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DALLA PERCEZIONE ALLA COSCIENZA

psicologia



DALLA PERCEZIONE ALLA COSCIENZA.

I.    Sensazione, percezione e cognizione.

la percezione, intesa come elaborazione cognitiva dell'informazione sensoriale che perviene ai nostri organi di senso, è il risultato di una serie di processi complessi che si realizzano in modo automatico e implicito; ciò che percepiamo sono dei prodotti cognitivi che, pur fondandosi sull'informazione sensoriale, vanno al di là di questa informazione di base " quali sono i meccanismi coinvolti in questo tipo di operazione??

sensazione: fasi iniziali dell'elaborazione dell'informazione, che comprende sia l'attività dei recettori sensoriali situati nei nostri organi di senso, sia la trasmissione dei segnali prodotti dai recettori lungo le strutture sottocorticali fino alle aree corticali; nei primi studi (prima metà dell'800) si considerava la sensazione come una forma di percezione; attualmente invece si circoscrivono i processi sensoriali a quelle attività di ricezione, conversione e trasmissione dell'informazione nelle strutture dei sistemi sensoriali senza che il soggetto ne sia consapevole o intervenga attivamente nella ricerca dell'informazione nell'ambiente; gli organi di senso funzionano come una finestra sul mondo attraverso la quale passa una gamma ristretta di informazione



percezione: integrazione delle attività svolte dai diversi neuroni localizzati in aree diverse della corteccia; è strettamente legata ad altri processi, come l'attenzione, la memoria e il linguaggio


la cognizione è un sistema integrato di elaborazione e produzione di informazione, anche se vi sono sottoinsiemi con funzioni specifiche; tuttavia, la psicologia cognitiva ritiene che la sensazione e la percezione si distinguano soprattutto al livello dell'identificazione e del riconoscimento dello stimolo; nel fenomeno della percezione intervengono processi cognitivi come la memoria e l'immaginazione; oltre a questi 2 processi, ne interviene anche un altro: la selezione dell'informazione che permette di utilizzare nel modo più economico ed efficace le risorse operative della mente, necessariamente limitate (attenzione); il sapere che stiamo percependo qualcosa implica un altro processo mentale, molto complesso, che si chiama coscienza; questi processi avvengono in stretta interazione tra di loro, assieme agli altri (memoria, pensiero e linguaggio)


II.  La percezione uditiva.

nella specie umana la capacità di elaborare l'informazione sonora ha permesso di sviluppare 2 fondamentali processi cognitivi:

linguaggio verbale

musica

fin dalla prima infanzia gli esseri umani sono immersi in una rete di relazioni sociali strettamente legate alla comunicazione verbale e sonoro-musicale; la storia dell'umanità si è fondata per molti secoli sulla comunicazione orale; i recettori del sistema uditivo sono localizzati nella membrana basilare dell'orecchio interno " le vibrazioni della membrana basilare prodotte dalle onde sonore pervenute dall'orecchio esterno causano una flessione delle cellule ciliate e questo movimento, a sua volta, dà origine ad un impulso elettrico; esiste una specializzazione del sistema dei recettori uditivi per i valori specifici della frequenza dei suoni; la specializzazione continua ad essere presente anche nelle altre strutture del sistema uditivo, nelle regioni sottocorticali e corticali; l'informazione sonora proveniente dall'ambiente esterno è costituita da sequenze e combinazioni di frequenze diverse, che sono riconosciute grazie alle competenze co 121d38b gnitive del cervello; per elaborare questa informazione complessa occorre che i neuroni delle aree uditive e di altre regioni della corteccia cerebrale interagiscano tra loro, integrino quindi le analisi che ciascun neurone ha compiuto in modo specifico; se per il linguaggio verbale risulta che vi è una forte dominanza di un emisfero sull'altro (sinistro), per la musica sembra necessaria l'integrazione tra le funzioni dei 2 emisferi seppure con una tendenza alla dominanza funzionale dell'emisfero destro


