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Israele - MORFOLOGIA, IDROLOGIA E CLIMA

geografia




GENERALITA'


Israele è uno stato dell'Asia sud-occidentale, nel Medio Oriente, corrispondente a buona parte dell'antica Palestina; affacciato a Ovest al Mediterraneo, a Sud al Mar Rosso, confina con il Libano a Nord, la Siria a Nord-Est, la Giordania a Est e l'Egitto a Sud-Ovest. Sin dalla sua nascita, nel 1948, Israele dovette battersi duramente contro i Paesi vicini per la sua sopravvivenza, ma fu grazie all'esito favorevole del conflitto che lo vide opporsi alle forze arabe e palestinesi che Israele riuscì ad assicurarsi un territorio più vasto di quello a esso attribuito dalle Nazioni Unite. I Paesi arabi però non riconobbero i confini dello Stato, così come a maggior ragione non accettarono gli ampliamenti successivi.






LO STATO


Israele è una repubblica di tipo parlamentare. Manca una Costituzione vera e propria, ma il Paese è regolato da una serie di leggi fondamentali. Capo dello Stato è il presidente della Repubblica, che è eletto per 5 anni dal Parlamento. Il potere legislativo è affidato al Parlamento. Il potere esecutivo è esercitato dal governo, presieduto dal primo ministro. Egli è responsabile nei confronti del Parlamento. Israele ha una superficie di 20.700 km (compresi 445 km di acque interne) e una popolazione di 6.100.000 ab. (stima 1999), compresi gli abitanti del settore orientale di Gerusalemme, la capitale, e gli Israeliani residenti nei territori amministrati. Amministrativamente il territorio è diviso in 424j95e 6 distretti. La lingua ufficiale è l'ebraico, ma è assai diffuso anche l'arabo. La maggioranza della popolazione professa la religione ebraica (78,8%); gli Arabi sono in maggioranza musulmani (15,1%), ma numerosi sono pure i cristiani (2,1%).







MORFOLOGIA, IDROLOGIA E CLIMA



Il territorio d'Israele è costituito da una larga porzione della Palestina e dalla regione del Negev. Nelle sue linee generali la morfologia è piuttosto semplice: a Ovest si stende una fascia costiera, man mano più ampia verso Sud; immediatamente all'interno si elevano i rilievi prevalentemente tabulari della Galilea, della Samaria e della Giudea. La pianura costiera si affaccia sul Mediterraneo con una costa bassa, unita e importuosa, rotta soltanto dal promontorio di Haifa, più larga, anzi in aumento, a Sud per il costante accumulo dei sedimenti del Nilo, si restringe progressivamente verso Nord, formando le piane di Shefela e di Sharon, fino alla strozzatura provocata dal monte Carmelo, oltre il quale si apre una fertile piana.

Per la modesta estensione del territorio e la mancanza di vere e proprie catene montuose, il clima presenta una certa uniformità; la regione è soggetta agli influssi marittimi del Mediterraneo, cui si contrappongono quelli continentali degli aridi tavolati dell'interno, per cui le condizioni climatiche generali sono la conseguenza dell'alternarsi di una e dell'altra condizione. Le temperature sono ovunque molto elevate in estate, assai miti invece nei mesi invernali. Le precipitazioni sono scarse, irregolari e in prevalenza invernali. La vegetazione naturale, soggetta alla secolare degradazione operata da un'economia basata prevalentemente sulla pastorizia, presenta i caratteri della macchia cespugliosa, ma è stata ormai largamente sostituita dalle colture.












