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IL TERRORISMO - PAPA WOJTYLA, PROFETA DI PACE - NO ALLA GUERRA

politica



IL TERRORISMO

La lotta al terrorismo, interno e interna­zionale, è un impegno irrinunciabile a di­fesa della libertà e della civile convivenza.

Tipologia D: tema di ordine generale


Il ventunesimo secolo si è aperto con la recrudescenza del terrorismo internaziona­le. L'attacco alle Twin Towers di New York 1'11 settembre 2001; le bombe alle stazioni ferroviarie di Madrid 1'11 marzo 2004; l'at­tacco alla scuola di Beslan, in Ossezia, il primo settembre 2004. E poi, ancora: gli at­tentati dei terroristi suicidi in Iraq, il ricatto attraverso gli ostaggi, tra cui la giornalista italiana Giuliana Sgrena, la cui liberazione è costata la vita al funzionario dei servizi se­greti Nicola Calipari, ucciso in un tragico incidente da soldati americani. Eventi terri­bili con stragi di civili innocenti, a dimostra­re come il terrorismo sia davvero il nemico dei popoli, di tutti i popoli, in questo avvio di secolo che avremmo desiderato ben di­verso.

E invece l'attacco terroristico dell' Il settembre 2001, ad opera di un gruppo di pi­loti kamikaze dell' organizzazione Al Qaeda di Osama Bin Laden, che dirottarono alcuni aerei di linea facendoli schiantare sulle Torri Gemelle di New York e sul Pentagono di Washington, provocando oltre tremila vitti­me, ha dimostrato tutta.la potenzialità mici­diale del terrorismo, capace di colpire anche molto lontano e con effetti devastanti, ma ha anche spostato ad un livello più alto la ne­cessaria risposta che gli Stati e la società ci­vile tutta devono dare a questa minaccia. Terribili sono state poi le immagini di alcune stazioni ferroviarie di Madrid, in Spagna, devastate 1'11 marzo 2004 dagli at­tentati, condotti ancora una volta da Al Qae­da, che provocarono centinaia di vittime tra inermi lavoratori pendolari; e, ancora più sconvolgenti, le immagini della scuola di Beslan, una località dell'Ossezia, nel sud della Russia, assalita nel settembre 2004 da un gruppo di terroristi ceceni, con centinaia di bambini, ragazzi e insegnanti presi in ostaggio. Il raid delle forze speciali contro i terroristi si concluse tragicamente: 330 vitti­me, tra cui più di 150 bambini.



Molti Paesi hanno conosciuto il ter­rorismo: tra questi anche l'Italia che, nel corso degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, ha vissuto forse la fase più tragica della sua storia repubblicana, con le bande di terroristi neri e rossi che portavano il loro attacco allo Stato democratico e alla convivenza civile. Fu la stagione delle "Brigate Rosse" e di "Prima linea", per quanto riguarda il terrorismo d'estrema si­nistra, con gli agguati mortali a magistrati, uomini politici, poliziotti e sindacalisti; e di "Ordine nuovo" e dei "Nar" (Nuclei ar­mati rivoluzionari), per quanto concerne quello d'estrema destra, con le bombe del­le stragi che insanguinarono la Penisola. Fu la "lunga notte" della nostra Repubbli­ca, da cui si uscì grazie al concorso di magistrati coraggiosi, delle forze politiche democratiche e dei lavoratori tutti, che po­sero un argine alla violenza terroristica.

Ma la vigilanza democratica non deve mai venir meno, come purtroppo ci hanno ricordato i recenti omicidi dei giuristi D'Antona e Biagi e dell'agente di polizia morti ad opera di terroristi delle sedicenti nuove "Brigate Rosse".

Il terrorismo internazionale è ancora più minaccioso, in quanto le sue organizza­zioni hanno ramificazioni in più Paesi e so­stegni finanziari tanto cospicui quanto oc­culti. Tra queste organizzazioni, Al Qaeda è forse la più pericolosa, alimentata dal fana­tismo islamico fondamentalista.

