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IL GIOCO

pedagogia
























L'attività ludica, durante l'età evolutiva dell'uomo e di alcuni animali, è la forma più naturale e spontanea di socializzazione, che costituisce l'esperienza di fondo di tutta la vita infantile.

Nel gioco è possibile scorgere e comprendere:

Le basi delle forme di apprendimento, in quanto è un potente mediatore per ogni periodo della vita, che stimola la formazione della personalità, prepara ad assimilare regole e migliora l'integrazione sociale; e anzi, è spesso sinonimo di apprendimento, perché comporta l'attivazione dei piani motorio, emotivo, intellettuale, relazionale e sociale.

Il livello di crescita e di maturazione del bambino.

L'attività ludica inizia quando il bambino prende coscienza dell'esistenza delle persone e delle cose che lo circondano. Essa permette di apprendere e di perfezionare capacità quali la fantasia, la discriminazione tra realtà e fantasia, il confronto, la comunicazione spontanea, l'imitazione e lo scambio di ruoli.

Nel gioco l'uomo scopre che nel suo essere sono radicate l'instabilità cronica e l'apertura al mondo, radici della sua libertà. Visto in ottica interculturale, il gioco può avvicinare culture diverse, creando spazi di relazione che permettono la comprensione e il superamento di differenze culturali.

Il bambino, nel gioco, cerca e trova spazio di manovra per la sua creatività esistenziale, che poi influenzerà a vari livelli l'interesse per l'atteggiamento ludico nelle varie classi di età.

Il gioco è fondamentale nella strutturazione della personalità, specialmente di quella in età evolutiva. Nell'infanzia il gioco permette l'acquisizione delle regole della vita sociale. Sono i bisogni di movimento e di esplorazione tipici dell'infanzia che spingono al gioco. Il gioco è illusione, e ciò era già noto ai latini che consideravano l'illudere il richiamare, dire, inserirsi in un gioco, prendersi gioco.

Il gioco viene spesso caricato di contenuti negativi. Si pensa erroneamente che il gioco sia irrilevante o non produttivo nell'apprendimento sia formale sia informale e che il lavoro sia, invece, rispettabile e degno di considerazione.

Esistono pregiudizi nei confronti di un adulto che gioca. Un pregiudizio è quello di ritenere che il gioco sia facile. In realtà, anche gli adulti, spesso si impegnano nei giochi, come quando praticano degli sport, quando si dedicano ad hobbies o altre attività che hanno a che fare con l'attività ludica. Un bambino, mentre gioca, manifesta meglio il suo mondo interiore di quanto potrebbe fare verbalmente, nello stesso tempo egli mette in evidenza, attraverso l'attività ludica, la sua esigenza di comunicare e di socializzare con gli adulti.

Per i bambini il gioco è una attività coinvolgente e consapevole, alla quale sono dedicati grandi sforzi e dalla quale ci si aspetta grandi soddisfazioni.

In campo pedagogico il tema del gioco è stato trattato da diversi pedagogisti, che lo ritengono una forma di apprendimento. Fra questi ricordiamo Frobel, un pedagogista tedesco, figura fondamentale nel panorama educativo poiché suo è il merito della trasformazione degli asili infantili in strutture educative. Nel 1840 da vita ad una scuola per bambini che costituisce il primo nucleo del famoso kindergarten. Questa istituzione si basa su un modo innovativo di concepire la natura infantile e di conseguenza i rapporti educativi. La riflessione educativa di Frobel si basa su tre punti principali: la concezione dell'infanzia, l'organizzazione dei kindergarten e la pedagogia dei doni. Per quanto concerne l'infanzia, Frobel, ritiene che la dimensione fondamentale di quest'ètà è rappresentata dall'esteriorizzazione, e trova nel gioco un correlato di estrema importanza. Egli considera quest'ultimo come "il più alto grado dello svolgimento infantile", che genera gioia, libertà e soddisfazione. Il "metodo Frobel" è incentrato sulla spontaneità del gioco in cui il bambino rappresenta il proprio mondo interiore. Il gioco rivela le più intime tendenze di ciascuno e il bambino non lo interpreta come divertimento ma come un vero e proprio lavoro. Il gioco diventa così la "strada maestra" della scuola dell'infanzia: attraverso di esso si sviluppano il linguaggio,il disegno,la produttività e l'attività logico- matematica. A tale scopo vengono ideati i giardini d'infanzia, ossia spazi attrezzati per il gioco e il lavoro infantile e per le attività di gruppo, organizzati da una maestra giardiniera che guida le attività, senza che assumano mai una forma programmatica, come avviene nelle scuole. La stessa denominazione, kindergarten, è ispirata dall'idea di considerare i bambini come piante e i maestri come giardinieri che ne devono avere cura. La spontanea creatività del bambino, anche se realizzata in piena autonomia, non è però abbandonata al caso ma deve essere facilitata e sviluppata attraverso una serie di giocattoli preordinati, i cosiddetti doni, ossia materiale didattico strutturato che viene presentato al fanciullo secondo un ordine preciso, in base alla teoria dello sviluppo progressivo e continuo dell'animo umano: il primo è la PALLA che, come simbolo dell'infinito, rappresenta l'unita e, se unita ad altre simili, la molteplicità. Per mezzo di essa il bambino esercita la mano, le dita, il braccio e l'occhio. Il secondo consiste nella SFERA, CUBO, 545j98f CILINDRO. Attraverso di essi il bambino impara a riconoscere i contrasti: la sfera come unità e movimento contrapposta al cubo come molteplicità e riposo; e impara a conciliarli:il cilindro come sintesi di sfera e cubo. Il terzo dono è costituito da un cubo suddiviso in otto cubetti e serve a far acquisire il rapporto tra le parti e il tutto. Il quarto dono, rappresentato da un cubo diviso in otto mattoncini,il quinto è un cubo diviso in 27 cubetti e il sesto dono è un cubo diviso in 27 mattoncini. Questi doni attuano una progressione nella conoscenza del reale che dall'unità passa alla molteplicità arricchendo l'abilità manuale del bambino nelle sue attività creative. "Il gioco è la vita stessa del bambino", scrisse Frobel, "è il modo di essere e di fare esperienza dei bambini e soddisfa una vasta serie di esigenze contrapposte: fare, esplorare, conoscere, liberarsi delle energie superflue, misurarsi con se stesso e con le cose, comunicare, esprimersi, socializzare. Attraverso il gioco il bambino si esprime con la propria personalità mescolando elementi magici e fantastici con quelli reali tentando di riprodurre, imitare, ripetere, impersonificare, ma anche tentando di realizzarsi e divertirsi".

L'idea di introdurre il gioco nel campo educativo risale a Rousseau. Prima di lui la scuola era concepita solo per un lavoro serio e disciplinato, dove l'allievo doveva imparare a memoria determinate nozioni e acquisire determinati comportamenti, in un clima di severità, ubbidienza e distacco, ottenuto anche a costo di punizioni fisiche. Bisogna aspettare i pedagogisti moderni, perché si realizzi un'impostazione psicologica ed educativa dei giochi infantili.

Le sorelle Agazzi hanno dato vita al primo esempio di scuola materna in cui alla maestra giardiniera dei giardini d'infanzia , si sostituisce, un nuovo tipo di docente: l'educatrice. La scuola si organizza per molti aspetti come una piccola dimora: oltre all'aula e al giardino essa ha una sala adibita a museo, detto delle cianfrusaglie, in cui si trovano tutti gli oggetti quotidiani che i bambini raccolgono e con i quali giocano: spago, rocchetti, pezzi di stoffa e cosi via. Il museo viene organizzato svuotando le tasche dei bambini e diventa una raccolta cui attingere per i giochi. Per giocare le Agazzi danno ai loro bambini l'argilla, la sabbia, le piccole pietre: materiali di poco valore e alla portata dei bambini, dall'uso flessibile volto a valorizzare le loro capacità costruttive e produttive. In questo modo viene favorita l'attività spontanea infantile nei confronti della materia informe. Quando il bambino costruisce qualcosa per gioco, coniuga i due aspetti della produzione e della ricerca estetica: è un artista in miniatura. Successivamente la Montessori ha cercato di graduare il materiale ludico alla maturità psicologica del bambino, col fine specifico di sviluppare le funzioni senso-motorie. Il bambino cioè veniva educato a riconoscere, attraverso il gioco, le sue diverse attività senso-motorie. Tale modalità di uso del materiale ludico poteva, però, sminuire il valore delle idee tipiche della vita infantile. Il nucleo centrale della psicologia infantile disegnato dalla Montessori nasce nei primi due anni di attività della Casa dei Bambini. All'immagine tradizionale del bambino che è tutto gioco e immaginazione, si va sostituendo sotto i suoi occhi l'idea di un bambino concentrato, disciplinato, calmo, severamente impegnato nel suo lavoro, capace di giungere alla conquista esplosiva della scrittura e della lettura già in età prescolastica. È bastato sottrarre il bambino alle influenze negative dell'adulto, alle inibizioni e repressioni del suo bisogno di attività e, quindi, collocarlo in un ambiente adatto, costruito in ragione delle sue possibilità d'azione, perché si rivelasse l'autentica natura dell'infanzia, quella cioè di un soggetto dotato di una straordinaria energia creativa e di insospettate potenzialità di sviluppo. Anche se non vengono escluse altre attività, sostanzialmente l'attività nelle Case è soprattutto rivolta all'educazione dei sensi dalla quale scaturisce anche la cura scrupolosa fino alla ossessione dell'ordine e anche la lettura, la scrittura, la matematica, il disegno. Dewey, invece ha cercato di fare del gioco un mezzo per sviluppare integralmente la vita psico-fisica del bambino. Il gioco o il tempo libero dei bambini è oggi influenzato e quasi predeterminato dalle mode, dalle manie, dalle occupazioni di massa, dai mille impegni degli adulti. L'impegno di un bambino, in quello che per gli adulti è un'attività del tempo libero, è più intensa di quella di un adulto nelle stesse occupazioni: c'è più concentrazione, più impegno, più istintività, più fantasia. L'adulto che educa un bambino, di fronte al problema della gestione del gioco, può scegliere se organizzare il suo tempo libero (= gioco) o educare il piccolo ad usare il tempo libero (= gioco). Educare al gioco appare più importante per la crescita del bambino piuttosto che organizzare il suo tempo libero. Il bambino deve essere aiutato, con i modi ed i mezzi opportuni, a seguire le proprie naturali inclinazioni e gusti per occupare intelligentemente o stupidamente il tempo libero, non bisogna sostituirsi a lui nella scelta. Il bambino che gioca domina trasforma la realtà e la piega al suo volere. Questa visione del gioco consente di affermare che il bambino che gioca, o quando gioca, è creativo poiché le radici più vitali del termine "creatività" vanno riconosciute nei verbi signoreggiare, dominare da una parte e criticare, scegliere dall'altra.

