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A. Meucci

tutte











TITOLO:















ARGOMENTI.


ITALIANO:  L'ERMETISMO, QUASIMODO


STORIA: PRIMA GUERRA MONDIALE


INGLESE: 626 WELCOME TO THE WORK IN SAFETY


ED . FISICA: LEGGE 626/94, CARTELLI D'EMERGENZA


SISTEMI: CANCELLO AUTOMATICO CONTROLLATO TRAMITTE UN PLC SIEMENS S7- 200


ELETTROTECNICA: SISTEMI TT, TN



























ITALIANO: L'EMETISMO, QUASIMODO



L'ERMETISMO

L'Ermetismo è un movimento lettererario che nacque in Francia nel primo 900 e appare l'esperienza poetica più importante del primo 900. Innanzitutto il termine "ermetismo" deriva da Ermete (o Mercurio), dio delle scienze occulte e misteriose, e fu usato per la prima volta -in senso dispregiativo- dal critico Francesco Flora, il quale in uno scritto del 1936 intitolato "La poesia ermetica", definisce la nuova poesia del '900 appunto come "ermetica", ovvero come chiusa, oscura, misteriosa e di difficile interpretazione e codificazione. Anzi, proprio durante il ventennio fascista, una poesia chiusa e "in codice" come quella ermetica, permise ad alcuni intellettuali di esprimere in modi indiretti -e destinati a pochi lettori- la propria polemica o la propria indifferenza nei confronti del regime fascista. Così poterono evitare di compromettersi con il potere politico e con il fascismo e di chiudersi nel proprio mondo a meditare sull'esistenza e sul destino dell'uomo.

Ad ogni modo, l'Ermetismo ci offre una poesia "blindata" in pochi e oscuri messaggi; essa diventa la voce di un individuo solitario ed assoluto, chiuso in se stesso anziché aperto alle novità del suo tempo, come le guerre o il regime fascista. Questi eventi non vengono analizzati in chiave critica (non vengono, cioè, né esaltati né criticati dagli ermetici), ma solo descritti in base alla reazione del poeta ad essi (reazione di sgomento, di paura, di solitudine, di estraneità o indifferenza). Non esiste, cioè, altra realtà al di fuori di quella del loro animo. Il poeta ermetico non vive la realtà come qualcosa da raccontare oggettivamente nella sua opera, ma anzi come qualcosa entro cui proiettare la sua interiorità. Difatti, spesso la poesia ermetica è stata accusata di egocentrismo, di esaltare i problemi individuali e di trascurare quelli reali dell'umanità, di essere estranea alla vita del proprio tempo anziché partecipare con l'azione e l'impegno al regime fascista vigente, ma questa non è un'accusa ben fondata, se si guarda bene. La poesia ermetica è piuttosto lo scavo interiore di un uomo che si guarda dentro mentre vagabonda solitario nella civiltà moderna nella quale si sente spaesato e disorientato. Egli avverte 737j91h la propria vita e, in generale, la vita umana come dolore, come male; cerca disperatamente un rapporto di armonia e di solidarietà col mondo esterno, ma poi lo scopre arido e vuoto; va alla ricerca di una certezza che illumini finalmente la propria esistenza ma alla fine la trova soltanto nella propria poesia, che diventa così un urlo di disperazione.

Inoltre la poesia ermetica è quasi sempre una poesia autobiografica, incentrata su qualche aspetto dell'esistenza del poeta stesso, sui suoi sentimenti, sulle sue sensazioni ed emozioni, sulle sue esperienze di vita, sui suoi dolori; non è una poesia astratta, ma è la poesia dell'uomo, della sua esistenza concreta e della sua disperata resistenza alla distruzione della storia. Tale autobiografismo ci suggerisce quanto stretto sia per la poesia ermetica il rapporto tra vita e letteratura.

Molti poeti precedenti avevano parlato di sé nella propria opera; per es. D'Annunzio aveva descritto nelle sue poesie e nei suoi romanzi le proprie esperienze di vita, quali le proprie relazioni amorose, i propri viaggi o la propria eroica partecipazione alla guerra: la funzione della poesia era per lui quella di esibire la vita del poeta come una vita spettacolare, eroica, fatta di consensi e di successi.

Al contrario, gli ermetici intesero la poesia come scavo sottile nella propria interiorità, senza esibire nulla al pubblico, ma soltanto esprimendo in modo riservato le proprie sensazioni.

Chiuse e riservate, essenziali e concise furono le forme con le quali i poeti ermetici espressero i propri sentimenti in poesia. Essi con i loro versi non raccontano, non spiegano, ma fissano sulla pagina dei rammenti di verità a cui sono pervenuti in momenti di profonda ispirazione, senza l'aiuto del ragionamento e della logica. Visto che le esperienze negative delle guerre e del regime fascista li avevano condannati a una forte solitudine, a loro non interessava affatto essere chiari e precisi


nella loro poesia, tanto nessuno mai avrebbe potuto veramente capire cosa volessero realmente esprimere.