III.    La percezione visiva.

l'identificazione di un oggetto visivo implica 2 processi (descrizione e confronto) che sono i 2 principali stadi di elaborazione dell'informazione visiva:

nello stadio primario sono implicati i processi visivi che descrivono lo stimolo, indipendentemente dal significato dell'oggetto (studiati per la prima volta dalla Gestalt nei primi decenni del 900)

nello stadio secondario (di elaborazione cognitiva) vengono implicati processi più complessi: attraverso il confronto con le tracce depositate in memoria (tracce mnestiche), una configurazione-stimolo viene identificata come un oggetto noto


vi sono 2 tipi di elaborazione:

dal basso verso l'alto: si fonda su un'analisi delle parti che sono presenti nello stimolo ed è guidata dai dati sensoriali; l'identificazione avviene dopo che sono state colte e analizzate le informazioni contenute nello stimolo

dall'alto verso il basso: si fonda sulle tracce contenute in memoria dall'osservatore; si utilizzano le conoscenze acquisite in precedenza e, sulla base di queste, l'osservatore formula un'ipotesi in relazione a quali oggetti hanno maggiore probabilità di essere presenti in quel momento

qualsiasi percezione richiede un'interazione tra l'informazione sensoriale e le conoscenze possedute relative allo stimolo; la misura in cui intervengono questi 2 processi dipende dal grado di conoscenza che si ha dell'oggetto in esame e dal contesto in cui esso è inserito


per l'identificazione di uno stimolo visivo la forma sembra una proprietà essenziale, più importante di altri attributi come il colore, la grandezza o l'orientamento; la descrizione delle caratteristiche salienti di un oggetto è depositata in memoria; tuttavia, per identificare un oggetto occorre anche che vi sia una quantità minima di informazione nell'ambiente; le proprietà fondamentali di uno stimolo visivo analizzate dai neuroni delle aree corticali visive sono:

frequenza spaziale*

lunghezza d'onda

orientamento#

movimento


il sistema visivo umano è sensibile ad una ristretta gamma di frequenze spaziali (frequenze spaziali basse = informazione sulla configurazione globale dello stimolo, alte = suoi dettagli); attraverso una sequenza di fotografie sottoposte a filtraggio spaziale (frequenze spaziali basse " alte) si passa gradualmente dalla percezione di una configurazione-stimolo poco riconoscibile ad una che viene riconosciuta in tutti i suoi dettagli


per alcuni studiosi l'identificazione di un oggetto è indipendente dall'orientamento con cui si presenta; teoria indipendente dal punto di vista, cioè indipendente dai modi in cui l'osservatore ha visto lo stesso oggetto nel corso della sua esperienza

secondo altri ricercatori, invece, la rappresentazione dell'oggetto è depositata in memoria con uno specifico orientamento, detto anche orientamento canonico; l'identificazione di un oggetto rovesciato avverrebbe perché nella mente dell'osservatore sarebbe stata operata una rotazione dell'immagine fino alla sua coincidenza con la traccia mestica

un'altra teoria sostiene che in memoria è depositato più di un orientamento dello stesso oggetto; la proprietà dell'orientamento assume un peso diverso a seconda del tipo di stimoli, animali o veicoli, vegetali o utensili; l'analisi dell'orientamento è quindi legata alla classe, o categoria, cui appartiene l'oggetto


le teorie che sono state proposte dagli anni 50 fino agli ultimi decenni sulle componenti fondamentali di una configurazione-stimolo (pattern) depositate in memoria ai fini della sua identificazione, hanno avuto come punto di partenza il superamento di una concezione a suo tempo abbastanza diffusa, nota come teoria del confronto di sagoma: il pattern sarebbe identificato confrontandolo sistematicamente con le varie sagome disponibili fino a trovare la sagoma che gli corrisponde meglio il limite evidente è che non spiega come si possano identificare configurazioni-stimolo diverse per grandezza, orientamento, forma, .. paradossalmente, occorrerebbe aver memorizzato un numero elevatissimo di sagome relative a tutte le variazioni possibili dei pattern; inoltre non consentirebbe di riconoscere nuove versioni di uno stimolo delle quali non si posseggono sagome in memoria, oppure versioni di cui non si ha mai avuto esperienza prima

