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Campania - Territorio

geografia



Campania

Regione amministrativa dell'Italia meridionale; si affaccia a ovest e a sud-ovest sul mar Tirreno e confina con il Lazio e il Molise a nord, la Puglia a est, la Basilicata a est e sud-est. È ripartita nelle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno; il capoluogo regionale è Napoli. Dipendono amministrativamente dalla regione (in provincia di Napoli) le isole partenopee.

Il nome di "Campania" può sembrare abbastanza incongruo per designare una regione che in effetti è, per oltre cinque sesti, montuosa o collinare, nonché in gran parte formata da terreni poco fertili, quindi inadatti all'agricoltura. In effetti il nome indicò in origine solo l'ar 414e43e ea pianeggiante della regione, abitata dalla popolazione degli osci, che corrisponde a grandi linee all'attuale Terra di Lavoro (in provincia di Caserta), il cui centro principale era Capua; da questa città trasse il nome il territorio circostante, cioè l'Agro Campano (Kappanom, Kampanom). Il termine di Campania in funzione amministrativa scomparve in epoca medievale - per secoli si parlò solo di Regno di Napoli - e tornò in uso solo con l'unità d'Italia.



La regione non è particolarmente vasta (13.595 km ) ma, con 5.754.800 abitanti, può dirsi notevolmente popolata; in valori assoluti solo la Lombardia ne conta di più, ma la densità media (423 abitanti per km ) non solo è la più alta d'Italia, ma addirittura più che doppia rispetto alla media nazionale. I confini sono quasi ovunque convenzionali e hanno subito nel corso della storia numerose modifiche. Tra i pochi limiti fisicamente delineati vi è un breve tratto del fiume Garigliano, al confine con il Lazio, il massiccio del Matese, al confine con il Molise, e i monti della Daunia, al confine con la Puglia.

Territorio



La fascia costiera, dal clima molto mite, dai porti accoglienti, dai terreni perlopiù pianeggianti e assai fertili, dalle città aperte agli scambi commerciali, era per i romani la Campania felix. Gli odierni confini tuttavia comprendono una Campania ben diversa (e assai più vasta), del tutto simile alle terre appenniniche dell'Italia centrale e meridionale, con le sue montagne aspre e brulle, i valichi difficili, i paesaggi spopolati.

Se è propria di tutta l'Italia peninsulare la contrapposizione - per caratteristiche economiche, densità insediativa, generi di vita - tra le dinamiche, ricche e sempre più popolate orlature marittime e le più povere e disagiate zone interne, in nessun'altra regione il divario assume gli estremi contrasti che si manifestano in Campania.

La morfologia contribuisce a favorire nettamente la regione litoranea. Le pianure, che coprono meno di un sesto del territorio (il 50,8% è collinare, il 34,5% è montano), sono tutte costiere, di origine alluvionale, rese particolarmente fertili dai terreni vulcanici. A nord si estende la pianura più ampia e dal nome significativo, la Terra di Lavoro, attraversata dal fiume Volturno, a sud è situata la piana del Sele, solcata dal fiume omonimo.

Le coste si sviluppano per 360 km, tra la foce del Garigliano e la sezione occidentale e più ampia del golfo di Policastro, presso la cittadina di Sapri (il tratto orientale del golfo è in Basilicata); in nessun'altra regione tirrenica il territorio è altrettanto articolato. Vi si aprono quattro golfi (i due estremi, a nord e a sud, condivisi con le regioni confinanti), nettamente separati da altrettanti promontori rocciosi.

Il primo golfo è quello di Gaeta, che a ovest sconfina in Lazio e sul quale prospetta la Terra di Lavoro; è chiuso dal Capo Miseno e fronteggiato dalle isole di Procida e di Ischia. Segue il golfo di Napoli, uno dei più pittoreschi e famosi del mondo, dominato dalla mole del Vesuvio e delimitato a sud dalla lunga e montuosa penisola sorrentina, alla cui estremità si trova la Punta Campanella, a chiusura dei monti Lattari, che morfologicamente proseguono nell'isola di Capri. Più a sud la Costiera amalfitana, sul lato meridionale della penisola sorrentina, con il suo susseguirsi di celebri località turistiche (Amalfi, Positano, Maiori ecc.), cinge l'ampio golfo di Salerno, che include la piana del Sele e che termina a Punta Licosa. Infine, superato il tratto scosceso in cui il massiccio del Cilento giunge sino al Tirreno, e nel quale si protende il Capo Palinuro, si apre il golfo di Policastro.