I componimenti degli ermetici ruppero drasticamente con tutti in canoni e con tutte le regole della poesia precedente; non rispettarono più schemi tradizionalmente imposti come la rima, le strofe, il metro, la punteggiatura o il numero di versi; molto spesso il loro testo poetico è scarno, breve, essenziale, fatto di pochissimi versi e pochissime parole, quanto bastava ad esprimere lo stato d'animo del momento. La poesia non ha alcun bisogno di essere decorata o abbellita da forme raffinate ed eleganti (questo accadde, invece, alla poesia di D'Annunzio, una poesia di esasperato estetismo); l'importante è che sia presente nel testo per suscitare nel lettore le stesse sensazioni che ha voluto comunicargli il poeta: il sentimento deve scaturire nudo e deve imporsi grazie alla sua stessa forza e non attraverso la bellezza dell'espressione.

Anche il componimento poetico nel suo insieme risulta essenziale, ridotto all'osso e di breve respiro, concentrando in poche righe tutto il suo messaggio. Tra gli strumenti espressivi che caratterizzarono la poesia ermetica, ricordiamo soprattutto il simbolo e l'analogia.

Per quanto riguarda il simbolo, è importante ricordare che molti poeti ermetici furono particolarmente influenzati da un movimento poetico europeo chiamato "simbolismo" e fiorente soprattutto in Francia ai primi del '900. Proprio dai simbolisti gli ermetici derivarono l'uso del simbolo, ovvero quel procedimento per il quale ci si serve di un oggetto qualsiasi per rappresentare qualcos'altro. Non sempre è facile nella poesia ermetica decifrare il simbolo, cioè tradurre il simbolo in ciò che l'autore voleva realmente rappresentare attraverso di esso: molto spesso le associazioni sono del tutto personali e arbitrarie, e dunque di difficile interpretazione e codificazione per il lettore.  Provando adesso a tracciare le tappe principali dello sviluppo della poesia ermetica, diremo che questa si diffusa in Italia in circa tre fasi:

ANNI 1911-22: In un primo momento si diffusero le prime tendenze della poesia ermetica (testo breve,  rottura con la tradizione) e la tendenza di questi poeti a una certa essenzialità fu detta Frammentismo. ANNI 1923-33: In un secondo momento emersero le grandi personalità liriche della poesia di primo '900 (tra cui Ungaretti e Montale), punti di riferimento per tutta la generazione successiva di poeti con il loro uso di simboli, analogie e con la loro poesia "pura".





SALVATORE QUASIMODO:



Salvatore Quasimodo nacque a Modica (Ragusa) il 20 agosto del 1901 e trascorse gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia orientale (Gela, Cumitini, Licata, ecc.), seguendo il padre che era capostazione delle Ferrovie dello Stato. Subito dopo il catastrofico terremoto del 1908 andò a vivere a Messina, dove Gaetano Quasimodo era stato chiamato per riorganizzare la locale stazione. Prima dimora della famiglia, come per tanti altri superstiti, furono i vagoni ferroviari.

Un'esperienza di dolore tragica e precoce che avrebbe lasciato un segno profondo nell'animo del poeta. Nella città dello Stretto Quasimodo compì gli studi fino al conseguimento nel 1919 del diploma presso l'Istituto Tecnico "A. M. Jaci", sezione fisico-matematica. Negli anni messinesi Quasimodo cominciò a scrivere versi, che pubblicava su riviste simboliste locali.

Nel 1919, appena diciottenne, Quasimodo lasciò la Sicilia con cui avrebbe mantenuto un legame edipico, e si stabilì a Roma. L'assunzione nel 1926 al Ministero dei Lavori Pubblici, con assegnazione al Genio Civile di Reggio Calabria, assicurò finalmente a Quasimodo la sopravvivenza quotidiana.

Ma l'attività di geometra, per lui faticosa e del tutto estranea ai suoi interessi letterari, sembrò allontanarlo sempre più dalla poesia e, forse per la prima volta, Quasimodo dovette considerare naufragate per sempre le proprie ambizioni poetiche. Tuttavia, il riavvicinamento alla Sicilia, i contatti ripresi con gli amici messinesi della prima giovinezza, soprattutto il "ritrovamento" con Salvatore Pugliatti, insigne giurista e fine intenditore di poesia, valsero a riaccendere la volontà languente, a far sì che Quasimodo riprendesse i versi del decennio romano, per limarli e aggiungerne di nuovi. Nel 1929 Quasimodo si recò a Firenze, dove il cognato Elio Vittorini lo introdusse nell'ambiente di "Solaria", facendogli conoscere i suoi amici letterati, da Alessandro Bonsanti, ad Arturo Loira, a Gianna Manzini, a Eugenio Montale, che intuirono subito le doti del giovane siciliano. E proprio per le edizioni di "Solaria" (che aveva pubblicato alcune liriche di Quasimodo) uscì nel 1930 Acque e terre, il primo libro della storia poetica di Quasimodo, accolto con entusiasmo dai critici dell'epoca, che salutarono la nascita di un nuovo poeta.

