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Per una società multiculturale

sociologia



Per una società multiculturale

AA.VV.


SPECIFICITÀ E TENDENZE DELL'IMMIGRAZIONE STRANIERA IN ITALIA

di Umberto Melotti

Introduzione

3 fasi del fenomeno migratorio:

1) 1950-1967 - periodo della ricostruzione e dell'espansione economica e strutturale (estero e nord Italia) - reale domanda di lavoro nei paesi d'importazione (paesi industrializzati dell'Europa centro-settentrionale;

2) 1967-1980 - crisi strutturale e nuova divisione internazionale del lavoro - contraccolpo della crisi economica => politica degli stop => le immigrazioni non si arrestano ma diventano illegali. Progressiva sostituzione dei flussi provenienti dai paesi dell'Europa meridionale con quelli provenienti dai paesi extra-europei;

3) 1980 - crisi globale dei paesi sottosviluppati e ripresa delle economie capitalistiche (meno domanda di manodopera - per ristrutturazioni e nuove tecnologie - e aggravata forza espulsiva dei paesi di esodo)

I paesi politicamente e militarmente forti hanno scelto la strada dell'esportazione d'attività (Stati Uniti - tendenza all'internazionalizzazione dell'economia capitalistica), mentre in Europa è prevalsa l'importazione di manodopera.



La prima fase: ascesa e declino del sistema dei "lavoratori ospiti"

Anni '50 e '60 manodopera per la ricostruzione postbellica e successivo periodo di espansione strutturale.

Flussi: dai paesi dell'Europa meridionale e dal bacino del Mediterraneo (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Jugoslavia e Turchia) o dai paesi a limitato sviluppo industriale (Irlanda, Finlandia) => ai paesi dell'Europa centro-settentrionale (Francia, Belgio, Gran Bretagna, Svizzera e Svezia) e dopo il '50 nelle Repubblica Federale Tedesca.

1968 - norme della C.E.E. in materia di libera circolazione dei lavoratori che estende a tutti i cittadini degli stati membri gli stessi diritti => la manodopera europea viene man mano sostituita con quella proveniente da paesi extra-comunitari (in Gran Bretagna: Irlandesi => Commonwealth)

Sul finire degli anni '60 l'immigrazione extra-europea rappresenta 1/3 del totale.

Il lavoro degli immigrati riveste un chiaro carattere strutturale.

Mentre le migrazioni interne italiane tendono a diventare definitive, quelle internazionali conservano a lungo la caratteristica della temporaneità.

Germania: "lavoratori ospiti" => diritti limitati => promozione di una parte della popolazione ospitante ad attività più gradite => effetti preziosi per la conservazione dell'ordine sociale esistente => presupposti per il consolidarsi di posizioni razziste in seno alla classe lavoratrice.

Nel '73-'74, anno di crisi, hanno cercato di rispedirli in patria: ciò nonostante la presenza complessiva degli stranieri aumentava per effetto dei ricongiungimenti familiari.

La seconda fase: mito e realtà della "nuova divisione internazionale del lavoro"

Fine '60: crisi strutturale determinata dall'esaurirsi della forza propulsiva di quei settori economici (edilizia, metallurgia, meccanica) della ricostruzione postbellica.

Costo del petrolio.

Forte tendenza al decentramento nelle periferie del sistema (terzo mondo ed est europeo) delle attività manifatturiere ad alta intensità di manodopera => nuovi paesi industrializzati (manodopera a buon mercato):

sub-imperialisti: (Brasile, Sud Africa, Iran di Reza Palhavi, India di Indira Gandhi) ricchi di risorse naturali e consistente popolazione;

vassalli: (Hong Kong, Singapore, Formosa, Haiti) piccoli paesi, dipendenti anche da 828g64i l punto di vista politico e militare, che si specializzano nella produzione di manufatti semplici destinati all'esportazione.

Non tutte le attività sono dislocabili (turismo, edilizia).

