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Teorie d’impresa. Tipi di razionalità nell’impresa

economia



Teorie d’impresa.

L’impresa è l’organizzazione economica che, mediante l’impiego di un’insieme indifferenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni e servizi da scambiare con unità esterne.

L’impresa è caratterizzata da un organizzazione interna alla quale fanno capo gli organi di vertice:

-Organi proprietari (Assemblea dei soci)

-Organi di Governo (Presidente del consiglio di amministrazione, amministratore delegato e consiglieri)

-Top Menagement (Al quale fa riferimento il Menagement intermedio e operativo)

Il nostro approccio per arrivare ad una teoria dell’impresa per le discipline manageriali definisce l’impresa come una sintesi dialettica di tre forze: gli Stakeholders con a capo l’imprenditore, l’organizzazione del sistema e l’ambiente esterno; il tutto dal punto di vista del decisore.


Tipi di razionalità nell’impresa



Razionalità Soggettiva: Forma forte di razionalità, si basa sulla massimizzazione del profitto ed implica la conoscenza di tutte le alternative di mercato, ricalca quindi un modello neo-classico di concorrenza perfetta.

Razionalità Limitata: Forma debole di razionalità, adotta una logica soddisfacentista che tiene +conto del costo delle informazioni e che quindi ferma la ricerca quando tale costo diventa insostenibile.

Razionalità Inter-Soggettiva: Forma debole di razionalità in quanto, oltre a prendere in considerazione il costo dell’informazione, presuppone che ci siano più soggetti (Stakeholders) che hanno interessi nei confronti dell’impresa; questi interessi non sempre convergono e spesso non tutti i soggetti possono definirsi propriamente Stakeholders in quanto non hanno tutti un vero e proprio potere decisionale; questo fa si che si formino coalizioni che cercano di far convergere i propri interessi per il bene comune.

Razionalità Sistemica: Forma forte di razionalità che ha come obbiettivo la sopravvivenza del sistema con la costruzione di architetture di routine (=> Operazioni sedimentate che riducono l’incertezza che governa i comportamenti reciproci; con una costellazione di routine si crea un sistema indipendente dalle persone che lavorano nell’impresa e lega tra loro i vari compiti da svolgere) e attraverso la stabilizzazione delle relazioni di potere int 515c23f erne ed esterne con l’obbiettivo di aumentare il controllo dell’ambiente.

Tutto ciò funziona solo se le variabili in gioco sono correlate (Neo-Calssico); inoltre crescendo dimensionalmente la stabilità aumenta e in questo modo cresce il potere sull’ambiente. Il nuovo scopo dunque è la massimizzazione della crescita che può avvenire in 2 modi:

Verticalmente, ricorrendo all’aumento della scala gerarchica

Orizzontalmente, acquisendo sul mercato i concorrenti

Contingency Theory: E’ l’indebolimento della razionalità sistemica in quanto quando l’ambiente è turbolento, un sistema aperto che quindi vive in simbiosi con l’ambiente non può che importare al proprio interno una parte della turbolenza esterna.

Burns & Stalker nel 1961 descrivono 2 sistemi fondamentali:

-Sistema Organico: I compiti sono finalizzati all’efficacia complessiva del sistema e sono scarsamente formalizzati in modo da ottenere una responsabilità diffusa. Siamo in presenza di relazioni orizzontali quindi di un sistema flessibile e adattabile all’ambiente.

-Sistema Meccanico: I compiti sono formalizzati, vi è una scala gerarchica di tipo autoritario di conseguenza il sistema è rigido e scarsamente adattabile all’ambiente.

Lawrence & Lorsch nel 1967 sintetizzano la Contingency Theory in un adattamento puntuale tra organizzazione e ambiente dove il grado di integrazione dev’essere coerente con le richieste dell’ambiente:

-Grado di differenziazione reciproca

-Grado di stabilità/instabilità dell’ambiente complessivo

Razionalità Inter-Sistemica – Teoria dei Costi di Transazione

Transazione => Trasferimento di beni o servizi attraverso un’interfaccia separabile sotto il profilo tecnologico.