Nel 1932 vinse il premio dell'Antico Fattore, patrocinato dalla rivista e nello stesso anno, per le edizioni di "circoli", uscì Oboe sommerso. Nel 1934 Quasimodo si trasferì a Milano, che segnò una svolta particolarmente significativa nella sua vita e non solo artistica. Accolto nel gruppo di "corrente" si ritrovò al centro di una sorta di società letteraria, di cui facevano parte poeti, musicisti, pittori, scultori. Nel 1936 Quasimodo pubblicò con G. Scheiwiller Erato e Apòllion (prefazione di Sergio Solmi) ancora un libro fortunato con cui si concluse la fase ermetica della sua poesia. Nel 1938 lasciò il lavoro al Genio Civile e iniziò l'attività editoriale come segretario di Cesare Zavattini, che più tardi lo farà entrare nella redazione del settimanale il "Tempo". Nel 1938, per le "edizioni primi piani" uscì la prima importante raccolta antologica Poesie, con un saggio introduttivo di Oreste Macrì, che rimase tra i contributi fondamentali della critica quasimodiana. Il poeta intanto collaborava alla principale rivista dell'ermetismo, la fiorentina "letteratura". Nel 1939-40 Quasimodo mise a punto la traduzione dei Lirici greci, che uscì nel 1942 nelle edizioni di "corrente" e che, per il suo valore di originale opera creativa, sarà poi ripubblicata e riveduta più volte. Sempre nel 1942 presso Mondadori uscì Ed è subito sera.Nel 1941 gli venne concessa, per chiara fama, la cattedra di Letteratura Italiana presso il Conservatorio di musica "G. Verdi" di Milano. Insegnamento che terrà fino all'anno della sua morte. Un'attività questa di traduttore, che Quasimodo portò avanti negli anni successivi, parallelamente alla propria produzione e con risultati eccezionali, grazie alla raffinata esperienza di scrittore. Numerosissime le sue traduzioni: da Ruskin, Eschilo, Shakespeare, Molière, Dall'Antologia Palatina, Dalle Metamorfi di Ovidio; e ancora da Cummings, Neruda, Aiken, Euripide, Eluard (quest'ultima uscita postuma). Nel 1947, edita da Mondadori, uscì la sua prima raccolta del dopoguerra, Giorno dopo giorno, libro che segnò una svolta nella poesia di Quasimodo, al punto che si parlò e si continua a parlare di un primo e un secondo Quasimodo. Di fatto l'esperienza tragica e sconvolgente della seconda guerra mondiale, il profondo convincimento che l'imperativo categorico era quello di "rifare luomo" e che ai poeti spettava un ruolo importante in questa ricostruzione, fecero sì che Quasimodo sentisse inadeguata ai tempi una poesia troppo soggettiva, rinunciasse al trobar clus della sua prima maniera e si aprisse a un dialogo più aperto e cordiale, soffuso di umana pietà, rimanendo però fedele al suo rigore, al suo stile. Quest'ultimo aspetto spiega da un lato perchè la poesia resistenziale di Quasimodo supera quasi sempre lo scoglio della retorica e si pone su un piano più alto rispetto all'omologa poesia europea di quegli anni; dall'altro, che non c'è vera rottura: solo che, rimanendo coerente con le proprie ragioni poetiche, il poeta, sensibile al tempo storico che viveva, accoglieva temi sociali ed etici e di conseguenza variava il proprio stile. Dal 1948 Quasimodo tenne la rubrica teatrale sul settimanale "omnibus" (nel 1950, sempre come titolare della stessa rubrica, passò al settimanale il "tempo"). Nel 1949 uscì presso la Mondadori La vita non è un sogno, ancora ispirato, anche se un pò stancamente, al clima resistenziale. Nel 1950 Quasimodo ricevette il premio San Babila e nel

1953 l'Etna-Taormina insieme a Dylan Thomas. Nel 1954 uscì per la casa editrice Schwarz Il falso e vero verde; un libro di crisi, con cui inizia una terza fase della poesia di Quasimodo, che rispecchia un mutato clima politico. Dalle tematiche prebelliche e postbelliche si passa a poco a poco a quelle del consumismo, della tecnologia, del neocapitalismo, tipiche di quella "civiltà dell'atomo" che il poeta denuncia mentre si ripiega su se stesso e muta ancora una volta la sua strumentazione poetica. Il linguaggio ridiventa complesso, più scabro; Quasimodo media lessemi anche dalla cronaca, il ritmo si fa più secco, suscitando perplessità in quanti vorrebbero il poeta sempre uguale a se stesso. Seguì nel 1958 La terra impareggiabile (Mondadori, Milano), premio Viareggio. Ancora nel 1958 Quasimodo mise a punto l'antologia della Poesia italiana del dopoguerra; nello stesso anno compì un viaggio in URSS, nel corso del quale venne colpito da infarto, cui seguì una lunga degenza all'ospedale Botkin di Mosca.