La Campania montuosa e collinare include rilievi molto diversi anche per formazione rocciosa, compresi sia nel sistema degli Appennini sia dell'Antiappennino; sovente le loro propaggini giungono sino al mare. La sezione propriamente appenninica (Appennino campano) è frammentata in una serie irregolare di massicci montuosi, separati a volte da depressioni marcate, e con un prevalente orientamento da nord-ovest a sud-est.

L'Appennino campano inizia in effetti nel Molise, nella Bocca di Forlì (998 m), e termina nella Sella di Conza (700 m), al confine con la Basilicata; qui comincia l'Appennino lucano, che in parte supera i confini amministrativi della Basilicata ed entra in territorio campano. Ovunque in Campania prevalgono le rocce calcaree, con vistosi fenomeni carsici e un'accentuata idrografia sotterranea; celebri sono in particolare le grotte, sia nella terraferma sia nelle isole (famosa fra tutte è la Grotta Azzurra di Capri). Vi sono inoltre accumuli di dolomite.

I rilievi a tratti emergono come aspri roccioni isolati dai sovrapposti terreni di argille e sabbie, a tratti formano imponenti massicci compatti; sono tali il massiccio del Matese, ripartito con il Molise e che culmina nel monte Miletto (2050 m), e il gruppo dei monti Picentini (monte Cervialto, 1809 m). Talvolta sono altipiani, come il cosiddetto Appennino sannita (monte Saraceno, 1086 m), tra la Campania e il Molise. Altre volte ancora i rilievi formano delle erte e sottili dorsali: così si presentano ad esempio i monti Lattari (significativo il nome della massima cima, monte Sant'Angelo a Tre Pizzi, 1444 m), che formano l'ossatura prevalentemente dolomitica della penisola sorrentina.

Viene in genere per convenzione incluso nell'Appennino lucano il più meridionale dei grandi complessi montuosi della regione, il massiccio del Cilento, che una lunga e profonda depressione, il Vallo di Diano, separa dalla principale dorsale appenninica: è un'accidentata regione di alteterre che culmina nel monte Cervati (1899 m), seconda cima per altezza della regione dopo il Miletto, ma la più elevata tra quelle situate interamente in territorio campano.

L'Antiappennino, che sul versante tirrenico orla ampiamente il sistema degli Appennini, forma in Campania un'area ben individuata per la sua natura vulcanica: la regione è anzi particolarmente nota proprio per i suoi apparati vulcanici. Sono state le loro eruzioni a costruire, con ceneri, sabbie e lapilli, buona parte della pianura campana. Alcuni vulcani si possono ritenere ormai spenti, come il Roccamonfina (il cono più alto tocca i 1005 m), presso il confine con il Lazio; molteplici manifestazioni di vulcanismo secondario (fumarole, emissioni di vapore acqueo ecc.) hanno invece i Campi Flegrei, vasta zona situata attorno al golfo di Pozzuoli, a ovest di Napoli; infine il Vesuvio è l'unico vulcano attivo di tutta l'Europa continentale. Il vulcanismo secondario è ben rappresentato anche nell'isola di Ischia.

Se l'attività vulcanica è oggi comunque modesta, frequenti e spesso disastrosi sono per contro i terremoti, che si manifestano sia nelle aree vulcaniche sia, con maggiore violenza, nelle aree appenniniche interne. Zona di particolare instabilità, e quindi più frequentemente colpita dai terremoti, è l'Appennino sannita, dal massiccio del Matese alla regione dell'Irpinia. Proprio nell'Irpinia si è registrato, nel 1980, uno dei più disastrosi terremoti che abbiano colpito l'Italia nell'ultimo secolo, causando 441 morti, 50.000 feriti e 150.000 senzatetto.