L’idea centrale della teoria delle Transazioni di O.E. Williamson (1975 e 1985) è quella di superare la tradizionale contrapposizione tra mercato e gerarchia sostenendo che le organizzazioni rappresentano una struttura di governo delle transizioni alternativa al mercato. Per essere efficace nelle attuali condizioni di complessità l’organizzazione industriale deve necessariamente dar luogo a forme stabili e specializzate di relazioni; la soluzione quindi è di organizzare il mercato da un lato e di decentrare le organizzazioni dall’altro chiamando in causa una forma d’impresa che è tipicamente intersistemica e che può essere descritta come intreccio di transizioni intermedie tra mercato e gerarchia.

Nella teoria delle transizioni si distinguono diversi tipi di costi: Ex Ante,cioè costi di selezione della controparte (Fornitori) quindi costi informativi ed Ex Post, cioè costi di esecuzione dei contratti.

Inoltre rileviamo costi Make cioè costi di produzione, costi di transazione o di coordinamento interno (Gerarchia) e Buy, cioè costi di acquisto e costi di transizione (Mercato)

Razionalità Evolutiva (Potenziale, Morfogenesi): Questo tipo di razionalità non ha una nuova teoria da proporre e tenendo in considerazione le teorie del passato il soggetto cercherà sempre di rompere gli schemi e modificherà le regole costruendo una nuova strategia. Durante i cambiamenti si potranno osservare sistemi nuovi e vecchi che convivono, come nel caso Vapore-Elettricità; così da momenti di turbolenza si passa a momenti di stabilità fino ad un nuovo cambiamento.

Teoria Morfogenetica dell’Impresa: Ha come oggetto la varietà delle forme d’impresa e la loro evoluzione. La nascita di queste forme è comprensibile dalla distinzione fondamentale tra soggetti e sistemi: Il Soggetto è un agente che è dotato di un proprio fine (potenzialmente in contrasto o non pienamente soddisfatto della situazione esistente) e dotato di una propria razionalità nel calcolo dei mezzi efficaci per il raggiungimento del fine (principio del minimo mezzo) mentre il Sistema è una struttura agente che ha come fine l’autoconservazione e la crescita inerziale, è dotato di una logica pseudorazionale, in cui il principio del minimo mezzo vale solo nelle misura in cui esso non richiede cambiamenti di un certo rilievo per la struttura del sistema.

I Soggetti producono per la propria azione sistemi dotati di un propria autonoma legge di funzionamento ed i sistemi producono a loro volta i soggetti condizionandone il comportamento.

Da qui si può estrapolare il concetto di Razionalità Strategica che consiste nella formulazione di obbiettivi (e percorsi per raggiungerli) tali di portare a sintesi le forze e le esigenze che confluiscono sui vari piani; ciò deriva dalla messa in crisi di 2 premesse della teoria classica:

La razionalità delle scelte

La determinatezza degli equilibri di mercato


Esistono due modelli fonda mentali:

Capitalismo Anglosassone – Sistemi market oriented (Nord America/Gran Bretagna): l’influenza maggiore sulle massime decisioni dell’impresa spetta a soggetti che non sono a contatto diretto con la gestione.

Elementi centrali del Sistema Economico: strutture del mercato finanziario e mobiliare (Mercato di Borsa)

Azionisti non coinvolti direttamente nella gestione delle imprese

Proprietà variabile

Non identificazione proprietà manager

Corsi azionari come strumento di valutazione delle performance manageriali

Prevale la Public Company

Consiglio di amministrazione composto da:

Top manager interni

Membri esterni (in rappresentanza del capitale) Ai manager interni spettano di norma la gestione e la rappresentanza, ai membri esterni il controllo

Questi ultimi sono spesso espressione dei grandi investitori istituzionali (fondi pensione, fondi d’investimento, ecc.)

Il vero controllo lo fa il mercato, attraverso le politiche dei dividendi e degli andamenti delle quotazioni nonché attraverso le scalate (take over ostili)

I manager interni dispongono di un grande potere

Solo di recente alcuni azionisti istituzionali si stanno attrezzando per svolgere un ruolo più attivo (es. Banche d’affari, venture capitals, ecc.)