Il 10 dicembre 1959, a Stoccolma, Salvatore Quasimodo ricevette il premio Nobel per la letteratura e lesse il discorso Il poeta e il politico, venne pubblicato l'anno dopo nell'omonimo volume (Schwarz, Milano 1960) che raccoglie i principali scritti critici di Quasimodo. Al Nobel seguirono moltissimi scritti e articoli sulla sua opera, con un ulteriore incremento delle traduzioni. Nel 1960, dall'Università di Messina gli venne conferita la laurea honoris causa; inoltre fu insignito della cittadinanza di Messina.

Sempre nel 1960 sul settimanale "Le Ore" gli venne affidata una rubrica di "colloqui coi lettori", che tenne fino al 1964, quando passò al "tempo" con una rubrica simile. Nel 1967 l'Università di Oxford gli conferì la laurea honoris causa Il figlio del Poeta, Alessandro, attore e regista di chiara fama, è invitato in tutti i Paesi del mondo a tenere recitals di poesie del padre. Si tengono premi letterari in tutto il mondo, vi sono circoli associativi, centri di studi scientifici (es. Centro Nazionale di Studi su Salvatore Quasimodo di Modica), istituti scolastici, riviste specializzate intitolate a Quasimodo "quaderni quasimodiani" ed iniziative culturali.


LA POESIA DI SALVATORE QUASIMODO


Il percorso poetico di Quasimodo, può essere diviso in due fasi.

  • La lirica per lui, in questa prima fase, è un canto individuale, risultato di una ricerca inferiore condotta sui ricordi della propria terra la Sicilia, perciò l'ermetismo diventa il mezzo privilegiato per dare forma attraverso il linguaggio ricercato, l'uso dell'analogia . Nonostante le frequenti cadute nell'oscurità, tipiche di tutta la poesia ermetica, la poesia di Quasimodo in questa fase si distingue dalla poesia di altri ermetici per la tendenza a un canto poetico positivo e la frequentazione degli autori greci, a cui il poeta, a cui il poeta si dedicava in quegli stessi anni come traduttore .
  • La seconda fase, è segnata dall'esperienza tragica e drammatica della guerra che determina un mutamento radicale nel poeta e come se fosse stato gettato fuori dal suo individualismo costretto a fare i conti con una situazione tragica storica collettiva . In questo contesto, il poeta non può risolvere il compito della poesia come consolatorio, ma quello di rifare l'uomo, come lo stesso Quasimodo sottolinea in un articolo su "LA FIERA LETTERARIA".

"Ed è subito sera", Quasimodo 1942


Ognuno è solo sul cuore della terra

Trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera



COMMENTO

Questa poesia esprime, con estrema efficacia, nella sua brevità ed essenzialità, la condizione umana. E' divisa in tre momenti, uno per verso, che insieme riassumono, in maniera intensa e lampante, l'amara concezione che il poeta ha della vita:

Nel primo verso il poeta afferma l'immutabilità della condizione dell'uomo che, nonostante viva ed operi con gli altri, non riesce mai veramente a comunicare con nessuno. Egli infatti è "solo sul cuore della terra", convinto di essere il centro del mondo, ma in realtà ne rimane sostanzialmente estraneo.

Nel secondo verso il termine "trafitto" assume un doppio significato: la luce del sole prima illumina l'uomo, quindi è benefica; poi lo ferisce, quindi è dolorosa. Quindi la vita, simboleggiata dal sole, da possibilità di felicità diventa motivo di sofferenza.

Nel terzo e ultimo verso il poeta conclude affermando che, con la stessa rapidità con cui la giornata lascia spazio alla sera, così sopraggiunge improvvisa la morte. La sera quindi diviene il simbolo della morte.

Ogni uomo, quindi, è tragicamente solo nel mondo e il raggio di sole, gioso come la vita ma anche amaro per la sua precarietà, presto scompare nella sera della morte, che arriva improvvisamente.






