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MUSICA - PIETRO MASCAGNI

musica



MUSICA


PIETRO MASCAGNI


Ha rasato il viso come un seminarista e la statura alta e dinoccolata dà l'immagine di un ragazzo che non abbia ancora finito di crescere. La fisionomia per un osservatore disattento pare non dica nulla: ma guardando bene, ha ogni tanto, negli occhi chiari un po' velati, un improvviso bagliore, come il balenare silenzioso in certe stellate notti di grande calura".

(Eugenio Checchi 1890)



 


Compositore e direttore d'orchestra italiano: figlio di un fornaio, Mascagni inizia gli studi classici al ginnasio della città natale e contemporaneamente si dedica alla musica.

Studia pianoforte, organo, violino, contrabbasso, alcuni strumen 151c23b ti a fiato, armonia, contrappunto, fuga e storia della musica presso l'Istituto L. Cherubini.

Il suo talento è grande, tanto che all'istituto hanno successo la sua Sinfonia in do minore del 1879, un "Kyrie" e, in teatro, le sue cantate "In filanda" e "Alla gioia".

Con un finanziamento del conte F. de Larderel (a cui ha dedicato "Alla gioia"), Mascagni accetta l'invito di Ponchielli, con cui è in contatto da qualche tempo, e nel 1882 va a Milano per essere ammesso al conservatorio.

L'esame ha un esito brillante e Mascagni diventa allievo di Ponchielli stesso e di Michele Saladino, nonché compagno di studi e amico di Giacomo Puccini.

Nel 1885 interrompe gli studi e inizia a girare l'Italia dirigendo le orchestre di alcune compagnie di operetta, fra cui quella di Scognamiglio e Maresca.

Si stabilisce quindi a Cerignola, insieme alla moglie Lina in attesa di un figlio, e si mantiene dirigendo la locale filarmonica, la banda e il Teatro Municipale.

Nel 1889 partecipa a un concorso indetto dall'editore Sonzogno per un'opera in un atto e ottiene il primo premio su 73 concorrenti.

Vince con "Cavalleria rusticana", rappresentata per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma.

Opera nuova, rivoluzionaria e, al tempo stesso, profondamente radicata nella tradizione operistica italiana, la "Cavalleria" è un successo popolare nel vero senso della parola, in quanto il "popolo" si riconosce ampiamente nel racconto e nella trattazione musicale.

La geniale novità formale di Mascagni è l'inserimento, nel preludio, della "Siciliana", una serenata di compare Turiddu a Lola non necessaria ai fini dell'azione, ma che cala immediatamente in modo insieme poetico e realistico l'ascoltatore nell'ambiente dell'opera.

Mascagni con i librettisti Menasci e Targioni-Tozzetti , oltre a decretare la fama del suo autore, servirà da modello a quasi tutte le opere degli anni immediatamente successivi.

Ritornato nel 1890 a Livorno, Mascagni scrive "L'amico Fritz" (1891), un lavoro che nasce dalla volontà del compositore di dimostrare di poter scrivere un'opera anche senza avere a disposizione un testo famoso come quello di Verga per la "Cavalleria rusticana": il successo nel 1891 è trionfale, anche se momentaneo.

Mascagni è ormai soddisfatto economicamente e artisticamente quando, dopo aver ottenuto trionfi in tutta Europa, viene nominato nel 1895 direttore del conservatorio di Pesaro.

Nel 1898 è la volta di una nuova opera su libretto di Illica, "Iris": la difficoltà del soggetto, che ha scarsa azione scenica, viene risolta dal musicista con la creazione di "impressioni" drammatiche e passionali.

Tre anni più tardi con "Le maschere" il compositore ritorna a una forma d'arte più tipicamente italiana e di matrice popolare.

L'opera ha anche il contorno di un'imponente operazione pubblicitaria: la prima rappresentazione simultanea in sei città diverse, ma l'operazione ha un esito poco felice.

Tra il 1902 e il 1903 Mascagni si imbarca in una tournée negli Stati Uniti, che si rivela un parziale insuccesso, e, tornato in Italia, è costretto a lasciare la carica di direttore del conservatorio di Pesaro in seguito alle rimostranze per la sua lunga assenza.

Dopo "Amica" del 1905, dove il compositore paga il suo tributo al sinfonismo tedesco, arriva nel 1911 un nuovo grande successo.

Partito da Buenos Aires approda in seguito a Venezia e a Milano: è "Isabeau", un'altra opera su libretto di Illica.

Nel 1913 Mascagni tenta il suo più ambizioso approccio alla cultura ufficiale con "Parisina", che vanta la collaborazione di Gabriele D'Annunzio e un esito discutibile.

L'opera è un insuccesso e la critica più "ufficiale" bolla il "capobanda" Mascagni rinfacciandogli le sue origini "plebee" non degne del melodramma elegante e puro.

Mascagni ora vive a Roma, dove per qualche periodo dirigerà il Teatro Costanzi, e ripescando un soggetto abbandonato da Puccini crea la "Lodoletta" (1917), un'opera delicata e gentile in contrasto con la tensione emotiva del periodo bellico.

Quattro anni più tardi presenta "Il Piccolo Marat", che conserva tracce della gentilezza della "Lodoletta" pur mantenendo l'ambiente teso della "Parisina".

L'insuccesso dell'opera genera una crisi creativa nel musicista, che solo dieci anni più tardi, nel 1932, si ripresenta al pubblico con la "Pinotta", rifacimento della sua cantata giovanile "In filanda".

Ma la crisi di Mascagni è la più generale crisi del melodramma italiano: nel 1935 arriva la sua ultima opera, il "Nerone", che mette praticamente in scena il suo ormai difficile rapporto con il pubblico: é un'opera triste, dimessa, di amara protesta e confusa tra tradizione e modernità, tanto confusa che nessun editore vorrà pubblicarla.

Dopo di questa il silenzio, Mascagni viene dimenticato e la sua morte passa quasi sotto silenzio: solo nel 1951 la sua salma viene solennemente trasportata a Livorno.


ROMA, 2 agosto 1945 - Pietro Mascagni è morto stamattina alle 7,15 in una camera dell'appartamento che dal 1935 occupava all'Albergo Plaza, in Corso Umberto.

Aveva 82 anni essendo nato a Livorno il 7 dicembre del 1863. L'illustre maestro era da anni sofferente di arteriosclerosi e costretto a vivere in una poltrona, ma nonostante le sue condizioni si fossero aggravate in questi ultimi giorni per una sopraggiunta broncopolmonite, e nonostante la tarda età, tutti si auguravano che la forte fibra potesse resistere aiutata dal cuore gagliardo e dalle premurose cure dei sanitari. Nella notte di mercoledì invece le sue condizioni si erano sempre più aggravate tanto che si credeva non potesse vedere l'alba. Alle 7,15 di giovedì Pietro Mascagni ha chiuso per sempre gli occhi tra le braccia della consorte Donna Lina Carbognani, concludendo la sua lunga vita di lavoro e di trionfi.

Pietro Mascagni ha mantenuto fino all'ultimo perfetta lucidità di mente, calma e serenità in ogni momento, anche per non impressionare i famigliari che lo assistevano. Prima di spirare ha benedetto la moglie, la figlia, il nipote e gli altri famigliari suscitando in tutti la più profonda commozione.










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