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MOTIVAZIONE ED EMOZIONE

psicologia



MOTIVAZIONE ED EMOZIONE.


la motivazione ha a che fare con ciò che ci spinge ad agire: essa si riferisce infatti alle forze che dirigono e sostengono il comportamento, rendendolo possibile; è strettamente legata alle emozioni


I.    Le teorie dell'istinto.

la nozione di istinto è stata spesso utilizzata per esprimere il carattere naturale della motivazione; è stata applicata dagli studiosi del comportamento animale di ispirazione etologica per denominare dei pattern (modelli) comportamentali innati, a carattere automatico ed involontario, innescati da stimoli specifici (stimoli-segnale); fissi, in q 626j98g uanto non appresi, non modificabili dall'apprendimento e rigidi " alcuni studiosi hanno sostenuto che anche nella nostra specie vi sono alcuni tipi di risposta, ovviamente molto semplici, che sembrano essere innati ed avere le stesse caratteristiche di immodificabilità del comportamento istintivo, come i riflessi (es: il riflesso di suzione del neonato), oppure talune espressioni facciali (come il sorriso) D naturalmente, però, le analogie con le osservazioni compiute nel mondo animale non devono far dimenticare le differenze enormi con il comportamento umano, che è molto sensibile all'apprendimento e alla cultura; inoltre, la nozione di istinto appare alquanto inappropriata per poter rendere conto della variabilità, complessità e differenziazione comportamentale della nostra specie; sono soprattutto gli psicologi che si ispirano alla teoria evoluzionistica che attribuiscono maggiore importanza ai fattori innati e cercano di spiegare comportamenti anche complessi come determinati da tali fattori innati, geneticamente trasmessi




II.  Le teorie della riduzione delle pulsioni.

le pulsioni, o pulsioni primarie, sono, come gli istinti, innate (non apprese); tuttavia, diversamente dagli istinti, possono mostrare un grado di variabilità interindividuale molto elevato e possono dar luogo a differenze sensibili anche nello stesso individuo, in situazioni diverse; si manifestano in modo automatico; si tratta di bisogni organici, che si manifestano come degli stati corporei spiacevoli, che richiedono, con maggiore o minore intensità e urgenza, di essere alleviati " Cannon ha proposto una teoria, detta omeostatica, secondo la quale tutte le pulsioni tenderebbero all'equilibrio; le teorie della riduzione delle pulsioni si basano sull'idea che il comportamento sia guidato dalla necessità di mantenere il più possibile una situazione di equilibrio e che quindi cerchi di riprodurlo in risposta ai cambiamenti imposti dall'ambiente; quando l'equilibrio viene interrotto, si genera una pulsione, che predispone e spinge l'organismo ad intraprendere un'azione capace di stabilirlo; fa riferimento alla dimensione naturale del comportamento e alle sue caratteristiche biologiche, ma, diversamente dalla teoria degli istinti, riconosce l'importanza dell'apprendimento; le pulsioni diventano anzi fonte importante di apprendimento, dando luogo ai fenomeni cosiddetti di rinforzo; si distinguono le pulsioni primarie (come la fame o la sete, dove cibo e acqua funzionano come rinforzi primari per l'apprendimento) dalle pulsioni secondarie (es: il bisogno di denaro), che sono inizialmente apprese, ma che successivamente funzionano esattamente come quelle primarie, generando appunto uno stato di bisogno che dev'essere soddisfatto


III.    Teorie dell'arousal e dell'incentivo.

vi sono molte circostanze nelle quali gli individui sembrano motivati piuttosto dall'esigenza di rompere che da quella di ristabilire un equilibrio; molti comportamenti curiosi o esplorativi non danno luogo ad alcuna riduzione delle pulsioni, anzi, al contrario, accrescono il livello di attivazione dell'organismo " i teorici dell'arousal (specie di livello generale di attivazione di diversi sistemi fisiologici) ritengono che la motivazione abbia a che fare non solo con la riduzione, ma anche con l'accrescimento dell'attivazione, e che in definitiva ne rappresenti una forma di regolazione; queste teorie sostengono che le persone siano motivate non tanto ad abbassare l'arousal, quanto piuttosto a mantenerlo ad un livello ottimale; questo livello ottimale di stimolazione non è uguale per tutte le persone: generalmente, comunque, gli individui cercano di aumentarlo quando esso è basso (es: sono eccessivamente rilassati) e di abbassarlo quando è alto (e sono quindi sovra-attivati); la legge di Yerke-Dodson dice che un arousal moderato favorisce un buon livello di prestazione; livelli eccessivi di arousal sono invece considerati dannosi, specialmente per quanto riguarda l'attività cognitiva


la teoria dell'incentivo, diversamente dalle precedenti, è particolarmente centrata sul ruolo svolto dagli stimoli ambientali sul comportamento, più che su quello di componenti motivazionali interne; secondo questa teoria, il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici; il valore degli incentivi non è comunque indipendente dagli stati interni dell'individuo (es: l'acqua avrà un diverso ruolo incentivante se l'animale è assetato oppure no); gli incentivi sono particolarmente importanti nell'apprendimento basato sul condizionamento e possono dar luogo alla formazione di motivi condizionati


IV.    L'alimentazione.

la fame è una delle più note pulsioni primarie; si pensa che nello stomaco (ma non solo) vi siano dei recettori speciali, in grado di analizzare chimicamente il cibo e di segnalare i risultati al cervello; può capitare, inoltre, che le nostre regolazioni falliscano (disturbi alimentari); l'ipotalamo laterale ed il nucleo ventro-mediale sono particolarmente importanti nel controllo della fame e della nutrizione: sembra che questi 2 centri interagiscano tra loro, equilibrandosi, per mantenere un punto di riferimento nel peso corporeo (teoria del punto di regolazione), come una specie di termostato; naturalmente il comportamento alimentare, specialmente nella specie umana, è determinato non soltanto da fattori di tipo biologico:

gusto

varietà

voglie

modo di presentazione del cibo

aspetti di natura culturale

età

I DISTURBI ALIMENTARI

 




disturbi alimentari: quei comportamenti che si distaccano in misura notevole (in eccesso o in difetto) dalle richieste biologiche dell'organismo e dagli standard culturali, determinando talvolta anche variazioni patologiche del peso corporeo; possono, e spesso lo sono, essere associati ad altri tipi di disturbo, di natura psicologica

obesità: è ormai certo che vi siano fattori predisponesti; si ipotizza che le persone obese mangiano di più perché sono relativamente insensibili agli stimoli interni, cioè alle sensazioni di fame, mentre sono molto più dipendenti dagli stimoli esterni (es: la quantità dell'offerta di cibo); si ipotizza anche che nelle persone obese il punto di regolazione del peso sarebbe spostato verso un valore più alto del normale; il solo fatto di essere a dieta provoca un senso continuo di deprivazione e un'attività cognitiva esageratamente centrata sul cibo

anoressia nervosa (progressiva inappetenza, fino a raggiungere livelli di denutrizione patologica) e bulimia nervosa (alternanza di abbuffate e di vomito o assunzione di potenti lassativi): entrambe sono caratterizzate da un timore eccessivo per il peso corporeo; le cause di questi disturbi non sono ancora completamente conosciute; certamente essi trovano un rinforzo nella cultura contemporanea, che valorizza la snellezza della linea