In molti paesi esistono consistenti comparti di piccola e media industria che male si prestano ad un trasferimento => importazione di manodopera => contenimento del costo complessivo del lavoro e riduzione della sua rigidità (clandestinità) => doppio mercato del lavoro.

Esportazione di attività produttive e importazione di manodopera hanno determinato un'internazionalizzazione dell'economia capitalistica.

Dopo la crisi petrolifera del '73 mutano significativamente tanto il contesto quanto i modelli delle migrazioni europee => ai precedenti orientamenti di stampo liberistico subentrano le politiche restrittive.

Flussi di ritorno e significative nuove immigrazioni.

Migrazioni sud-sud: paesi arabi del golfo Persico, Nigeria e Costa d'Avorio.

L'immigrazione in Italia in quegli anni è particolare:

donne - lavoro domestico

nord-africani - basso terziario

esuli, profughi e rifugiati politici

La terza fase: le migrazioni internazionali nella crisi epocale del sud del mondo

Il quadro è andato mutando quasi impercettibilmente: cecità ideologica.

I flussi migratori sono sempre meno motivati dalle opportunità offerte dal mercato del lavoro, e si devono sempre di più alle forze espansive dei paesi di esodo. Le aree di inserimento si restringono (crisi, eventi politici e bellici); le aree di provenienza si estendono.

Immigrazione per lo più irregolare (passiva accettazione di ogni condizione esterna in cambio di una base economica)

Il tasso di disoccupazione tra gli emigrati è altissimo => marginalità urbana => crescente atteggiamento di insofferenza e ostilità => rifiuto xenofobo e razzista.

Non si tratta solo di disoccupazione, ma di sradicamento e perdita d'identità.

Golini: attualmente gli immigrati in Italia sono meno di un milione, saranno 3 milioni nel 2003 e 5,5 milioni nel 2018 (10% della popolazione) => inizio di quei grandi movimenti di popolazione dal sud al nord.

Il fenomeno trascende ormai nettamente il piano economico: si tratta in effetti di un grande problema antropologico, politico e morale.


LA PIANIFICAZIONE DELLO SVILUPPO NEI PAESI POVERI ED IL FUTURO DELL'EMIGRAZIONE IN EUROPA

di Stefano Petilli

I presupposti per una convivenza multiculturale

necessità di programmare i flussi in modo che non si determini una repentina pressione demografica degli immigrati sulla popolazione residente (gradualità)

pianificazione globale dei rapporti tra PSA e PVS: qualsiasi freno all'attuale fenomeno di massiccia immigrazione richiede l'attuazione di misure che promuovono nuova occupazione in quei paesi.

La cultura e la pianificazione dello sviluppo in Africa

Alternativa tra sistema capitalistico e sistema socialista => via africana al socialismo.


INTEGRAZIONE E FORMAZIONE DEGLI IMMIGRATI DI FRONTE ALL'EUROPA DEL '93

di Luigi Za

Sono state individuate 3 aree problematiche:

i problemi connessi alla scolarizzazione

i problemi connessi all'accesso alla formazione professionale

i problemi connessi all'accesso al mercato del lavoro

Livello di integrazione sociale, culturale e professionale.

Le conoscenze linguistiche hanno una incidenza determinante per il successo o l'insuccesso scolastico e professionale e per l'integrazione socioculturale.

I percorsi formativi sono tutti in salita per gli emigrati: la loro presenza diminuisce man mano che si procede nei livelli superiori scolastici:

demotivazione per gli insuccessi scolastici

tendenza della famiglia ad incoraggiare un immediato inserimento nel mercato del lavoro

segregazione culturale e spaziale

scarso adattamento del sistema formativo alle specificità dei gruppi stranieri (etnocentrismo)

i programmi formativi attuali non sono idonei a permettere l'opportunità delle uguaglianze in una società multiculturale.


LA SITUAZIONE DEI RIFUGIATI IN ITALIA E DEI LORO PROBLEMI SOCIALI, FISICI E PSICOLOGICI

di Laura Carugno

Rifugiato = colui che si trova al di fuori del proprio paese, dove non può o non vuole fare ritorno, temendo, a ragione, di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.