Le frane costituiscono un altro gravissimo problema per la regione: l'area più a rischio corrisponde alla penisola sorrentina, anche per la sua elevata densità abitativa. La Campania è solcata da pochi ma relativamente importanti corsi d'acqua. Nasce dal versante orientale dell'Appennino campano l'Ofanto (134 km), che esce ben presto dalla regione, dirigendosi poi al mare Adriatico. Tutti gli altri principali corsi d'acqua della Campania tributano invece al mar Tirreno. La caratteristica principale del loro percorso è quella di doversi aprire la strada lungo i solchi longitudinali delle antiche linee di frattura che, come il Vallo di Diano, separano tra loro gli allineamenti montuosi; non scendono quindi paralleli a pettine, ma con andamenti complessi e tortuosi, formando una rete a ventaglio. Sono inoltre sovente alimentati da ricche sorgenti sotterranee.

Se si esclude il Garigliano (158 km), che come si è detto segna per breve tratto il confine con il Lazio, i due grandi fiumi della Campania (tra i maggiori dell'Italia meridionale) sono il Volturno e il Sele, che presentano tra loro forti analogie nel percorso, nel sistema di alimentazione e nel regime idrico. Il Volturno (175 km) nasce presso il confine tra Molise e Abruzzo, ma diventa ricco d'acqua solo in Campania, dove lo raggiunge il Calore; è proprio quest'ultimo a dare un apporto determinante al fiume. Il Volturno ha un regime non eccessivamente irregolare, grazie alla presenza nel suo bacino di massicci calcarei che alimentano ricche sorgenti. L'intera regione, che abbonda di falde sotterranee, è, da questo punto di vista, una delle regioni più favorite d'Italia.

Il Sele è lungo solo 64 km, ma ha un bacino idrografico di ben 3223 km , tra i più estesi dell'Italia peninsulare. Nasce a Caposele dal monte Cervialto, nei Picentini; riceve poi il Tanagro, che solca interamente il Vallo di Diano e che, con i suoi 92 km, è in effetti assai più lungo dello stesso Sele. È dunque grazie ai loro affluenti, cui la disposizione del rilievo ha impedito di aprirsi uno sbocco diretto al mare, se Volturno e Sele sono corsi d'acqua così rilevanti. Entrambi i fiumi sono ampiamente utilizzati per alimentare centrali elettriche e opere irrigue; le acque del Sele sono addirittura catturate a Caposele e convogliate nell'acquedotto Pugliese.



Clima e ambiente

La regione ha quasi ovunque inverni miti ed estati calde, ma temperate dalla brezza marina; raramente le temperature massime e minime raggiungono valori elevati. Il territorio trae vantaggio, oltre che dell'esposizione al mar Tirreno, della presenza di ampie e profonde valli, che dalle pianure litoranee si incuneano fra le montagne, facilitando la penetrazione degli influssi di origine marittima. Tuttavia condizioni di semicontinentalità, caratterizzate soprattutto da inverni più rigidi, sono proprie di quelle zone, come l'Irpinia, nelle quali i rilievi agiscono da barriera climatica.

Le medie invernali sono, a Napoli e in genere sulla costa, di oltre 10 °C (ma non sono mancati minimi eccezionali sottozero), di 3 °C a Iriano Irpino, posto sull'Appennino sannita a 778 m di quota; le medie estive, nelle medesime località, sono di 26 °C (con valori massimi anche di 39 °C) e di 21 °C. Più della temperatura varia la piovosità, irregolarmente distribuita nel corso dell'anno e tra zona e zona. I valori, che nelle pianure costiere si aggirano sugli 800 mm annui, decrescono però nelle conche più infossate, con minimi anche di 600 mm, ma raggiungono facilmente i 1000 mm sui rilievi. I massimi, sui 1800-2000 mm, si registrano in alcune limitate sezioni del Matese e dei monti Picentini. D'inverno sui monti si verificano non di rado precipitazioni di carattere nevoso: a volte si imbianca persino la sommità del Vesuvio. Le precipitazioni sono piuttosto irregolari: si concentrano tra novembre e gennaio mentre sono quasi inesistenti d'estate, quando assumono molto facilmente carattere di devastanti temporali. Anche la violenza delle piogge accresce i problemi ambientali della regione, che è già di per sé ad alto rischio per frane, smottamenti, terremoti.