sviluppati nuovi modelli esplicativi:

teoria dell'analisi delle caratteristiche: si basò sull'assunto che lo stimolo visivo è costituito da un insieme di caratteristiche, proprietà e attributi essenziali che lo distinguono rispetto ad un altro; la descrizione strutturale basata sull'analisi delle caratteristiche avrebbe dovuto consentire di superare il problema della variazione di alcuni parametri dello stimolo " Selfridge ideò un programma per computer per l'identificazione di pattern: Pandemonium, perché ipotizzava che alcuni demoni-neuroni sarebbero specializzati per riconoscere caratteristiche specifiche; il modello prevedeva una sequenza di stadi in cui gruppi di demoni specializzati svolgono una serie di operazioni: registrazione dell'immagine, rilevazione delle linee, elaborazione cognitiva, decisione finale che porta all'identificazione " Gibson elaborò un sistema di identificazione delle lettere dell'alfabeto: il riconoscimento di una lettera avverrebbe confrontando le caratteristiche contenute nella lettera-stimolo con quelle proprie delle varie lettere dell'alfabeto (proprietà depositate nella memoria); quanto più 2 lettere condividono le stesse caratteristiche, tanto più sarebbe possibile confonderle le teorie basate sull'analisi delle caratteristiche ebbero una notevole diffusione perché concordavano con le scoperte neurofisiologiche sull'esistenza di neuroni della corteccia visiva specializzati nell'analisi di caratteristiche specifiche dello stimolo

negli anni 70 si diffuse anche l'ipotesi che esistessero neuroni (unità cognitive), o gruppi di neuroni, molto in alto nella gerarchia degli stadi di elaborazione cognitiva, dedicati al riconoscimento di stimoli complessi: animali, vegetali, utensili, facce per quanto l'ipotesi di sistemi neuronali specializzati per l'elaborazione di specifiche classi di oggetti visivi sia stata riproposta dopo i risultati delle ricerche con le tecniche di neuroimmagine, resta ancora da chiarire quali siano le proprietà dello stimolo che vengono analizzate ai fini della sua identificazione

secondo gli orientamenti più recenti non verrebbe effettuata una scomposizione e/o ricomposizione delle caratteristiche dello stimolo (teorie dell'analisi delle caratteristiche); l'elaborazione cognitiva che produce l'identificazione si fonderebbe piuttosto sull'interazione e integrazione tra le varie componenti fisiche dello stimolo, sulle loro relazioni strutturali " secondo la teoria dell'integrazione delle caratteristiche di Treisman, la percezione di un oggetto:

richiede in primo luogo la registrazione di alcune caratteristiche salienti dello stimolo; il primo stadio, definito individuazione delle qualità primarie, è automatico e implica un'elaborazione parallela (rilevazione simultanea di tutte le qualità primarie relative a tutti gli stimoli presenti nel nostro campo visivo)

solo quando si realizza successivamente l'integrazione di queste qualità in componenti di ordine superiore si ha la percezione dell'oggetto; il secondo stadio, definito integrazione delle qualità primarie, implica un processo controllato dall'attenzione e coinvolge un'elaborazione seriale

" un'altra teoria è stata proposta da Biederman: contrariamente ad altre teorie (Treisman) che si focalizzano sulle fasi iniziali del processo percettivo, la teoria del riconoscimento per componenti privilegia uno stadio più avanzato lungo la direttrice dal basso verso l'alto; il processo percettivo iniziato con l'individuazione e l'integrazione delle qualità primarie deve necessariamente prevedere un'ulteriore integrazione di ordine superiore che conduca all'individuazione delle parti o componenti di un oggetto; assume che un oggetto consista di un insieme di componenti o semplici volumi chiamati geoni; il riconoscimento di un oggetto dipende dall'identificazione dei geoni che lo compongono e dalle relative relazioni spaziali che vi intercorrono