Storia:   Prima guerra mondiale



Il 28 giugno del 1914 uno studente di nome Gavrilo Princip uccise l'erede al trono d'Austria Francesco Ferdinando . Nello stesso anno l'Austria - Ungheria dichiarò guerra alla serbi: era scoppiato il primo conflitto mondiale, la "Grande Guerra".Durante la guerra austriaca ci fù un movimento noto come il "meccanismo delle alleanze", che trascinò nel conflitto tutte le grandi potenze, che si unirono nella Triplice Intesa formata da Gran Bretagna, Francia e Russia; e nella Triplice Alleanza formata dalla Germania, l'Austria - Ungheria e dall'Italia, che in un primo momento si dichiara neutrale e successivamente entra in guerra accanto agli stati dell'Intesa per motivi che vedremo più avanti.

L'inizio delle operazioni belliche fu della Germania, con il cosiddetto piano Schlieffen, che prevedeva una rapida invasione della Francia attraverso il Belgio violando la sua neutralità, e successivamente l'invasione della Russia con l'aiuto delle truppe autro-ungariche, attraverso la Prussia e la Galizia. Il 4 agosto la Germania invase il Belgio provocando la reazione degli inglesi che appoggiarono le truppe francesi;e si diresse velocemente verso Parigi. In un primo momento il piano tedesco sembrò riuscire, costringendo le truppe francesi comandate dal generale Joffre ad una frettolosa ritirata. Ai primi di settembre le truppe tedesche si attestarono lungo il corso della Marna, a pochi chilometri da Parigi. Nel frattempo sul fronte orientale, le truppe tedesche, comandate dal generale Hindenburg, fermavano i russi che tentavano di penetrare in Prussica orientale, sconfiggendoli nelle grandi battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri. Il 5 settembre iniziò la battaglia della Marna, che vide le truppe francesi, con l'aiuto inglese, costringere le armate

tedesche alla ritirata, dopo una settimana di attacchi. La vita nelle trincee fu monotona e rischiosa al tempo stesso. Vivevano in condizioni igieniche deplorevoli, senza potersi lavare né cambiare. Erano esposti al caldo, al freddo e alle intemperie, oltre che ai periodici bombardamenti dell'artiglieria avversaria. Pochi mesi di guerra nelle trincee furono sufficienti a far svanire l'entusiasmo patriottico con cui molti combattenti avevano affrontato il conflitto, e provocò anche molti atti di renitenza alla leva, di diserzione, di insubordinazione e di autolesionismo per essere dispensati dal servizio al fronte.

Allo scoppio delle ostilità, il regno d'Italia, legato ad Austria e Germania da un trattato difensivo, dichiarò la propria neutralità, in quanto era stato proprio l'impero di Francesco Giuseppe a scatenare la guerra, senza, peraltro, nemmeno consultare la giovane monarchia di Vittorio Emanuele III. L'Italia si trovò divisa in due linee:

v Da un lato c'erano i neutralisti, che si opponevano all'ingresso in guerra dell'Italia. Tra loro erano presenti molti cattolici, contrari alla guerra per ragioni di principio e molti socialisti che si opponevano all'entrata in guerra dell'italia perché dicevano che avrebbe portato povertà e sofferenza al proletariato.

v Dall'altro lato c'erano gli interventisti, favorevoli all'ingresso dell'Italia in guerra. Tra cui i democratici che ritenevano che la guerra avrebbe permesso di superare gli ostacoli alla democrazia, e i nazionalisti ( con portavoce D'ANNUNZIO ) ritenevano che l'entrata in guerra dell'Italia avrebbe portato potere all'Italia, mentre i socialisti rivoluzionari all'inizio erano contro poi pro. 