Attraverso le attività ludiche, i bambini hanno l'opportunità unica di fare le proprie scoperte e di interiorizzarle, andando a formare un bagaglio di dati che li accompagnerà per tutta la vita.

Per quanto riguarda la sfera cognitiva, il gioco è stato riconosciuto come la forma più elevata di ricerca. Dansky e Silverman hanno individuato un rapporto causa-effetto fra il gioco e la creatività dividendo in 3 gruppi diversi 90 bambini. Al primo gruppo fu permesso giocare con un particolare insieme di oggetti; al secondo fu chiesto di impegnarsi con una quantità equivalente di comportamento imitativo con quelli stessi oggetti; al terzo fu proposta un'esperienza neutrale che non interessava quelli oggetti. Dopo i trattamenti sperimentali fu chiesto a ciascun soggetto di suggerire gli usi alternativi per ciascuno degli oggetti di stimolo. Sulla base di questo esperimento è stato delineato un disegno di ricerca, che consiste nel dare vita a un programma, un progetto del lavoro che s'intende portare avanti. Da un lato bisogna tenere presenti le idee che stanno alla base del progetto e dall'altro calarci nella realtà in cui andremo a operare. Delineare il disegno di ricerca ha valore prudenziale: serve a ridurre al minimo il rischio di incappare strada facendo in problemi imprevisti. Le decisioni da prendere mentre si elabora il disegno di ricerca riguardano 5 aree fondamentali:

Approccio: stabilire se il disegno sarà di tipo quantitativo o qualitativo.

Set concettuale: stabilire l'insieme dei concetti che verranno adoperati nel lavoro.

Risorse: delineare i mezzi finanziari, i materiali, il personale e i soggetti

Procedure: scegliere se condurre un esperimento o un'indagine.

Controlli: scegliere fra gruppi di controllo o utilizzare il diario personale.

Per quanto riguarda le procedure, se il ricercatore decide di procedere attraverso un esperimento dovrà:

manipolare la realtà producendo modifiche a una variabile e riscontrando se queste modifiche si verificano anche in un'altra variabile.

lavorare liberamente in base alle variabili prese in esame.

decidere se operare in laboratorio creando delle condizioni sperimentali artificiali, o eseguire un esperimento su l campo lasciando da parte i criteri di semplicità e rigore.

Se invece il ricercatore decide di utilizzare come procedura l'indagine dovrà:

limitarsi a raccogliere dati in un determinato ambito, questi dati non riguarderanno solo le variabili prese in considerazione, ma anche quelle che possono influire sulla variabile dipendente.

non raccogliere troppi dati, ma farsi guidare da teorie e ipotesi.

scegliere un'unità di analisi, ovvero le componenti elementari dell'universo su cui indaghiamo.

scegliere il campo d'analisi, ovvero l'insieme delle unità di analisi che ci interessano.

decidere se riferirsi all'intera popolazione, o a un campione rappresentativo o a delle componenti selezionate.

Possiamo utilizzare la popolazione oppure il campione nelle ricerche descrittive, se ci interessa fornire il quadro generale di un fenomeno; mentre le componenti selezionate vengono utilizzate nelle ricerche esplicative, in cui ci interessa sapere il perché su un determinato fenomeno.

Quando si elabora un disegno di ricerca bisogna tenere presenti dei criteri:

Efficacia: il disegno deve rispondere agli scopi che ci prefiggiamo.

Rigore: il disegno non deve essere criticabile o inutilizzabile.

Fattibilità: ciò che progettiamo deve essere realizzabile.

Rispetto delle norme etiche: chi viene sottoposto all'indagine ha il diritto di sapere cosa sta accadendo.

Per quanto riguarda l'esperimento condotto da Dansky e Silverman possiamo notare che come approccio è stato scelto quello quantitativo; il set concettuale è rappresentato dalla fluidità, che viene misurata attraverso test di uso- alternativo; le risorse sono:

90 bambini di ceto medio e medio- superiore; 45 maschi e 45 femmine di età variante fra i 4 e i 6 anni.

Blocco di 10 fogli di carta, cacciavite, tavola di legno con 5 viti, 30 graffe, 15 cartoncini bianchi, 10 scatole di cerini, un vassoio con 6 tazze in plastica bagnate, 6 album da disegno e una scatola di matite.

Come procedura è stato scelto l'esperimento in laboratorio.

Per quanto riguarda i risultati è stato dato un punteggio standard per ogni uso nominato e per il quale l'oggetto era destinato, e un punteggio non- standard per tutte le altre risposte. È stato notato che nelle risposte standard non ci sono significative differenze, cioè il gioco non influisce sull'abilità di pensare usi alternativi correnti di alcuni oggetti.

Possiamo osservare il grafico.

Vediamo qui rappresentate la media delle risposte non- standard ad ognuno dei quattro oggetti per ognuno dei tre gruppi. Notiamo che i soggetti della condizione di gioco davano significativamente un maggior numero di risposte non- standard ad ogni oggetto, rispetto ai soggetti della condizione di imitazione e di quella di controllo; le differenze fra questi due gruppi erano tutte non- significative. Chi gioca apprende ad "essere", instaura un rapporto positivo con gli altri, con il mondo umano e naturale e si può porre nella prospettiva dei valori etici, sociali, estetici, culturali. I bambini fanno giochi di cui possiamo solo intuire il significato. Sono giochi personali, con fantasie tutte diverse, alimentate giorno per giorno da ciò che osservano attorno a loro. Guardano, ascoltano, fiutano, toccano, assaporano: attraverso quelle porte straordinarie aperte sull'esterno che sono i cinque sensi afferrano il mondo, lo "assorbono", diceva la Montessori, questa mente assorbente è attiva fin dalla nascita: sembra così fragile e inetto il neonato, eppure è già pronto a entrare in relazione con la madre, a cogliere le risposte che da lei verranno ai suoi bisogni e ai suoi desideri che per ora sa comunicare solo senza parole.



E il primo gioco è proprio con il seno e con gli occhi della madre, come pochi mesi dopo sarà con la propria mano e con il piedino da portare alla bocca, come con altri oggetti che troverà a portata di mano.

Il gioco è il prodotto più alto dei bambini, li porta a crescere come individui creativi e pensanti, capaci di decidere e di entrare in relazione con altri. Per l'impegno che vi mettono è un vero lavoro, dice ancora la Montessori, intenso, significativo, mai passatempo o relax come definiscono gli adulti i loro momenti di gioco.

L'adulto non deve impedire, ironizzare, interrompere, e tanto meno invadere la delicata sfera di gioco dei bambini. Questi non hanno alcun bisogno che si "insegni" loro a giocare, anzi spesso tendono a coinvolgerci.

Jean Piaget sostiene che l'attività ludica orienta verso uno sviluppo completo. A suo avviso il gioco infantile va interpretato come un addestramento al futuro, alle attività contemplate dalla vita adulta.

L'attività ludica, afferma, facilita la socializzazione, attraverso giochi a carattere comunitario e mediante l'assimilazione di un corpus di principi-guida che favoriscono il rispetto delle regole sociali da parte del soggetto in età evolutiva.

Riconosce, inoltre, al gioco una funzione centrale nello sviluppo dell'intelligenza, attraverso le varie fasi cognitive che scandiscono la crescita individuale nella sua interazione con il mondo e nel mondo, fasi che sono come tante tappe che consentiranno al fanciullo di costruirsi una personalità ed elaborare individualmente una serie di conoscenze e nozioni utili alla formazione della sfera cognitiva.

Secondo Piaget la crescita del bambino , che procede per tappe, è correlata strettamente al gioco. I primi tre livelli dello sviluppo cognitivo sono:

- Tappa dei giochi d'esercizio, che, nel complesso, corrisponde allo sviluppo cognitivo dell'intelligenza sensorio - motrice. Egli definiva di tipo "senso-motorio" i comportamenti "giochi-esercizio" e una delle forme più significative di questa tipologia di gioco è l'imitazione, attività che, attraverso sperimentazioni uditive, visive e tattili di suoni, parole o espressioni della mimica facciale, consente di imparare a riconoscere e ad esprimere le emozioni.

- Tappa dei giochi simbolici, che corrisponde alla fase dell'intelligenza preo-perativa (formazione del concetto e attitudine a trasformare la realtà in simboli). Più avanti, stimolato dall'impulso creativo, compare il "gioco simbolico", che consente di distinguere ciò che è interno dall'esterno, ciò che è fantasia con ciò che è reale e percepito.