Eleggibili: ottengono lo status di rifugiato (permesso di soggiorno, concessione dell'assistenza sanitaria)

Ineleggibili: possono rimanere il Italia in attesa di emigrazione (polacchi) - non possono lavorare.

Dal 1988 . norma del paese di primo asilo: non si accettano le richieste di asilo da parte di quelle persone che, per arrivare in Italia, sono passate prima per un altro paese dove avrebbero potuto chiedere asilo (Jugoslavia inclusa).


I POLACCHI IN ITALIA: SITUAZIONI E PROPOSTE

di Ijola Maria Hornziel

Colloqui informali.

1. Origini e sviluppo dell'immigrazione dei polacchi in Italia

13 dicembre 1981: proclamazione dello stato di guerra.

Individui isolati e poi intere famiglie, muniti di passaporto e visto turistico per l'Italia: obiettivo Stati Uniti (con visto di rifugiato) o Canada. Apice nell'estate 1987 (11.000)

Pochi erano riconosciuti come "rifugiati"; gli altri come "profughi assistiti" dal governo italiano (vitto, alloggio e assistenza sanitaria) => agì come richiamo per gli altri.

L'immigrazione conservava le sue caratteristiche di transito (in maggioranza laureati, tecnici e le loro famiglie).

Dal gennaio 1988 per ottenere il visto turistico dovevano impegnarsi a non richiedere né asilo politico, né ammissione alla condizione di assistito.

2. Diverse componenti dell'immigrazione dei polacchi

Principale motivazione: emigrazione negli USA e Canada.

Il passaggio attraverso l'Italia è ritenuto relativamente più facile.

Rapporti con gli italiani: impossibilità di ottenere un lavoro regolare e diffusa abitudine a pagare compensi e salari inferiori.

Riunione nelle messe domenicali.


I 40 ANNI DELL'AWR

di Alberta Fabbricotti

1. Origini dell'AWR

1950 - Corrado Gini

2. Che cos'è l'AWR e che cosa si prefigge?

Scopo: promuovere, approfondire e coordinare la ricerca scientifica dei problemi dei rifugiati allo scopo di mettere a disposizione degli enti competenti di tutto il mondo i principi scientifici per la soluzione di questi problemi.

Fornisce un prodotto scientifico, di ricerca per gli organi competenti dell'O.N.U. e del Consiglio d'Europa (statuto consultivo) => indiretto intervento sul problema mediante l'informazione, la messa a disposizione di dati, statistiche e studi riguardanti i flussi migratori.

3. Attività dell'associazione

Funzione informativa e diffusione delle conoscenze.

Congressi annuali.

L'EQUIVOCO DELL'UGUAGLIANZA: OBBLIGO DI CONFORMITÀ O DIRITTO ALLA DIVERSITÀ PER L'IMMIGRATO?

di Michele C. del Re

1. Uguaglianza, conformità, diversità

Analisi del termine uguaglianza (2 significati):

parità nei diritti

conformità, cioè identità dei modi di essere e corrispondenza ad un modello tipo, di adesione ad uno schema predisposto per tutti, identico per tutti.

Le norme tutelano l'uguaglianza come conformità piuttosto che come parità nei diritti.

Controprova: concetto opposto di uguaglianza = devianza, che si correla al termine di conformità.

2. Diverso e deviante

Diritto di uguaglianza come diritto ad essere diverso.

Diversità = concetto ampio che comprende quei comportamenti che pur non coincidendo col normale statistico, restano socialmente accettabili.

All'interno della diversità c'è la devianza: non accettabile socialmente.

Il concetto comunemente recepito di devianza si è trasformato continuamente (cieco => non vedente; vecchiaia => terza età; minorato => handicappato). Per lunghi millenni ha compreso i poveri, i malati (specie i folli), i criminali, gli eretici, gli stranieri (barbari!) in un'unica categoria: disgraziati-peccatori. Dal concetto di devianza sociale si staccò la figura del povero, poi del malato: si distinguono dal colpevole.