Ma sono convinto che i tragici eventi dell'li settembre hanno rappresentato, come spesso è accaduto in passato con gli atti terroristici più clamorosi (basti pensare al rapimento di Aldo Moro in Italia, da cui è iniziato il declino delle "Brigate Rosse"), il punto di svolta e !'inizio della parabola de­clinante del terrorismo, in quanto la presa di coscienza dei governi e dei cittadini demo­cratici di tutto il mondo è stata netta e deci­sa. Si è così dato il via ad una guerra di tipo nuovo, la guerra al terrorismo, muovendo contro un nemico invisibile, che non ha una patria, pur avendo ramificazioni in molti Pa­esi, e ha in sommo disprezzo la vita umana, tanto da servirsi con cinica disinvoltura di ostaggi e attentatori suicidi.

Proprio per questo gli ultimi tragici attentati non possono che rappresentare l'inizio della fine del terrorismo, in quanto non c'è futuro per chi tiene in spregio la vita degli innocenti e s'illude di poter te­nere in scacco il mondo intero.

Come per il terrorismo del passato, in­terno ai singoli Paesi, anche per il nuovo ter­rorismo, che si muove a livello internazio­nale, la solidarietà e la compattezza dell 'in­tera società civile, unitamente alla fennezza e alla capacità d'iniziativa dei governi, co­stituiranno un baluardo insormontabile.



PAPA WOJTYLA, PROFETA DI PACE

Un pontificato, quello di Giovanni Paolo II, di svolta nella storia della Chiesa e del­l'umanità intera.

Tipologia D: tema di ordine generale


L'espressione sofferente, la schiena ri­curva nella fatica di trascinare il peso del corpo, il tremolio delle membra, la voce fle­bile e rauca: questa l'immagine di papa Gio­vanni Paolo II degli ultimi anni, prima che morisse il 2 aprile del 2005, a testimoniare una forza d'animo titanica, capace di vince­re i mali del fisico, irrimediabilmente debili­tato dai postumi dell'attentato subito nel­l'ormai lontano 1981. Ma papa Wojtyla re­sterà nella storia della Chiesa come uno dei suoi capi più forti e carismatici e, nella sto­ria dell'umanità, come una delle figure spi­ritualmente più autorevoli e prestigiose, ca­pace di parlare ai popoli e di farsi ascoltare da essi, indipendentemente dal loro credo religioso.

Giovanni Paolo II è stato il papa della pace e dell'incontro tra le religioni; il papa che ha viaggiato e scritto tanto, per essere il più vicino possibile a tutti i fedeli del mon­do; il papa che ha adorato i bambini, il tea­tro e la montagna. Giovanni Paolo II è stato più che mai in "prima linea" contro i mali del nostro tempo: la guerra, la povertà, il terrorismo.

"La pace è possibile e doverosa. Anzi, la pace è il bene più prezioso, da invocare da Dio e da costruire con ogni sforzo, me­diante gesti concreti da parte di ogni uomo e ogni donna di buona volontà": con questeparole, pronunciate durante la Giornata Mondiale della Pace di qualche anno fa, papa Wojtyla aveva affermato a chiare lette­re il suo impegno per quello che deve essere considerato l'obiettivo principale dell'uma­nità. Un impegno che si era concretizzato nella decisa opposizione a tutte le guerre combattute nel mondo, dal Medio Oriente ad alcuni Paesi poverissimi dell' Africa e dell' Asia dilaniati da conflitti interetnici che spesso i mass media dimenticano.

In particolare, forte fu la sua condanna della guerra in Iraq, sia prima che essa scoppiasse, sia durante il suo svolgimento, sia dopo, quando in quel martoriato Paese si è continuato a morire per gli attentati dei terroristi e per i bombardamenti delle forze militari straniere occupanti. Tanti gli appelli lanciati da Giovanni Paolo II affinché si po­nesse fine a quella spirale di violenza che, ricordiamolo, non ha risparmiato neanche il nostro Paese: il pensiero va alla morte dei diciannove soldati italiani a Nassirya; al­l'uccisione del giornalista Enzo Baldoni; ai sequestri di operatori di pace e giornalisti come Simona Pari, Simona Torretta, Giulia­na Sgrena; alla tragica fine di Nicola Cali­pari, ucciso per errore da soldati americani proprio a conclusione della liberazione del­la Sgrena.

