zione ha tutte le novità formali che si possono notare a Roma nei rilievi dell'età di Commodo posti sull'arco di Costantino. Le cornici sono profondamente intagliate, ma l'ornamento ha poco volume; i fogliami che si arricchiscono di figure sono distac­cati dal fondo per mezzo del trapano elicoidale. Le basi delle colonne dell'agorà, alti piedistalli entro i quali sono inserite figure, accentuano il carattere fastoso di questi monumenti architettonici, e il gusto per una scultura ricca di chiaroscuro.



Ma le forme fondamentali rimangono collegate alla tradizione del natu­ralismo ellenistico. Il grande fregio in onore di Lucio Vero ci pone di fronte ad una grande personalità artistica. Sembra che la scuola di questo artista sia da connettersi alla svolta che nel rilievo di carattere narrativo-onorario si av­verte a Roma a partire dall'età di Commodo e che si esplica nella colonna di Marco Aurelio. Ma, in mano delle maestranze romane, questo stile si fa più grossolano, si mescola con le ascendenze della tradizione plebea. Dinanzi ai rilievi di Efeso, la scultura tardo-antonina di Roma appare provinciale.

Nel rilievo antonino di Efeso sono all'opera vari maestri; il più geniale e innovatore è quello che ha creato le lastre con episodi della guerra partica, ma anche nelle altre lastre (ado­zione di Marco e Lucio, apoteosi di Lucio) circola un rapporto spaziale nuovo. È come se il rilievo del Maestro delle Imprese di Traiano fosse stato rafforzato da un rinnovato contatto con Pergamo, ma l'artista si vale di figure secon­darie di Barbari caduti o feriti per introdurre iconografie nuove e creare volumi che si collocano nello spazio in direzione obliqua verso il fondo e formano un chiaroscuro pittorico mai realizzato prima con tanta forza e coerenza. Nei capelli delle figure si nota, in queste lastre del maestro inno­vatore, l'uso del trapano.

Le officine di Afrodisia

Queste tendenze e l'uso del trapano si riscontrano anche nei prodotti delle officine di Afrodisia databili al III secolo. L'attività di queste officine l'abbiamo rincontrata a Leptis ed in Tracia e sembra che fossero specializzate in due tipi di produzione: fregi architettonici e decorativi da un lato, attività di copisti dall'altro. Nel primo si sviluppano le premesse di invenzioni barocche e di tecnica espertis­sima; nel secondo si perpetua una tradizione, che aveva avuto il suo centro ad Atene, i cui prodotti si trovano esportati a Roma dall'età di Adriano sino alla fine del IV secolo.


I sarcofagi monumentali

Caratteristica della scul­tura del II secolo in queste regioni, è la grande produzione di sarco­fagi monumentali, esportati anche in Occidente. Dai sarcofagi a ghirlande e coperchio a tetto, usciti dalle cave di Marmaria ed esportati a Roma, in Grecia e in Asia Minore, alla creazione di un tipo nuovo di sarcofagi, detto "di Sidamara". Oggi si parla di "sarcofagi di tipo asiatico", perché si sono trovati diffusi in un largo raggio.

Si possono distinguere due tecniche, cioè due tradizioni artigiane diverse (quella "sidamara" e quella "lidia", che appare essere cronologicamente iniziale), ma lo schema generale rimane lo stesso. Sono grandi sarcofagi con pesanti coperchi in forma di letto sopra il quale stanno adagiate le figure dei defunti. I fianchi del sarcofago sono decorati da nicchie o da edicole timpanate, dinanzi alle quali stanno figure di contenuto mitologico (per esempio, un pezzo della Pisidia con le fatiche d'Ercole) oppure di filosofi e muse. Gli elementi architettonici delle edi­cole sono profondamente intagliati e ridotti a una trina; è questo l'elemento più caratteristico, che costituisce un anello di congiunzione di questi prodotti con i moduli ornamentali dell'età bizantina. Ma le forme statuarie si muo­vono ancora nella tradizione ellenistica, presentando solo una certa fissità e un certo irrigidimento. Tipico per un gusto diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo a partire dall'avanzato III secolo, l'effetto di ritaglio che viene a costituirsi nel rap­porto tra le figure classicheggianti e impersonali, che si stagliano a tutto tondo, di contro al frastagliato fondo architettonico delle nicchie e delle edicole.

Questo tipo di sarcofagi è già iniziato nel II secolo, e attorno al principio del III la tecnica "lidia" viene sostituita da quella "sidamara", che continua sino a circa il 250, e che si distingue per l'uso diffuso del trapano. Il punto di partenza di questi sarcofagi, nella loro fase iniziale, sembra essere stato Efeso.

Accanto agli accenni della costituzione di un nuovo stile attorno alla metà del III secolo, un passo decisivo verso il gusto proto-bizantino è dimostrato da una serie di statue, statue onorarie di uomini in toga o in clamide greca. Statue di questo tipo provengono numerose da Efeso, da Afrodisia, da Costantinopoli. Ma la loro cronologia ed il loro inquadramento stilistico le connettono con opere dell'età teodosiana e con l'arte della nuova capitale sul Bosforo. Nella scultura dell'Asia Minore si preparano i motivi stilistici fondamentali dell'arte bizantina.






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