Con il gioco simbolico, il bambino matura competenze cognitive, affettive e sociali. Attraverso il gioco, infatti, il bambino mette alla prova emozioni e sentimenti allenandosi ad affrontare con sicurezza e padronanza la realtà.

-  Tappa dei giochi delle regole. Questa è la fase che corrisponde all'acquisizione cognitiva delle operazioni concrete e formali. L'essere umano ha assimilato il pensiero reversibile e, pertanto, sa cogliere più aspetti della realtà e, nello stesso tempo, comprende che un problema può avere soluzioni diverse.

A proposito dell'apprendimento Piaget affermava che ciò che l'individuo è in grado di assimilare, ed il modo di apprendere, dipendono dai modelli di cui dispone (prospettiva genetica).

Il gioco, in quanto caratteristica dominante del comportamento infantile, è sempre stato uno dei campi privilegiati dell'indagine psicologica.

Le ricerche di questi ultimi decenni hanno mostrato come, proprio con il gioco, in particolare il gioco simbolico, il bambino possa maturare competenze cognitive, affettive e sociali. Attraverso il gioco, infatti, il bambino mette alla prova emozioni e sentimenti allenandosi ad affrontare con sicurezza e padronanza la realtà. Negli ultimi anni gli studi psicologici hanno espresso un nuovo paradigma teorico e metodologico che, come il cognitivismo, interpreta quello che succede dentro la testa in base a quello che contiene, ovvero il cervello. Sulla base del modello di funzionamento cerebrale si sono proposte le reti neurali o connessioniste, modelli che spiegano i comportamento e le attività cognitive in base alle caratteristiche fisiche e al modo di funzionare del sistema nervoso.

I modelli a rete neurale appartenenti alla ricerca "di base" sono particolarmente utili ai fini dell'apprendimento.

Colui che apprende capisce interagendo con la simulazione, che è qualcosa di essenzialmente non verbale, ma l'educatore ha il compito di introdurre le espressioni e le formulazioni verbali che permettono l'apprendimento.

Gli esseri umani hanno una forte capacità di apprendere e di registrare nuove informazioni in maniera inconscia, acquisendo una cosiddetta memoria non associativa anche in assenza di apprendimento consapevole o dichiarativo.

La memoria dichiarativa si basa sull'apprendimento e la memorizzazione attiva, e dipende dalla regione cerebrale temporale comprendente l'ippocampo. Se l'ippocampo e le strutture collegate vengono lesionate o distrutte, il paziente perde la capacità di apprendere nuovi ricordi e di accedere alla memoria recente.

L'apprendimento abitudinario, invece, si verifica quando l'informazione è registrata inconsapevolmente, mediante la ripetizione o il processo per tentativi ed errori. Si ritiene che questi ricordi siano conservati in una differente regione del cervello, il ganglio basale.

Un altro tipo di gioco è quello di ruolo, un importantissimo strumento per sviluppare e perfezionare le abilità sociali, il senso del sé, le norme di condotta umana e la capacità di padroneggiare le innumerevoli possibilità della comunicazione e delle interazioni umane. Per tale ragione, i bambini che fanno più esperienza di giochi di ruolo sviluppano una maggiore capacità di inserimento sociale, spesso legata al più precoce sviluppo "dell'empatia", ossia di quella capacità di mettersi nella prospettiva dell'altro, che si acquisisce attraverso quei giochi in cui ci si immedesima con i bisogni, le difficoltà e le possibilità dell'altro.

In un gioco di ruolo (dall'inglese Role Playing Game) i giocatori assumono il ruolo di personaggi in un mondo immaginario o simulato, con precise e a volte complesse regole interne. Ogni personaggio è caratterizzato da svariate abilità a seconda del tipo di, generalmente descritte tramite punteggi (ad esempio, forza, destrezza, intelligenza, carisma e così via).

Il termine gioco di ruolo è spesso utilizzato indistintamente per descrivere tre tipologie di giochi diverse.


Quello da noi studiato riguarda il bullismo e viene utilizzato come strategia d'intervento, in quanto attraverso lo scambio di ruoli  gli allievi raggiungono una serie di obiettivi:

i ragazzi impersonano volta per volta un ruolo ( bullo o vittima o spettatore) e possono comprendere le emozioni di tutti i protagonisti coinvolti.

possono inoltre sperimentare in modo protetto alcuni possibili modi di contrastare il bullismo.

- sviluppano una maggiore capacità di empatia. Gli esercizi di role- playing possono trarre spunto da episodi realmente accaduti a scuola, oppure possono iniziare dalla lettura e dalla drammatizzazione di un racconto. Successivamente, gli allievi vengono invitati ad impersonare diversi ruoli implicati, cercando di mettere in atto modalità non aggressive di risoluzione dei conflitti interpersonali. L'adulto può fungere da modello. Il role- playing può concludersi con una discussione di gruppo, nella quale i ragazzi devono rispondere ad alcune sollecitazioni dell'insegnante.

Possiamo notare un tipico esempio di role-game anche nella commedia di Oscar Wilde intitolata "The importance to being Ernest". In this comedy there are two friends, the first called Algy and the other Jack. These two friends are in love with an Englishgirls, Cecily and Gwendolen. Algy and Jack use the name Ernest fori t appeal to their girls more, because these are fascineted from this name. In this way, for various time, they play in their life a double role.

Moreover, in this comedy is present a play on words, because the name "Ernest" is pronunced in the same way of "earnest", that means "honest".

In campo filosofico l'attività ludica, assieme ad altre di carattere espressivo, permette di fornire lo schema di una evoluzione della mente collegato alla vita emotiva infantile, sulla scia di ricerche psicologiche che hanno studiato l'importanza del gioco nella vita emotiva umana, a cominciare dal padre della psicanalisi, Sigmund Freud.

Questo, di certo, si fonda sul principio del piacere e, più tardi, dell'attribuzione di significato: si può iniziare a giocare per piacere ma solo quando il gioco acquista senso si può continuarlo, posticipando il piacere ad un momento seguente all'azione compiuta. Giocare, iniziare a giocare e continuare a giocare è correlato all'atteggiamento che si ha nei confronti della realtà.

Secondo l'interpretazione di Freud i vari giochi, compresi quelli a carattere percettivo- motorio, vanno interpretati alla luce di un simbolismo inconscio. I diversi timori o ansie presenti nella vita emotiva del bambino possono trovare una elaborazione attraverso l'atteggiamento ludico, e ciò comporta una progressiva attenuazione di possibili sintomi di stati ansiosi che a lungo andare possono trasformarsi in forme patologiche. Si vivono quotidianamente momenti ludici quando si cucina, si cura il giardino, si nuota, si dipinge o si suona. Nei momenti di gioco ci si trova a provare piacere, circostanza in cui si vive la fusione di Io e Super-io, sensazione che amplia le potenzialità del soggetto impiegato in attività ludiche. Freud sostiene che gli esseri umani sono guidati dall'inconscio, che costituisce il punto di vista privilegiato da cui osservare l'uomo. Una pulsione inconscia, costituita da energia verso un oggetto, domina l'apparato psichico. Il principio del piacere provoca lo scarico di tensione e, quindi, il ripristino di uno stato di equilibrio, mediante l'appagamento del desiderio. Ciò avviene per via allucinatoria, grazie a soddisfazioni sostitutive rispetto a quelle reali. Questa situazione non può che generare disillusione, in modo che viene a costituirsi e ad operare, stando a Freud, un secondo principio, che tenta di assumere una funzione regolativa rispetto al principio del piacere: si tratta del principio di realtà, che non tenta più il soddisfacimento tramite scorciatoie e forme sostitutive ma tiene conto delle condizioni date dalla realtà. Il principio del piacere tende ad ottenere tutto immediatamente tramite una scarica motoria, mentre il principio di realtà può differire quella scarica in vista di un'eventuale meta, più sicura e meno illusoria. Quando s'instaura il principio di realtà, esso provoca una serie di adattamenti dell'apparato psichico che conducono allo sviluppo e al potenziamento di funzioni coscienti come l'attenzione, la memoria, il giudizio e il pensiero. Questo non vuol dire che il principio del piacere scompaia del tutto; esso prosegue nell'operare e nell'estrinsecarsi, specialmente nelle circostanze in cui diminuisce la dipendenza verso la realtà, come avviene nei sogni, nelle fantasie e, in una certa misura, nelle produzioni artistiche. Freud torna ad introdurre alla base della vita psichica un dualismo di principi, distinti però qualitativamente, non più quantitativamente come nel caso del principio di piacere contrapposto a quello di realtà. Freud chiama tali principi con i nomi greci di Eros (eros = amore) e Thanatos (Thanatos = morte). Per quel che concerne la topica, cioè la teoria dei luoghi dell'apparato psichico, ma senza riferimento alcuno ad una loro eventuale localizzazione anatomica, Freud elabora successivamente due schemi: in un primo tempo, egli distingue tre sistemi, ciascuno dei quali dotato di una propria funzione e separato dagli altri da censure che ostacolano e controllano il passaggio dall'uno all'altro. Essi sono: inconscio, preconscio e conscio. In seguito, però, Freud cambia questo schema con un altro, la cosiddetta 'seconda topica', in cui egli ravvisa tre istanze dell'apparato psichico, che chiama Es, Io e Super-io. L'Es, è l'unica struttura psicologica innata, è il sano istinto che ci tiene con i piedi per terra, è la matrice originaria della nostra psiche. L'Io è il mediatore psichico, colui che prende contatto con l'ambiente e integra le istanze della ragione con quelle del piacere.