Nella realtà americana gli altri Stakeholders (sindacati, dipendenti, finanziatori, pubblica amministrazione, ecc.) hanno uno scarso potere sulla gestione dell’impresa

Condizioni di Funzionamento:

Mercato borsistico efficiente

Sistemi di tutela effettiva degli azionisti

Ampia distribuzione di utili e continuo ricorso a nuovi aumenti di capitale

Regime fiscale neutrale

Quadro normativo specifico

Funzionamento: Presupposto fondamentale per il funzionamento del modello anglosassone è l’esistenza di un mercato mobiliare trasparente e fortemente liquido che sottopone le imprese ad un continuo monitoraggio, modificando i corsi dei titoli in base alle informazioni sulle performances dell’impresa. Il modello rappresenta una condizione ottimale per la crescita dimensionale, superando i vincoli della disponibilità di risorse della proprietà individuale e familiare. I meccanismi tipici del controllo attraverso il mercato portano tuttavia spesso i manager interni ad esasperare l’attenzione al profitto di breve periodo, sacrificando le strategie aziendali e gli obiettivi di lungo termine. In Gran Bretagna due commissioni di studio (rapporto Cadbury 1992 e rapporto Greenbury

1995) hanno suggerito interessanti modifiche alla Corporate Governance nel R.U., dando più spazio agli amministrativi esterni, imponendo una migliore informazione agli azionisti su tutti gli aspetti gestionali, compresi quelli relativi al funzionamento del consiglio di amministrazione.



Vantaggi: Notevoli possibilità di capitalizzazione, Capacità di suddividere i rischi finanziari tra i portafogli azionari di milioni di individui e di investitori istituzionali, Democratizzazione del sistema economico, Maggiore libertà ed indipendenza del management nello stabilire le strategie, Funzione di traino del mercato azionario, E’ in grado di gestire la complessità e la multidimensionalità.

Svantaggi: Obiettivi divergenti tra azionisti e management, Rischio di take-overs ostili, Attenzione del management ai risultati di breve termine (short termism) che pregiudica ad es. l’innovazione. Possibili soluzioni agli svantaggi: Sistemi di incentivazione al management, Piani di stock option, Supervisione e controllo di consiglieri di amministrazione esterni, Mercato del controllo societario, Effetto disciplinare del management market

Caratteristiche Fondamentali: Grande corporation ad azionariato diffuso (Public Company), Struttura proprietaria frammentata, Attivo mercato dei capitali dove proprietà e diritti di controllo vengono scambiati frequentemente, Tipiche imprese manageriali, Tendenze evolutive: dalla Public Company allo Shareholder Activism.

Capitalismo Renano – Sistemi relationship oriented (Europa Centrosettentrionale e Giappone): l’influenza decisiva sulle massime decisioni dell’impresa spetta a soggetti che conoscono approfonditamente il business.

Modello di economia sociale di mercato

Impresa come struttura relativamente stabile di relazioni sociali

Capitale di rischio stabile

Scarso ruolo del mercato borsistico (inevoluzione)

Il personale “pesa” sulla gestione d’impresa (es. organizzazioni sindacali tedesche o forte commitment giapponese)

Modello collaborativo

Forte struttura di controllo

Consiglio direttivo (Vorstand)

Consiglio di sorveglianza (Aufsichtsrat)

Specificità dei rapporti banca/impresa

Banca universale

Relazione continuativa e articolata di credito e di consulenza (Hausbank)

Le prime 5 banche private (Deutsche, Dresdner,Commerz Bank, Bayerische, Hypobank) controllano direttamente o indirettamente oltre un terzo delle società quotate ed hanno un peso rilevante in molte altre.

