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INTERAZIONI SOCIALI - LE RELAZIONI SOCIALI

psicologia



PARTE SECONDA - INTERAZIONI SOCIALI


CAPITOLO 5 - LE RELAZIONI SOCIALI


Le interazioni sociali danno origine a strutture di relazioni che si caratterizzano per diversa:

rilevanza;

stabilità;

per un diverso grado di soddisfazione che gli individui ricavano da esse.


  1. LE RELAZIONI SIGNIFICATIVE

Il modo in cui l'individuo si rappresenta gli altri è centrale per capire il suo comportamento nel mondo sociale.



Dalla formazione delle impressioni si giunge alla rappresentazione degli altri, in special modo gli altri significativi (non estranei ma persone che intrattengono relazioni vitali con l'attore sociale).

Per Lewin le relazioni non possono essere studiate a partire dagli individui che le intrattengono, ma dall'interazione fra le proprietà dei partner e quelle della situazione ( 727h75h ambiente fisico e sociale). Questi formano un sistema interdipendente nel quale un cambiamento si riflette su tutte le parti del sistema.

L'ambito di studio delle relazioni affettive è attualmente governato da due prospettive teoriche apparentemente diverse ma che in realtà possono essere viste in maniera integrata:

la prospettiva derivante dalla teoria dell'interdipendenza, che considera l'interdipendenza come la caratteristica fondamentale di ogni relazione sociale;

l'approccio cognitivo alle relazione, che pone l'accento sugli schemi di relazione e sugli script di relazione (nelle relazioni significative vengono attivati in maniera automatica, non richiedono un'elaborazione consapevole delle informazioni disponibili di volta in volta).


Tipologia delle relazioni


Kelley propone una definizione di relazione significativa affermando che una relazione è tale se si basa su una forte interdipendenza fra i partner (influenzano i comportamenti reciproci) non solo in qualche ambito ma in molti contesti e per lungo tempo.


Le scale di rilevazione dei sentimenti mettere a punto scale con l'obiettivo di quantificare i diversi tipi di sentimenti.

Uno dei primi tentativi in questo senso è stato quello di Rubin il quale ha messo a punto due scale:

la Liking scale, che si propone di cogliere il grado di piacevolezza attribuito al partner, in termini di affetto e rispetto;

la Love scale, che intende mettere in luce tre aspetti: l'attaccamento, il prendersi cura e l'intimità.


Una delle classificazioni che ha conosciuto maggiore considerazione è quella chiamata Triangolo dell'amore, formato da tre componenti:

intimità (implica la comprensione reciproca, la complicità e il sostegno emotivo);

passione (comprende l'attrazione fisica, il desiderio sessuale, la sensazione di essere innamorati);

livello di impegno/decisione nei riguardi del partner.

Queste tre componenti entrano in varia misura nei vari tipi di relazioni, combinandosi dando origine a 7 classi di sentimenti:

attrazione;

infatuazione;

amore abitudinario;

amore romantico;

amicizia profonda;

amore fatuo;

amore completo.


Gli stili di relazione sono il prodotto del tipo di legame di attaccamento che i bambini formano con gli adulti (in primo luogo con i genitori).



1.2. La formazione delle relazioni


I fattori che favoriscono la nascita delle relazioni (in quanto portano all'interazione fra persone) vanno individuati fra le caratteristiche fisiche e sociali dell'ambiente in cui si trovano le persone, e sono:

- la prossimità: non si tratta banalmente di un problema di distanza fisica, quanto piuttosto di distanza funzionale, cioè di probabilità di avere contatti.

La prossimità fisica agisce anche attraverso l'aumento della familiarità dei potenziali partner: infatti, un atteggiamento positivo può essere generato anche grazie alla semplice esposizione ripetuta allo stimolo;

la percezione di somiglianza, considerato il fattore principale di attrazione (somiglianza di opinioni, non di personalità, che minaccia il senso di unicità dell'individuo!);

l'aspetto fisico, secondo lo stereotipo che associa la bellezza ad altre qualità positive;

la rivelazione di sé, cioè l'apertura all'altro (self-disclosure): infatti, non solo le persone tendono ad aprirsi maggiormente con coloro dai quali sono più attratte, ma questa apertura viene anche recepita dall'altro come segno di apprezzamento.