Ricchissima di bellezze naturali, comprendenti anche rarissime specie botaniche, la Campania ha ancora gravi ritardi nella loro tutela. Nel 1991 sono stati istituiti il parco nazionale del Vesuvio e il parco nazionale Cilento e Vallo di Diano; sono presenti inoltre alcune oasi di protezione o di osservazione della fauna, create in genere da associazioni ambientaliste. In Campania tuttavia i problemi ambientali riguardano anche lo stato di precarietà dei suoli urbani: in particolare a Napoli, la città con più alta densità abitativa d'Italia - oltre 10.000 persone per km - i terreni sprofondano con disastrosa frequenza.

Flora e fauna

In questa regione di fortissimo addensamento, l'azione modificatrice dell'uomo sulla vegetazione naturale è stata sempre molto intensa, sia con l'eliminazione di specie originarie sia con l'introduzione di nuove (ad esempio la lussureggiante flora tropicale di tanti giardini costieri: palme, banani, agavi ecc.).

Nelle pianure litoranee e nelle zone più basse dei rilievi rivolti al mare, con il loro clima caldo e il lungo periodo asciutto, la formazione più diffusa è la macchia mediterranea, molto rigogliosa, sia ad arbusti sia arborata (leccio, olivastro, carrubo, lentisco, mirto, ginestra, erica, timo, oleandro ecc.); si conserva ancora particolarmente fitta nel Cilento, che ha anche alcune pinete originarie, mentre altrove è stata in larga misura sostituita con colture, sia legnose, come vite, olivo e agrumi, sia a nudi seminativi. Sui rilievi collinari, soprattutto su quelli vulcanici dell'Antiappenino, si hanno associazioni di castagni e querce; alle quote più elevate infine la specie prevalente è il faggio. Il bosco, spesso molto degradato, occupa solo il 20% della superficie regionale.

Il Cilento è la zona in cui la fauna naturale riesce a trovare maggiore protezione: qualche specie è stata introdotta o reintrodotta (cinghiali, daini, lepri) e si ricordano inoltre le volpi e, più rari, i lupi. Le pianure, un tempo acquitrinose, ospitavano numerosi uccelli palustri, come folaghe e aironi; alcuni colonizzano ancor oggi i piccoli laghi costieri (come il lago di Patria, nella piana del Volturno).

Economia

La Campania è, sotto ogni punto di vista, la più importante regione del Mezzogiorno: fornisce infatti il reddito maggiore rispetto alle altre, ospita il 10% della popolazione italiana, ha come capoluogo una metropoli famosa, che fu capitale sino al 1860 dell'intero Meridione e che rimase la più popolosa città d'Italia sino agli anni Trenta, quando venne superata da Roma e poi da Milano. Ma già la Campania non mantiene il suo primato, nemmeno al Sud, se si considera il reddito per abitante (17,5 milioni annui), che è inferiore a quello di regioni come la Puglia, la Sardegna e persino il Molise.

La situazione economica della Campania è per molti aspetti anomala. Della fiorente agricoltura e delle bellezze turistiche della costiera campana (nonché di Capri e Ischia) la notorietà è millenaria. Ancora nell'Ottocento la regione aveva un'economia vivace, aperta alle iniziative industriali: il primo, pur breve, tronco ferroviario d'Italia, la Napoli-Portici, fu realizzato qui nel 1839; ugualmente, nei primi decenni di quel secolo, sorsero nel Napoletano grandi complessi industriali che rivaleggiarono (anche se per pochissimo tempo) con le industrie dell'Italia settentrionale.

Tuttavia, anche per la distanza dalle aree forti di sviluppo, italiane ed europee, è sempre mancata una reale integrazione tra la regione e il resto del paese. Per la Campania si può parlare di potenzialità mai sufficientemente utilizzate: ciò vale anche per quelle turistiche e per quelle agricole. Quanto all'industria, si pensi soltanto che l'impianto siderurgico di Bagnoli che fu, all'inizio del Novecento, uno dei primi e più importanti poli industriali d'Italia, è stato disattivato. L'area in cui si estende, situata a sud-ovest di Napoli, è, in base a un progetto recente, destinata a divenire un parco, con il recupero dell'ambiente naturale originario e l'utilizzo degli edifici industriali come centri di ricerca.