Il 26 Aprile 1915 il governo italiano stipulò segretamente, all'insaputa del Parlamento il Patto di Londra con le potenze dell'Intesa, in base al quale si impegnava ascendere in guerra entro un mese contro gli avversari dell'Intesa, in cambio del Trentino Alto Adige, Trieste, Istria, la Dalmazia (esclusa la città di Fiume) e la base di Valona in Albania. Stipulato il patto, il governo dovette affrontare la difficile situazione politica interna. I neutralisti avevano la maggioranza in parlamento che ostacolava così la ratifica del patto. Il 1915 fu caratterizzato anche dal "blocco navale" attuato dall'Inghilterra contro gli imperi centrali, che prevedeva oltre che al blocco del materiale bellico anche il blocco di qualsiasi sorta di merce. I tedeschi cercarono allora di spezzare questo blocco ingaggiando una guerra sottomarina. Nel 1916 gli Austriaci attaccarono l'Italia, che riuscì a contrattaccare. Nel 1917 ci fu la rivoluzione russa che portò all'elezione di Lénin e alla firma della pace di Brest - Litovsk, che obbligò la russia a rendere alcuni territori. Gli Stati Uniti entrarono in guerra contro gli imperi centrali. Anche per l'Italia il 1917 fu l'anno più difficile della guerra. Il 24 ottobre 1917 gli austriaci, forti dei rinforzi provenienti da Est, dopo la dissoluzione dell'esercito russo, lanciarono, con l'ausilio di reparti scelti dell'esercito del Reich, una violenta offensiva nella zona di Caporetto, travolgendo le linee italiane, nonostante la strenua resistenza delle nostre truppe, sfondando il fronte e dilagando nelle retrovie. Le cause della sconfitta di Caporetto furono gli errori strategici di Cadorna, l'atto di insubordinazione di un comandante e le scarse motivazioni dei soldati al fronte dopo anni di guerra sanguinosa ed inutile. In tutto il paese si formò uno straordinario spirito di coesione nazionale ed anche i socialisti, da sempre contrari al conflitto, diedero tutto il loro appoggio per fronteggiare il nemico, contribuendo alla nascita di un governo di unità nazionale alla guida di Vittorio Emanuele Orlando, che lanciò, alla nazione, il vigoroso appello a "resistere" ad ogni costo. Il 24 ottobre, gli italiani lanciarono un'offensiva sul fronte del Piave, vincendo la battaglia di Vittorio Veneto, che vide il crollo dell'esercito austriaco e la successiva firma dell'armistizio con l'Italia, avvenuta il 4 novembre a Villa Giusti presso Padova. In tanto la situazione precipitava anche in Germania, dove ai primi di novembre i marinai di Kiel, dov'era concentrato il grosso della flotta tedesca, si ammutinarono e diedero vita insieme agli operai della città, a consigli rivoluzionari ispirati all'esempio russo. I moti dilagarono in tutta la Germania, e al governo non li restò che firmare l'armistizio nel villaggio francese di Rethondes, accettando le durissime condizioni imposte dai vincitori: consegna dell'armamento pesante e della flotta, ritiro delle truppe,annullamento dei trattati con la Russia e la Romania e restituzione unilaterale dei prigionieri.

Nella conferenza  si doveva ridisegnare la carta politica del vecchio continente, rimasta pressoché immutata per oltre mezzo secolo e ora sconvolta dal crollo contemporaneo di ben quattro imperi (tedesco, austro-ungarico, russo e turco); si doveva ricostruire un equilibrio europeo, tenendo conto di quei principi di democrazia e di giustizia internazionale a cui i governi dell'Intesa si erano richiamati nell'ultima fase del conflitto, ma non si potevano ignorare le pressioni che ne gli stessi paesi vincitori venivano da un'opinione pubblica spesso infiammata dal nazionalismo, diventato ormai fenomeno di massa. Quando la conferenza si aprì, era convinzione diffusa che la sistemazione dell'Europa postbellica si sarebbe fondata essenzialmente sul programma indicato da Wilson nei suoi «quattordici punti», che prevedevano principalmente l'abolizione della diplomazia segreta, il ripristino della libertà di navigazione, l'abbassamento delle barriere doganali, la riduzione degli armamenti, piena reintegrazione del Belgio della Serbia e della Romania, evacuazione dei territori russi occupati dai tedeschi, restituzione alla Francia dell'Alsazia-Lorena, possibilità di sviluppo autonomo per i popoli soggetti all'Impero austro-ungarico e a quello turco, rettifica dei confini italiani secondo le linee indicate dalla nazionalità e l'istituzione di un nuovo organismo internazionale la Società delle Nazioni per assicurare il mutuo rispetto delle norme di convivenza fra i popoli; e che le nuove frontiere avrebbero tenuto conto del principio di nazionalità e della volontà liberamente espressa dalle popolazioni interessate. In pratica, però, la realizzazione

del programma wilsoniano si rivelò assai problematica. In un'Europa popolata da gruppi etnici spesso intrecciati fra loro, non era facile applicare i principi di nazionalità e di autodeterminazione senza rischiare di far nascere nuovi irredentismi Inoltre quei principi non sempre erano compatibili con l'esigenza di punire in qualche modo gli sconfitti considerati i responsabili della guerra e non rappresentati al la conferenza e di premiare i vincitori, o quanto meno di garantirli, anche sul piano territoriale, contro la possibilità di rivincite da parte degli ex nemici.

Questi problemi si manifestarono fin dalle prime discussioni. Il contrasto fra l'ideale di una pace democratica e l'obbiettivo di una pace punitiva risultò evidente soprattutto quando furono discusse le condizioni da imporre alla Germania. I francesi non si accontentavano della restituzione dell'Alsazia-Lorena, ma chiedevano di spostare i loro confini fino alla riva sinistra del Reno: il che avrebbe significato l'annessione di territori fra i più ricchi e popolosi della Germania. Clemenceau dovette dunque accettare, e far accettare ai suoi compatrioti, la rinuncia al confine suI Reno, in cambio della promessa di una garanzia anglo-arnericana delle nuove frontiere franco-tedesche. La Germania poté così limitare le amputazioni territoriali, ma subì, senza nemmeno poterle discutere, una serie di clausole che, se eseguite integralmente, sarebbero state sufficienti a cancellarla per molto tempo dal novero delle grandi potenze.