Stabilità e soddisfazione nelle relazioni


Fattori che rendono una relazione soddisfacente e stabile


Riguardo alla soddisfazione, la teoria dello scambio di Homans formula un principio applicabile a qualsiasi tipo di relazione sociale: un individuo rimane in una relazione finché il partner gli assicura il massimo dei benefici al minimo costo (si tratta di un modello economico del comportamento umano). Finché è soddisfatto rimane nella relazione, altrimenti ne esce.

Tre fattori influenzano la percezione di soddisfazione:

i profitti (materiali e simbolici), che derivano dalla sottrazione dei costi (tutto ciò che nella relazione o nel partner viene valutato negativamente) ai benefici oppure dal confronto con uno standard (frutto di norme sociali e aspettative personali) o dal livello di autostima;

le alternative possibili alla relazione;

gli investimenti in termini di tempo, sforzo e risorse posti sulla relazione stessa (amici, patrimonio, progetti).


Le critiche fatte alla teoria dello scambio si riferiscono soprattutto al fatto che un principio economico venga applicato ad un fenomeno così complesso come il mantenimento di una relazione fra persone.

La considerazione del ruolo dell'equità fra i benefici propri ed altrui deriva da uno sviluppo della teoria dello scambio e afferma che un individuo valuta soddisfacente una relazione se ricava benefici (di natura simbolica oltre che materiale) pari ai costi che essa comporta: infatti, se in una relazione uno dei due membri riceve più di quanto offre, la stabilità è fortemente a rischio.

Il principio dello scambio si applica solo alle relazioni di scambio (di lavoro e fra estranei), mentre nelle relazioni di condivisione (quelle intime) prevale l'interesse per il benessere dell'altro (il prototipo è quello della relazione madre-figlio).

Inoltre, il principio dell'equità è tipico delle società individualiste (quelle occidentali) mentre spesso non vale per le società collettiviste (orientali).

Queste teorie, per di più, sottovalutano il ruolo delle abitudini consolidate, la resistenza al cambiamento, il senso di incertezza riguardo al futuro e le pressioni sociali e culturali a mantenere relazioni di coppia anche quando queste diventano svantaggiose.


Influenze culturali


La dicotomia individualismo/collettivismo è stata individuata da Hofstede e individua il modo di concepire le relazioni come uno dei criteri fondamentali di differenza fra culture.

Le culture individualiste sono caratterizzate dal fatto che riconoscono una forte importanza all'indipendenza e alla realizzazione personale, mentre quelle collettiviste danno maggior importanza all'interdipendenza fra le persone e considerano le esigenze del gruppo più importanti di quelle del singolo.

Le relazioni in diversi contesti culturali:


CULTURE INDIVIDUALISTE

CULTURE COLLETTIVISTE

la scelta del partner è tesa al soddisfacimento dei bisogni personali dei membri della coppia;

l'amore romantico è visto come prerequisito necessario e sufficiente per la formazione di una coppia.

- tale scelta è effettuata dalla famiglia in relazione alle proprie esigenze.


Nella realtà queste differenze sono un po' attenuate; inoltre, anche in Europa fino al 1700 i matrimoni erano celebrati sulla base di criteri di opportunità sociale e politica.



  1. LA COMUNICAZIONE

I fenomeni sociali si originano nel corso delle interazioni comunicative fra le persone, nei gruppi. Le rappresentazioni sociali, la reputazione, gli stereotipi e i pregiudizi sono solo i prodotti più evidenti di questo lavoro di costruzione sociale della realtà in riferimento alla quale le persone si muovono.

Tutta la vita pubblica, le istituzioni democratiche e i sistemi economici prendono vita negli scambi comunicativi.