Un altro settore industriale che è stato fiorente, ma che non ha saputo reggere alla concorrenza del Nord e del Centro d'Italia, è stato quello tessile. In epoca recente si sviluppò anche l'attività edilizia, che è oggi in fase di grande recessione. L'insufficiente grado di sviluppo della struttura produttiva della Campania ha motivazioni complesse, tra cui lo sperpero del denaro, da parte delle classi possidenti delle campagne, in opere urbane prive di effettiva funzione, la mancanza di una borghesia attiva, intraprendente, con una mentalità imprenditoriale; ma di immediato risalto è l'eccesso della popolazione rispetto alle possibilità di offerte di lavoro e il costituirsi di una mentalità portata a risolvere con espedienti i problemi della sopravvivenza quotidiana. Pur essendosi dilatato oltre misura il settore del pubblico impiego, il tasso di disoccupazione è il doppio della media nazionale.





Agricoltura

La Campania si colloca tra le regioni d'Italia che maggiormente partecipano alla produzione del reddito agricolo nazionale. Tuttavia in questo ambito la regione vede contrapposte due realtà territoriali molto diverse. La fascia pianeggiante e collinare volta al Tirreno, fertile e ben irrigata, è adibita a un'intensa ortofrutticoltura specializzata, anche se sfavorita dall'eccessiva frammentazione dei terreni che abbassa la produttività. La Campania ha una elevata produzione di patate, melanzane, fagioli, pomodori; importante è anche quella di albicocche, pesche, fichi, cui si aggiungono quelle dell'olivo e della vite.

Nell'interno invece prevale, ma è attività in continuo regresso, anche per l'abbandono dei campi, la cerealicoltura estensiva (che fornisce tuttavia grano duro di alta qualità); ugualmente in declino è la pastorizia degli ovini. Un certo sviluppo ha invece l'allevamento di caprini e ancora più di bufali (quest'ultimo nella piana del Sele), con discreta produzione di formaggi. Relativamente ridotta rispetto al passato è infine un'altra attività tradizionale delle popolazioni costiere, cioè la pesca, sia per la diminuita pescosità delle acque sia per la mancata dotazione di moderne attrezzature.

Industria

Se comparata alle altre regioni del Sud, la Campania può dirsi sufficientemente industrializzata. L'attività è concentrata tradizionalmente a Napoli e a Salerno; tuttavia anche Caserta, nell'ultimo ventennio, ha trasformato la propria struttura produttiva basandola prevalentemente sul settore manifatturiero.

I settori di base poggiano quasi tutti su imprese sorte con capitali pubblici o provenienti da altre regioni d'Italia (lo stabilimento automobilistico FIAT di Pomigliano d'Arco, ad esempio); sono presenti industrie metalmeccaniche, elettrotecniche, elettroniche. Vi è per contro, soprattutto nel Napoletano, un numero elevatissimo di microimprese, che operano spesso in modo illegale e nascosto (il cosiddetto "lavoro nero", soprattutto femminile), con varie produzioni, ma soprattutto scarpe, guanti, pellami, capi di vestiario. Solo le industrie alimentari (conservifici, pastifici, caseifici) hanno un'ampia distribuzione territoriale, interessando anche i centri interni come Avellino e Benevento oltre che i centri agricoli del Napoletano e del Salernitano (come Battipaglia).

Attività terziarie

Un commercio al minuto estremamente frammentato e il già ricordato pubblico impiego rappresentano sostanzialmente gli ambiti entro cui si svolgono le attività terziarie; in Campania la percentuale di addetti al terziario supera la media nazionale. Il turismo, anche se in crescita, resta localizzato in poche aree di antiche e consolidate tradizioni, che risalgono in qualche caso addirittura al Settecento, come, in particolare, le isole di Capri e di Ischia, le celebri zone archeologiche di Pompei e di Ercolano, Amalfi e le altre località balneari e climatiche della penisola sorrentina. Recente è il rilancio del turismo d'arte e di cultura a Napoli. Il numero di visitatori registrati negli alberghi è di poco superiore ai tre milioni; la partecipazione della regione al fatturato turistico nazionale supera di poco il 5%.