L'Es é governato esclusivamente dal principio del piacere, mentre l'Io dal principio della realtà: é l'ambito della personalità, che si costituisce tramite modificazioni successive dell'Es, prodotte dall'incontro con la realtà esterna. Tramite l'osservazione del mondo esterno e la memorizzazione, l'Io diventa capace di distinguere il carattere illusorio delle rappresentazioni generate dal principio del piacere e vi sostituisce il principio di realtà. L'Io, però, si trova a dover mediare fra le richieste dell'Es e quelle del Super-io, che è l'insieme delle proibizioni che sono state instillate all'uomo nei primi anni di vita e che poi lo accompagnano sempre, anche in forma inconsapevole. Ora se il Super-io è troppo sviluppato come nella psiche della patologia della normalità nelle società occidentali, esso provoca uno schiacciamento dell'Io sull'Es.

Si riduce, così, l'area della creatività, del gioco, della spontaneità, dell'essere vitale in sintonia con le energie intuitive.

Il gioco ha anche, secondo Sigmund Freud, una funzione che può essere riportata al fenomeno della "coazione a ripetere". Con tal espressione il fondatore della psicoanalisi ha inteso indicare tutte quelle tendenze inconsce che, spingendo l'individuo a ripetere in modo coattivo comportamenti schematici o modi di pensare costitutivi di esperienze conflittuali, costringono "a ripetere il rimosso come esperienza attuale, anziché ricordarlo come un brano del passato".

Il comportamento ripetitivo, oltre ad assumere una particolare importanza nella nevrosi e nel contesto analitico, riveste nel gioco della prima infanzia una funzione essenzialmente catartica; anzi, diventa uno strumento per superare le esperienze dolorose e traumatiche.

La ripetizione ludica, ritmata anche sui gesti della madre, assume per il bambino la modalità dell'attività coatta, testimoniando la presenza di un comando interiore, che si manifesta in modo inconscio e lo spinge verso il gioco, attutendo il drammatico impatto con quella realtà, che potrebbe essere, ad esempio, rappresentata dalla presenza di un rivale nel rapporto affettivo con la madre.

Il comportamento ripetitivo nel gioco si configura:

a)    Come esperienza rinnovata, per permettere di ristabilire nel bambino il senso della realtà.

b)    Come un procedimento simbolico, affinché siano controllati dal bambino i rapporti frustranti attraverso le immagini introiettate.

c) Come un dinamismo necessario, allo scopo d'instaurare un positivo rapporto tra il bambino e l'ambiente che lo circonda.

Il bambino attraverso questo gioco, ha, dunque, la possibilità di provocare, a suo piacere ed in modo simbolico, la scomparsa e la ricomparsa della madre assente, diventando-capace, sia di sublimare i traumi, sofferti passivamente, sia di conservare, nello stesso tempo, il legame oggettuale con la madre. Egli, quindi, pur non essendo ancora in grado di verbalizzare le proprie pulsioni, è, tuttavia, sicuramente pronto, inventandosi un gioco simbolico, a reagire alle frustrazioni e alle privazioni. Il gioco simbolico può, dunque, liberare il bambino dall'ansia e dall'angoscia che si producono dall'allontanamento e dalla scomparsa della madre, riproducendone appunto la ricomparsa e negandone la definitiva separazione. Diventa evidente allora che la ripetizione ludica mette in moto inconsciamente nel bambino la possibilità di superare una qualsiasi situazione frustrante ed angosciosa.

Il gioco perciò diventa, in tali situazioni, uno strumento molto adatto a permettere al bambino di controllare l'eventuale evento frustrante, riprodottosi attivamente. Per il bambino il gioco è, dunque, uno strumento di controllo di tutte quelle situazioni che, provocate spontaneamente e vissute liberamente, compensano ansie ed angosce. Il comportamento ripetitivo, nell'attività ludica, segna una tappa importante nello sviluppo del senso della realtà e rende più accettabili anche le esperienze frustranti.

Freud fa notare che il gioco, anche quando riproduce situazioni frustranti, è però, teso sempre alla realizzazione di un desiderio;

In base a quanto detto sinora, è chiaro che il gioco è un'attività ricercata dall'individuo perché soddisfa l'Es, che necessita di gratificazioni immediate. Ma è anche evidente che gli altri sistemi dell'Io mediano le esigenze dell'Es con quelle di tipo morale e di preservazione della coscienza. Quando si gioca, perciò, Es, Io e Super-io tendono a sovrapporsi in un solo spazio, superando la divisione fra le parti.

In campo letterario abbiamo alcuni autori che, attraverso le loro opere, si sono interessati della formazione del bambino grazie al gioco. Possiamo ricordare l'Istitutio oratoria scritta da Quintiliano intorno al 90, 96 d.C. in cui egli si propone di delineare la figura del buon oratore che comincia sin dalla nascita. Nel primo libro Quintiliano provvede a dispensare precetti pedagogici in cui si mostra favorevole a rispettare le inclinazioni dell'allievo e, sfavorevole all'utilizzo delle punizioni corporali. Inoltre ritiene giusta un'istruzione precoce, contrastando l'opinione riguardo all'inadeguatezza dei fanciulli sotto i sette anni ad intraprendere l'iter educativo. Tuttavia sostiene di procedere con molta cautela e fare in modo che lo studio sia un gioco e un piacere, affinché il fanciullo non odi quello che deve amare e si compiaccia del proprio sapere. Il bambino sia interrogato ed elogiato, non manchi mai di essere soddisfatto di quello che ha fatto; qualche volta, quando non ha voglia di studiare, si insegni ad un altro per suscitare la sua gelosia; sia allettato anche con premi, a cui quell'età è molto sensibile. Non esclude poi il mezzo famoso per stimolare la voglia di apprendere dei bambini che consiste nel dar loro anche delle lettere dell'alfabeto in avorio, o qualsiasi altro materiale si riesca a trovare, con cui alla loro età possano divertirsi e che sia piacevole da toccare, guardare e nominare.
Il bimbo ha una naturale capacità di innervare l'attenzione attorno all'oggetto d'interesse, è vivamente coinvolto ed assorbito nella conoscenza di esso; aperto al suono delle parole come ai colori, alle forme delle cose circostanti; forse per la necessità di costruire una mappatura del mondo, o forse perché non ha l'assillo di pensieri gravi e può dedicarvi tutto il tempo necessario. Quel che è innegabile è che per un bambino il gioco è estremamente serio, e questo comporta che le regole costituenti la ragione del gioco siano apprese in profondo, gli strumenti rozzi dati in mano al fanciullo riutilizzati e sfruttati nella propria potenzialità, in altra attività, nella formazione di nuove regole. Allo stesso modo anche
Pascoli, che attraverso le sue opere da avvio alla moderna poesia italiana, sintetizza tutta la sua poetica nel "fanciullino" apparso su una rivista nel 1897. Secondo Pascoli, in ognuno di noi, c'è un fanciullino che rimane tale anche dopo la fine dell'infanzia, e che continua a guardare il mondo con lo stesso stupore, "con meraviglia, come per la prima volta.
L'opera ci suggerisce tutte quelle emozioni e sensazioni che solo un fanciullo può avere quando gioca.



Le caratteristiche del fanciullino sono il fatto che:

- "Rimane piccolo anche quando noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce ed egli fa sentire il suo tinnulo squillo come di campanella".

- "Piange e ride senza un perché di cose, che sfuggono ai nostri sensi ed alla nostra ragione".

- Guarda tutte le cose con stupore e con meraviglia, non coglie i rapporti logici di causa- effetto, ma intuisce.

- Scopre nelle cose le relazioni più ingegnose

- Riempie ogni oggetto della propria immaginazione e dei propri ricordi, trasformandolo in simbolo.

Tutte queste cose attraverso il gioco in quanto è la prima attività che il bambino svolge.

I venti capitoletti del Fanciullino partono con l'idea che esistano due età poetiche, fanciullezza e vecchiaia, quest'ultima sa dire, ma la prima, la più ingenua , sa vedere.

Il poeta-fanciullino accosta il nome della cosa più piccola a quella più grande e viceversa, gli sfuggono le giuste dimensioni, atteggiamenti tipici di un bambino mentre gioca, inoltre, il fanciullino, non soffre di manie di superiorità nei confronti della natura, anzi s'immerge in essa, parla con gli animali e alle nuvole, è colui che è capace di ascoltare e dare voce al fanciullino che è in lui e di provare di fronte alla natura le stesse sensazioni di stupore e di meraviglia proprie del bambino o dello stato primigenio dell'umanità.

L'opera di Pascoli rompe la tradizione, rifiutando i generi e le forme del passato, per dar vita ad un linguaggio nuovo. Ma da un punto di vista metrico, Pascoli appare sia tradizionale che rivoluzionario, infatti conserva la rima, che i romantici avevano messo in discussione, preferendo l'endecasillabo libero; ma egli opera un cambiamento tale da rendere irriconoscibile i metri e i ritmi consueti, infatti il ritmo tende a divenire la cantilena dei bambini (ritorno all'infanzia) quando si gioca.

