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Il problema ontologico

filosofia



Il problema ontologico


L'ontologia studia il problema dell'essere in quanto tale.

Solamente con Parmenide e con i filosofi della sua scuola viene elaborato il concetto di essere, questo diverrà uno dei riferimenti essenziali della riflessione filosofica, insieme a quello contrapposto del divenire. Da Parmenide la realtà viene identificata non più come principio materiale, ma con l'essere. L'essere è altro, è opposto al divenire ed è conoscibile solamente grazie alla ragione, dunque con il logos e non invece con i sensi. Si ha quindi una filosofia dualistica che contrappone essere e non-essere, pensiero ed opinione (filosofia eleatica).

A questo punto sorgono spontanee alcune domande: se l'essere è assoluta unità, è davvero impossibile una conoscenza razionale del divenire, di ciò che sembra manifestarsi come passaggio dal non-essere all'essere e viceversa?questo problema nella storia del pensiero  avrà profonda influenza sugli sviluppi dell'ontologia occidentale.

Difatti, ogni qual volta si penserà alla realtà come a qualcosa di assoluto, come ad una Totalità, le verranno attribuiti molti dei caratteri dell'essere parmenideo.




Prima di Parmenide il pensiero dei filosofi era assai differente; è però possibile riscontrare un punto di transizione nel Pitagorismo. Questo sviluppa una teoria nella quale si è cercato di attribuire al numero il carattere di Principio, di essenza ultima della realtà: l' arché è quindi costituita da entità matematico-geometriche dalle quali si è giustificata l'intera realtà.

Solo con Parmenide ed Eraclito è venuta ad esprimersi compiutamente la domanda metafisica.

Da questo filosofo in  poi tutti i filosofi diedero una loro definizione di essere in quanto tale differente.

L'essere di Parmenide è eterno, ingenerato, immutabile, uno; ha i caratteri opposti a ciò che è materiale, sensibile, soggetto al divenire. In tale contesto la filosofia è soprattutto contrapposizione del pensiero all'esperienza sensibile.

Parmenide radicalizza i dualismi e costruisce contrapposizioni.

Secondo l'interpretazione successiva di Aristotele l'essere parmenideo coincide da un lato con la sostanza fisica della realtà, dall'alto si riscontra in esso l'insieme delle cose che sono, cioè la totalità del reale.

Eraclito sviluppa invece la teoria del divenire. Per questo filosofo il cambiamento non è illusorio, come non lo sono neppure la molteplicità e il contrasto, i perenni conflitti e la varietà degli esseri: la guerra e la madre di tutte le cose.

Senza discordia e contesa il mondo non sussisterebbe, poiché la legge della realtà si basa sulla disarmonia del reale, questa realtà è il logos. Esso è la legge che governa il mondo.

Dunque è principio immateriale. Tale legge è come un "segreto" della realtà, che solo i sapienti (desti) riescono a cogliere, mentre tutti gli altri (dormienti) non riescono a vedere. Da ciò notiamo come la ragione (logos) verrebbe a contrapporsi all'esperienza.



La filosofia successiva dovrà continuamente fare i conti con queste opposizioni di volta in volta, mantenendole oppure cercando di superarle e negarle.dopo Parmenide ci si domanda in fatti se è possibile far convivere l'essere con il divenire, se è possibile recuperare la possibilità di pensare la molteplicità e il divenire, o ancora, se è possibile "salvare i fenomeni".

La risposta a tali domande è affermativa da parte di Empedocle, Anassagora e Democrito.

Essi propongono una pluralità di princìpi, che oltre ad essere materiali, sono anche eterni e immutabili come l'essere parmenideo: per Empedocle i princìpi sono l'acqua, l'aria, la terra e il fuoco; per Anassagora le "omeomerie" ovvero le infinite particelle qualitative; per Democrito,considerato il primo materialista della storia del pensiero, il principio erano gli atomi.

Tutti questi princìpi mescolandosi e separandosi tra di loro determinano il nascere e il perire di tutte le cose.

Reali sono solo i principi, generazione e corruzione sono perciò apparenti.

L' aspetto relativo alla pensabilità dell'esperienza costituisce l'asse centrale anche della riflessione dei Sofisti. Con loro tale asse si sposta dall'oggettività alla soggettività, alla natura alla polis. Per Protagora l'uomo è la misura di tutte le cose, quindi una verità oggettiva, valida in assoluto, non c'è.

Gorgia rovescia seccamente la prospettiva di Parmenide, affermando che nulla è, nulla cioè possiede i caratteri di assolutezza che Parmenide aveva attribuito all'essere. D'altra parte anche se esistesse la realtà assoluta dell'essere, non sarebbe conoscibile, o comunque comunicabile.






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