Napoli, scalo marittimo (il primo d'Italia per naviglio di cabotaggio) e aereo di rilievo, è un fondamentale centro nodale dei traffici terrestri. Le comunicazioni ferroviarie sono buone verso nord, con Roma e l'Italia centrosettentrionale; più tortuose e lente quelle con il Sud (verso Bari e Reggio Calabria). La rete e i servizi stradali sono invece del tutto carenti sia nel centro di Napoli sia nella vasta area circostante la metropoli. L'autostrada del Sole, proveniente da Milano, prosegue con la Napoli-Salerno-Reggio Calabria (sulla quale si innesta, evitando il passaggio per Napoli, il raccordo diretto Salerno-Caserta); infine la Napoli-Avellino-Canosa di Puglia (con diramazione per Benevento) ha potenziato i collegamenti anche con i due capoluoghi interni.

Popolazione e città

La geografia umana della Campania è densa di problemi: essi riguardano sia la distribuzione della popolazione, sia il suo sviluppo demografico, sia l'organizzazione territoriale e urbana, sia infine il rapporto tra popolazione e risorse. Di immediato risalto è lo squilibrio insediativo tra le varie aree della regione - il cui peso è in ogni caso ovunque eccessivo. La densità delle province di Avellino e Benevento si aggira sui 150 abitanti per km , il Casertano ne conta più del doppio, una volta e mezzo la media nazionale; ma addirittura la provincia di Napoli, con oltre 2600 abitanti per km , ha una densità che supera di quattordici volte quella media italiana.

La regione è la più "giovane" d'Italia, quella cioè con più elevata percentuale di popolazione giovane e registra il più alto indice di natalità. I divari tra i capoluoghi sono naturalmente altissimi. A un valore di più di un milione di abitanti (1.054.000) di Napoli - per un terzo senza lavoro - si contrappongono i 144.500 di Salerno; gli altri tre capoluoghi si collocano sui 60.000-70.000 abitanti. Ma nel Napoletano le città medie si moltiplicano: 100.000 abitanti ha Torre del Greco, 80.000 Pozzuoli, 75.000 Giugliano in Campania, e, tutti con oltre 60.000 abitanti, Afragola, Castellammare di Stabia, Ercolano, Portici, San Giorgio a Cremano.

Con la debolezza di strutture produttive, Napoli forma ormai un'area metropolitana pressoché paragonabile, per complessiva popolazione, a quella di Milano: si tratta di una conurbazione che si estende sull'intero golfo di Napoli, sull'area vesuviana sino a Caserta, verso nord, e che accoglie poco meno di 4 milioni di abitanti. La densità abitativa si attenua solo di poco tra un centro e l'altro, dove le case sparse e i nuovi quartieri (spesso sorti abusivamente) si interpongono tra gli orti, i campi fertilissimi, in altri tempi decantati dai viaggiatori come magnifici giardini. Alla grande conurbazione mancano servizi appropriati e un'efficiente rete viaria e ferroviaria.

Storia

Dalla metà del II millennio a.C. la Campania fu abitata dagli ausonii (o aurunci) e dagli osci. Nell'VIII secolo sorsero sulle coste le prime colonie della Magna Grecia, tra le quali assunse una posizione di rilievo quella di Cuma, mentre le zone dell'interno erano occupate dagli etruschi. A questi ultimi si deve la nascita di una elementare struttura politica, fatta da una lega di dodici città e presieduta da Capua. I sanniti invasero la regione nella seconda metà del V secolo a.C. e la tennero fino a che i romani non ne fecero un obiettivo della loro espansione. Dalle tre guerre sannitiche (343-290 a.C.) derivò l'occupazione della regione da parte di Roma, che fondò le colonie di Cales, Suessa, Pozzuoli, Literno e integrò gli abitanti al suo dominio, cosicché poté contare sulla loro fedeltà durante la seconda guerra punica. In quella circostanza solo Capua e pochi altri centri minori si allearono con Annibale, contrariamente a quanto avvenne nel Sud d'Italia.