IL SISTEMA VISIVO

 



l'informazione visiva è costituita dalla luce riflessa dagli oggetti che cade sulla retina, uno strato di recettori localizzato sulla superficie interna dell'occhio; i coni si attivano maggiormente durante la visione diurna e sono specializzati per la forma e il colore; i bastoncelli si attivano in condizioni di basso livello di luminosità (visione crepuscolare)

LA PERCEZIONE DECONDO LA TEORIA DELLA GESTALT

 




le teorie psicologiche dominanti nel primo decennio del 900 sostenevano che la percezione di un oggetto era il prodotto dell'associazione e della combinazione di elementi sensoriali distinti D la teoria della forma, o teoria della Gestalt, sviluppatasi dopo le ricerche di Wertheimer sulla percezione del movimento apparente, sostenne invece che la percezione non dipende dagli elementi, ma dalla strutturazione di questi elementi in un insieme organizzato (Gestalt = forma, struttura, pattern); l'organizzazione prevale sugli elementi, li struttura in un insieme per cui essi diventano una figura che si differenzia dal resto (lo sfondo) del campo di stimolazione; Wertheimer descrisse varie leggi dell'organizzazione percettiva, in base alle quali ogni forma è una figura che si stacca dallo sfondo in base ad una particolare organizzazione degli elementi; il triangolo di Kanizsa (uno dei principali esponenti italiani della teoria della forma) è un esempio di figura dai contorni illusori, non presenti nel campo di stimolazione, è la dimostrazione di come la mente percepisca una forma anche se mancano alcuni elementi sensoriali D il riconoscimento di queste figure illusorie e di quelle incomplete è stato interpretato dagli psicologi cognitivisti secondo un'ipotesi costruzionista: la mente vede le figure in base a schemi e tracce mnestiche che essa sovrappone sugli elementi o, in altri termini, la figura è costruita dalla mente sulla base degli elementi sensoriali disponibili

BOX n. 4. TECNICHE DI RICERCA

 




i processi mentali possono essere studiati con metodi differenti, ma i risultati più importanti della psicologia contemporanea sono stati conseguiti in ricerche nelle quali si potevano confrontare dati ottenuti con metodiche e tecniche diverse:

metodo del tempo di reazione (registrazione del tempo che intercorre tra la presentazione dello stimolo e la risposta data dal soggetto) " cronometria mentale: la misurazione dei tempi impiegati dalla mente per compiere l'elaborazione dell'informazione

ci si può chiedere se la differenza nel tempo di elaborazione riguarda lo stadio primario, relativo alle caratteristiche fisiche (i 2 tipi di stimoli potrebbero essere diversi per forma, grandezza, ..), oppure lo stadio secondario, o cognitivo, necessario per decidere che lo stimolo presentato è un animale e non un veicolo o viceversa " si pongono degli elettrodi sulla testa del soggetto e si registrano le variazioni di potenziale elettrico che si generano dopo la presentazione degli stimoli (queste risposte elettrofisiologiche sono denominate potenziali correlati ad eventi o ERP); permette di indagare i processi interni alla mente, i processi non manifesti, non visibili, inaccessibili all'indagine sperimentale (contrariamente alla tecnica del tempo di reazione)

negli ultimi 2 decenni, è stato possibile localizzare quali parti del cervello sono coinvolte nei vari processi cognitivi attraverso l'impiego sia delle registrazioni intracraniche su pazienti sia delle tecniche di neuroimmagine su soggetti normali oppure su pazienti " a seconda della localizzazione della lesione, si produce un disturbo specifico dei processi cognitivi