ECONOMIA: AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO


L'agricoltura interessa ormai solo il 2% della popolazione attiva e nonostante stia riducendosi a un ruolo relativamente marginale continua a essere, per la modernità delle tecniche impiegate e per gli alti livelli di produttività, una delle più progredite del mondo. Fra i suoi punti di forza sono la conduzione efficiente e lo sfruttamento razionale delle acque scorrenti e freatiche per l'irrigazione, al punto che attualmente oltre il 40% della terra coltivata è irrigata: gli sforzi in tale direzione sono stati intensi e hanno costituito l'obiettivo primario della gestione delle risorse idriche, destinate per l'80% all'agricoltura. In particolare, fertile e ben irrigata è la Galilea, in quanto è la più favorita dalle precipitazioni. Per esigenze alimentari interne si coltivano cereali, specie frumento, patate, prodotti orticoli (tra cui i pomodori alimentano una certa esportazione) e frutticoli (mele, prugne, pesche, banane, ecc.); in sviluppo sono le colture del cotone e della barbabietola da zucchero cui viene prestata crescente attenzione. Di particolare rilievo nel quadro economico nazionale è l'agrumicoltura (soprattutto la coltivazione dei pompelmi, per i quali Israele è il secondo produttore mondiale), particolarmente diffusa nella fascia costiera irrigata; nella piana della Giudea e di Sharon è ben rappresentata la vite, mentre l'olivo, presente un po' ovunque, ha la sua area più produttiva nella Galilea occidentale. Colture minori sono quelle del tabacco, delle arachidi e del sesamo. L'allevamento del bestiame, specie bovino e dei volatili da cortile e la pesca, praticata sia in mare sia nelle acque del lago di Tiberiade, sono sviluppati malgrado non riescano a soddisfare pienamente il mercato nazionale.



ECONOMA: RISORSE MINERARIE

E INDUSTRIE


Scarseggiano le risorse energetiche e minerarie. Del tutto insufficiente ai bisogni sempre crescenti è specialmente il petrolio, che si estrae in modestissima quantità dai pozzi nel Negev settentrionale. Fra gli altri minerali sono estratti in buona quantità i fosfati naturali, il rame, la potassa e il bromo, utilizzati dall'industria chimica e in parte anche esportati; presenti sono pure ferro, salmarino, salgemma e magnesio. Oro in quantità di potenziale interesse commerciale è stato rinvenuto nel 1988. Il comparto meccanico, oltre che per la fabbricazione di veicoli leggeri e macchine utensili, è divenuto importante per le produzioni a più elevata tecnologia di carattere bellico (missili, aerei e anche armamento atomico), in parte esportate.

Notevole sviluppo hanno avuto le industrie ad alta tecnologia (telecomunicazioni, software), concentrate soprattutto a Tel Aviv e Gerusalemme.

A sanare la bilancia commerciale, costantemente in passivo, provvedono varie entrate invisibili, quali il movimento turistico. Il debito estero ha superato la quota di un terzo del prodotto nazionale lordo, giungendo a rappresentare uno dei massimi valori pro capite su scala mondiale: il Paese si caratterizza come il primo beneficiario del supporto finanziario statunitense, equivalente a circa un quinto del prodotto interno lordo.



GEOGRAFIA UMANA


La Palestina è una terra di antichissimo popolamento; essa è stata sede delle più antiche civiltà agricole e urbane che si conoscano, come hanno rivelato gli scavi compiuti a Gerico. Gli Ebrei, sovrappostisi ai Cananei, giunsero alla metà del II millennio a.C., in un periodo in cui l'inaridimento climatico induceva molti popoli a spostarsi verso nuove terre. Essi fondarono centri di vita urbana e di vita religiosa, che oggi gli archeologi israeliani cercano di far rivivere come testimonianze del loro antico rapporto con la terra che in larga misura corrisponde all'attuale Stato d'Israele. Oggi nuovamente la popolazione è in grande maggioranza di lingua e cultura ebraiche, grazie all'intenso movimento immigratorio iniziatosi verso la fine del secolo scorso. Precedentemente la popolazione era costituita in prevalenza da Arabi musulmani o cristiani e da poche decine di migliaia di Ebrei. Con la progressiva espansione dell'economia, che si è venuta gradualmente articolando in forme sempre più complesse, si è però rapidamente sviluppato, contrariamente all'iniziale indirizzo agricolo del Paese, il fenomeno dell'urbanesimo.