Al tempo dell'impero la regione raggiunse il massimo splendore: sulle coste e sulle isole i patrizi romani costruirono le loro dimore di villeggiatura. Le campagne producevano in abbondanza cereali, olio, agrumi e vini prelibati, come il noto falerno. Insieme con il Lazio fece parte della Regio I, secondo la divisione amministrativa operata da Augusto, per acquisire in seguito autonomia di provincia ai tempi di Diocleziano. Con l'occupazione longobarda del territorio di Benevento (570), la Campania perse la sua unità: parte del suo territorio fu acquisito dal Ducato di Benevento che accorpò le province di Capua e Salerno, mentre sul restante territorio si esercitava l'autorità dell'impero bizantino. Sulla costa, Amalfi acquisì prestigio con le attività marittime che ne fecero, tra il IX e il X secolo, uno dei principali centri commerciali del Mediterraneo.

Il rimodellamento politico del territorio fu dovuto alla dominazione dei normanni, giunti nell'anno 1030, quando ebbero in feudo la contea di Aversa, primo nucleo dei loro possedimenti nell'intera Italia meridionale. Sotto la monarchia normanno-sveva la Campania fu compresa nel Regno di Sicilia, e quindi divenne dominio prima degli angioini e poi degli aragonesi. Il successivo governo degli spagnoli (1503-1713), esercitato attraverso la figura di un viceré residente a Napoli, si articolò in un equilibrio di rapporti sociali tra gli organi di governo e le ampie autonomie di cui beneficiavano i grandi proprietari terrieri e i ceti borghesi della capitale.

Dopo la breve parentesi austriaca (1707-1734) la Campania fu conquistata dai Borbone di Spagna durante la guerra di successione polacca; il nuovo sovrano di Napoli Carlo di Borbone intraprese moderate riforme nel campo della fiscalità, della moneta, della giustizia, servendosi della collaborazione del potente ministro Bernardo Tanucci. Nella seconda metà del Settecento a Napoli, sede universitaria e una tra le principali città europee per numero di abitanti e attività mercantili, si organizzò un vivace gruppo di intellettuali illuministi, tra cui Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri, che per primi analizzarono le arretratezze della società meridionale e denunciarono i mali del sistema feudale, imperante nelle campagne. La breve esperienza della repubblica giacobina di Napoli (1799) fu contrassegnata dai generosi tentativi di smantellare le istituzioni dell'antico regime, così come fece di lì a poco Gioacchino Murat: nominato da Napoleone re di Napoli dal 1808 al 1815, a lui si deve l'inizio della legislazione antifeudale.

Reintegrati i Borbone con il congresso di Vienna, non si spensero le idee di rinnovamento costituzionale e liberale, diffuse nelle società segrete, in particolare nella Carboneria. Da un'insurrezione nell'esercito presero origine i moti liberali del 1820, che portarono alla breve esperienza della monarchia costituzionale, interrotta l'anno successivo dall'esercito austriaco che ripristinò l'assolutismo. Napoli, capitale burocratica del regno, esercitò il ruolo di centro propulsore delle iniziative economiche dalla fine del Settecento, con le manifatture di San Leucio, e, nell'Ottocento, con gli opifici tessili di Piedimonte d'Alife e con le officine siderurgiche cresciute con la diffusione delle ferrovie. Una legge speciale approvata nel 1904 portò alla costruzione del polo siderurgico di Bagnoli, mentre nelle campagne giungeva contemporaneamente a termine la lunga opera di bonifica delle molte aree malariche, intrapresa due secoli prima. Tuttavia la regione si impoverì demograficamente per una massiccia emigrazione di forza-lavoro contadina, diretta principalmente all'estero.

Durante la seconda guerra mondiale la Campania fu teatro di decisive operazioni militari, conseguenti allo sbarco degli Alleati a Salerno (10 settembre 1943) e alla successiva liberazione di Napoli, che insorse contro i tedeschi prima dell'arrivo degli angloamericani (Quattro giornate di Napoli, 28 settembre - 1° ottobre). Nel dopoguerra la Campania ha vissuto le potenzialità e i limiti delle politiche per il Mezzogiorno, caratterizzate da nuovi poli dell'industria pubblica ma altresì da intermediazioni partitiche che ne hanno minato l'efficacia complessiva.





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