V.  La sessualità.

gli studiosi hanno a lungo discusso se il sesso debba essere considerato una pulsione biologica, come il cibo e la sete: in effetti, la grande varietà di costumi sessuali nelle differenti popolazioni farebbe pensare che la sessualità dipenda piuttosto dall'apprendimento e dalla cultura; tuttavia, la componente biologica, ed in particolare quella ormonale, ha un ruolo tutt'altro che trascurabile; gli ormoni sessuali (femminili = estrogeni, maschili = androgeni, tra cui il più importante è il testosterone) hanno un'importanza fondamentale nel desiderio e nell'attivazione sessuale; ciascun ormone sessuale è presente in entrambi i sessi, che differiscono tra di loro soprattutto per la quantità; la differenziazione sessuale (dimorfismo) è presente nell'ipotalamo; importanti differenze nel ciclo della risposta sessuale nell'uomo e nella donna; successione dell'atto sessuale: fase di eccitamento, fase di plateau, fase dell'orgasmo, fase di risoluzione (posizione di rilassamento, periodo refrattario)


il desiderio sessuale non è soltanto una questione di ormoni, l'attività mentale dell'individuo e le norme culturali hanno un'influenza considerevole: preoccupazioni troppo invadenti impediscono di godere appieno e persino di portare a termine, o anche solo di iniziare, l'atto sessuale; sono spesso decisive le attribuzioni che l'individuo (uomo o donna) dà alla propria attivazione sessuale, o comunque a quei sintomi che sono assunti come caratteristici del desiderio sessuale; le persone hanno attività sessuali non soltanto per rispondere ad un'eccitazione fisiologica (spesso sono spinte da motivazioni di tipo psicologico; molto spesso le persone hanno rapporti sessuali contro voglia, perché si sentono forzate dalla situazione); vi sono anche i casi di violenza vera e propria (le cause sono solo in parte legate al desiderio sessuale; lo stupro è una manifestazione di aggressività, più che di sessualità); per quanto la sessualità abbia un evidente fondamento biologico (del resto è collegata alla funzione riproduttiva), essa appare modulata in modo estremamente vario nelle diverse culture e nelle diverse epoche storiche; i criteri di giudizio si manifestano non solo nei comportamenti esplicitamente sessuali, ma in genere nei rapporti tra i sessi e persino nell'abbigliamento; anche nella stessa cultura possono esservi differenti rappresentazioni e regolamentazioni della sessualità, ad esempio in relazione agli ambienti sociali, ai ruoli sessuali codificati e, naturalmente, all'età; i ruoli sessuali sono profondamente cambiati con lo sviluppo economico, con il crescente inserimento professionale della donna e con lo sviluppo delle tecniche di controllo delle nascite

L'ORIENTAMENTO SESSUALE

 




l'attività sessuale nella nostra specie è prevalentemente eterosessuale e svolge una funzione essenziale nella riproduzione; l'eterosessualità è anche sostenuta culturalmente; vi è comunque una quota non lieve, anche se difficile da quantificare in modo preciso (in parte anche per il sanzionamento sociale), di persone che hanno un orientamento diverso, detto omosessuale, in quanto rivolto a persone del proprio sesso; vi sono comunque anche persone che, pur avendo un orientamento prevalentemente eterosessuale, oppure omosessuale, occasionalmente hanno comportamenti di orientamento diverso; l'omosessualità, ritenuta normale in alcune culture, è considerata tuttora ripugnate in altre; nella cultura occidentale l'omosessualità è stata a lungo considerata come una manifestazione di anormalità (epoca nazista); considerata una forma di malattia mentale, fu cancellata dalla classificazione dei disturbi mentali solo nel 1973; oggi la situazione, almeno nell'Occidente europeo e nordamericano, è molto cambiata, anche se non è ancora facile, per gli individui di orientamento omosessuale, dichiarare pubblicamente la propria scelta; recentemente si sono ricercate prove che dimostrino l'origine biologica dell'omosessualità; anche l'impatto degli ormoni sessuali sull'orientamento sessuale ha trovato conferma in alcune ricerche; a favore dell'ipotesi biologica dello sviluppo dell'orientamento sessuale sono anche la relativa insensibilità dell'omosessualità a trattamenti di tipo psichiatrico (quando essa era ancora ritenuta una malattia mentale), sia la scarsa influenza riscontrata sull'orientamento sessuale di bambini affidati a persone omosessuali; al momento non si può sostenere con sicurezza che l'orientamento sessuale sia determinato biologicamente, o almeno non esclusivamente


VI.    Attaccamento e amore.

sentirsi in contatto, anche fisico, con un individuo amato (la madre, ma anche altri adulti che si prendono cura di lui) è un bisogno fondamentale (altrettanto primario come il cibo) dei piccoli della nostra specie e di altri primati (bisogno di attaccamento); la deprivazione del contatto fisico con la madre, anche quando siano disponibili nutrimento e cure adeguate, può avere conseguenze molto gravi nei bambini (anche a lungo termine e dare luogo a problemi di natura comportamentale o psicologica); le madri e le altre figure di attaccamento rappresentano una base sicura per l'esplorazione dell'ambiente: questa è una condizione fondamentale per lo sviluppo cognitivo ed affettivo successivo del bambino; tra i 7 e i 9 mesi i bambini presentano reazioni di ansia dell'estraneo e di ansia della separazione studiata utilizzando una particolare tecnica, detta della strange situation " 3 diverse tipologie di attaccamento:

sicuro

evitante: il bambino sembra non fare differenza tra la madre e l'estraneo; non protesta quando la madre si allontana, né fa particolari feste quando ritorna

ansioso ambivalente: il bambino protesta quando viene lasciato, ma oppone resistenza al contatto con la madre, si mostra arrabbiato e non si lascia consolare

questi differenti stili di attaccamento sono collegati al rapporto che la madre ha avuto col bambino già dai primi mesi, anche se non soltanto ad esso (le forme di attaccamento insicuro non sono principalmente collegate a delle cure insufficienti, ma con il tipo di comportamento (poco sensibile o non responsivo) delle madri); recentemente si è collegato l'amore adulto all'attaccamento


quella basata sull'attaccamento non è l'unica tipologia concernente l'amore " si distinguono spesso l'amore romantico, o appassionato, immediato, instabile e tormentato, caratterizzato soprattutto dal desiderio sessuale e dalla possessività, e l'amore di compartecipazione, che si sviluppa tra pari, basato sul rispetto e sulla reciprocità, più stabile e duraturo; Stenberg ha distinto 3 ingredienti fondamentali dell'amore:

passione (caratterizzata dall'eccitamento sessuale e dall'euforia)

intimità (caratterizzata della comprensione e dall'affetto)

impegno (caratterizzato dalla reciprocità e lealtà interpersonale)

queste dimensioni appaiono generalmente ben comprese e condivise dalle persone e nelle diverse culture; secondo Stenberg, le varie forme dell'amore risultano da mescolanze di questi ingredienti fondamentali; un amore completo, o ideale, dovrebbe comprendere tutti e 3 gli ingredienti, anche se sono possibili differenti modulazioni in base ai diversi periodi di vita; le ricerche non evidenziano diversità particolari tra i 2 sessi rispetto agli stili amorosi; piuttosto, uomini e donne possono differire, in rapporto ai diversi ruoli e copioni (script) sessuali, nel modo in cui esprimono l'amore, o nei significati attribuiti, ad esempio, all'intimità o alla reciprocità; una relazione valida si basa su una dialettica tra prossimità e lontananza