IV.    Il riconoscimento di facce.

la faccia è probabilmente la configurazione-stimolo più importante per la specie umana; fin dai primi giorni di vita il bambino entra in relazione con il mondo esterno attraverso la faccia della madre o di un adulto; la faccia diverrà in seguito una fonte importante di comunicazione degli stati emotivi, il canale principale della comunicazione non verbale; negli ultimi decenni condotte molte ricerche sui processi responsabili dell'identificazione delle facce:

le ricerche condotte sulle scimmie hanno individuato alcune cellule della corteccia temporale inferiore che sono specializzate per il riconoscimento della facce

altre ricerche hanno affrontato il problema di quali siano le caratteristiche fisiche rilevanti per l'identificazione di una faccia; le frequenze spaziali sono indubbiamente la caratteristica fondamentale; un neonato differenzia la faccia da altre configurazioni-stimolo molto presto, ma potrà discriminare una faccia da un'altra soltanto qualche mese più tardi

ci sono molti dati sugli effetti delle lesioni cerebrali in persone adulte e sullo specifico disturbo della percezione visiva denominato prosopoagnosia (mancato riconoscimento delle facce): questi pazienti riconoscono che quello che vedono sono delle facce, ma non sanno di chi sono, neppure se si tratta di facce a loro familiari

la specializzazione neuronale per il riconoscimento delle facce è considerata uno degli esempi tipici di organizzazione a moduli della corteccia cerebrale: ogni modulo è un insieme organizzato di neuroni che hanno funzioni diverse, ma allo stesso tempo interagiscono tra loro ai fini dell'elaborazione di una particolare classe di stimoli: modulo per le facce, per il linguaggio verbale, ..; un danno ad una particolare regione corticale può distruggere un modulo, e di conseguenza la capacità di elaborare l'informazione relativa, mentre viene conservata la capacità di elaborare altri tipi di informazione mediante i moduli rimasti integri


V.  La categorizzazione dell'informazione.

una delle aree di ricerca più importanti della psicologia cognitiva contemporanea riguarda la relazione tra i processi di percezione e i processi di categorizzazione:

ci riferiamo in primo luogo al fenomeno per cui di fronte ad una variazione continua di una dimensione o di una proprietà fisica dello stimolo, l'osservatore percepisce regioni discontinue o discrete*

tuttavia attualmente questo problema riguarda anche la discriminazione tra oggetti relativamente simili sul piano fisico, ma che vengono distinti in base a caratteristiche di tipo cognitivo#


l'esempio più chiaro riguarda la categorizzazione dei colori; il colore è una proprietà percettiva che dipende da una caratteristica fisica dello stimolo visivo, la lunghezza d'onda; il sistema visivo della specie umana ha una ristretta finestra sensoriale per lo spettro elettromagnetico; il continuo della variazione in lunghezza d'onda è percepito come composto da regioni cromatiche qualitativamente diverse, chiamate aree focali: area del rosso, del blu, ..; in tutte le culture i colori vengono percepiti secondo categorie distinte in relazione al livello di sviluppo della propria lingua: nelle culture più povere linguisticamente esistono solo 2 categorie " una cultura più avanzata avrà anche il nome per gli altri colori, secondo una progressione precisa


il processo di categorizzazione avviene anche a livelli cognitivi più complessi, nei casi in cui non si tratta tanto di segmentare il continuo di una qualità fisica (come il colore), ma di distinguere stimoli tra di loro relativamente simili, di raggrupparli o differenziarli da altri stimoli; se vediamo un oggetto per strada e lo identifichiamo come un cane, sono intervenuti vari processi che hanno portato alla sua identificazione (analisi delle sue caratteristiche fisiche) e al suo confronto con una traccia depositata in memoria; questa traccia ci permette di riconoscere che lo stimolo è un cane sia che vediamo un alano o un bassotto; il cane rappresenta il tipo o prototipo della classe di animali che sono appunto i cani; i tipi specifici di cane rappresentano gli esemplari concreti del prototipo più astratto cane; ci sono almeno 2 problemi:

relazione tra il prototipo e gli esemplari

relazione tra i vari prototipi

lo stimolo viene assegnato ad una categoria in base ad un numero limitato di caratteristiche fondamentali descritte nel prototipo; queste caratteristiche descriverebbero il prototipo della categoria; molte ricerche sono state dedicate ad individuare il processo di formazione del prototipo e quindi della scelta progressiva delle caratteristiche rilevanti; vi sono 2 modelli principali:

il primo si basa sul concetto statistico di moda, per cui il prototipo di riferimento con cui confrontare l'informazione in entrata è dato dall'esemplare che si è presentato con maggiore frequenza all'osservatore

l'altro si basa sul concetto statistico di media, per cui il prototipo è dato dai valori medi degli attributi principali (es: pelo, muso, zampe, coda, ..) degli esemplari che si sono presentati all'osservatore nel corso della sua esperienza

il prototipo di cane è un cane medio che non troviamo in natura; tuttavia, quando ci viene presentato lo identifichiamo certamente come un cane, anche se questo specifico esemplare non esiste

l'altro problema fondamentale è costituito dall'organizzazione di categorie diverse tra loro; uno dei modelli fondamentali è quello presentato dalla Rosch che descrive un'organizzazione con 2 dimensioni:

nella dimensione verticale vi sono 3 livelli: sovraordinato, base e subordinato (es: strumento musicale, chitarra, chitarra folk); lungo la dimensione verticale si va dal generale al particolare o viceversa

nella dimensione orizzontale si può entrare ad ogni livello e descrivere qual è l'esemplare più tipico di altri (es: al livello di base relativo alla categoria strumento musicale l'esemplare più tipico è forse proprio la chitarra, mentre al livello subordinato tra le varie chitarre potremmo indicare la chitarra folk)

questa organizzazione dei prototipi, che può essere concepita come una rete, o come un albero gerarchico, è stata oggetto di studio approfondito nelle ricerche relative alla memoria semantica a partire dalla fine degli anni 60: in questi primi studi era stata messa in evidenza l'organizzazione gerarchica ed erano stati studiati i temi di elaborazione necessari per compiere le operazioni cognitive ai vari livelli della rete D attualmente si ritiene che i principi di funzionamento della rete siano dipendenti da una suddivisione molto più generale tra categorie: tra la macrocategoria degli oggetti viventi e la macrocategoria degli oggetti non viventi; questa nuova concezione dell'organizzazione delle categorie ha avuto origine dalle ricerche su pazienti cerebrolesi e sono stati confermati attraverso ricerche di neuroimmagine; la differenziazione tra le 2 macrocategorie sarebbe fondata su tipi diversi di elaborazione, che sarebbero basati, per gli animali e i vegetali, sui dettagli visivi e, per le cose non viventi, sugli aspetti funzionali e strumentali; nella formazione del prototipo sembra comunque importante l'orientamento che le cose, viventi e non viventi, hanno normalmente nello spazio


VI.    L'immaginazione.

è come se avessimo internamente uno schermo sul quale proiettiamo una diapositiva: quella relativa alla rappresentazione prototipica di un oggetto che abbiamo nella nostra memoria; su questo schermo vediamo l'oggetto, ma questa figura non è data da uno stimolo esterno: è un prodotto mentale, un'immagine; le immagini visive sono il prodotto di un processo cognitivo che solo nell'epoca dello sviluppo del cognitivismo è stato considerato un processo a sé; tale processo viene denominato immaginazione (≠ immaginazione creativa, attività mentale creativa che sconfina nella fantasia); l'immaginazione ha molte proprietà strutturali e funzionali analoghe a quelle della percezione:

come gli occhi esplorano lo spazio esterno, così vi è una sorta di occhio interno che compie un'operazione di esplorazione sulle immagini che compaiono sullo schermo mentale

come il campo visivo che abbiamo davanti agli occhi ha un'estensione limitata, così anche lo schermo mentale ha un'estensione definita, con una parte centrale in cui le immagini appaiono più nitide