Con l'espressione "il mondo ha biso­gno di ponti e non di muri", più volte ripetu­ta, papa Wojtyla volle ribadire la necessitàdi abbattere le barriere che ancora dividono i popoli della Terra: ostacoli economici, po­litici, culturali, ideologici, dovuti al divario tra i Paesi ricchi del Nord del mondo e quelli poveri del Sud; ma talvolta anche materiali, come il muro recentemènte costruito dagli Israeliani in Cisgiodania a protezione dalle incursioni dei terroristi kamikaze palestine­si. Questo dopo che proprio il papa polacco aveva contribuito in maniera decisiva al crollo del comunismo nell'Europa orientale, sostenendo il movimento di Solidamosc, il sindacato alternativo polacco che negli anni Ottanta s'ispirava ai princìpi cristiani, crollo che ebbe il suo emblema nell'abbattimento del Muro di Berlino, simbolo per tanti de­cenni della divisione dell'Europa.

Giovanni Paolo II ha indirizzato il mondo verso la pace anche attraverso l'im­pegno ecumenico, cioè favorendo l'incontro con le altre Chiese cristiane e il dialogo tra tutte le fedi religiose. Indimenticabile la sua visita ufficiale alla sinagoga di Roma, dove definì gli Ebrei "i fratelli maggiori dei cri­stiani", come pure la sua sosta presso il Muro del Pianto a Gerusalemme, il luogo santo della religione ebraica, dove, con pa­role accorate, chiese perdono per le persecu­zioni degli Ebrei ad opera della Chiesa nel passato.

Ma ricordiamo pure i suoi numerosi viaggi apostolici, in ogni angolo del mondo, per offrire, con la sua presenza, conforto nella fede ai popoli oppressi dalla miseria, dalla fame, dai conflitti interetnici, con mi­lioni di fedeli e centinaia di Capi di Stato e di Governo incontrati.

La sua opera e il suo messaggio sono infine testimoniati dalle ben quattordici En­cicliche e dai suoi cinque libri, l'ultimo dei quali, Memoria e identità, in cui invita l'uo­mo contemporaneo a non smarrire le pro­prie radici e a non lasciarsi lusingare da mode e ideologie che mascherano il male, può essere considerato, a buona ragione, il suo testamento spirituale.



NO ALLA GUERRA

La crisi irachena e il terrorismo hanno tradito le speranze in un mondo final­mente in pace nel nuovo secolo. Ma non bisogna rassegnarsi all'inevitabilità della guerra, che è sempre una catastrofe per l'umanità.

Tipologia D: tema di ordine generale


Avremmo voluto che nel nuovo secolo la guerra fosse stata soltanto un argomento di storia, qualcosa di appartenente al passa­to. Purtroppo non è così: la guerra è ancora tragicamente attuale e miete le sue vittime in tanti, troppi Paesi.

È ancora guerra in Iraq, nonostante la caduta della dittatura di Saddam Hussein e lo svolgimento delle prime libere elezioni politiche nel gennaio 2005.

Ci sono ancora scontri armati in Pale­stina, con attentati di kamikaze palestinesi da una parte e rappresaglie israeliane dal­l'altra, malgrado la ripresa del negoziato di pace tra le due parti.

È ancora allarme terrorismo in tante metropoli, nel timore che le notizie di nuove terribili stragi possano sconvolgere l' opi­nione pubblica di tutto il mondo dopo le im­magini-shock dei devastanti effetti degli at­tacchi terroristici dell' 11 settembre 200 l alle Twin Towers di NewYork e dell'Il mar­zo 2004 ad alcune stazioni ferroviarie di Madrid.

La crisi irachena è di gran lunga la più ereoccupante nello scenario internazionale. E dall'inizio degli anni Novanta che, in pra­tica, gli Stati Uniti sono in guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein. Le ostilità comin­ciarono nella lontana estate del 1990, quan­do il dittatore iracheno diede ordine alle sue truppe d'invadere il confmante e ricco Ku­wait. La risposta degli Stati Uniti non si fece attendere: la guerra del Golfo fu rapida e ri­solutiva, tanto da costringere il dittatore ira­cheno a lasciare il Kuwait che così riottenne la propria indipendenza. Fu una guerra san­guinosa, che costò oltre centomila morti al­l'Iraq, ma che non fu portata fino al punto di far cadere il regime di Saddam Hussein.

La permanenza del dittatore iracheno al potere produsse tuttavia uno stato di conflit­tualità, destabilizzando la regione del Golfo che, non dimentichiamolo, è d'importanza strategica per l'intera economia occidentale per le sue consistenti riserve di petrolio.