VII.    Motivazioni cognitive e sociali.

il comportamento umano non è rigidamente fissato nell'istinto, ma è orientato verso il raggiungimento di scopi, che gli assicurano la direzionalità necessaria; normalmente ci proponiamo più scopi: alcuni possono far parte di un'unica catena, rispetto alla quale gli scopi più concreti rappresentano delle condizioni per raggiungerne altri, più generali ed astratti, posti gerarchicamente più in alto; in alcuni casi, fanno parte di catene diverse e possono anche entrare in conflitto tra di loro; un ruolo essenziale è svolto dalle nostre aspirazioni, in quanto queste influenzano notevolmente le aspettative circa i risultati del nostro comportamento; la misura in cui le nostre aspettative saranno confermate o meno costituisce un feedback importante per modificare il nostro comportamento e renderlo più efficace: se lo scarto dal risultato atteso è troppo alto, è possibile che si perda fiducia nella possibilità di raggiungere lo scopo e magari si rinunci a perseguirlo, adottandone un altro, percepito come più raggiungibile; Weiner ha analizzato le componenti cognitive dei processi di attribuzione della causalità del successo e dell'insuccesso:

cause interne ed esterne (al soggetto)

cause stabili ed instabili

cause controllabili e non controllabili

l'impegno è una causa interna variabile e controllabile, mentre l'abilità è una causa interna, stabile e non controllabile (se l'individuo attribuirà il suo insuccesso ad un impegno insufficiente, e non alla mancanza di abilità, persevererà nel suo scopo e si sentirà motivato ad impegnarsi di più la volta successiva; se, al contrario, attribuirà l'insuccesso ad una mancanza di abilità, oppure ad un compito troppo difficile (causa esterna, stabile e incontrollabile), sarà indotto a rinunciare; un aspetto altrettanto importante della motivazione è il mantenerli nonostante gli insuccessi e cercare le strategie più opportune per raggiungerli senza dovervi rinunciare " Deci e Ryan hanno distinto una motivazione intrinseca, che ci spinge a svolgere delle attività per se stesse, senza ricercare una ricompensa esterna, da una motivazione estrinseca, che dipende invece da ricompense adeguate; molti comportamenti (esplorazione di nuove attività, gioco, ..) si basano prevalentemente o esclusivamente su motivazioni intrinseche; motivazione intrinseca ed estrinseca non sono però necessariamente in accordo: sebbene sembri che premiare un'attività che si fa già spontaneamente possa renderla ancora più piacevole, vi sono ricerche che mostrano, al contrario, come dare troppi premi possa avere effetti diversi da quelli attesi (esempio del disegnare per i bambini); l'uso dei rinforzi attiva infatti una motivazione estrinseca, regolata dall'esterno: essa può dare anche risultati molto efficaci, specie in situazioni in cui gli individui debbano fare cose che non li attraggono, o che non farebbero se non dietro ricompensa, ma raramente duraturi, senza il supporto di motivi maggiormente intrinseci


VIII.  La motivazione al successo.

un ruolo molto importante è svolto dal bisogno di successo (o di realizzazione) " gli individui con bisogno di successo elevato differirebbero dagli altri per:

un maggiore coinvolgimento nei compiti assunti

un desiderio intenso alla riuscita

conseguentemente

si impegnerebbero più a fondo

tratterebbero dai successi ottenuti una più intensa soddisfazione

sarebbero più preoccupate riguardo alle loro prestazioni e al loro livello di abilità

tenderebbero a scegliere compiti in cui i risultati possano essere chiaramente individuati

preferirebbero il parere, anche critico, di persone competenti a quello, più benevolo, di persone amiche, ma non competenti

elaborerebbero piani dettagliati per il futuro

preferirebbero affrontare i problemi senza chiedere aiuto

si mostrerebbero maggiormente capaci di posticipare le ricompense attese

il bisogno di successo si formerebbe già durante l'infanzia, in rapporto allo stile educativo ricevuto; il bisogno di successo, benché in gran parte modellato durante l'infanzia, resta suscettibile di miglioramento anche in età più avanzata, impegnando i giovani in programmi in cui vengano incoraggiati a sviluppare maggiori aspettative circa le loro attività e più fiducia nella capacità di raggiungere scopi accuratamente pianificati; oltre alle pratiche di socializzazione infantile e scolastica, anche l'ambiente culturale può favorire o scoraggiare lo sviluppo di una motivazione al successo (mentre le culture dei paesi occidentali fortemente industrializzati tendono ad incentivare lo sviluppo del bisogno di successo, altre culture (come quelle orientali) incoraggiano altri tipi di motivazione); differenze importanti sono state riscontrate anche tra uomini e donne (generalmente le donne mostrano punteggi più bassi di motivazione al successo); paura del successo: incapacità di andare fino in fondo per conseguire obiettivi molto elevati e tendenza a tirarsi indietro quando la meta è relativamente vicina; anche nella nostra cultura, nonostante il ruolo della donna sia radicalmente cambiato, il successo professionale delle donne non è particolarmente incoraggiato; le pratiche di socializzazione infantile hanno sempre riprodotto una situazione di inferiorità della donna: le donne sono abituate ad attribuire i propri fallimenti a mancanza di abilità, mentre i maschi a mancanza di impegno

LE MOTIVAZIONI SUL LAVORO

 




la motivazione e la soddisfazione sul lavoro non dipendono unicamente da una paga adeguata, ma il lavoratore è motivato anche da altri fattori (interesse del compito, riconoscimento individuale, bisogno di appartenenza al gruppo, rapporti umani soddisfacenti); anche per quanto riguarda le motivazioni sul lavoro vi sono differenze culturali molto grandi: spesso si contrappongono le culture industriali orientali (specie quella giapponese) a quella occidentale (nei paesi a cultura occidentale ad alto sviluppo industriale, i rapporti fortemente gerarchizzati sono meno accettati; gli studiosi da tempo individuano una maggiore diffusione nella nostra cultura di motivazioni puramente strumentali (legate alla paga e al reddito)


IX.    Il senso di autoefficacia.

per Dweck gli scopi possono essere ricondotti a 2 classi fondamentali:

scopi di prestazione (performance), che implicano cioè la ricerca di un giudizio favorevole sulla propria competenza

scopi di apprendimento (learning), che implicano invece la ricerca di un aumento della propria competenza


alcuni studiosi hanno distinto 2 principali modelli cognitivo-motivazionali di risposta:

il primo, fondamentalmente disadattivo, denominato senza aiuto (helpless), consiste nel rifiuto delle difficoltà e nel deterioramento della performance di fronte agli ostacoli

il secondo, più adattivo, denominato orientato alla competenza (mastery oriented), consiste nel cercare le situazioni impegnative e nel mantenere una tensione dopo il fallimento


scopi di performance D modello helpless

scopi di apprendimento D modello di competenza più adattivo


una focalizzazione sull'apprendimento rende le persone meno ansiose e lo svolgimento del compito come più piacevole; sentirsi competenti ed efficaci è un motivo importante per gli individui; Bandura ha condotto un vasto programma di ricerca finalizzato a scoprire che cosa promuove negli individui il senso di autoefficacia (self-efficacy) e a mostrare come questa sia importante in una grande varietà di situazioni interpersonali e sociali, nel mondo del lavoro e nei comportamenti connessi con la salute:

l'autoefficacia si sviluppa innanzitutto con l'esperienza di acquisire nuove abilità e di superare degli ostacoli: anche qualche insuccesso è necessario, perché se si ha sempre successo, si tende ad aspettare dei risultati immediati e a scoraggiarsi troppo presto

importanti sono gli esempi forniti da modelli di persone percepite come simili a sé che hanno avuto successo ed hanno superato delle difficoltà

anche l'incoraggiamento da parte di altri e la consapevolezza di aver fatto quello che si doveva fare consentono di superare i risultati temporaneamente negativi