Lo straniero che si sposta da noi per trovare un lavoro viola l'irrazionale inconscio imperativo territoriale invadendo la nostra sede.

3. Il criterio di normalità

Normale

dal punto di vista scientifico-naturalistico è colui i cui comportamenti corrispondono per il massimo numero di indici al comportamento medio;

dal punto di vista etico è invece colui che si adegua ad un complesso di norme considerate valide per un certo ordinamento.

=> il normale dal punto di vista del dover-essere non necessariamente coincide con il normale dal punto di vista dell'essere.

Le strutture portanti della società tutelano l'uguaglianza come conformità al modello tipo. Ma il modello tipo è quello statistico (indagini di mercato) o quello etico (principi superiori)?

Nella nostra struttura sociale prevale il modello statistico (benpensante!).

Se l'adesione al sistema è ancorata al concetto di normalità come dato statistico, il risultato sarà che colui che non è conforme è colpevole => si giunge a cancellare il diritto ad essere diversi.

Il problema è rilevante nella società moderna pluralistica, nella quale si affacciano e vengono riconosciute diverse posizioni ideali.

4. La cosiddetta "devianza di posizione" dell'immigrato e il problema dell'integrazione

Processo circolare di disconoscimento dei rispettivi valori da parte di chi entra (un mondo di pazzi) e da parte di chi già si trova all'interno di questa società (l'immigrato è sentito come deviante dalle norme fondamentali) => reciproco differente atteggiamento => criminalità di posizione (fenomeno di carattere transitorio che dovrebbe cessare con la progressiva integrazione).

Problema della criminalità degli immigrati:

diversi valori ospitanti/ospiti

diverse opportunità di inserimento sociale offerte a questi e a quelli

trattamento processuale diverso determinato non tanto da pregiudizi xenofobi dei giudicanti quanto dalla maggiore difficoltà per gli immigrati ad adoperare a proprio favore gli strumenti processuali.

Droga: rende stabile la temporanea devianza.

Alla stabilizzazione nella cultura delinquenziale contribuiscono alcuni strumenti studiati come strumenti per la lotta alla criminalità e per il controllo sugli immigrati (foglio di via) => tendono a trasformare ogni differente in deviante, ponendolo in una posizione di irregolarità contra legem che gli rende difficile la progressiva integrazione.

Accettazione delle diversità: si tratta di riconoscere l'autonomia culturale di questi immigrati, ratificando la loro differenza come un diritto.


MIGRAZIONE E MALATTIA MENTALE

di Delia Frigessi

Ogni gruppo etnico sembra manifestare una proprio caratteristico modello di difficoltà (irlandesi => alcolismo; indiani in Inghilterra => schizofrenia; studenti nigeriani => difficoltà psicologiche serie). Ma questa nosografia etnica mostra la propria debolezza quando si considerano le altre caratteristiche (di reddito, di stato civile, di educazione) dei singoli.

Il disturbo psichico compare con maggior frequenza tra coloro che sono stati costretti a partire e tra coloro che l'hanno scelto. E' minore tra coloro che hanno un minor livello di aspettative oppure un'emigrazione difficile che affrontano consapevolmente.

Le tensioni depressive che derivano dalle prime esperienze migratorie, non diminuiscono con il tempo, ma si trasformano in sindromi psicosomatiche.

Modello della Heimwich (nostalgia) di Hofer: rimedio => ritorno a casa.

Correlazione tra malattia mentale e migrazione di massa a partire dalla metà del secolo scorso (USA: 36 milioni tra 1820 e 1934) : si postula la debolezza biopsichica di certi gruppi etnici; le contraddizioni che nascono nella sfera dell'economico e del sociale vengono taciute ed ignorate, ed il problema viene affrontato come se fosse esclusivamente di pertinenza medica => la società industriale ricorre, per mantenersi e sopravvivere, a sistemi di controllo sociale e a strategie di dominazione; a queste strategie la psichiatria può fornire utili strumenti ideologici e opportune proposte operative.