Dal punto di vista territoriale il trattato prevedeva oltre alla restituzione dell'Alsazia-L arena alla Francia, il pasaggio alla ricostruita Polonia di alcune regioni orientali abitate solo in parte da tedeschi: l'alta Slesia, la Posnania più una striscia del la Pomerania (il cosiddetto corridoio polacco) che interrompeva la continuità territoriale fra Prussia occidentale e Prussia orientale per consentire alla Polonia di affacciarsi sul Baltico e di accedere al porto di Danzica. Questa città, abitata in prevalenza da tedeschi, veniva anch'essa tolta alla Germania e trasformata in «città libera». La Germania perse inoltre le sue colonie, spartite tra Francia, Gran Bretagna e Giappone.

Ma la parte più pesante del Diktat era costituita dalle clausole economiche e militari. Indicata nel testo stesso del trattato come responsabile della guerra la Germania dovette impegnarsi a rifondere ai vincitori a titolo di riparazione i danni subiti in conseguenza del conflitto. Per finire, la Germania fu costretta ad abolire il servizio di leva, a rinunciare alla marina da guerra, a ridurre la consistenza del proprio esercito entro il limite di 100.000 uomini dotati del solo armamento leggero e a lasciare «smilitarizzata» - priva cioè di reparti armati e di fortificazioni - l'intera valle del Reno, che sarebbe stata presidiata per quindici anni da truppe inglesi, francesi e belghe. Nelle dure condizioni imposte alla Germania risultò evidente il contrasto fra l'idea di una pace democratica e l'obbiettivo francese di una pace punitiva. La carta d'Europa fu profondamente mutata, soprattutto in conseguenza della dissoluzione dell'impero asburgico, che permise la nascita di nuovi stati come la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. Infine, l'ideale wilsoniano di un organismo internazionale che potesse evitare guerre future in sostanza non si realizzò: la Società delle nazioni nacque minata da profonde contraddizioni, come la mancata adesione degli Stati Uniti.


Inglese:  626 WELCOME TO THE WORK IN SAFETY

What is the law 626 about?

In Italy there are many laws that protect the worker's health against risks in working places. Some laws regard the prevention of accidents at work others the prevention of occupational diseases. In Italy in 1994 the law 626 accepted eight European directives meant to promote the workers' health and safety : the first of these directives concerns general measures for the prevention at work, while the other seven concern the specific risks and aspects of each job.

Who protects the worker's healt?

The Services of Prevention and Safety in Working Places (Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro - S.P.S.A.L) organised by the Local Authority for Health ( Azienda Unità Sanitaria Locale - A.U.S.L ) have the task to control the enforcement of the laws and to protect the workers' health with activities of prevention, assistance, information and professional training. All workers can apply to these services for problems connected with safety or hygiene at work, directly or through their Representatives for Security and their Trade Unions.




Ed. Fisica: legge 626/94

In Italia vi sono numerose leggi che tutelano la salute dei lavoratori contro i rischi presenti nei luoghi di lavoro. Alcune leggi riguardano la prevenzione degli infortuni sul lavoro, oltre la prevenzione delle malattie professionali. Nel 1994 il decreto legislativo n.626 ha recepito in italia otto direttive europee finalizzate a promuovere la salute e la sicurezza dei lavoratori: la prima di queste riguarda le misure necessarie per la prevenzione durante il lavoro mentre le altre sette riguarda rischi e aspetti specifici del lavoro stesso.


Nei posti di lavoro oppure negli edifici ( come scuole, uffici ) ci devono essere esposti cartelli di salvataggio che indicano le varie uscite di emergenza, in tali posti e necessario avere estintori e quando si verifica un incendio bisogna mantenere la calma e proseguire verso le uscite di emergenza. Negli edifici inoltre è severamente vietato fumare e deve esserci il cartello che indica il divieto con le specifiche  leggi che indicano i costi se vengono violate.