La poetica del fanciullino presenta un'ambiguità, una duplicità: da un lato, il fanciullino è presente potenzialmente in ogni uomo, è una figura umile e piccola, dall'altro solo il poeta conosce il privilegio di farlo rivivere e di farlo parlare dentro di sé, sapendo scorgere il significato profondo di quelle piccole cose che l'adulto normale invece trascura; il fanciullino ha quindi in sé una vocazione alla superiorità, un destino di elezione. Il fanciullino è la poesia: il fanciullino vede le cose con gli occhi e
con lo stupore dell'infanzia, del bambino che vede le cose per la prima volta; scopre ciò che c'è al di là del sensibile, scopre il mistero attraverso vie puramente intuitive e percezioni non razionali, attraverso un linguaggio di simboli, attraverso il gioco: egli individua accordi segreti tra le cose stabilendo tra di esse legami inediti. Il poeta coincide con il fanciullino, ovvero con quella parte infantile dell'uomo che negli adulti tende a essere normalmente soffocata e che invece nei poeti trova libera espressione. Il fanciullino si sottrae alla logica ordinaria, alla prospettiva comune, grazie alla propria attività fantastica e simbolica. Infatti, mentre l'uomo guarda gli oggetti con la ragione, il fanciullino guarda la realtà in modo istintivo, irrazionale. Possiamo notare l'importanza che viene data all'infanzia, momento teso al gioco, principalmente nella prima parte dell'opera, in cui Pascoli afferma che:

È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo."


Sappiamo che tuttavia il gioco non è solo una forma di apprendimento, ma anche di divertimento e di espressione da parte di tantissime persone, infatti il bisogno di giocare, pur con altri tempi e modalità, è presente anche nell'adulto. L'attività ludica dell'adulto mantiene la caratteristica di trasformazione simbolica di aspetti reali, ad esempio nella scrittura creativa, nello sport o nell'espressione musicale e artistica. Questa attività risponde, in genere, alla voglia di confrontarsi e di mettersi alla prova. Durante il romanticismo gli artisti utilizzavano pochi colori che venivano accostati l'uno all'altro in modo che poi lo spettatore fosse libero d'intravedere ciò che voleva. Arriviamo poi all'impressionismo per il quale il colore e la luce costituiscono la base per rappresentare la realtà percepita attraverso l'occhio dell'artista.

Il colore e la luce sono gli elementi principali della visione: l'occhio umano percepisce inizialmente la luce e i colori, dopo di che, attraverso la sua capacità di elaborazione cerebrale distingue le forme e lo spazio in cui sono collocate. Gli impressionisti, amano dipingere all'aria aperta (plein air), questa scelta era dettata dalla volontà di cogliere con freschezza e immediatezza tutti gli effetti luministici che la visione diretta fornisce. Una successiva prosecuzione del quadro nello studio avrebbe messo in gioco la memoria che poteva alterare la sensazione immediata di una visione, e preferibilmente vicino a specchi d'acqua, ovvero là dove vi è un particolare gioco di riflessi di luce. Gli impressionisti avevano osservato che la luce è estremamente mutevole. Che, quindi, anche i colori erano soggetti a continue variazioni. E questa sensazione di mutevolezza è una delle sensazioni piacevoli della visione diretta che loro temevano si perdesse con una stesura troppo meditata dell'opera.

La scelta dei pittori impressionisti, di rappresentare la realtà cogliendone le impressioni istantanee portò questo stile ad esaltare su tutto la sensazione dell'attimo fuggente. Secondo i pittori impressionisti la realtà muta continuamente di aspetto. La luce varia ad ogni istante, le cose si muovono spostandosi nello spazio: la visione di un momento è già diversa nel momento successivo. Tutto scorre. Nella pittura impressionista le immagini trasmettono sempre una sensazione di mobilità.
Le innovazioni tecnico-linguistiche degli impressionisti sono costituite dall'abbandono del chiaroscuro di derivazione accademica nella pittura e dall'eliminazione del nero per dipingere le ombre, nonché dall'uso del colore , in modo che corrisponda alle sensazioni percettive dirette, senza la mediazione dell'esperienza (che ad esempio ci fa dire che un foglio è bianco anche se lo vediamo illuminato da una luce gialla o blu: per gli impressionisti il foglio è effettivamente giallo o blu e come tale lo dipingono). Inoltre abbiamo l'accostamento dei colori primari ai loro complementari, per rendere le opere più luminose. L'artista che maggiormente si identifica con l'impressionismo è Claude
Monet. In Monet il paesaggio diviene scintillio di luce e colore, vibrazione luminosa, sensibilità cromatica resa con una "pittura pura" che traduce in sintesi pittorica l'istantaneità della visione. I colori sono stesi a campiture o a piccoli tocchi, usando il segno- colore liberamente per rendere i riflessi della luce sull'acqua o tra il fogliame degli alberi.

Il gioco dei riflessi è particolarmente ricco in "Regata ad Argenteuil" dove l'acqua diviene gialla, rossa, cerulea, a rispecchiare le vele, le case, il cielo.




Attraverso queste tappe si giunge sino ad una delle ultime opere di Monet, del 1910, "Ninfee", in cui la luce non è altro che un lampo  bianco uniforme e accecante, le ombre violacee sembrano liquefarsi e le forme si riducono a tenui filamenti verdi, puntini di rosso e macchie di bianco; è il limite estremo dell'Impressionismo, anticipatore di una pittura informale ancora lontana.


Nel post-impressionismo possiamo invece tenere presente Gauguin che utilizza il colore in modo molto particolare, utilizza principalmente i colori primari come possiamo notare nel "cristo giallo", in cui il colore giallo serve a dare drammaticità a tutta l'opera.

Successivamente Van Gogh che utilizzerà invece colori molto forti per esprime l'angoscia che sta dentro di lui. Come ad esempio nel "campo di grano con volo di corvi".





L'abitudine ti utilizzare colori scuri è propria anche di Matisse durante il periodo dei fauves, come possiamo notare nella "danza", un totale accostamento di colori scuri.






Per l'importanza data al colore ricordiamo poi Picasso, il quale durante la sua produzione ha avuto per cosi dire un periodo blu e un periodo rosa, in cui questi due colori dominavano tutta l'opera.

Infine possiamo ricordare Kandinsky, esponente dell'astrattismo, egli all'interno delle sue opere mette i colori a caso, senza rappresentare qualche cosa di preciso, senza seguire una logica, come in "acquerello".







Fra i bambini invece il gioco è una vera e propria forma di divertimento. A partire dai 6 anni si è soliti giocare con giochi regolamentati. Questi giochi presuppongono una capacità di socializzazione, ovvero un certo grado di adattamento alla realtà e di tolleranza alle frustrazioni. Le regole possono essere tradizionali o frutto di accordi momentanei: l'importanza del loro rispetto è fondamentale per la riuscita di questi giochi. I giochi di squadra, quali nascondino, ruba bandiera, etc., consentono ai ragazzi di rapportarsi gli uni con gli altri e di stringere amicizie. Nella società moderna, che tende ad organizzare i vari momenti della giornata ed a sacrificare ogni cosa nella competizione per ottenere il massimo dai ragazzi, occorre riconoscere il valore del gioco e assegnare allo stesso gli spazi che necessitano, accanto a quelli dedicati all'istruzione. I giochi motori individuali o di gruppo, contribuiscono alla formazione cognitiva e attivano l'evoluzione affettiva ed umana del fanciullo, cosi possono essere utilizzati come strumento per motivare apprendimenti formativi del bambino. La pallavolo, o volley è uno sport giocato con un pallone su un terreno di gioco diviso da una rete. La gara viene disputata da due squadre con sei giocatori ciascuna. Lo scopo del gioco è realizzare punti facendo cadere la palla nel campo avversario, impedendo, ovviamente, che l'altra squadra faccia altrettanto. Una squadra vince un punto quando la palla tocca il campo avversario, quando tocca la zona libera o finisce fuori dal campo dopo un tocco di un avversario, in caso di errore o fallo dell'altra squadra. La partita è divisa in set, i quali vengono vinti dalla prima squadra che arriva a 25 punti, con almeno due punti di margine dall'altra; in caso contrario si va avanti ad oltranza finché il margine di una delle due non arriva a due punti. Vengono chiamati "fondamentali" quei movimenti che devono far parte del bagaglio tecnico di ogni giocatore, dovrebbero essere appresi fin dai primi anni nei quali il bambino si dedica al gioco qualunque sia la sua specializzazione nel futuro. Uno dei fondamentali più importanti nella pallavolo è il passaggio, in quanto costituisce i due terzi di ogni azione. Nella pallavolo si parla di passaggio o palleggio, poiché non essendoci la possibilità di toccare due volte consecutive la palla, si ha sempre bisogno di un compagno che la rimandi. Quindi palleggio e passaggio si identificano. La tecnica del bagher consiste nel respingere il pallone con la parte radiale o con la parte interna delle braccia unite. A seconda delle varie direzioni in cui si muovono le braccia si avrà il bagher in avanti o quello laterale. Nel gioco della pallavolo, quando ci si riferisce all'attacco, si parla di colpi, in quanto ci si serve di tecniche fondamentali: pallonetto, schiacciata. Per pallonetto si intende un palleggio qualsiasi che sorprende l'avversario passando sopra o lateralmente al muro. Schiacciata è il colpo o lo "schiaffo" che si dà alla palla, con una sola mano, cercando generalmente di colpire il più forte possibile affinché l'avversario non riesca a giocarla. Si chiama "muro" la parete formata dagli arti superiori che uno o più giocatori di prima linea possono innalzare oltre la rete al fine di arrestare il colpo avversario. Si chiama "servizio" il colpo netto che mette in gioco la palla inviandola nel campo avversari