è importante la percezione di potersi mantenere calmi e rilassati anche in condizioni di tensione e di stress


RAPPORTI TRA MOTIVI

 



le motivazioni umane sono molto più numerose e varie di quelle descritte: vi sono infatti anche la motivazione alla chiusura (bisogno di una conoscenza definita e non ambigua), la motivazione al potere (desiderio di dominare e influenzare le altre persone); la motivazione all'affiliazione (desiderio di stare insieme con altre persone e adeguarsi alle richieste del gruppo), la motivazione all'appartenenza (ricerca dell'aggregazione ad un gruppo del quale ci si sente membri) " un'utile classificazione dei bisogni è quella proposta da Maslow, che ha descritto una piramide dei bisogni (è lungi dall'essere esaustiva; è altresì semplicistica l'idea che i bisogni vengano realizzati secondo una sequenza gerarchica; tuttavia, può essere un utile riferimento per cogliere i collegamenti tra i vari motivi):

bisogni biologici (come quelli di cibo, acqua, aria)

di sicurezza (come quelli di attaccamento)

affettivi e di appartenenza (il far parte di gruppi sociali e avere valide relazioni affettive con altre persone)

di stima e considerazione (essere persone ben considerate ed onorate)

di autorealizzazione (essere capaci di esplorare e sviluppare le relazioni con altri, seguire degli interessi per motivi intrinseci e non per status o per ottenere il consenso, ..)   


X.  Che cos'è un'emozione??

i contributi che hanno maggiormente influenzato la riflessione teorica sulle emozioni sono stati indubbiamente quelli offerti da:

Darwin: inquadrò lo studio delle emozioni all'interno della teoria evoluzionistica, mostrando la continuità tra le emozioni (o meglio le espressioni emozionali) nel mondo animale e tra questo e l'uomo; studio basato sull'osservazione oggettiva del comportamento; carattere intrinsecamente adattivo delle emozioni, loro natura biologica e innata (le espressioni emotive sarebbero universali e non variabili culturalmente)

Freud: elaborò le sue idee prevalentemente all'interno di un contesto terapeutico, di cura delle nevrosi; servono a proteggersi dalla sofferenza emotiva; natura ambivalente delle emozioni; tipico della tecnica psicoanalitica è l'uso della narrazione come strategia di elaborazione delle emozioni

James: rovesciò una tradizione secolare affermando che le emozioni erano piuttosto la percezione dell'attivazione corporea innescata da stimoli ambientali a carattere emotivo

la concezione, propria del senso comune, secondo cui le emozioni sarebbero reazioni irrazionali, disgregatrici del comportamento, appare ormai superata dalle teorie moderne, che guardano alle emozioni come a risposte adattive dell'organismo alle sollecitazioni ambientali; nell'uomo l'adattamento non può più essere affidato a semplici reazioni riflesse o istintuali che, per la loro rigidità, non consentirebbero di reagire in modo appropriato ad un ambiente complesso ed altamente dinamico " le emozioni operano invece una dissociazione tra stimoli e risposte, a partire dalla quale la condotta dell'organismo diventa più lenta, ma più varia e flessibile " i vantaggi di questa separazione sono rappresentati dal fatto che:

si interpone una sia pur breve latenza tra l'evento-stimolo e la risposta

una risposta appropriata può essere preparata velocemente


le funzioni che vengono riconosciute generalmente alle emozioni sono molteplici:

capacità di determinare rapidamente i cambiamenti fisiologici necessari per sostenere le risposte adattive dell'organismo

preparazione all'azione

funzioni sociali e più specificamente interpersonali, come la possibilità di coordinarsi e di cooperare comunicando i propri piani e le proprie intenzioni attraverso l'espressione

gli studiosi di ispirazione cognitivista sottolineano inoltre:

funzione di modificazione dell'attività cognitiva, ad esempio l'interruzione dell'esecuzione dei piani in corso e il riorientamento alla condotta con la segnalazione di nuove priorità


le emozioni possono essere viste appunto come segnali non preposizionali (cioè privi di contenuto informativo) capaci di settare rapidamente l'individuo in un dato modo (a livello cognitivo, fisiologico, comportamentale), rendendolo pronto a reagire adattivamente alla situazione ambientale; sono una potente e sofisticata interfaccia tra l'organismo e l'ambiente, in grado di mediare fra le situazioni costantemente mutevoli e le risposte comportamentali dell'individuo; sono anche potenti mezzi di comunicazione


CLASSIFICAZIONE DELLE EMOZIONI

 



quali e quante sono le emozioni??

secondo i sostenitori delle teorie evoluzionistiche, le emozioni sarebbero relativamente poche (6 o al massimo 10) e costituirebbero delle entità discrete, cioè distinte le une dalle altre e caratterizzate da configurazioni ben specifiche, a livello espressivo, fisiologico, motivazionale ed esperienziale: esse sono dette anche emozioni fondamentali, o di base, e sarebbero innate e perciò uguali in tutte le culture (felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto, sorpresa); tutti gli altri nomi di emozioni si riferirebbero ad emozioni derivate (o complesse, perché aggiungono un contenuto preposizionale, cioè una valutazione di sé in un specifico contesto situazionale), che dipenderebbero maggiormente dalla cultura e dall'apprendimento

secondo le teorie costruzionistiche, le emozioni non avrebbero invece un'origine biologica, ma culturale: esse dipenderebbero sostanzialmente dal linguaggio e dalla struttura dei valori di una data società; come tali, esse sarebbero infinite, o comunque variabili secondo le culture

gli autori di ispirazione cognitivista connettono le emozioni al cosiddetto appraisal (valutazione cognitiva), e ritengono che le diverse emozioni siano connesse a differenti profili valutativi




XI.    Le teorie delle emozioni.

benché vi siano molte teorie, tutti gli studiosi sono d'accordo sul fatto che le emozioni sono dei sistemi complessi, comprendenti molteplici componenti che vengono attivate insieme:

vissuti soggettivi che accompagnano le nostre emozioni; essi sono sempre caratterizzati da una particolare valenza (positiva o negativa) dell'emozione

valutazione cognitiva dell'avvenimento che è all'origine della nostra emozione, di cui stima l'impatto rispetto ai nostri scopi o interessi

componenti fisici che accompagnano le reazioni emotive e preparano fisiologicamente l'organismo a reagire all'evento


le emozioni sono inoltre caratterizzate da un'espressione (soprattutto, ma non esclusivamente) facciale, con la quale segnaliamo le nostre emozioni e le nostre intenzioni comportamentali agli altri individui nel volto e con movimenti del nostro corpo e attiviamo sempre anche una tendenza all'azione, che ci spinge a reagire in un certo modo all'evento: come un impulso a fare qualcosa, più che un'azione diretta

non vanno trascurati gli effetti sull'attività cognitiva e sul pensiero dell'individuo, attività che viene rivolta verso particolari aspetti della situazione e distolta da altri

diversamente da altri fenomeni affettivi (come gli stati dell'umore o gli atteggiamenti), le emozioni sono concepite come fenomeni transitori (anche se capaci di produrre effetti che durano nel tempo), connessi ad eventi specifici


la prima e più nota delle teorie fisiologiche è quella formulata alla fine dell'800 da James, detta anche teoria periferica delle emozioni: quando nell'ambiente si verifica un avvenimento emotivamente rilevante, questo provoca in modo diretto un'attivazione fisiologica (arousal) a livello periferico, la cui percezione, da parte dell'individuo, dà luogo all'esperienza emotiva