La migrazione interna è la pietra di paragone su cui inciampa la teoria patologia dell'immigrazione.

In Italia si comincia ad osservare la differenza che compare tra la prima generazione di immigrati e i loro figli. I giovani nati e acculturati nelle società di immigrazione manifestano un livello elevato di aspettative e di aspirazioni nei confronti della loro formazione e della mobilità (disuguaglianza delle chances).

Martin Killias: le diversità di aspirazioni tra genitori e figli ha fornito una base per tentare di costruire un modello esplicativo anche nel campo della delinquenza: ipotesi sociologica della sostituzione dei valori. La prima generazione ha cercato di superare le tensioni strutturali che caratterizzano la sua condizione socioeconomica riducendo al minimo le aspirazioni che riguardano la professione e il reddito. La riduzione delle esigenze avviene attraverso alcuni meccanismi di compensazione e sostituzione. In particolare il consumismo sostituisce la ricerca di uno status migliore; una sorta di adattamento "neo-feudale" verso il basso della scala sociale consiste di accettare le barriere etniche frapposte alla mobilità, e attenua negli immigrati la percezione della discriminazione, mentre il processo del ritorno serve da ancora di salvezza. Questi meccanismi di compensazione avrebbero dunque consentito alla prima generazione di ridurre al minimo le tendenze alla devianza. I loro figli cercheranno invece altri valori e ricorreranno ad altri meccanismi. E potranno essere indotti a perseguirli con mezzi illegali e a volte violenti.

il problema era economico e sociale, di sottosviluppo e di sfruttamento, ed è stato trasposto in un problema di diversità etniche e costituzionali;

gli studiosi di psicopatologia dell'immigrazione si sono spesso rapportati ad una ideologia medico-biologica in cui ha finito per prevalere una prospettiva naturalistica, astorica. Disagio psichico e malattia mentale vengono descritti come un fatto naturale, quasi innato.

L'immigrato ha poche scelte; la sua è una cultura dominata, egli trova ostacoli a quasi tutte le compensazioni. Così, l'aggressività che nasce nel campo sociale, si esprime nel corpo.

E' ben difficile che l'immigrato possa prendere coscienza di ciò che determina la sua situazione esistenziale. Se la condizione dell'immigrato riposa su una sorta di "menzogna sociale", diventare malato può significare per lui il rifiuto di continuare un "gioco" del quale ha scoperto che le regole sono falsate o troppo sfavorevoli.


IL CORPO CHE MIGRA - SOGGETTO, MALATTIA, IMMIGRAZIONE

di Virginia de Micco e Giuseppe Cardamone

1. Introduzione

Rapporti che intercorrono tra immigrazione per motivi di lavoro e salute mentale; le forme ed i modi di studiare le reciproche influenze.

Salute (O.M.S.): non solo assenza di malattia, ma anche lo stato di benessere completo, fisico, mentale e sociale.

Il compito odierno della medicina non è solo di curare, ma soprattutto di prevenire.

Le diverse configurazioni teoriche e metodologiche impiegate fino ad oggi dai ricercatori hanno dato luogo ad una letteratura che non permette di tirare fuori conclusioni definitive.

2. Il corpo nella migrazione

Rilevanza nelle popolazioni immigrate della patologia psicosomatica. Si sono prodotte letture parziali e denigratorie, sottilmente tese a far scaturire l'inferiorità culturale, se non apertamente etnica, dei migranti.

La salute fisica e mentale costituisce la stessa patente d'ingresso dell'immigrato nel paese ospite, la garanzia preliminare che potrà essere un buon lavoratore da inserire utilmente nel sistema produttivo.

In una situazione che mette così a dura prova i propri adattamenti psicologici e sociali, che costringe a mettere in discussione i propri modelli culturali, e a tentare di appropriarsi dei sistemi di riferimento del paese ospite, come mai è proprio il corpo che più spesso si ammala e richiede cure?