Basket. La gara viene giocata da due squadre composte da cinque giocatori ciascuna. Ogni squadra dispone inoltre di un numero di riserve. Lo scopo di ognuna delle due squadre è quello di realizzare punti facendo passare la palla all'interno dell'anello del canestro avversario e di impedire ai giocatori dell'altra squadra di fare altrettanto Ogni partita dura 40 minuti suddivisi in 4 periodi di 10 minuti ciascuno. Il conteggio dei punti viene effettuato assegnando ad ogni canestro un punteggio a seconda del punto in cui si trovava chi ha lanciato la palla e del tipo di tiro effettuato:Alcuni movimenti nel basket vengono chiamati fondamentali, e sono quelli su cui si basa tutto il gioco. Nella definizione "stretta", i fondamentali sono 3: palleggio, passaggio, tiro Il palleggio è il fondamentale di base. Il giocatore che porta avanti la palla deve necessariamente palleggiare, sempre, a partire dal momento nel quale compie il primo passo. Il palleggio va fatto con una sola mano e si attua spingendo il pallone verso il pavimento, dal quale rimbalza per tornare nella mano del giocatore. Il passaggio di palla ad un compagno è estremamente importante. La difesa, infatti, cercherà di intercettare la palla anticipando i giocatori senza la palla, per evitare o rendere difficile la ricezione di un passaggio da parte del compagno con la palla. Il tiro è il fondamentale d'attacco più importante. Solitamente si tira "in sospensione": si salta da terra e si lascia la palla quando si è in aria. Prima di tutto, bisogna sapere che la forza del tiro non proviene dalle braccia, bensì dalle gambe, quindi queste ultime hanno un ruolo importantissimo nella possibile realizzazione di un canestro; Il tiro in corsa è una tecnica di tiro che permette di effettuare un tiro in avvicinamento al canestro avversario. Consiste nell'esecuzione di due passi e di un salto, durante il quale si appoggia la palla al tabellone o direttamente a canestro ed è l'unico caso in cui è ammesso compiere più di un passo senza palleggiare.


Avendo parlato di così tanti autori, tutti molto importanti, mi pare giusto parlare anche delle condizioni storiche in cui tutto ciò si è verificato; partendo dalla seconda rivoluzione industriale, periodo in cui è vissuto pascoli, fino ad arrivare alla situazione del mondo dopo la seconda guerra mondiale, periodo in cui sono vissuti personaggi a noi contemporanei.

Le trasformazioni politiche, economiche e culturali della seconda rivoluzione industriale hanno dato vita a una società uniformata e omogenea detta, società di massa. Alcuni hanno visto in questa trasformazione un momento positivo di affermazione della democrazia e di diffusione del benessere; altri vi hanno scorto un processo di appiattimento delle personalità e di condizionamento della libertà di scelta. Con la terza rivoluzione industriale la società di massa si diffonderà in tutto il pianeta dando luogo a un fenomeno che non è solo economico, ma anche politico e culturale: la globalizzazione. Con la nascita di questo nuovo tipo di società in Italia ci fu l'introduzione del suffragio universale maschile che avvenne nel 1912. L'estensione del diritto di voto alle masse provocò un mutamento sostanziale nella vita politica degli stati: tutti i movimenti dovettero organizzarsi per conquistare un gran numero di elettori. Si andò dunque affermando il modello del partito politico di massa. In questo periodo ci fu la diffusione su larga scala dei beni di consumo che resero più comoda la vita di molte famiglie, inoltre si diffusero i cosiddetti mass media, i mezzi di comunicazione di massa, come i quotidiani, la radio e la televisione. Nell'economia assunse un ruolo importantissimo il terziario, che riguarda non la produzione di beni ma di servizi, e anche il mondo della scuola subì un mutamento sostanziale: l'istruzione non venne più considerata un bene elitario, ma un'opportunità da offrire a tutti i cittadini. Nel 1901 il re Vittorio Emanuele II nominò presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli che, venne affiancato da Giovanni Giolitti il quale aveva il compito di prendere le decisioni più importanti e arrivò a diventare primo ministro. Fino al 1914 ci trovero in quel periodo che viene comunemente definito l'età giolittiana. Questa coincise con il decollo della rivoluzione industriale in Italia che portò notevoli miglioramenti nel livello medio di vita degli italiani. I segni più evidenti di questo sviluppo si videro nelle città, provviste di acqua corrente, gas e migliori condizioni igieniche; le conseguenze non furono però tutte positive in quanto buona parte della popolazione si spostò dalle campagne alla città e questo procurò nuovi disagi in quanto i quartieri divennero sovraffollati. In questo contesto economico e sociale si svolse l'azione politica di Giolitti; egli elaborò un suo piano di riforme coinvolgendo in particolare il Partito socialista italiano che interpretava la protesta della sempre più numerosa classe operaia. L'azione di governo di Giolitti fu caratterizzata da una profonda contraddizione:



per quanto riguarda il Nord assunse un atteggiamento lungimirante verso le nuove forze sociali; egli infatti consentì gli scioperi e fece assumere al governo una posizione di neutralità di fronte ai conflitti sindacali, dando vita nel contempo ad alcune riforme che migliorarono le condizioni di lavoro degli operai, altre riguardavano la statalizzazione delle ferrovie.

per quanto riguarda il Sud non venne mai attuata una riforma tributaria e non venne mai affrontata la cosiddetta questione meridionale, ovvero il ritardo del Sud rispetto al Nord.

Durante il governo Giolitti venne ripresa la polita coloniale e nel 1911 l'Italia dichiarò guerra alla Turchia che dominava la Libia. L'esercito occupò subito le principali città, ma poi iniziarono le difficoltà. Alla fine i turchi spaventati firmarono nel 1912 il Trattato di Losanna con il quale cedevano la Libia all'Italia. Nel 1913, Giolitti, stipulò con la chiesa il Patto Gentiloni, attraverso il quale i cattolici promettevano di votare quei candidati liberali che avessero sottoscritto l'impegno di difendere la chiesa; grazie a questo patto nel 1913 Giolitti ottenne nuovamente la maggioranza. 

Tuttavia la guerra in Libia aveva indebolito il governo e molti erano coloro che criticavano il capo dell'esecutivo, cosi Giolitti preferì dare le dimissioni.

La prima guerra mondiale ebbe varie cause di carattere politico, economico e militare. Le cause politiche riguardavano i contrasti fra gli Stati europei ed alcuni problemi presenti al loro interno; le cause economiche riguardavano la rivalità fra Gran Bretagna e Germania e la necessità di tutte le potenze industriali di espandere il proprio mercato e di garantirsi il rifornimento di materie prime; infine le cause militari vanno a ricercarsi nella politica militare delle grandi potenze.

Nella situazione internazionale appena delineata, fu sufficiente una scintilla per far esplodere il conflitto. E la scintilla scoccò il 28 giugno 1914, quando un nazionalista serbo uccise a Sarajevo l'erede al trono d'Austria. Di conseguenza l'Austria il 28 luglio dichiarò guerra alla Serbia. Immediatamente scattarono le clausole delle alleanze stabilite negli anni precedenti e, nel giro di appena due giorni si passò ad una guerra europea. Sul fronte occidentale, in Francia, le vicende belliche non si svolgevano come il comandante tedesco aveva previsto. I francesi riuscirono a bloccare i nemici dal 6 al 12 settembre. Sul fronte orientale i tedeschi sconfissero i russi ma, presto si giunse ad una situazione di stallo.

Le forze politiche italiane e l'opinione pubblica si divisero sull'atteggiamento da tenere di fronte al conflitto. Nell'agosto del 1914 il governo proclamò la neutralità del nostro paese. Successivamente si decise di procedere per vie diplomatiche. Il tentativo di ottenere dall'Austria il riscatto dei territori italiani fu inutile e fu raggiunto con i paesi dell'Intesa un accordo. Il 26 aprile 1915, il ministro degli esteri Sonnino sottoscrisse il Patto di Londra, che impegnava l'Italia ad entrare in guerra nel giro di un mese e le garantiva alcuni territori in caso di vittoria. Cosi il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria - Ungheria. L'esercito italiano non era ancora pronto a sostenere un conflitto impegnativo. Sin dalle prime fasi furono evidenti i problemi. Comandante supremo dell'esercito fu nominato Luigi Cadorna, che si distinse subito per la durissima disciplina. Fra giugno e dicembre 1915 si svolsero le prime quattro battaglie dell'Isonzo che non conseguirono alcun successo rilevante. Nel giugno 1916 gli Austriaci scatenarono la spedizione punitiva attaccando il punto debole dell'Italia e riuscendo a penetrare nel territorio, ma ben presto l'offensiva si arrestò, per la tenace resistenza italiana. Tutte le vicende belliche del 1915 furono complessivamente favorevoli agli imperi centrali, poi nel 1917 i tedeschi decisero di intensificare la guerra sottomarina affondando le navi mercantili e persino quelle per il trasporto dei passeggeri. Proprio la guerra sottomarina spinse gli USA ad entrare nel conflitto affianco dell'Intesa. Intanto in seguito alla crisi della Russia, l'Austria e la Germania poterono spostare delle truppe sul fronte occidentale e su quello italiano. Gli austriaci sfondarono le linee italiane a Caporetto. La ritirata delle truppe italiane divenne in breve tempo una vera e propria disfatta e l'esercito nemico penetrò in Italia.

La prima guerra mondiale fu caratterizzata dal completo coinvolgimento della popolazione. Per sostenere gli eserciti al fronte era necessario un grande sforzo produttivo; per questo motivo tutti coloro che non combattevano furono coinvolti per garantire ai militari tutte le risorse di cui avevano bisogno. Il 29 settembre del 1918 la Bulgaria si arrese ad un esercito franco - serbo; l'Ungheria, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia si dichiararono indipendenti dall'Austria, che dovette subire la controffensiva italiana. Infatti il 29 ottobre 1918 l'esercito austriaco fu sconfitto nella battaglia di Vittorio Veneto e costretto alla ritirata. Il 3 novembre venne firmato l'armistizio che siglava la vittoria dell'Italia. Il 30 ottobre si arrese la Turchia, mentre la Germania si preparava alla resa definitiva. Terminava cosi la prima guerra mondiale.