E

questa teoria fu poi criticata da Cannon, in quanto i visceri hanno una sensibilità poco elevata, troppo lenta e soprattutto poco differenziata per rendere conto della diversità delle esperienze emotive


la teoria periferica non si è estinta con James: ad essa si collegano infatti, direttamente o indirettamente, ipotesi più recenti, come quella cosiddetta del feedback facciale o la teoria vascolare dell'efferenza emotiva


alla teoria periferica di James, si contrappone l'altra teoria fisiologica fondamentale, detta centrale, di Cannon: i centri di attivazione, controllo e regolazione delle emozioni sono piuttosto localizzati a livello centrale, nella regione talamica " circuito (limbico) di Papez: zone del cervello considerate i centri di elaborazione e controllo delle emozioni

IPOTESI PERIFERICHE DELLA GENERAZIONE DELL'EMOZIONE

 




secondo la teoria del feedback facciale, le espressioni facciali forniscono informazioni propriocettive, motorie, cutanee e vascolari, capaci di influenzare il processo emotivo:

nelle sue versioni più forti, quest'ipotesi sostiene che il feedback facciale sia capace di generare da solo l'esperienza emotiva

una versione meno estrema ha invece sostenuto che il feedback facciale aumenta l'intensità dell'emozione

se, dunque, diverse ricerche mostrano una certa capacità di modulazione dell'esperienza emotiva da parte del feedback facciale, resta però il fatto che questa non è comunque assoluta, né sono del tutto chiari i meccanismi con cui avviene tale influenza


le teorie evoluzionistiche si ispirano alle idee e agli studi di Darwin sull'espressione delle emozioni negli animali e nell'uomo: sottolineato la continuità e la somiglianza delle espressioni emotive umane con quelle del mondo animale (in particolare dei primati) e hanno sostenuto che le emozioni sono risposte adattive innate, uguali in tutte le culture e indipendenti dell'apprendimento; le emozioni avrebbero un ruolo molto importante nell'adattamento delle specie all'ambiente (funzione sia comunicativa, sia di preparazione ad azioni utili per la sopravvivenza)


teorie delle emozioni di base, o fondamentali, le quali propongono una differenziazione categoriale delle emozioni, viste come stati discreti, universali e, in definitiva, innati: esisterebbe un numero relativamente ristretto, e comunque finito, di emozioni (per Ekman sono 6: rabbia, disgusto, paura, tristezza, felicità e sorpresa), ben demarcate dalle altre e tali da non poter essere confuse

teorie costruzionistiche: posizione radicalmente opposta a quella dei sostenitori delle emozioni di base; le emozioni non vanno intese come entità biologiche determinate, ma come costruzioni sociali; sono infatti il linguaggio e la struttura dei valori delle società a determinare le emozioni, come è del resto testimoniato dall'analisi del lessico emotivo, che mostra come le loro denominazioni varino sensibilmente nelle varie epoche storiche e nelle diverse culture; numerosi studi interculturali hanno fornito ampia evidenza della diversità e specificità delle emozioni nelle diverse culture

ESISTONO EMOZIONI UNIVERSALI??

 




per Ekman, e in genere per gli studiosi di scuola evoluzionista, le emozioni fondamentali sono controllate da programmi neuronali innati, uguali in tutte la specie; le differenze che talvolta si riscontrano, tra una cultura e un'altra, sono soltanto dovute alle regole con le quali le culture stesso codificano il modo in cui le emozioni debbano venire espresse (regole di esibizione)

per altri studiosi invece vi sono delle emozioni non universali (la rabbia, un'emozione ritenuta di base, è praticamente sconosciuta presso gli esquimesi Inuit; in altre culture, vi sono emozioni a noi del tutto sconosciute, come l'amae giapponese, che può essere descritta come una sorta di dipendenza (piacevole) che gli individui adulti ricercano nei loro rapporti con gli altri)

la contrapposizione di punti di vista biologici e costruzionisti è probabilmente inadeguata, in quanto le emozioni sono sia biologiche sia costruite socialmente


teorie cognitive: concezioni che ritengono che la cognizione abbia un ruolo essenziale nella generazione delle emozioni


agli inizi degli anni 80 è stata molto vigorosa la polemica tra

Zajonc, sostenitore della priorità dello stimolo (lo stimolo, immediatamente dopo la registrazione sensoriale, dà luogo ad una risposta affettiva)

Lazarus, sostenitore della priorità della cognizione (una sia pur minima elaborazione della valenza e della rilevanza per gli scopi è indispensabile perché si produca una reazione emotiva)


le teorie cognitive sono generalmente alquanto indifferenti, se non contrarie, all'idea delle emozioni universali e innate; radicalizzando il concetto di componenzialità, nella loro concezione, le emozioni fondamentali sono semplicemente alcune combinazioni essenziali di diverse componenti di base; secondo le teorie cognitive le diverse emozioni possono essere differenziate tra di loro in base al profilo emergente dalla combinazione di alcune dimensioni valutative, o di appraisal (come la novità, la piacevolezza, la controllabilità dell'evento da cui ha origine l'emozione) " dette anche teorie dell'appraisal; le emozioni sono adattive: esse insorgono, infatti, nelle situazioni in cui accade qualcosa d'importante per l'individuo e servono a prepararlo e a motivarlo a rispondervi adattivamente; le emozioni non sono semplici risposte agli stimoli situazionali (cioè non sono simili ai riflessi), ma rispecchiano le implicazioni personali di una persona, le sue conoscenze, la sua esperienza passata (per questo motivo le reazioni emozionali di individui diversi alla stessa situazione non sono identiche, così come la reazione dello stesso individuo potrà essere diverse in situazioni simili tra loro); l'emozione è attivata dalla valutazione cognitiva, da parte dell'individuo, degli effetti che le circostanze produrranno sul suo benessere " il risultato di questa valutazione modella e organizza le altre componenti della risposta emozionale; gli stati emozionali sono dunque virtualmente infiniti, ma ciò non esclude che possano esservi alcune configurazioni più frequenti di altre, in quanto costituiscono la risposta a situazioni maggiormente ricorrenti nel corso dell'adattamento


teorie psicoanalitiche: si ricollegano alla concezione elaborata da Freud all'inizio del 900, partendo dalle sue esperienze psicoterapeutiche; benché l'influenza delle sue idee sia ancora notevole e l'impianto generale di esse sia ancora ben riconoscibile, e benché il riferimento alla psicopatologia e al contesto psicoterapeutico siano ancora fondamentali, le teorie recenti si sono molto evolute:

innanzitutto hanno cercato di integrarsi maggiormente nella cultura più strettamente psicologica, in particolare nella psicologia dello sviluppo, favorendo il confronto (e la contaminazione) con le altre teorie psicologiche (specialmente quella cognitivista), con le neuroscienze e, naturalmente, con la teoria evoluzionistica

hanno notevolmente allargato il proprio orizzonte, includendo nell'ambito del proprio interesse le emozioni cosiddette quotidiane, ad esempio l'analisi della solitudine, della nostalgia, dell'invidia e della gelosia

l'orientamento psicoanalitico continua a guardare alle emozioni non come a fenomeni di breve durata, legati a situazioni ambientali transitorie, ma come a fenomeni di lunga durata, con un'origine essenzialmente interna, pur se in un contesto interpersonale, come elaborazione di relazioni affettive in cui i processi di tipo inconscio sono ancora dominanti e l'ambivalenza è un tratto intrinseco