Le città principali sono: Gerusalemme, la capitale, una delle più antiche e prestigiose città del mondo; Tel Aviv-Giaffa, il maggior centro economico e demografico del Paese, quello che meglio ne illustra la componente, modernissima e tutta occidentale, delle strutture economiche e sociali; Haifa, il principale sbocco marittimo d'Israele; Be er Sheva, con funzioni amministrative e nodo delle comunicazioni per il Negev.









STORIA: DALLA NASCITA DELLO STATO D'ISRAELE A OGGI


Lo Stato d'Israele nacque il 14 maggio 1948 dalle rovine del mandato inglese sulla Palestina. Il governo provvisorio coordinò l'azione delle truppe israeliane nel corso del conflitto che le oppose agli eserciti arabi e ai palestinesi. Quando nel 1949 furono sottoscritti gli armistizi con i Paesi confinanti, risultò che Israele era riuscito a conquistare un'area più vasta di quella concessagli dal piano delle Nazioni Unite. Le ferite della guerra del 1948 rimangono ancor oggi aperte: 800.000 mila Arabi abbandonarono i territori occupati da Israele; i Palestinesi rimasti non furono assimilati nel nuovo Stato; gli Stati arabi sottoscrissero armistizi ma non pace. L'ostilità dei vicini e il problema dei profughi non piegarono Israele. Nel 1970 il conflitto arabo-israeliano sembrava aver trovato una sua precaria "stabilizzazione": il governo di Golda Meir, primo ministro d'I. dopo la morte di Eshkol, appariva ora in grado di controllare gli aspetti negativi delle conquiste del 1967 (p. es., il rapporto tra Arabi ed Ebrei all'interno dello Stato era passato, da uno a dieci, a uno a tre). La resistenza "interna" palestinese sembrava entrata in crisi, mentre lo sviluppo del Paese era rilanciato dalle nuove disponibilità territoriali e di manodopera. All'esterno d'Israele i Palestinesi, schiacciati in Giordania nel 1970-71, penetrazione militare sovietica in Egitto (trattato del 1971) e in Siria appariva, alla luce delle conservavano una certa presa unicamente nel Libano. Perfino la crescente relazioni tra Mosca e Washington, più una garanzia di pace che una minaccia di guerra. Giunse pertanto in larga misura inatteso, nell'ottobre del 1973, lo scoppio della quarta guerra arabo-israeliana. Egitto e Siria attaccarono contemporaneamente Israele: nella prima settimana furono gli Arabi a ottenere consistenti successi, ma in seguito gli Israeliani condussero delle veementi controffensive. Quando fu accettata la tregua, il bilancio territoriale complessivo pendeva a favore di Israele, che era riuscito a occupare parte della riva occid. del canale.

La guerra del 1973 aprì la strada a trattative di pace, iniziate a Ginevra nel dicembre dello stesso anno, dopo aver messo in crisi l'economia mondiale con l'embargo sul petrolio deciso dagli Arabi per i Paesi amici d'Israele e il rialzo del prezzo del greggio.