Per quanto riguarda la Russia il primo atto del congresso dei soviet fu l'approvazione di due decreti:

decreto sulla pace che invitava i paesi belligeranti ad una pace immediata

decreto sulla terra che aboliva la proprietà privata.

Contemporaneamente venne creato un nuovo governo rivoluzionario che doveva guidare la Russia sino all'elezione di un' Assemblea Costituente. Quest'ultima si riunì il 18 gennaio 1918, ma i suoi lavori durarono solo un giorno, poiché i bolscevichi, la sciolsero d'autorità alla fine della prima seduta. Uno dei principali problemi da affrontare ora era quello della guerra. Vennero intavolate trattative di pace con i tedeschi e il 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk venne firmata la pace. A partire dalla primavera del 1918 la repubblica dei soviet dovette fronteggiare una duplice minaccia: l'intervento armato delle potenze occidentali ai suoi confini e la guerra civile al suo interno. La guerra civile fra i "rossi" e i "bianchi" vide un susseguirsi di atrocità da entrambe le parti e nell'estate del 1920 si concluse con la vittoria delle truppe rosse. Dopo alterne vicende la guerra si concluse definitivamente nel 1921. Dobbiamo ricordare che nel 1918 entrò in vigore la prima Costituzione sovietica. Essa affermava i diritti del popolo sfruttato e oppresso. La costituzione prevedeva che il nuovo Stato diventasse una repubblica federale e che ad essa si aggrega ressero liberamente le eventuali repubbliche socialiste. Fra il 1920 e 1922 alla repubblica russa si unirono altre provincie che diedero vita nel dicembre del 1922 all'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Nell'estete del 1922 Lenin iniziò ad ammalarsi e nel 1924 morì. Si apriva cosi nel partito un periodo di dure lotte per la successione. Solo il grande potere personale di Lenin aveva potuto contenere i contrasti interni tra le due anime del partito che facevano riferimento a Stalin e Trockij. Quest'ultimo godeva di grande prestigio nel paese ma dal 1922 il peso politico di Stalin era cresciuto costantemente, egli inoltre aveva riconosciuto l'URSS come lo Stato sovrano dalla maggior parte dei paesi europei che instaurarono con l'Unione Sovietica regolari relazioni diplomatiche. Lo scontro fra i due schieramenti si risolse con la netta affermazione di Stalin. Nel 1927 Trockij e i suoi sostenitori vennero addirittura esclusi dal partito. Con Stalin l'URSS conobbe un processo di eliminazione integrale di ogni possibile opposizione alla sua politica. Gli anni tra il 1935 e 1938 si caratterizzarono per le grandi epurazioni o purghe. Tutti coloro che tradivano Stalin furono accusati di complotto, di alto tradimento e vennero condannati e giustiziati. Tutto venne controllato, censurato e guidato. L'URSS presentava dunque tutte le caratteristiche dello Stato totalitario: presenza di un unico partito, statalizzazione dell'economia e cosi via. Stalin e la sua politica godevano del consenso di milioni di sovietici. Ma accanto al miglioramento delle condizioni generali delle masse stava la fine di ogni tratto democratico della vita sociale.

Il 18 gennaio 1919 nella reggia di Versailles si aprì la conferenza di pace tra le potenze vincitrici della prima guerra mondiale e all'Italia dopo lunghi dibattiti vennero dati i territori che le spettavano secondo il Patto di Londra. Le conseguenze sociali ed economiche della guerra furono particolarmente pesanti per uno stato giovane e fragile come quello italiano. Le prime vittime di questa situazione furono la piccola e media borghesia e i piccoli proprietari terrieri. Tuttavia l'industria aveva incrementato la produzione, anche per la presenza di un maggior numero di impiegati. Tuttavia la ricchezza era finita nelle mani di pochi speculatori che avevano vissuto la guerra come un grande affare. Chi aveva rischiato la vita era costretto a subire le pesanti conseguenze economiche della guerra, tutto ciò sfociò in un fenomeno di disoccupazione. In un simile contesto furono sempre più aspre le lotte sociali e gli scioperi si moltiplicare. Nel 1919 la scena politica italiana fu caratterizzata da due importanti elementi di novità. Il 18 gennaio don Luigi Sturzo fondò il Partito popolare Italiano che segnò il coinvolgimento diretto dei cattolici nella vita politica dell'Italia. Il programma dei popolari si rivolgeva soprattutto ai piccoli proprietari terrieri. L'altro importante fatto politico del 1919 fu la nascita del movimento chiamato Fasci di combattimento, fondato da Benito Mussolini il 23 marzo a Milano. Esso si collocò politicamente a sinistra battendosi per radicali riforme sociali. Nel novembre del 1919 si tennero poi delle elezioni che rivoluzionarono il quadro politico italiano. Vinse il partito socialista e secondo il partito popolare. Tuttavia questi risultati non riuscirono a dare stabilità al paese, non si formarono maggioranze omogenee e l'unica alleanza possibile fu quella tra liberali e popolari. Comunque il socialismo era molto diviso al suo interno, c'erano i riformisti che erano sostenitori di riforme sociali, e i massimalisti che volevano invece una rivoluzione. Al Congresso di Livorno del gennaio 1921 le contraddizioni esplosero. Alla fine la corrente guidata da Gramsci e Bordiga si staccò dal partito socialista e fondò il Partito Comunista d'Italia. Alla fine del 1920 Bologna era diventata il centro propulsore del movimento sindacale tanto che i socialisti ottennero una schiacciante vittoria. Il 21 novembre 1920, giorno dell'insediamento del Consiglio comunale a Palazzo d'Accursio, partirono dalla folla dei colpi di pistola. Questo fatto segnò la nascita del fascismo agrario. Fino all'autunno del 1920 il movimento fondato da Mussolini aveva avuto un ruolo ininfluente nelle vicende politiche nazionali. Tra la fine del 1920 e l'inizio del 1921 era avvenuta la svolta. Nelle lezioni del 1921 il movimento fascista, divenuto un vero e proprio partito, ottenne la vittoria. Giolitti, tornato al potere, fallì e dovette dare le dimissioni. Intanto salì al potere Luigi Facta che fu incapace di controllare la situazione, e in questo disordine le truppe fasciste marciarono, nell'ottobre del 1922, sulla capitale per impadronirsi del potere: fu la cosiddetta marcia su Roma. Nessuno si oppose alla loro violenza e Mussolini venne incaricato di formare un nuovo governo. Fu con questo atto illegale che iniziarono la scalata al potere del fascismo e la trasformazione progressiva dell'Italia in stato totalitario. Le violenze fasciste non cessarono però quando Mussolini formò il governo con la partecipazione dei liberali, popolari e altre componenti, con i quali mantenne una certa collaborazione fra il 1922 e 1924. Nel 1923 Mussolini creò la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale che praticamente era un esercito politico al suo servizio. Nel 1924 si tennero delle elezioni che videro nuovamente i fascisti al potere e il deputato Giacomo Matteotti, che aveva avuto il coraggio di accusare Mussolini per il modo in cui le elezioni erano avvenute, fu ucciso da elementi fascisti. Di fronte a questo brutale assassinio tutti i partiti reagirono e, il 3 gennaio 1925, in un discorso alla camera, Mussolini si assumeva la responsabilità del grave delitto; praticamente iniziava la vera e propria dittatura. A partire dal 1925 il fascismo fece approvare una serie di leggi che segnarono formalmente la trasformazione in dittatura. Ogni attività antifascista era controllata severamente e un tribunale speciale giudicava i colpevoli. Tutto doveva essere post al servizio del duce e del partito che egli guidava. La stampa, la radio, la scuola, le organizzazioni giovanili. Il fascismo impose anche una politica economica. La meta era quella di far diventare l'Italia un paese autosufficiente secondo il principio dell'autarchia. Mussolini pensò inoltre di riconciliare il paese con la chiesa e cosi l'11 febbraio del 1929 vennero firmati i patti lateranensi, che regolarono i rapporti tra lo stato italiano e la chiesa cattolica.