Simoes: sembra quasi che il migrante privilegi una lingua fisica, a suo modo universale, che consentirebbe di superare le barriere linguistiche.

Messaggio del paese ospite: il migrante è accettato in quanto forza-lavoro e corpo-oggetto del processo produttivo, ma è respinto in quanto portatore di diversità culturale e negato come corpo desiderante, i cui bisogni di affetto, tenerezza, sessualità devono rimanere silenziosi.

Se da un lato il paese ospite opera questa primaria riduzione del migrante da soggetto che si autodetermina a corpo che viene determinato dalle strutture economico-sociali che gli sono estranee, dall'altro il migrante stesso sembra aderire a tale sottrazione d'identità che gli consente di mantenere un contatto con il paese natale, supposto come inalterabile, proprio mentre si espone al rischio della perdita. La precarietà dell'esistenza piò configurarsi in almeno due modalità riconoscibili:

"materiale": prodotta dall'inserimento instabile o dal mancato inserimento nel mercato del lavoro

sopravvivenza dell'identità culturale (i propri comportamenti vengono sperimentati come inadeguati ed inefficaci nella nuova situazione: i sistemi di valori tradizionali non vengono riconosciuti dalla cultura del paese ospite e sono messi in discussione.

Riconosciuto solo in quanto lavoratore, l'immigrato non può ammalarsi perché deve produrre, altrimenti non ha più riconoscimento sociale. Eppure, paradossalmente, lo stato di malattia rappresenta un'estrema risorsa di un'identità vacillante.

La malattia sta a significare insieme sconfitta e rivolta del soggetto: da un lato sarà esibita come richiesta di cure, dall'altro verrà nascosta come vergogna del fallimento del proprio progetto esistenziale.

3. Il soggetto nella migrazione

Risso e Böker 1964: ricerca sui lavoratori italiani meridionali emigrati in Svizzera: storie cliniche sulle difficoltà di rapporto dei pazienti con le donne conosciute in Svizzera, delle quali risulta loro inconcepibile la maggiore libertà di relazione con l'altro sesso. Stretta da un'affettività coartata dalle rigide regole morali tradizionali non riescono a vivere serenamente un sentimento d'amore verso donne che "devono" giudicare immorali => disagio psichico, in quanto la cultura magica originaria non permette loro di riconoscere l'esistenza della malattia mentale come autonoma esperienza individuale. Il meridione conosce, in genere, solo malattie collegate con dolori e concrete manifestazioni corporee, ma non riconosce la sofferenza psichica come un accadimento patologico.

4. Dall'emigrazione all'immigrazione: il fatto italiano

Di fatto ormai l'epoca dell'emigrazione italiana può dirsi conclusa, ma non del tutto, in quanto l'emigrazione di ritorno rappresenta una ultima fase della nostra emigrazione.

Rimpatrio del lavoratore: piuttosto che di un "rientro", si tratta di una seconda emigrazione.


RISULTATI DI UN'INDAGINE TRA GLI IMMIGRATI NELL'AREA DELLA CAPITANATA

di Gianmario Maffioletti

1988 area pugliese della Capitanata.

Rilevazioni, mediante questionari distinti, da una parte delle condizioni e le attesi degli emigranti, dall'altra degli atteggiamenti della popolazione residente, accostando gli "opinion leaders" locali.

1. La questione quantitativa

Difficile: alto tasso di irregolari sia per quanto riguarda il soggiorno che i rapporti di lavoro.

2. La popolazione straniera di Manfredonia

Immigrati 1.300, provenienti da 42 paesi diversi.

Per il Comune 185, per lo più residenti e regolarizzati.

Il numero di stranieri sul territorio di Manfredonia varia in modo consistente nei periodi delle attività agricole stagionali (raccolta di pomodori, uva, olive).

3. I dati dell'indagine tra gli immigrati

Questionario semistrutturato, articolato in 60 domande compilate dagli intervistatori.

