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Sociologia dell'organizzazione - Giochi di produzione e funzioni latenti (Burawoy - Gouldner)

sociologia



Facoltà Scienze Statistiche

Corso di laurea in Scienze Statistiche ed Economiche


Dipartimento di Contabilità Nazionale e Analisi dei Processi Sociali


a. a. 1999 - 2000


Sociologia dell'organizzazione





Giochi di produzione e funzioni latenti

(Burawoy - Gouldner)






Studente : BIAGIOTTI GASPARE  

Matricola: 04030361



1. Michael BURAWOY

A distanza di trent'anni, prima Donald Roy poi Michael Burawoy, in prima persona si recano in veste di operai, in una stessa fabbrica per analizzare da vicino l'umore dei subordinati, gli effetti di diverse politiche indirizzate al consenso e all'efficienza, ricercando empiricamente la strada verso politiche potenzialmente adeguate al diffuso consenso.

Dalle ricerche degli stessi autori immersi nel quotidiano operaio, è scaturito che gli uomini prendono parte a dei veri e propri giochi con se stessi, games, cioè insieme di regole e leggi e ordini che provocano determinati comportamenti, mirati al raggiungimento del lavoro finito, prima dell'orario previsto. Analizzato da Roy nei suoi scritti è il cosiddetto making out :"Più facile era il making out e più breve era il tempo necessario per produrre la quota fissata, maggiore era la sconfitta inferta a chi aveva stabilito le tabelle di cottimo" .

Il fine ultimo era quello di trasformare quell'attività lavorativa in una gara contro se stessi, contro il tempo, al fine di agevolare il tutto. L'azienda da parte sua non rimane a guardare. Sottolineato che giochi del genere sono una vera e propria invenzione degli operai e dei capi officina, l'azienda sfrutta questi giochi come parametro per la valutazione dell'intensità dei lavori stessi. Infatti non è difficile, come ricorda Burawoy , che i proprietari aumentino le quote di produzione, a parità di tempo, innescando così "spirali d'intensificazione del lavoro". Questa doppia faccia del making out è naturale pensare, che sia la vera origine dei conflitti tra le due parti.

Negli anni '70, con l'avanzamento tecnologico, una caratteristica importante dello sviluppo capitalistico era l'indipendenza sempre più netta del salario, dalla mole di lavoro compiuto da parte del lavoratore dipendente, che parallelamente ad un calo della percentuale di  cottimo sul totale del salario, riuscì ad isolare ed allentare l'idea di sfruttamento; idea che concretamente sostanzia in un'attenuazione della coercizione sugli stessi operai. Il proposito di Burawoy era quello di sviluppare politiche aziendali mirate alle coercizione e al consenso al fine di ottenere una legittimazione implicita all'idea di subordinazione. Lo stesso autore rileva all'interno dell'azienda analizzata, politiche di produzione diverse dal passato che potevano favorire l'integrazione operaia. Una di queste era la creazione di un mercato interno del lavoro , consistente nella possibilità di movimenti di unità lavorative dentro le mura di una stessa azienda, movimenti legati a procedure amministrative interne.

Una mobilità interna di questo genere favoriva secondo l'autore, l'aumento dell'anzianità aziendale e quindi l'approfondimento delle conoscenze tecniche legate a strette necessità aziendali, e come ricorda Bonazzi, sicuramente lavorare per decenni nello stesso stabilimento comporta una condivisione anche di ricordi, di "codici", di valori e sentimenti umani che lubrificano i rapporti personali, anche e soprattutto tra dirigenza e personale, attenuando così anche i conflitti.

Un altro elemento che Burawoy individua è quello che definisce il consolidamento dello stato interno che:

- presuppone la partecipazione parziale dei rappresentanti dei lavoratori alla gestione d'impresa;

- ha per scopo la contrattazione collettiva in base a procedure e pratiche consolidate;

- fornisce ai lavoratori una cittadinanza industriale con obblighi e diritti contrattualmente definiti."[2]

Con questo Burawoy vuole intendere "l'insieme delle istituzioni che organizzano, trasformano o reprimono i conflitti riguardanti i rapporti di produzione"[3].

Anche lo stato interno dunque, può aiutare a costruire consenso intorno alla direzione e proprio l'originario making out di Donald Roy è un utile punto di partenza per rielaborare le norme per istituire le regole del conflitto tra rappresentanti sindacali e aziendali, che diviene argomento di interesse comune volto, soprattutto alla crescita dei profitti aziendali.

Come dice Burawoy , assicurare e oscurare il surplus sono le due caratteristiche tendenziali dello stesso sviluppo di fine secolo. Il surplus sicuro è risultato dei notevoli passi in avanti in materia di studi economici che, appunto, garantiscono in un rischio calcolato, buoni margini di aleatorietà del profitto. Il surplus allo stesso tempo è sempre più nascosto agli occhi dei subordinati in quanto sempre più indipendente dalla quantità di lavoro erogato. Le politiche aziendali, partono dai presupposti che hanno come fine, accanto ai risultati economici, il consenso e la partecipazione attiva degli operai, allo scopo ultimo dell'impresa.

"Il consolidamento dello stato interno oscura i rapporti capitalistici di produzione nel processo lavorativo costituendo i lavoratori come individui, cittadini industriali con diritti e doveri, piuttosto che come membri di una classe"[4].



2. Alvin GOULDNER

Anche Alvin Gouldner parte da una ricerca empirica analizzando i rapporti professionali e burocratici all'interno di una miniera. Lo scopo del suo studio era quello di individuare il modo adatto ad evitare l'apatia dei dipendenti sottoposti a rigido controllo. Studia le cosiddette funzioni latenti di norme e istituzioni, cioè conseguenze oggettive non volute né ammesse. Gli stessi regolamenti sono costruiti al fine di garantire il corretto svolgimento delle mansioni assegnate e quindi del completamento esatto del processo di produzione. L'autore individua tre modelli burocratici al di sopra dell'identità aziendale.