Nel 1987 l'evoluzione della situazione politica in alcuni Paesi dell'Europa orientale preluse a un miglioramento delle relazioni internazionali, segnando la ripresa di contatti interrotti da due decenni. Le elezioni parlamentari del dicembre 1988 non hanno modificato il quadro politico. Il processo di distensione consolidatosi fra le superpotenze ha quindi favorito l'elaborazione pur vana di piani di pace di interesse regionale (bloccati spesso dal problema della rappresentanza palestinese), mentre da parte statunitense si sono avute le prime critiche agli aspetti più violenti dell'amministrazione israeliana dei territori occupati (fra questi, i provvedimenti di espulsione), così come all'inserimento in essi dei profughi provenienti in numero crescente dall'Unione Sovietica o di altri coloni (complessivamente già 90.000 ca.). Nell'aprile 1996 gli israeliani hanno lanciato l'offensiva "Furore" contro le milizie sciite filoiraniane del Libano meridionale, che hanno risposto con i razzi sugli insediamenti nell'alta Galilea. Pure Beirut è finita sotto il fuoco dei missili "Apache". Benjamin, leader della destra, ha vinto le elezioni del 29 maggio 1996. Le sue posizioni nei confronti della questione palestinese hanno suscitato viva preoccupazione nella comunità internazionale. In effetti i primi cento giorni del nuovo premier si sono caratterizzati per l'escalation di ostacoli sul percorso di pace fino a quando, il 24 settembre 1996, la decisione di riaprire il tunnel sotto la spianata delle moschee, nella parte araba di Gerusalemme, ha provocato l'esplosione della rabbia palestinese che ha sfiorato l'innescarsi di una vera e propria guerra civile quando l'esercito palestinese, per difendere i dimostranti, ha risposto al fuoco israeliano. La dichiarata ostilità del nuovo premier a proseguire sulla strada tracciata dal precedente esecutivo, faceva temere un'interruzione dei rapporti diretti con 'Arafat e un conseguente blocco della trattativa. Ma nella nuova veste di diretto responsabile del governo del Paese, il leader del Likud doveva tenere conto anche delle pressioni internazionali e in particolare dell'alleato statunitense; per di più, anche nella sua contraddittorietà, il processo di pace era ormai andato troppo avanti e interromperlo bruscamente avrebbe potuto comportare conseguenze incontrollabili. Nel maggio 1999, con una schiacciante vittoria, veniva eletto, come nuovo premier, al posto del leader della destra Benjamin, il laburista Ehud Barak, che imprimeva un'accelerazione al processo di pace in Medio Oriente. Il 4 novembre dello stesso anno, in Egitto, aveva luogo un incontro tra il primo ministro israeliano e il leader palestinese 'Arafat per un nuovo accordo che prevedeva, tra l'altro, l'applicazione del "Memorandum di Wye", la liberazione di prigionieri palestinesi e la fissazione di una nuova scadenza per stabilire i criteri generali dell'accordo definitivo previsto per il settembre 2000. Nel dicembre 2000 Barak era costretto a dimettersi e, nelle elezioni anticipate del febbraio 2001, si affermava la coalizione di destra guidata da Sharon, che formava un governo di unità nazionale, comprendente anche alcuni laburisti. Il clima di fortissima tensione venutosi a creare non faceva altro che intensificare le azioni militari israeliane nei territori palestinesi e gli attentati terroristici compiuti dagli estremisti palestinesi.











RELIGIONE


La religione ebraica è fondata sulla "rivelazione", registrata in un corpo di "sacre scritture": qui, in una funzione culturale unitaria, confluiscono ciò che, secondo le nostre categorie, definiamo storia, letteratura, diritto, ecc. oltre che la teoria e la pratica propriamente religiose. Non ha senso per la cultura ebraica una distinzione categoriale del "religioso", in quanto la sua storia è una "storia sacra", così come "sacri" sono il diritto, la letteratura e ogni altro prodotto. Con l'insediamento in Palestina l'antico Essere Supremo si "personalizza" secondo i modelli religiosi locali (politeistici), assume il nome personale di Yahwèh e diventa il "dio poliade" di Gerusalemme e del regno. Tuttavia non sarà mai un "dio poliade" come gli altri: Yahwèh non si realizza soltanto con il culto ufficiale (sacerdozio templare) e con la "ragione di Stato" (regalità sacra), ma si realizza soprattutto per l'azione dei profeti (profetismo) che vogliono vedere nella "storia" ebraica una sua manifestazione diretta. Come gli dei politeistici sono immanenti ai rispettivi settori della "natura", così il dio Yahwèh diventa immanente al popolo ebraico. È un primo passo verso la trascendenza. Questa si realizzerà con la disintegrazione dell'unità politica ebraica, ossia della forma in cui prima Yahwèh era contenuto. È appunto all'epoca dell'esilio babilonese che si trova la prima formulazione di Yahwèh nel senso pienamente monoteistico di un dio unico, universale e trascendente (Deuter.-Isaia). La pratica cultuale è legata all'evoluzione "teologica". Dal culto dell'Arca, risalente alla condizione nomadica, si giunge al culto del Tempio, che però è e resterà "unico" come "unico" è Yahwèh. Il calendario festivo, adottato probabilmente dai Cananei, diventa una commemorazione delle "vicende" del popolo ebraico, ossia delle "vicende" di Dio; l'inattività rituale del sabato corrisponde a un'"inattività" di Dio, come se ogni settimo giorno Dio si riposasse al modo con cui si era riposato dopo i sei giorni della creazione. Il nabi, ossia l'indovino presente nella pratica religiosa di tutto il Vicino Oriente, si trasforma nel "profeta", colui per la cui bocca parla Dio. Ogni "operatore" importante è un inviato (o "unto") di Dio.