La guerra al terrorismo, seguita agli at­tentati alle Twin Towers dell'Il settembre 200 l, aggravò la condizione di conflittualità con l'Iraq di Saddam, sospettato di allestire arsenali di armi di distruzione di massa, so­prattutto chimiche e batterio logiche. La guerra all'Iraq diventò quindi parte inte­grante della più generale guerra al terrori­smo, nel senso che, come già per l' Afghani­stan, anche per l'Iraq l'obiettivo dell'ammi­nistrazione Bush è stato di colpire quei Pae­si che, direttamente o indirettamente, avreb­bero potuto fornire un aiuto ai terroristi.

Dopo l'intervento militare in Afghani­stan, che conseguì il risultato di abbattere il regime teocratico semifeudale dei Talebani, che dava ospitalità e protezione ad alcuni gruppi del terrorismo islamico e che, tra l'altro, teneva le donne in un'odiosa condi­zione di schiavitù, si ebbe così la guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein. Ma, nono­ stante il rovesciamento del dittatore e lo svolgimento delle prime libere elezioni po­litiche, l'Iraq non è ancora tornato alla nor­malità: gli attentati di terroristi kamikaze si alternano ai bombardamenti compiuti dalle forze militari americane occupanti. A farne le spese sono soprattutto le popolazioni ci­vili, già duramente provate da tante soffe­renze, mentre la rete del terrorismo interna­zionale resta integra e continua a minacciare il mondo.

Purtroppo è forte il rischio che la guer­ra al terrorismo, una guerra nuova, combat­tuta contro un nemico invisibile, capace d'infiltrarsi nel cuore di ogni Stato e di go­dere di protezioni e sostegni finanziari im­pensabili, possa destabilizzare non solo il Medio Oriente, ma l'intero quadro interna­zionale.

Gli Stati Uniti, con l'attentato alle Twin Towers, ordito dall'inafferrabileBin Laden, il capo di Al Qaeda, l'organizzazione terro­ristica islamica che ha ramificazioni in mol­ti Paesi e gode di consistenti sostegni finan­ziari, hanno subito un'autentica e terribile aggressione alloro interno e si sentono an­cora minacciati dal terrorismo islamico in­ternazionale.

La lotta al terrorismo richiede unità d'intenti di tutti i governi del mondo, men­tre gli Stati Uniti, per il fatto di costituire il principale bersaglio del terrorismo interna­zionale, credono di poter decidere per tutti. Questa lotta, invece, richiede l'avvio di una saggia politica di cooperazione dei Paesi ricchi con i Paesi poveri, in modo da argina­re la miseria diffusa in tanti Paesi del Terzo Mondo, che costituisce il terreno di coltura di un risentimento antioccidentale, in parti­ colare antiamericano, di cui si alimentano le organizzazioni terroristiche. Ma soprattutto la lotta al terrorismo richiede che s'inter­rompa la spirale di violenza attentati-rap­presaglie e che si affermi realmente la pace come valore assoluto. Il terrorismo è violen­za, guerra, quindi la pace lavora contro il terrorismo; essa è un presupposto indispen­sabile della democrazia e della libertà, ma purtroppo sembra essere ancora un 'utopia.

Infatti anche in questo abbrivio di XXI secolo la ragione delle armi sembra prevale­re sull' arma della ragione: gli attentati terro­ristici alle Torri Gemelle di New York e la guerra a tutto campo al terrorismo mondia­le, con l'intervento militare prima in Mgha­nistan poi in Iraq, hanno tradito le speranze in un mondo finalmente in pace al passaggio di millennio.

Ma non bisogna rassegnarsi all'inevita­bilità della guerra. Non deve essere lasciato nulla d'intentato per fermarla, non bisogna stancarsi d'impegnarsi per la pace. I popoli non vogliono le guerre: lo dimostrano le im­ponenti manifestazioni che hanno riempito di pacifisti le piazze delle grandi città di tut­to il mondo.

Tutte le guerre sono catastrofi del­l'umanità: non si è stancato di ricordarlo papa Giovanni Paolo Il. Anche le tante "guerre dimenticate" che si combattono in Paesi poverissimi dell'Africa (Somalia, Su­dan, Darfur, Sierra Leone, Costa d'Avorio, Liberia) e dell'Asia (India, Pakistan, Sri Lanka, Filippine): sono guerre civili e scon­tri etnico-religiosi di cui si sa poco o niente poiché, ben diversamente dal Medio Orien­te, coinvolgono realtà troppo lontane dagli interessi delle grandi Potenze.





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