(un contributo fondamentale per lo sviluppo delle ricerche sull'immaginazione venne dagli esperimenti di rotazione mentale: i soggetti immaginavano i 2 oggetti e li facevano ruotare nel loro spazio mentale tridimensionale fino a quando potevano verificare se le 2 immagini si sovrapponevano o no; il compito di rotazione richiedeva tanto più tempo di esecuzione quanto maggiore era la differenza angolare tra i 2 disegni)

sebbene vi siano forti analogie tra la percezione e l'immaginazione, sono state però messe in evidenza anche delle differenze importanti sui relativi processi visuo-spaziali; secondo la teoria del doppio codice di Paivio, le operazioni fondate sull'informazione visiva (esterna nella percezione e interna nell'immaginazione) si distinguono dalle operazioni fondate sull'informazione verbale; sebbene entrambi i codici intervengano nei processi della cognizione umana, vi sarebbero notevoli differenze individuali, con persone che privilegiano il codice visivo e altre il codice verbale nella rappresentazione del mondo e nella soluzione dei problemi


VII.    L'attenzione.

attenzione selettiva: processo attivo secondo cui l'attenzione seleziona un determinato tipo di informazione (in base a interessi e aspettative) e focalizza su di esso i processi di elaborazione cognitiva " anni 50, Broadbent: per spiegare perché, rispetto al flusso di stimoli in entrata la mente operasse solo su alcuni di essi, suppose che intervenisse un sistema di filtraggio; il filtro avrebbe operato in relazione alle finalità, ai compiti e alle aspettative del soggetto, selezionando gli stimoli rilevanti e scartando quelli irrilevanti; questa selezione sarebbe avvenuta dopo una prima analisi delle caratteristiche fisiche degli stimoli

E

le ricerche della psicologia cognitiva si sono quindi spostate gradualmente, a cominciare dagli anni 80, dallo studio dell'attenzione come selezione di informazione (attenzione selettiva) al problema dell'attenzione distribuita su più compiti (attenzione divisa):

tra le ricerche più interessanti ci furono quelle di Hirst e Kalmar: i soggetti potevano prestare attenzione simultaneamente a 2 compiti di natura diversa, compiendo un minor numero di errori che nella situazione in cui i 2 compiti erano uguali " interferenza strutturale: l'esecuzione di un compito interferisce sull'altro se essi condividono lo stesso tipo di elaborazione, ad esempio verbale (come memorizzare informazione verbale trasmessa dall'esterno, mentre si legge ad alta voce il brano di un libro) è in questo caso che interverrebbe l'attenzione selettiva: l'attenzione si sposta ora su un compito ora su un altro

l'attenzione può essere divisa più facilmente, e con minore effetto sulla prestazione, se i compiti riguardano abilità diverse o se vengono utilizzate risorse cognitive diverse; in questo contesto di ricerche l'attenzione non è considerata come un'unica risorsa, ma come un sistema di organizzazione di risorse cognitive che vengono dislocate in funzione della complessità del compito e delle istruzioni:

il compito che riceve la quota di risorse sufficiente per una prestazione ottimale, o che comunque viene privilegiato (es: guidare l'automobile), è definito compito primario

il compito che riceve la quota residua di risorse, e che perciò non sarà eseguito allo stesso livello di prestazione, viene definito compito secondario (es: ascoltare la radio mentre si guida)

curve POC (molto diffuse nelle ricerche di psicologia cognitiva applicata, nelle quali si studia la dislocazione delle risorse attentive in situazioni complesse)


distinzione tra elaborazione controllata ed elaborazione automatica, cioè tra azioni compiute sotto il controllo continuo dell'attenzione, in modo consapevole, e operazioni svolte rapidamente senza l'impiego di risorse attentive " studiato anche il processo per cui si passa da azioni controllare ad azioni automatiche (come quando si apprende a guidare l'automobile) questa distinzione non è più al centro dell'interesse dei ricercatori attuali


se nel modello di Broadbent l'attenzione era un sistema di filtraggio dell'informazione in entrata, nei modelli attuali essa è considerata un sistema di controllo delle operazioni cognitive (sistema attenzionale supervisore): l'attenzione interviene nella selezione tra un processo cognitivo e l'altro qualora questi siano in conflitto tra loro (selezione competitiva)