XII.    Biologia delle emozioni.

le nostre emozioni non sono soltanto eventi mentali, ma toccano anche, e spesso violentemente, il nostro corpo; James, alla fine dell'800, suggerì addirittura che le emozioni non fossero altro che la percezione dei nostri cambiamenti fisiologici oggi sappiamo che James sopravvalutava la nostra capacità di riconoscere ciò che accade nel nostro corpo (le persone infatti non sono accurate nel riportare le proprie esperienze fisiologiche e spesso commettono degli errori perché non vi hanno normalmente accesso, anche se tali descrizioni possono essere altamente condivise per effetto di schemi sociali comuni)


il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) ha un ruolo fondamentale nel provocare una serie di modificazioni fisiologiche che accompagnano spesso vistosamente le emozioni; esso invia informazioni tra il cervello e molti organi del nostro corpo, di cui modula l'attività, incrementandola oppure diminuendola " in questo modo coordina l'attività dei nostri organi in modo da rendere disponibili al corpo le risorse di cui ha bisogno; si articola in 2 sottosistemi:

simpatico: stimola le funzioni che producono energia (implicato nelle situazioni di emergenza)

parasimpatico: svolge una funzione detta antagonista, perché cerca, all'opposto, di risparmiare energia (implicato nelle situazioni di recupero)

le emozioni possono attivare entrambi questi sistemi


dalla prima formulazione della teoria di James in poi, si è cercato di individuare se le emozioni possano esser differenziate dal punto di vista psicofisiologico:

Cannon sosteneva che le diverse emozioni fossero caratterizzate da un pattern di attivazione fisiologica unica, comune a tutte; all'ipotesi del carattere indifferenziato dell'arousal aderirono i sostenitori della teoria cognitivo-attivazionale

tuttavia, per quanto appaia ancora oggi difficile differenziare in modo stabile e sicuro da un punto di vista fisiologico le varie emozioni, vi sono sufficienti evidenze di un certo grado di differenziazione tra le emozioni di paura e rabbia, e tra le emozioni a qualità positiva e negativa


il riconoscimento della valenza emotiva (positiva o negativa) dello stimolo avviene dopo che l'informazione è pervenuta ad è stata elaborata dell'amigdala (una struttura del sistema limbico) " a seconda della provenienza dell'informazione all'amigdala, è possibile distinguere 2 vie:

via talamica (o via bassa): invia un'informazione molto povera dello stimolo, ma sufficiente ad iniziare una risposta emotiva indifferenziata, non necessariamente compatibile con la situazione stimolo (attributi emotivi)

via corticale (o via alta): invia invece un'informazione molto più dettagliata dello stimolo e serve al soggetto per preparare una risposta adeguata ad esso (attributi semantici)

modello della doppia via di LeDoux

IL MODELLO COGNITIVO-ATTIVAZIONALE

 



negli anni 60 riscosse grande interesse il modello cognitivo-attivazionale di Schachter e Singer: questo modello conciliava il punto di vista jamesiano, che sosteneva l'importanza dell'attivazione fisiologica autonomica nella generalizzazione dell'esperienza emotiva, con quello di Cannon, che ne affermava invece il carattere indifferenziato; questo modello affermava che, perché si verifichi un'emozione, occorrono necessariamente 2 ingredienti:

attivazione fisiologica (arousal), che viene rappresentata come indifferenziata (come la monetina che si usa nei juke-box, che vale per tutte le canzoni)

cognizione, che è invece specifica della situazione, rende diverse le varie esperienze emozionali e permette di etichettarle con dei nomi specifici (felicità, paura, rabbia) (come i diversi tasti del juke-box, che permettono la selezione delle singole canzoni) intesa come una conoscenza di tipo causale, che consente di attribuire al tipo di situazione nella quale si trova l'individuo (specialmente di interazione sociale) lo stato di attivazione fisiologica da lui vissuto

la dimostrazione sperimentale, al di là della limitatezza e lacunosità dei risultati, ha dato luogo a molti tentativi di replica ed ha ispirato molti originali filoni di ricerca (come quelli cosiddetti dell'attribuzione erronea, o del transfert di eccitazione, nei quali l'individuo è indotto ad attribuire o trasferire ad altra causa, anche non emozionale, la propria attivazione fisiologica); essa era basata sulla manipolazione indipendente dell'attivazione fisiologica (attraverso un'iniezione di epinefrina, un sostanza attivante il SNA) e della cognizione (attraverso la costruzione di vere e proprie trappole interazionali, in cui un complice dello sperimentatore aveva il compito di ingannare i soggetti, inducendoli ad attribuire il proprio stato di attivazione a delle specifiche condizioni situazionali di tipo emotivo); la principale aspettativa era che un'emozione si sarebbe attivata soltanto nelle condizioni nelle quali erano simultaneamente presenti l'arousal e la cognizione, ed in particolare in quelle condizioni nelle quali i soggetti non potevano attribuire la propria attivazione all'iniezione di epinefrina; non tutte le previsioni furono confermate; tuttavia, ciò non impedì a questa ricerca di restare uno degli esperimenti maggiormente citati e più classici della psicologia delle emozioni


XIII.  Espressione e decodifica delle emozioni.

le mimiche facciali sono di gran lunga la forma di espressione delle emozioni più studiata a livello neuropsicologico (ruolo predominante dell'emisfero destro D maggiore espressività della metà sinistra del volto); molto importante è la capacità, da parte degli individui, di riconoscere le varie espressioni emozionali e il loro significato " molti elementi che fanno supporre che tale capacità sia organizzata in forma modulare:

accertata dissociabilità delle espressioni facciali dal vissuto emotivo

indipendenza del riconoscimento dell'identità del volto da quella del significato emotivo dell'espressione

lo stesso tipo di dissociabilità caratterizza il riconoscimento della prosodia, che può veicolare nello stesso tempo informazioni emotive oppure linguistiche


vi sono molti modi in cui possiamo comunicare le nostre emozioni:

linguaggio

altri modi, non meno potenti, anche se molto meno flessibili, perché meno controllabili dalla volontà dell'individuo: le espressioni del nostro volto, ma anche l'intonazione vocale, le posture (comunicazione non verbale)


sono stati soprattutto gli studiosi di impostazione evoluzionistica che si sono interessati alle espressioni facciali; essi sono infatti convinti che le espressioni siano universali e possano essere riconosciute (decodificate) in contesti culturali anche molto distanti tra loro " Ekman e Friesen hanno messo a punto un particolare metodo, detto FACS, che ha consentito loro di individuare le espressioni facciali tipiche delle principali emozioni, in particolare per le 6 emozioni ritenute di base, o fondamentali, da questi 2 autori (felicità, sorpresa, tristezza, rabbia, disgusto, paura) " basandosi principalmente su compiti di riconoscimento, nei quali agli individui era richiesto di decodificare espressioni facciali prototipiche delle varie emozioni, raffigurate in speciali tavole fotografiche, Ekman, Frieser e molti altri studiosi ritengono di aver potuto dimostrare il carattere universale e innato delle espressioni emotive diversi autori hanno sollevato obiezioni, soprattutto di tipo metodologico:

si tratta di riconoscimento a scelta forzata

artificialità della procedura


per spiegare le differenze tra le diverse culture nel modo di esteriorizzare le emozioni, hanno introdotto il concetto di regole di esibizione: le variazioni tra le diverse culture non sono sostanziali, ma si limitano a differenze nell'intensità o nel controllo dell'espressione e forse nell'esperienza soggettiva


meno studiate delle espressioni facciali, anche per la maggiore complessità dei metodi di studio adottati, sono le modificazioni nel respiro, nella fonazione e nell'articolazione dei suoni, che danno luogo a variazioni vocali utili per il riconoscimento delle emozioni (eppure la letteratura scientifica ha individuato, a proposito della decodifica di messaggi vocali, un'accuratezza media non inferiore a quella delle espressioni facciali)