Percorso/uscita di emergenza

Percorso/uscita di emergenza

Percorso/uscita di emergenza

Percorso/uscita di emergenza

Percorso/uscita di emergenza

Direzione da seguire (segnali di informazione addizionali ai pannelli che seguono)

Direzione da seguire (segnali di informazione addizionali ai pannelli che seguono)

Direzione da seguire (segnali di informazione addizionali ai pannelli che seguono)

Direzione da seguire (segnali di informazione addizionali ai pannelli che seguono)

Pronto soccorso

Doccia di sicurezza

Lavaggio degli occhi

Barella

Telefono per salvataggio e pronto soccorso









Sistemi:

CANCELLO AUTOMATICO SCORREVOLE CONTROLLATO DA PLC SIEMENS S7-200


Il PLC è un sistema elettronico digitale che utilizza una memoria per immagazzinare dati e istruzioni che hanno il compito di realizzare specifiche funzioni del controllo dei processi, sostituendo la tradizionale logica a relè con la logica programmata.

L'hardware di un controllore programmabile è costituito da tre componenti fondamentali:

- UNITÀ CENTRALE

- UNITÀ INGRESSI/USCITA (SCHEDE I/O)

- UNITÀ DI PROGRAMMAZIONE

L'unità centrale è la parte che organizza tutte le attività del controllore.

Le schede I/O, che prendono il nome dalle iniziali dei termini inglesi INPUT (Ingresso) e OUTPUT (Uscita), consentono il collegamento tra l'unità centrale ed il sistema da controllare con le modalità adeguate. Gli ingressi sono rappresentati dalla lettera I, mentre le uscite vengono rappresentate dalla lettera Q; entrambe le due lettere vengono seguite da 2 numeri, il primo che individua il numero della scheda(infatti il PLC può essere composto da più schede di ingresso e di uscita), il secondo che individua il numero della posizione della scheda stessa. Gli ingressi e le uscite dei componenti possono essere collegate a nostro piacimento sul  PLC,poiché quando andremo a scrivere il programma KOP specificheremo quali sono gli ingressi e le uscite indicandone la posizione sul PLC.

L'unità di programmazione è il dispositivo che consente di descrivere il programma nell'apposita memoria del PLC.

Nella figura viene illustrato lo schema a blocchi dell' hardware di un PLC. Essa, oltre a dare un  quadro riassuntivo di quanto detto, mette in evidenza il percorso delle informazioni.



Nella memoria di programma è contenuto il programma secondo il quale il controllore funziona. Il programma può essere caricato nella memoria interna o introducendolo direttamente da un dispositivo di programmazione. Lo STEP 7 è il linguaggio di programmazione dei controllori programmabili della SIEMENS. Il programma può essere scritto in 2 modi diversi:

La lista di istruzioni AWL;

Lo schema a contatti KOP;

La caratteristica principale del PLC risiede nel fatto che nei processi industriali spesso è necessario effettuare modifiche nella produzione che spesso richiedeva molto tempo e denaro,ora grazie al PLC non è più indispensabile andare a modificare l'hardware,ma basta modificare il programma del PLC per ottenere gli stessi risultati della logica cablata. Per la programmazione del PLC, sceglieremo il linguaggio KOP. Il linguaggio KOP rappresenta i compiti di automazione in forma grafica con i simboli dei contatti. L'automazione prevede il movimento di un cancello scorrevole in apertura e chiusura mediante un motore; da un punto di vista del funzionamento si tratta quindi di un'inversione di marcia automatica (vedi allegato 1). Le norme UNI 8612 impongono, per la sicurezza antinfortunistica nel campo delle automazioni dei cancelli, metodi sia meccanici che elettrici; questi ultimi utilizzano:

Fotocellule: devono intervenire in caso di interposizione fra proiettore e ricevitore (sono esclusi i tipi a riflettore)

Costa pneumatica (costola sensibile): elemento applicato sulla parte mobile o fissa del cancello che interviene arrestando il motore, nel caso di un'azione esterna in opposizione al movimento del cancello (es. persona tra cancello e pilastro).

L'arresto del motore può avvenire oltre che in automatico anche premendo il pulsante (I1.3) o, in caso di sovraccarico, tramite l'intervento del relè termico.



ELETTROTECNICA: CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI TT,TN

Sistemi TT, TN


Sistema TT

Fig.1


"Il sistema TT ha un punto collegato direttamente a terra e le masse dell'impianto collegate ad un impianto di terra elettricamente indipendente da quello del collegamento a terra del sistema di alimentazione" (Norma CEI 64-8).

In caso di guasto a terra, il circuito percorso dalla corrente si richiude attraverso il terreno, in quanto il neutro del sistema e la massa interessata dal guasto fanno capo a dispersori separati; il valore della corrente di guasto può essere molto contenuto.



Sistema TN

Fig.2

"Il sistema TN ha un punto collegato direttamente a terra mentre le masse dell'impianto sono collegate a quel punto per mezzo del conduttore di protezione" (norma CEI 64-8).

In caso di guasto a terra del sistema, il circuito percorso dalla corrente di guasto risulta costituito dai soli conduttori metallici, senza interessare l'impianto di dispersione a terra; il valore della corrente di guasto può essere molto elevato.








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