VIII.  La coscienza.

la ricerca svolta nei laboratori di psicologia sperimentale alla fine dell'800 e nel primo 900 era spesso fondata sul metodo dell'introspezione; esso era strettamente legato alla consapevolezza da parte del soggetto del lavoro psichico che stava eseguendo D il comportamentismo sostenne che il metodo introspettivo, fondato sulla coscienza, non permetteva di acquisire dati oggettivi e verificabili sui processi psichici: alla dimensione soggettiva e privata dei fatti della coscienza si preferiva la dimensione oggettiva e pubblica dei dati del comportamento manifesto fino agli anni 60 la coscienza non comparve più come tema delle ricerche di psicologia:

un nuovo interesse si sviluppò grazie ai risultati delle ricerche sui pazienti con cervello diviso (persone alle quali, per motivi terapeutici, erano state sezionate le connessioni del corpo calloso che uniscono i 2 emisferi cerebrali); questi pazienti erano coscienti delle operazioni mentali che compivano sulla base di quanto avevano appreso e memorizzato con un emisfero; successivamente, essendo state sezionate le connessioni interemisferiche, se si presentavano di nuovo gli stessi oggetti, ma questa volta per essere elaborati dell'emisfero diverso da quello precedente, il paziente non riconosceva gli oggetti e non era cosciente di averli già riconosciuti con l'altro emisfero; si ritenne così che la coscienza in questi pazienti si fosse divisa nei 2 emisferi e che quindi si potesse affermare che la sua unità, quale è tipica delle persone normali, era il risultato dell'integrazione tra le operazioni mentali compiute separatamente nei 2 emisferi

un'altra fonte d'interesse era costituita dalle ricerche sugli stati di coscienza intesi come momenti di un continuo che andava dal coma al sonno profondo alla semiveglia alla veglia; nello stato di veglia si distingueva un sottostato di massima vigilanza o attenzione al quale sarebbe corrisposta nei soggetti umani la consapevolezza delle proprie operazioni; per molti ricercatori contemporanei la coscienza viene invece concepita nei termini di un sistema di controllo attenzionale delle operazioni mentali

la relazione tra lobi prefrontali e coscienza è stata riproposta di recente da Shallice nel suo modello del sistema attenzionale supervisore: ci sono pazienti che, pur elaborando correttamente l'informazione esterna e essendo capaci di richiamare le tracce mnestiche relative ad un compito, non sono capaci di eseguire il compito stesso in modo pianificato e coordinato (così come anche nei bambini le regioni prefrontali maturano le loro connessioni con le altre regioni cerebrali non prima dei 4/5 anni) " la nozione di coscienza si lega a quella di metacognizione, un sistema di pianificazione e controllo delle operazioni cognitive

un'altra importante area di ricerca attuale in psicologia cognitiva riguarda la distinzione tra processi cognitivi consci (manifesti) e processi cognitivi inconsci (non manifesti); si ritiene che molte operazioni cognitive si verifichino senza che il soggetto ne sia consapevole; inconscio cognitivo " in un esperimento la distinzione tra processi consci e inconsci è stata studiata in un compito di identificazione di figure non complete: sebbene il soggetto dica di non saper identificare la figura, una precoce onda positiva segnala invece che qualche operazione (ignota al soggetto stesso) è stata attivata per le figure vecchie, ma non per quelle nuove; gli ERP sono quindi utilizzati per studiare i processi cognitivi di cui il soggetto non è cosciente





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