XIV.  L'appraisal.

secondo gli psicologi di orientamento cognitivo, le emozioni sono in genere attivate da una valutazione cognitiva; il termine appraisal è definito come un elemento che:

completa la percezione permettendo di valutare in modo immediato, automatico e quasi involontario la presenza o l'assenza di un oggetto, o evento, e il suo carattere di positività o negatività

produce la tendenza a fare qualcosa


il sistema di valutazione è molto semplice, in quanto si basa su 3 sole dimensioni dicotomiche:

presenza o assenza dell'oggetto

sua natura benefica o nociva

proprietà di facilitare il raggiungimento di uno scopo positivo o l'evitamento di qualcosa di dannoso

per la teoria dell'appraisal, le emozioni sono fenomeni adattivi; in quanto tali, esse adempiono a delle precise funzioni, principalmente autoregolative:

regolare l'attenzione: questa funzione, con la quale l'individuo viene messo all'erta circa di avvenimenti significativi è ampiamente inconscia e preattentiva; in quanto tale, il sistema è rapido, ma molto poco informato

funzione motivazionale: la risposta emozionale prepara l'individuo e lo motiva ad affrontare l'evento che ha provocato l'emozione (questa funzione richiede invece una descrizione molto dettagliata dello stimolo situazionale, perché solo in questo caso può predisporre l'individuo a reagire appropriamente ad esso; pertanto, il sistema non può essere né pre-attentivo, né inconscio)


distinti 2 tipi di elaborazione, corrispondenti alle 2 diverse funzioni dell'emozione, che non è difficile collegare con quanto detto a proposito di LeDoux e delle 2 vie, talamica e corticale, di attivazione dell'amigdala:

processamento schematico: trova un esempio nel priming (facilitazione) e nella propagazione dell'attivazione; si tratta di processi veloci e automatici, che possono attivare molti tipi di memoria simultaneamente (in parallelo); operano al di fuori dalla consapevolezza e richiedono pochissime risorse attentive, non dipendono dalla volontà e sono quindi rigidi; non dipendono totalmente dall'informazione verbale, ma possono basarsi su qualsiasi tipo di informazione venga memorizzata: qualunque indizio (cue) sensoriale può fungere da facilitatore (primer); quando è attivata una qualsiasi di queste memorie sensoriali, tutta l'informazione immagazzinata, si rende subito disponibile e può essere ulteriormente elaborata anche in modo cosciente

processamento concettuale: è invece coscio e pressoché esclusivamente verbale; è quindi più flessibile, ma più lento; funziona solo in modo sequenziale e lineare e perciò assorbe molte risorse attentive; la dipendenza dall'informazione semantica è insieme il punto di forza e il punto di debolezza del processamento concettuale: da un lato, infatti, essa lo rende più flessibile, potente, astratto e quindi creativo; dall'altro, però, il processamento concettuale è largamente insensibile a tutte le trasformazioni che non siano presentate semanticamente (come gli stimoli sensoriali)

i 2 tipi di processamento interagiscono tra loro "il registro rileva e combina i significati valutativi generando una risposta emozionale basata su ciò che ritiene sia lo stato del mondo valutato; quando l'emozione è sufficientemente intensa, si registra a livello coscio un vissuto soggettivo


i modelli più recenti dell'appraisal ritengono che l'elaborazione cognitiva debba essere concepita in modo più complesso e differenziato: è infatti ormai comunemente accettato che nell'emozione non sia implicato un unico tipo di elaborazione e che questa vada vista come operante a più livelli tra di loro interagenti " uno dei modelli più noti è quello descritto da Leventhal e Scherer, che individuano 3 differenti livelli di elaborazione:

sensomotorio: include le capacità primarie di risposta emozionale dell'individuo e genera i primi comportamenti emotivi osservabili

schematico: prototipi delle situazioni emozionali

concettuale: permette di situare gli eventi emotivi in una prospettiva temporale a lungo termine

REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI: IL COPING E L'EMOTION WORK

 




il concetto di coping (fronteggiamento), molto applicato in psicoterapia, indica le strategie con cui l'individuo affronta la situazione emotiva; se ci troviamo di fronte ad un problema che provoca in noi una risposta emotiva, possiamo innanzitutto cercare di affrontarlo utilizzando una strategia focalizzata su di esso: lo affrontiamo direttamente, facendo ricorso alle risorse di cui disponiamo; se questo non è possibile, possiamo adottare una strategia focalizzata sull'emozione, rivolta cioè a controllare gli effetti negativi di una reazione emotiva troppo intensa:

accettare il confronto

prendere le distanze

autocontrollarsi

cercare il sostegno sociale

accettare la responsabilità

fuggire ed evitare

pianificare la soluzione

rivalutarsi positivamente


collegato alle regole di esibizione, troviamo l'emotion work: tutte quelle strategie con le quali gli individui si sforzano di assumere l'atteggiamento emotivo più appropriato alle diverse situazioni sociali, oppure alle aspettative connesse al ruolo esercitato; si tratta di un vero e proprio lavoro, svolto su se stessi e sul proprio comportamento, che può essere notevolmente affinato dall'esperienza, ma anche da uno specifico addestramento; si applica non solo al dominio dell'espressione, ma anche all'esperienza interna dell'individuo, motivo per il quale vengono usate anche altre denominazioni, come regole dei sentimenti oppure dominio esercitato sui sentimenti; anche se ci sembra di essere poco sinceri, la buona educazione e la sensibilità, ma anche talvolta l'ipocrisia, ci spingono spesso a modificare volontariamente le nostre espressioni emotive


XV.  Emozione e memoria.

benché sia evidente che vi è uno stretto rapporto tra emozioni e memoria, non è facile definire un rapporto generale tra di loro, che possa rendere conto di tutti i fenomeni studiati:

un primo tipo di relazione si basa sull'intervento dell'attenzione: noi prestiamo più attenzione agli stimoli salienti emotivamente e ciò dà luogo conseguentemente ad un miglior ricordo D un elevato arousal provoca un restringimento dell'attenzione e una minore sensibilità agli altri stimoli presenti nell'ambiente; i meccanismi invocati nell'elaborazione emozionale sono piuttosto di tipo pre-attentivo; a questo processo pre-attentivo può far seguito una maggiore focalizzazione attentiva