La comunicazione è un processo dinamico e circolare che richiede la condivisione di codici astratti (il linguaggio e i significati dei segnali non verbali): non si tratta di un comportamento intenzionale in quanto non si può non comunicare, dato che in una interazione ogni comportamento veicola un qualche genere di informazione che produce conseguenze sui comportamenti successivi.


2.1. La struttura e le funzioni della comunicazione


L'idea che si possa parlare di comunicazione come di un processo che lega alcuni elementi strutturali ci viene da Aristotele, mentre Shannon e Weaver propongono un modello di comunicazione che ha conosciuto un forte diffusione grazie all'introduzione dell'idea di rumore, l'elemento che impedisce una perfetta simmetria fra il processo di codifica da parte dell'emittente e quello di decodifica da parte del ricevente.

Infatti, nella comunicazione, una fonte traduce il suo pensiero in un codice che lo rende messaggio veicolato da un canale verso il ricevente il quale ritraduce il codice in pensiero.

Oltre al rumore di tipo fisico, c'è anche il rumore psicologico, cioè quegli stati mentali, sentimenti e pensieri che interferiscono con l'attività di decodifica, oltre al fatto che i parlanti possono fare riferimento a mondi simbolici diversi (per capirsi non è sufficiente esprimersi con lo stesso linguaggio) e frutto delle specifiche esperienze personali.

Il modello delle categorie linguistiche considera il linguaggio (sistema verbale e sistema non verbale) come mediatore fra cognizione e realtà sociale, uno strumento per trasformare la realtà veicolando significato.


I sistemi della comunicazione verbale sono:

- fonemi;

- morfemi;

- parole;

- frasi, ecc.


I sistemi della comunicazione non verbale sono:

- segnali paralinguistici (intonazione, volume di voce, vocalizzazioni per la regolazione dell'avvicendarsi dei turni di parola);

- le espressioni del volto (tra cui il contatto visivo, cioè gli sguardi), che forniscono anche informazioni sull'attività de decodifica del messaggio da parte dell'ascoltatore;

- il comportamento spaziale [posizione del corpo, gesti, la distanza e il contatto fisico fra i parlanti (per il quale vanno distinte le culture da contatto dalle culture di non contatto)].

Le espressioni non verbali variano da persona a persona ma soprattutto da cultura a cultura percui questi aspetti acquistano una particolare importanza nel caso in cui una persona si trovo in un ambiente diverso dal proprio.



  1. LA COMUNICAZIONE COOPERATIVA

Partecipare ad una conversazione comporta un'azione cooperativa nella quale gli attori sociali riconoscono almeno uno scopo comune o un insieme di scopi comuni.

La conversazione come azione sociale di tipo cooperativo è governata da regole implicitamente riconosciute dai partecipanti. Se uno degli interlocutore viola una di queste massime può venir meno il principio di cooperazione e può quindi esserci l'interruzione dello scambio.

Secondo il modello del contratto di comunicazione, ogni interazione comunicativa può essere pensata come una situazione in cui gli interlocutori stabiliscono implicitamente un contratto fondato su un certo numero di regole. Si tratta dell'insieme di diritti e doveri di ciascuno, degli obblighi di natura sociale ai quali gli interlocutori sono vincolati.

La comunicazione è quindi un'attività congiunta e coordinata che presuppone lo sviluppo da parte dei potenziali interlocutori di una certa competenza comunicativa, cioè di quelle capacità che rendono la partecipazione dell'individuo all'interazione comunicativa efficace ed appropriata al contesto in cui avviene.

Oltre alle abilità di linguaggio, c'è bisogno di altre abilità più propriamente sociali (dato che esprimersi è in primo luogo un'attività sociale), come:

la competenza performativa (saper usare il linguaggio per agire nel proprio ambiente fisico e sociale);

saper riconoscere le norme specifiche al contesto che regolano le espressioni verbali e non verbali;

saper riconoscere le regole che governano l'interazione (presa di parola, aspettative di ruolo) ne contesto;

saper influenzare l'interlocutore.





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