3.1 Le ragioni della partenza e della scelta italiana

Per lo più economiche:

relativa facilità a trovare un lavoro

non eccessiva difficoltà a superare le frontiere

gente accogliente e solidale

presenza di amici o parenti

Venire in Italia per quasi tutti ha significato di ricominciare tutto da capo, nelle speranze di recuperare rapidamente quanto si era perduto o lasciato.

3.2 L'integrazione sociale ed economica

Il lavoro nero genera comprensibilmente insoddisfazione; l'atteggiamento degli italiani nei loro confronti è considerato in genere buono ed accogliente; le difficoltà nel reperire lavoro, alloggio, gli insulti e le discriminazioni sono un'esperienza ricorrente che crea insicurezza e tristezza; grosso problema per l'accesso ai servizi sanitari.

Danno della società italiana un giudizio abbastanza critico: la maggior parte afferma di preferire i sistemi e i costumi della propria terra, in particolare per quanto riguarda la moralità, la corruzione, la politica, i rapporti sociali e le condizioni di lavoro.

3.3 Bisogno di solidarietà e autosufficienza

Notevole il valore attribuito all'amicizia, molto sentito il tema del rispetto per ogni persona, dell'accoglienza, della sincerità.

Nei rapporti sociali prevalgono le dinamiche "in group".

Nel bisogno vige la legge dell'autosufficienza.

I rapporti con chi è rimasto a casa sono frequenti (telefono).

3.4 La pratica religiosa

La religione più diffusa è la musulmana (mancanza di luoghi di culto).

4. Manfredonia e gli immigrati: opinioni ed atteggiamenti della popolazione locale

Delle 69 persone contattate, 21 hanno evitato di rispondere a qualsiasi domanda.

non conoscono con sicurezza la consistenza numerica

individuano bene le ragioni dell'arrivo (appare evidente una specie di solidarismo umanitario, sebbene non si nasconda una certa preoccupazione per i problemi che la loro presenza pone anche in tema di assistenza e giustizia sociale)

non ritengono che gli immigrati siano da considerare dei concorrenti per l'occupazione.

4.1 Il problema dell'adattamento e dell'integrazione

La gente è consapevole del livello di emarginazione sociale in cui vivono i lavoratori stranieri, anche se tale situazione è in parte fatta risalire al modo di vita ed ai costumi loro propri: si chiama in causa una sorta di emarginazione soggettiva.


LA DIVERSITÀ MIGRANTE: I PROFUGHI EST-EUROPEI NEL LITORALE DELL'ALTO LAZIO

di Nicola Porro

1. Il caso di Ladispoli e S. Marinella

Profughi est-europei: popolazione del tutto eterogenea rispetto alle categorie dell'immigrazione ormai consolidate anche in un contesto come quello italiano.

caratteristiche di transitorietà, non connesse ad un'offerta lavorativa permanente (USA)

insediamento in un'area territoriale (cittadine di soggiorno un po' decadenti, a struttura economica esclusivamente terziaria)

identità dei profughi

identità religiosa dominante (ebraica; più una minoranza cristiana eterodossa).

2. Un'immigrazione di transito

Seconde case.

Tutti sanno di avere nella qualifica di rifugiato la risorsa principale di accesso: garantisce il sussidio e l'assistenza sanitaria. Solo attraverso il riconoscimento dello status di rifugiato l'immigrato può aspirare a divenire cittadino delle metropoli occidentali (crescita correlata alle aperture della svolta gorbachoviana).

Espediente più diffuso: richiesta di visto per Israele, successivamente tramutato in domanda di ospitalità negli Usa o Canada.

Settembre '89 => 13.00 profughi a S. Marinella e Ladispoli.

Program Parole: soggiorno permanente negli USA sulla parola di un cittadino statunitense che si dichiari disponibile a garantire il mantenimento della persona indicata.

Piccoli traffici: macchine fotografiche e prodotti artigianali sovietici (Porta Portese).

3. Il contesto dell'accoglienza

Due comuni ricchi. La popolazione è anagraficamente anziana.

