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LA FILOSOFIA POLITICA DI HOBBES

filosofia



LA FILOSOFIA POLITICA DI HOBBES


La caratteristica preponderante di questo filosofo inglese è la materia sulla quale egli volge le sue maggiori attenzioni. La ricerca non è più il genere umano ma lo stato, visto come unione stretta dagli individui per formare una società armata di potere sovrano. Lo stato è quindi una forma suprema di organizzazione sociale rispetto a cui l'individuo è totalmente subordinato e  viene costituito a partire da una nuova società borghese: uomini liberi, indipendenti ed eguali che si uniscono in vista della conservazione della vita e del benessere.

Per capire il pensiero politico di Thomas Hobbes e comprenderne la sua identificazione ai nostri giorni come padre fondatore del pensiero 828h72i politico e giuridico moderno è fondamentale analizzare l'uomo nel suo contesto storico.

Egli visse a cavallo tra l'età puritana e l'era della restaurazione, periodo nel quale il tema politico era quello maggiormente sentito dagli uomini del tempo.

Un paese in rapida evoluzione come l'inghilterra del 600 non poteva venir governata coi sistemi del passato.



Gli Stuart cercavano di far fronte alle nuove esigenze arrogandosi nuovi poteri a spese del parlamento, il quale a sua volta cercava di risolvere i nuovi problemi a spese della monarchia: il risultato fu la guerra civile, che Hobbes fu uno dei primi a prevedere.

Il filosofo venne profondamente sconvolto dalla Rivoluzione inglese e fu questa una delle ragioni per cui escogitò e avanzò la sua teoria della società politica, proprio per convincere i suoi connazionali della bontà del governo assoluto, garanzia fondamentale dell'ordine costituito.

Egli ebbe acutamente coscienza che la società è condizionata da un governo forte e la espresse elaborando la sua teoria partendo dall'inizio dei tempi.

Partendo dal presupposto che l'uomo per condizione naturale sia asociale, egoista violento e mosso dal solo scopo di fare il proprio interesse, ipotizzò che

allo stato di natura ci fu una guerra di tutti contro tutti (bellum omnium in omnis).

Gli uomini erano alla stregua delle bestie, perché animati dall'istinto di sopraffazione dettato dalla legge del più forte; ognuno, poteva contare solo su se stesso per la propria sicurezza.

Per sfuggire a questa infelice situazione gli uomini ritennero opportuno mutare le loro condizioni sottomettendosi a un'autorità sovrana che potesse usare la forza di tutti per la sicurezza di ciascuno.

Minacciato da questo stato di guerra, infatti, Hobbes teorizzò che l'istinto di sopraffazione di ognuno fosse stato a sua volta, è il caso di dirlo, sopraffatto da quello di conservazione e che, pertanto, pur di conservare la propria integrità fisica, gli uomini abbiano affidato i propri diritti al più forte in un pactum societatis, il sovrano, che da parte sua si impegna a governarli e a procurare loro la pace.

Il potere non era più divino ma dato dagli uomini al sovrano: il risultato di un accordo sociale.

Fu il primo ad elaborare una teoria politica inflessibilmente individualista, diede una versione del tutto nuovo al contratto sociale e al consenso popolare come base dell'autorità politica, ma il suo pensiero non incontrò il favore nè dei monarchici, ai quali non piacque che egli negasse il diritto divino del re, nè dei sostenitori del parlamento, perchè Hobbes negava il loro principio base: i diritti naturali del popolo.

Per la prima volta, dunque , venne descritta la realtà effettuale delle cose, cioè come il mondo è e non come dovrebbe essere.

Hobbes si inserisce in questa visione realistica della politica come lotta per il potere, potere che per altro deve necessariamente essere indivisibile, non deve dunque esserci un potere ecclesiastico, ma esso deve essere inglobato nelle questioni civili.



Importante oltre al De Cive (testo che riassume tutte le sue teorie politiche fin qui espresse) è anche il Leviatano.

Leviathan è quel mostro marino, simile ad un coccodrillo, che nelle  Scritture (Giobbe 40 e 41) è descritto come la più potente e terribile delle creature terrestri. Hobbes si serve del nome del mostro biblico per alludere alla potenza assoluta dello stato, come un qualcosa di mostruoso, concepito come una persona (il sovrano) nella quale si riassumono tutte le altre persone ( i sudditi).

Infatti, nel frontespizio del suo capolavoro, il sovrano é graficamente raffigurato come un individuo immenso formato dalle teste di tutti gli altri individui e nel corso dell' opera l' autorità statale viene celebrata come una sorta di Dio terrestre.


Il ruolo e la legittimazione del potere statale, le condizioni di progresso della società, la natura e i limiti della libertà individuale, il perseguimento del bene comune, sono argomenti con cui un politico e, in generale, ogni uomo deve confrontarsi seriamente. Per evitare formule sbrigative e superficiali, è molto importante ricostruire la genesi di tali questioni soprattutto dal punto di vista della storia del pensiero moderno.

Proprio per questo è importante conoscere il pensiero filosofico di Thomas Hobbes.

Se ci si confronta con la lezione del filosofo inglese, con lo scopo esplicito di comprendere la genesi, lo sviluppo e il destino della modernità politica e del capitalismo moderno, la ricerca storico-filosofica arriva ad assumere una rilevanza direttamente filosofico-politica.

Egli elabora nuovo di pensiero politico che, malgrado la diffamazione ottenuta, la base egoistica della sua teoria, (l'uomo rinuncia ai propri diritti per proteggere sé stesso) mette a fuoco i problemi della modernità e fa sentire lungo i secoli il suo influsso.

Hobbes è il massimo teorico dell'assolutismo politico e non è da sottovalutare l'influenza del suo pensiero sulla posteriorità. Le prime monarchie assolute in Francia, Spagna, Inghilterra che affermavano la loro indipendenza dal papato sono a parer mio un lampante esempio di influenza" hobbesiana" ed altresi' fondamentale il suo studio per comprendere la struttura degli ordinamenti giuridici e politici contemporanei.






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