Egli parte dal modello di burocrazia apparente (mock  bureacracy) che si concretizza quando ad emanare la norma è un ente al di fuori dell'impresa; per questo motivo gli stessi soggetti economici all'interno, ritengono opportuno non rispettare quella che è vista come una norma facilmente eludibile. E' facile che in questo contesto si ricorri a forme di gioco da parte di chi come i dipendenti e la direzione sono soggetti ad un regime burocratico di questo tipo; l'esempio che riporta Gouldner sovente è la regola del "non fumare", stabilita evidentemente dalla società assicuratrice, cosa che di conseguenza faceva dei controllori e dei controllati complici. Il secondo modello di cui parla è chiamato di burocrazia rappresentativa, dove si attua ciò che i rappresentanti dei lavoratori e della direzione concertano e decidono di rispettare. L'esempio dell'autore è relativo alle norme antinfortunistiche che dovrebbero essere a cuore ad entrambi le parti. Il terzo modello di burocrazia impositiva o punitiva (punishement-centered) compare quando a stabilire norme è unicamente una sola parte in questione; quest'ultimo modello è più spesso logicamente fonte di contrasti e conflitto in quanto:

"QQqQ sjsaxnnnswqdkjkjkjlkjlkjljljlkjmm,Questo tipo particolare di burocrazia si compone di due sottoschemi, a seconda del soggetto che infligge la punizione e di quello che la riceve. In un caso è la direzione a servirsi delle punizioni erogandole ai lavoratori, nell'altro gli operai puniscono la direzione quando essa devia. Il primo caso può essere definito come il modello disciplinare, il secondo come il modello protestatario, perché la protesta sindacale è uno dei mezzi più comunemente usati dagli operai per punire la direzione." L'esempio fatto da Gouldner è quello delle norme sull'assenteismo che provocava ripercussioni sull'animo degli operai.

"Le funzioni delle norme possono essere così elencate:

- funzioni esplicative: le norme sostituiscono con maggiore autorevolezza e precisione gli ordini personali diretti. Esse definiscono la sfera di discrezionalità del dipendente rendendo esplicito il suo compito e precisando i suoi rapporti con il superiore;

- funzioni di schermo: le norme evitano la ripetizione personale da parte dei superiori e consentono di impartire direttive sottratte almeno in parte al rischio dai apparire come iniziative personali;

- funzioni di controllo a distanza: le norme consentono di esercitare una supervisione al tempo stesso indiretta e pubblica sugli aspetti cruciali del lavoro subalterno. Permettono così di eliminare i controlli personali e privati che possono assumere un carattere arbitrario;

- funzioni di legittimazione delle punizioni: le norme consentono di rendere prevedibili e di spersonalizzare le sanzioni inflitte ai dipendenti in caso di infrazione. In tal modo la norma da un lato legittima il provvedimento disciplinare agli occhi dei dipendenti e dall'altro "incanala l'aggressività" del superiore entro modi legittimi di espressione.

Oltre a queste funzioni più o meno manifeste, Gouldner ne individua altre due che sono più latenti. La prima, che egli chiama "di deriva" consiste nel fatto che l'esistenza di norme formali dà ai superiori la possibilità di "contrattarne" informalmente con i dipendenti l'applicazione al fine di ottenere le loro cooperazioni.[.] La seconda funzione latente delle norme è piuttosto paradossale perché consiste in quella che Gouldner chiama conservazione dell'apatia"[6].

La funzione di deriva da parte della direzione può essere considerata come una moneta di scambio con i dipendenti per l'osservanza delle regole più importanti. Così come pure per tutte le altre norme che in certo modo fissano un minimo livello standard di produzione, tollerabile ma non soddisfacente per la direzione che appunto si preoccupa per la conservazione dell'apatia; tutto ciò proprio perché, secondo Gouldner le norme possono fissare il quantitativo da produrre, ma non la partecipazione viva dei dipendenti. Come soluzione accanto ad uno schema burocratico di questo tipo, l'autore vede una figura carismatica alla guida che possa "far esplodere fonti irrazionali di motivazione impensabili per un burocrate" .



































TESTI DI RIFERIMENTO




Bonazzi G. , Storia del pensiero organizzativo , FrancoAngeli, Milano 1995



Consoli F. , L'organizzazione, le regole e i saperi , Euroma, Roma 1995



Roy Donald, "Work satisfacion and social rewards in quota achievement", in American Sociological Review n.18 pp507-514 , 1953 (tratto da Bonazzi, Storia del pensiero organizzativo ,FrancoAngeli 1995 )

Bonazzi G., Storia del pensiero organizzativo,1995 FrancoAngeli  pag.157

Burawoy M. ,The politics of production pag.110 (tratto da Bonazzi G. Storia. FrancoAngeli pag.157)

Burawoy M. ,The politics of production pag.119 (tratto da Bonazzi G. Storia del pensiero organizzativo FrancoAngeli pag.158)

Gouldner A. Modelli di burocrazia industriale (tr.it.)1970 p.149 (tratto da Consoli F. Organizzazione regole e saperi , Euroma 1995, pag.66)

Bonazzi G., Storia del pensiero organizzativo,1995 FrancoAngeli  pag.243-244

Gouldner A. ,Modelli di burocrazia aziendale , (tr.it.)Etas Kompass, Milano 1970 (tratto da Bonazzi G., Storia del pensiero organizzativo,1995 FrancoAngeli pag.245)





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