Incubo del declassamento a centri dormitorio o periferia suburbana della metropoli: è possibile individuare nel rapporto tra residenti e immigrati una delle dinamiche tipiche del "capro espiatorio", invertendo la relazione causa-effetto.

4. La costruzione del pregiudizio: ipotesi per una ricerca.

Stereotipi:

comunità di accoglienza

puzza di russi

ebrei, mercanti, rabbini

costruzione del paradigma xenofobo, che utilizza - rielaborandoli - antichi pregiudizi culturali e ne produce di nuovi, in cui sono la sub-cultura consumistica e gli stili di vita - assai più del pregiudizio ideologico - a definire nuovi profili dell'identità e della "diversità".


LA NUOVA IMMIGRAZIONE NELL'AGRO PONTINO

di Antonella Ciocia e Maria Ingraito

1. Premessa

L'immigrazione è un fenomeno sociale nuovo per l'Italia, ma non per la provincia di Latina; essa è una delle cause più importanti dello sviluppo della città e della provincia stessa.

Oggi il nuovo è costituito dalla provenienza degli individui: non più immigrati di diverse parti d'Italia, ma stranieri.

Cotesta: la cultura razionale-formale costituisce la base della comunicazione dei cittadini latinensi. Gli stili di vita ed i modelli culturali dei latinensi, quindi, sono orientati al calcolo e al successo. L'agire strategico e l'agire strumentale prevalgono su quello comunicativo. La mancanza di modelli culturali consolidati potrebbe risultare favorevole all'integrazione sociale degli stranieri, portatori di nuovo modelli culturali capaci anche di garantire e promuovere una maggiore integrazione tra gli individui ospitanti.

2. I lavoratori extracomunitari in Agro Pontino tra integrazione e indifferenza. Primi risultati di ricerca.

Stima: 3.500 regolarizzati più 2.000 clandestini.

Campione: 386 intervistati con questionario semistrutturato (difficoltà a reperire donne straniere spesso restie a rilasciare interviste).

Tunisini (la metà del campione): lavoro agricolo stagionale

Marocchini: commercio ambulante

Egiziani: servizi (settore alberghiero e ristorazione)

La maggior parte sono uomini sui 25-30 anni con basso tasso di scolarizzazione (10% analfabeti).

Il loro progetto di migrazione è limitato nel tempo, ed il loro obiettivo è quello di lavorare molto in tempi concentrati per guadagnare ed investire nel loro paese.

Il 52,1% ha rapporti di coppia; il 21,9% con donne italiane => si sta formando un processo d'integrazione.

L'occupazione degli immigrati stranieri nel loro paese d'origine è per il 41,7% stabile; il 21,8% sono studenti => ci troviamo quindi ad un'emigrazione non per mancanza di lavoro, ma per insoddisfazione economica.

Scelta dell'Italia: per il 30,3% è il paese europeo dove la qualità di vita è migliore (il 49,5% è stato in altri paesi europei).

Il 65,4% ha regolare permesso di soggiorno; il 19,6% ritiene l'Agro Pontino un posto tranquillo => l'immigrato percepisce la comunità ben disposta verso di lui.

Il 40,)% è occupato a tempo pieno; la precarietà dell'occupazione lavorativa emerge dal tipo di retribuzione: la metà di essi viene pagata giornalmente.

Per il 33,8% non è stato difficile trovare un alloggio; oltre il 60% ha una casa in affitto => sono molto flessibili e ricoprono ruoli marginali della società => tutto ciò è parte del loro progetto di migrazione.

Il 21,2% denuncia cattivi rapporti, il 10,3% la mancanza di rapporti affettivi.

Il 63,7% frequenta persone del luogo.

Il 71,8% da un giudizio positivo dell'Agro Pontino, per il 33,6% non ci sono discriminazioni.

Solo i più giovani hanno intenzione di rimanere definitivamente in Italia (35%): il 66,3% di quelli che desiderano stabilirsi vuole rimanere nell'Agro Pontino => terreno fertile per un'ulteriore integrazione.





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