FOLCLORE


La fusione di tanta gente dalle origini diverse è stata difficile. Sulle vecchie generazioni ha fatto da catalizzatore la coscienza religiosa. Tradizioni uniche avevano diverse manifestazioni. Diverso il culto, la celebrazione delle feste, diverso il regime alimentare pur nel rispetto delle prescrizioni bibliche. La vita dell'ebreo è regolata dal Sulhan 'Aruk di Yoseph Karo (tavola preparata). La Bibbia dice di "non passarsi il coltello sul viso e di non tagliarsi i capelli alle tempie" e l'ebreo ortodosso ha i capelli e la barba lunghi. Le nuove generazioni tuttavia abbandonano questa rigidezza di interpretazione. Del tutto rispettata anche dalle nuove generazioni è invece la prescrizione della circoncisione, praticata su tutti i maschi all'ottavo giorno di vita. Con essa l'ebreo entra nell'alleanza di Abramo, cioè nella comunità israelita. In Israele la pratica è seguita anche dai musulmani. Abiti tradizionali ebraici non esistono. Ogni comunità si adegua alle tradizioni di origine. I giovani vestono adattandosi alle esigenze del clima. La celebrazione delle feste segue il calendario ebraico. La festa della Pasqua è nello stesso tempo la festa della primavera e del pellegrinaggio al tempio. Nei kibbuzim con la Pasqua si celebra contemporaneamente la ricorrenza della rivolta del ghetto di Varsavia e la guerra di indipendenza di Israele, mentre con l'offerta delle prime spighe si sostituisce il pellegrinaggio al tempio e l'offerta dei primi nati delle greggi. La diversa celebrazione delle feste, con significati aderenti al tempo, segue tutto il corso dell'anno, scandendo la vita dell'ebreo ortodosso diversamente da quella dei laici dei kibbuzim. Dopo la riunificazione di Gerusalemme, il pellegrinaggio al muro del tempio è diventata la marcia su Gerusalemme. Per quattro giorni Israeliani e Israeliti provenienti da tutto il mondo camminano nei dintorni della città per ritrovarsi tutti nelle vie del centro nel tripudio della marcia finale. La solennità più importante del calendario ebraico è il "giorno del grande perdono", giorno di digiuno totale e di meditazione. La festa delle luci, celebra la vittoria di Giuda Maccabeo e degli Asmorrei su Greci e Siriani. La lampada di Hanukka, ha otto o nove braccia in memoria di un'antica leggenda su un'ampollina del tempio che arse per otto giorni, tanti quanti ne bastarono ai sacerdoti per rifornirla di olio. Le antiche tradizioni sono massimamente rispettate anche nel sabbat che non è solo giorno festivo settimanale, ma giorno di pace, di meditazione e di studio. Sulle tradizioni antiche si sono innestate le nuove celebrazioni, la maggiore delle quali è la commemorazione dell'indipendenza, con balli popolari e canti e veglia sulla tomba di Theodor Herzl. Giornate celebrative sono dedicate ai martiri del nazismo e ai combattenti per l'indipendenza. Molte tradizioni tuttavia sono conservate non più per spirito religioso ma per sentimento unitario di popolo. Altro elemento comune nelle celebrazioni è la cucina. Nelle feste sono d'obbligo piatti tradizionali, diversi per le diverse comunità, ma sempre rispettosi delle regole bibliche: pane azzimo nella settimana precedente la Pasqua; non vanno consumate carni di animali impuri (cavallo, gatto, maiale, cammello); non vanno mischiate le carni con i latticini ("non farai cuocere l'agnello nel latte della madre"); né va mangiato ciò che provenga da animale impuro.





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