Bower ha indicato negli effetti di stato-dipendenza (accoppiamento dell'emozione al momento dell'apprendimento e a quello del recupero) e di congruenza (corrispondenza tra la valenza affettiva dello stimolo al momento in cui ha agito e lo stato affettivo al momento del recupero) una seconda via fondamentale attraverso cui l'emozione può influenzare il ricordo le conferme empiriche all'effetto di stato-dipendenza appaiono oggi complessivamente piuttosto modeste; l'effetto di congruenza appare invece meglio documentato, almeno per quanto riguarda i ricordi autobiografici; anche se è molto difficile isolare l'effetto di congruenza da quello di stato-dipendenza oggi, da parte di alcuni studiosi, si comincia comunque a proporre modi alternativi di spiegazione degli effetti di congruenza, che prescindono dal primato della valenza affettiva; una caratteristica importante dei ricordi emotivi appare essere la cosiddetta persistenza (i ricordi emotivi si dimenticano più lentamente); i dati sperimentali non confermano dunque l'ipotesi della rimozione, o almeno ne limitano la portata generale D ciò nonostante, nella pratica clinica si riscontrano spesso casi di vera e propria amnesia psicogena, cioè casi di deterioramento anche molto grave della memoria in soggetti che abbiano avuto esperienze emotive molto intense o estreme (è possibile ricordare l'emozione senza ricordare le caratteristiche dell'evento emotivo)

LA TESTIMONIANZA

 




il tema della testimonianza ha suscitato un grande interesse in psicologia ed è uno degli argomenti centrali della psicologia giuridica; l'esperienza testimoniale comporta la capacità di rievocare e riferire il ricordo di un evento spesso altamente emozionale o, al limite, traumatico; le condizioni di esposizione all'evento e le caratteristiche disposizionali, stabili o temporanee, del testimone, possono falsare la percezione di quanto accade; inoltre, la memoria di un evento di rilevanza emotiva è ben lontana dall'essere un attendibile ritratto dell'accaduto; il dibattito sulla relazione tra emozione e memoria è complesso:

alcuni studiosi hanno sostenuto che l'emozione danneggia inequivocabilmente la memoria, provocando amnesie retrograde da cui non è più possibile recuperare il materiale originario

altri studiosi ritengono invece che sia possibile recuperare ricordi di eventi traumatici anche a distanza di molti anni da quando questi sono accaduti

le reiterazioni post-evento di materiale emozionale possono incidere notevolmente sul ricordo; il testimone può tendere a semplificare il ricordo e a renderlo coerente con gli schemi abituali di esperienza; gli interrogatori possono produrre un notevole effetto di suggestione;


XVI.  La condivisione sociale del ricordo emotivo.

la persistenza dei ricordi emotivamente più intensi o traumatici si traduce spesso in un'insopprimibile necessità di parlare dell'evento che è alla loro origine; gli psicologi clinici considerano tale ruminazione, almeno in una certa misura, un sintomo della sofferenza emotiva, ma la pongono in qualche modo in relazione al processo di recupero emotivo, in quanto il confronto, pure se forzato, con l'evento emotivo o traumatico, ne consente la progressiva elaborazione ed assimilazione; finché il vissuto emotivo non si attenua, o non viene in qualche modo elaborato, il ricordo continua a riproporsi in modo intrusivo e insopprimibile; è necessario un intenso lavoro di elaborazione cognitiva, volto a ristabilire l'equilibrio compromesso; le emozioni comportano frequentemente una perturbazione dell'equilibrio anche nelle relazioni interpersonali; comunicare ad un'altra persona la propria emozione produce, oltre che molteplici effetti sociali (sostegno, intimità interpersonale, ..) anche importanti effetti cognitivi, concorrendo a strutturare la propria conoscenza emozionale, tanto che alcuni autori hanno addirittura coniato il termine di script emozionali; le emozioni implicano necessariamente anche una dimensione interpersonale e sociale




FLASHBULB MEMORY

 


flashbulb memory (ricordo fotografico): ricordo vivido, dettagliato e persistente delle circostanze di apprendimento di un evento pubblico significativo; gli individui conservano dettagliatamente e a lungo non solo il ricordo dell'evento in sé, ma anche le circostanze in cui hanno appreso la notizia

in origine, si ipotizzava che il contesto di apprendimento di un evento pubblico rilevante fosse ricordato in modo inusualmente vivido per effetto della sorpresa e dell'impatto emozionale; la consequenzialità, intesa come possibilità dell'evento di produrre conseguenze significative sulla vita dell'individuo o gruppo sociale cui appartiene, era considerata l'altra determinante essenziale; in seguito, le reiterazioni dell'accaduto, ossia le discussioni con altre persone e la ruminazione mentale, interverrebbero a consolidare la traccia mnestica

accanto a questa lettura del fenomeno, altri autori enfatizzano il ruolo dei fattori ricostruttivi

a ricomporre questo dibattito, alcuni studiosi hanno posto l'emozione come cardine del processo di formazione della flashbulb memory; tanto le valutazioni cognitive che precedono e provocano l'emozione, quanto gli effetti di condivisione sociale e ruminazione mentale dell'emozione agirebbero come determinanti (l'inaspettatezza non è più considerata un requisito irrinunciabile)


la flashbulb memory è stata recentemente applicata anche a eventi privati e a eventi pubblici non traumatici o positivi e alla ricerca sulla memoria collettiva

GLI SCRIPT EMOZIONALI

 




gli script emotivi sono astrazioni di episodi emotivi reali, possono variare in modo notevole secondo la situazione, sono strettamente legati alla cultura e possono essere concepiti come delle rappresentazioni stereotipate, socialmente condivise, di episodi emozionali







fine 800: psicologia scientifica (Fechner, Weber, Wundt, Ebbinghaus, scuola di Würzburg)


prima metà del 900

Stati Uniti

strutturalismo: inaugurato da Wundt in Germania e proseguito negli U.S.A. dal suo allievo Titchener; riconosciuto come il primo modello di psicologia sperimentale (laboratorio); metodo introspettivo

funzionalismo: inaugurato da James e Dewey; interpreta i fenomeni psichici non come elementi disgiunti fra loro, ma come funzioni mediante le quali l'organismo si adatta all'ambiente sociale e fisico; evoluzionismo di Darwin

comportamentismo: il comportamento esplicito è l'unica unità di analisi scientificamente studiabile della psicologia (Watson)


scuola sovietica

riflessologia: condizionamento (Pavlov)


Europa

psicologia della Gestalt: detta anche psicologia della forma; rifiuta di suddividere l'esperienza umana nelle sue componenti elementari e tende a considerare l'interezza più che le singole componenti; quello che noi sentiamo è il risultato di una precisa organizzazione; i medesimi principi di organizzazione guidano anche i nostri processi di pensiero

Freud e la psicoanalisi


anni 40-70: dalla psiche alla mente

neocomportamentismo: si differenzia dal comportamentismo watsoniano per accogliere idee cognitiviste o anche psicoanalitiche fine dell'utopia comportamentista

cognitivismo: ha come obiettivo lo studio dei processi mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate, archiviate e recuperate; la percezione, l'apprendimento, il problem solving, la memoria, l'attenzione, il linguaggio e le emozioni sono i processi mentali studiati; studia il funzionamento della mente come elemento intermedio tra il comportamento e l'attività cerebrale prettamente neurofisiologica; il funzionamento della mente è assimilato a quello di un software che elabora informazioni (input) provenienti dall'esterno, restituendo a sua volta informazioni (output); nasce verso la fine degli anni 50 in contrapposizione al comportamentismo

cognitivismo HIP: Human Information Processing

scienza cognitiva: fine anni 70; orientamento a carattere interdisciplinare; studio della mente

costruttivismo: approccio alternativo al comportamentismo; considera le costruzioni mentali con cui essa si adegua alle esperienze percepite





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