L'ultimo anno di guerra fu per la Germania particolarmente difficile. I tedeschi chiedevano pace e democrazia, mentre la monarchia dimostrava tutta la sua debolezza. Il 9 novembre 1918 la monarchia fu travolta: a Berlino fu proclamata la repubblica e due giorni dopo la Germania firmò l'armistizio con gli Anglo- Francesi. Fu formato un governo provvisorio presieduto da Ebert il quale indisse delle elezioni per la formazione di un'assemblea costituente. Queste elezioni fecero nascere delle divisioni all'interno della sinistra tedesca. La componente maggioritaria era il Partito Socialdemocratico, che sosteneva posizioni riformiste e democratiche e voleva l'assemblea costituente, e il Partito Socialdemocratico Indipendente e la Lega di Spartaco che invece erano contrari alla costituente. Alla fine le elezioni si tennero il 19 gennaio 1919 vinse SPD e si formò un governo di coalizione. Ebert fu nominato presidente della repubblica. L'assemblea si mise a lavorare a Weimar e fu in grado di dare alla Germania una costituzione. Le condizioni di pace imposte alla Germania e le difficoltà nel pagamento delle riparazioni di guerra generarono una profonda crisi economica. Nel 1923 Stresemann si assunse il compito di far uscire la Germania dalla crisi. Formo un governo di coalizione e puntò a degli obiettivi come il risanamento dell'economia e la riapertura del dialogo con le potenze straniere sulla questione delle riparazioni. Nell'ottobre 1925, Germania e Francia giunsero cosi agli Accordi di Locarno che permisero l'ammissione della Germania nella Società delle Nazioni. Nel novembre del 1929 ci fu nuovamente una grave crisi economica. Cominciò a farsi strada l'ipotesi di una rivolta politica. Destra e sinistra si allearono per affossare la democrazia e nel 1930 il cancelliere fu costretto a dare le dimissioni. Il governo passò in mano a Bruning. Intanto Hitler stava acquisendo sempre più forza all'interno del paese finché il 30 gennaio 1933 ottenne l'incarico di formare un nuovo governo. Hitler aveva fondato nel 1920 il Partito nazional-socialista, che trovò facilmente il consenso da parte delle masse. La dittatura nazista si impose ricorrendo a violenze e forme d'intolleranza che il regime fascista non aveva conosciuto. Come ogni dittatura, cure particolari furono rivolte alla propaganda e all'educazione della gioventù che fu imbevuta di principi cari al razzismo tedesco. La milizia delle Squadre di sicurezza e la Polizia segreta, furono gli strumenti che servirono a neutralizzare ogni opposizione interna. Il partito unico era quello nazista, guidato dal fuhrer, il duce, tedesco. Incendi, devastazioni, sequestri di persona, e le cosiddette purghe furono i mezzi con cui si affermò la dittatura hitleriana. I campi di concentramento divennero il luogo dove ogni opposizione veniva relegata e annientata. Tutta a politica economica era rigidamente guidata dallo stato. Forma particolarmente brutale assunse la persecuzione contro gli ebrei. Essi furono metodicamente schedati, perseguitati e deportati in campi speciali, i cosiddetti lager. In politica estera gli obiettivi del nazismo erano chiari; Hitler voleva ridare alla Germania un posto di prestigio e annullare le conseguenze della pace di Versailles. Il riarmo tedesco fu all'ordine del giorno e si notarono ben presto manifesti intendimenti di rivincita. Il primo di tutta una serie di atti di forza fu l'occupazione della Renania nel 1936, di cui i trattati avevano imposto la smilitarizzazione. Nello stesso anno la Germania strinse con l'Italia l'Asse Roma - Berlino che nel 1937 venne esteso anche al Giappone. Nel 1938 la Germania riuscì ad annettere l'Austria al suo territorio attraverso una improvvisa occupazione del suo territorio. Nello stesso anno Hitler pose alla Cecoslovacchia la questione del territorio dei Sudeti, che egli rivendicava come parte della Germania. Le grandi potenze non dimostrarono sufficiente fermezza nei confronti dell'uomo che ormai manifestava una insaziabile volontà di conquista; ogni pretesto era valido per portare l'Europa ad un conflitto che si intravedeva sempre più inevitabile. La Conferenza di Monaco, in cui Inghilterra, Francia e Italia tentarono con il loro intervento di allontanare il pericolo che minacciava l'Europa, fu inutile. Nel 1939, dopo aver invaso la Cecoslovacchia, Hitler volgeva le sue pretese alla Polonia chiedendo la città di Danzica. Ad evitare sorprese, Hitler strinse, sul finire dell'agosto, un patto di non aggressione con la Russia e il primo settembre 1939 invase, con le sue truppe corazzate, il territorio della Polonia. Questa volta però Francia e Inghilterra non rimasero a guardare e il 3 settembre dichiararono guerra alla Germania. L'obiettivo di Hitler era la realizzazione di una guerra lampo, cioè un'offensiva massiccia e rapidissima attuata con l'impiego di aerei e carri armati. Intanto ci si preparava ad annientare la Francia, così il 10 maggio 1940 Hitler scatenò l'offensiva sul fronte occidentale. Vennero invasi dapprima il Belgio e l'Olanda e poi si penetrò a Parigi. Per la Francia si aprivano ora due sole possibilità:

continuare il conflitto

scendere a patti con la Germania

Essa scelse quest'ultima e l'armistizio fu firmato il 22 giugno 1940. Intanto Mussolini, allo scoppio del conflitto, non aveva voluto prendere parte attiva alle operazioni militari dell'alleato tedesco, perché conosceva l'impreparazione dell'Italia. Annunciò, inizialmente, la non belligeranza, ovvero non partecipa al conflitto ma neppure si mantenne neutrale. Quando però vide che Hitler collezionava un successo dopo l'altro decise d'intervenire al conflitto e cosi il 10 giugno 1940 l'Italia entrò in guerra al fianco della Germania. A questo punto, in Europa, soltanto l'Inghilterra resisteva ancora ad Hitler. Il comando tedesco, deciso ad occuparla, affidò allora all'aviazione il compito di preparare lo sbarco. Aveva inizio la battaglia d'Inghilterra. Ma la pronta reazione degli inglesi salvò il paese dallo sbarco, infatti l'aviazione britannica ingaggiò battaglia nei cieli d'Inghilterra con i bombardieri tedeschi, riuscendo a sconfiggere questi ultimi. Intanto si rafforzarono i legami con il Giappone, con il quale nel 1940 fu firmato il patto tripartito. Hitler decise poi di conquistare la Russia e le dichiarò guerra il 22 giugno 1941 attraverso il cosiddetto piano Barbarossa, che prevedeva il rapido annientamento della resistenza nemica. Tuttavia l'arrivo dell'inverno portò a una situazione di stallo, che si riaprì a Stalingrado in cui i tedeschi subirono una penosa sconfitta, e la ritirata divenne l'unica via d'uscita. Intanto il Giappone voleva impossessarsi dei territori dell'Asia su-orientale, ma per farlo occorreva abbattere la flotta americana che controllava il pacifico. Così il 7 dicembre 1941 i giapponesi attaccarono la flotta a Pearl Harbor, facendola capitolare. L'America reagì dichiarando guerra al Giappone il giorno successivo. Nel 1945 gli Stati Uniti decisero di piegare definitivamente il Giappone attraverso l'utilizzo della bomba atomica, la prima a Hiroshima e la seconda a Nagasaki. Per il Giappone non ci fu più nulla da fare. Intanto nell'agosto del 1941 gli americani e gli inglesi concordarono la carta atlantica, che decideva il futuro assetto del mondo, e nel gennaio 1942 gli stati aderenti a questa firmarono l'atto costitutivo dell'ONU per mettere a disposizione tutte le risorse per arrivare alla vittoria. Gli alleati manifestarono la loro superiorità anche nell'atlantico riuscendo a liberare tutto il Nord Africa. Dopo gli alleati scelsero come nuovo bersaglio l'Italia, l'offensiva ebbe inizio il 10 luglio 1943 con lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia, che rifece sperare a tutto il popolo italiano. In questa situazione il gran consiglio del fascismo decise di mettere in minoranza Mussolini che venne arrestato il 25 luglio. Crollava cosi la dittatura. L'Italia firmò l'armistizio con gli alleati l'8 settembre e salì al governo Badoglio. Intanto il 12 settembre i tedeschi liberarono Mussolini che formò nel nord dell'Italia la repubblica sociale italiana, che diede vita al fenomeno della resistenza, una serie di bande partigiane che agivano con sabotaggi, e azioni di disturbo nei confronti dei tedeschi i quali spesso rispondevano molto ferocemente. Nel 1943 nacque poi il Comitato di Liberazione Nazionale, che cercò di coordinare le azioni dei partigiani. Nel 1944 i partigiani riuscirono a portare a casa diverse vittorie, ma allo stesso tempo molte sconfitte. Intanto nella primavera del 1945 gli alleati ripresero la loro azione e in poco tempo riuscirono a liberare tutta l'Italia, tanto che Mussolini si suicidò. Intanto per Hitler le cose andavano male, tanto che con lo sbarco in Normandia da parte degli alleati, la Germania si trovò chiusa in una morsa. Hitler chiese al suo esercito di resistere ad oltranza ma dopo poco tempo non ci fu più nulla da fare, Il Fuhrer  si uccise il 30 aprile, e il 7 maggio 1945 venne firmata la resa. L'Europa uscì dalla seconda guerra mondiale in condizioni disastrose:

la guerra aveva causato milioni di morti

le industrie erano distrutte e l'agricoltura in ginocchio

molte città erano state distrutte

Questo mondo stremato era dominato da stati Uniti e Urss, che decisero di dare vita a una nuova organizzazione internazionale. Fondata il 24 giugno 1945, fu chiamata ONU che prometteva un futuro di pace e prosperità per i paesi maggiormente in difficoltà.

Fra il luglio e l'ottobre 1946 si svolse a Parigi la Conferenza di pace, ma il futuro dei vari territori fu deciso dalle occupazioni militari.

Ora sconfitto il nemico nazista, incominciarono a nascere contrasti fra occidente e URSS. Il nuovo presidente Truman riteneva necessario aiutare l'Europa nella ricostruzione per evitare che il comunismo si espandesse. Il piano Marshall, il programma di aiuti americani, tra il 1948 e il 1951risollevò l'Europa e rafforzò i legami del mondo occidentale con gli Stati Uniti. Intanto l'URSS impose il comunismo in tutti i paesi dell'Europa orientale. Nacquero poi due organizzazioni militari: nel 1949 con il Patto Atlantico, gli stati occidentali diedero vita alla NATO, e nel 1955 i paesi comunisti si unirono nel Patto di Varsavia. Il mondo era quindi diviso in due blocchi. La guerra fra queste due superpotenze fu evitata, ma la contrapposizione scatenò una serie di guerre locali e la guerra fredda, che non fu combattuta con armi da fuoco, ma con quelle della diplomazia, dell'ideologia e dell'economia. La pace fu garantita dall'equilibrio del terrore: il terrore di una guerra atomica.



















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