Scarsa o inesistente possibilità di take over ostili

Mercato azionario poco sviluppato

Possibili collusioni tra manager interni e rappresentanti delle banche

Debolezza delle norme antitrust

La cogestione nel comitato di sorveglianza aumenta le inerzie delle imprese

Capitalismo Italiano Peso elevato delle PMI sul PIL Family business: modello a gestione familiare, imprenditore come proprietario e dirigente, presenza di ruoli manageriali solo oltre certe soglie dimensionali Grandi imprese con proprietà concentrata a prevalente controllo familiare (controllo attraverso gruppi piramidali) Forte presenza dello Stato o degli Enti Locali Sostanziale assenza di Public Company di tipo anglosassone Il sistema bancario non partecipa direttamente al controllo delle imprese

Struttura proprietaria: Forte peso della famiglia e di imprenditori individuali nella proprietà di imprese industriali (circa 2/3), Correlazione positiva fra concentrazione proprietaria e dimensioni d’impresa (“effetto gruppo”)

Separazione tra proprietà e controllo: Fenomeno correlato positivamente al grado di dispersione azionaria. La forte presenza di gruppi d’impresa nella struttura proprietaria aumenta il grado di concentrazione proprietaria. Nelle PMI esiste forte sovrapposizione tra proprietà e controllo (controllo assoluto o familiare)

Nelle grandi imprese la separazione tra proprietà e controllo viene sostanzialmente conseguita ricorrendo alla forma di gruppo. La tutela è conseguita attraverso strumenti atti a produrre fiducia tra i proprietari non controllanti e soggetto controllante.

Il modello francese: Elevata presenza di imprese pubbliche nella struttura produttiva, Diffusione del modello organizzativo piramidale nelle imprese private, Bassa presenza di imprese con azionariato diffuso e controllo manageriale, Ruolo limitato del mercato azionario.Forte controllo pubblico (per via indiretta più che per via diretta), Presenza di regimi autorizzatori, Possibilità di modificare il rapporto fra diritti patrimoniali e diritti di voto nelle assemblee (es. Forme di “golden share”), Ruolo della tecnostruttura (modello ENA). Non esiste una tradizione di relational banking, Complesso sistema di partecipazioni incrociate su base familiare o di coalizione (verrouillage), I piccoli azionisti assumono un ruolo residuale nel sistema di governo.

Il modello Giapponese: Modello collaborativo, Diffusione storica di modelli di tipo relazionale spesso basati su partecipazioni incrociate

Zaibatsu

Main bank

Keiretsu

Oltre il 75% dei principali azionisti delle grandi imprese e’ costituito da istituzioni finanziarie (assicurazioni), Relazioni industriali a bassa conflittualità. Importante ruolo dello Stato:

Ruolo Istituzionale (MITI)

Ruolo fiduciario e collaborativo(Amakudari)

Banche come primaria fonte di finanziamento esterno e di coordinamento delle fasi del ciclo di vita più critiche (main bank)

Come nel modello renano, il ruolo fonda mentale è svolto dalla banca che, insieme a imprese di assicurazione e altre istituzioni detiene il capitale di rischio (tramite una serie di incroci azionari),Il Consiglio di amministrazione è formato prevalentemente da dirigenti interni, con un presidente spesso dotato di rilevanti poteri. Ad essi si affiancano i rappresentanti delle banche e dei partner d’affari dell’impresa, Al Collegio sindacale è delegato il controllo sull’operato del Consiglio di amministrazione e quindi del management.

Grande crisi finanziaria durante gli anni novanta (fallimenti,acquisizioni), Calo dei prezzi e del valore dei titoli, Assenza di volontà di investire: ricerca di una centralità del mercato azionario, riduzione del sistema delle partecipazioni incrociate

La Catena del Valore è un modo per descrivere l’intreccio di relazioni competitive e cooperative che si addensano intorno ad una specifica impresa. La catena del valore può essere interna, cioè comprendere l’insieme delle attività elementari di cui l’impresa ha un controllo diretto ed esterna, cioè comprende le imprese fornitrici ed i clienti con cui l’impresa viene e contatto (Sistema del valore). La catena interna del valore è formata nella parte bassa dalle attività primarie che sono impegnate nella creazione fisica del prodotto, nella sua vendita nel suo trasferimento al compratore nonché nell’assistenza post-vendita: Logistica in entrata, Attività operative, Logistica in uscita, Marketing e vendite, Servizi. Nella parte alta invece troviamo le attività di supporto estese a tutta l’azienda: Attività Infrastrutturali, Gestione delle risorse umane, Sviluppo della tecnologia, Approvvigionamento.

La Creazione del valore economico richiede il coordinamento ed il concorso di tutte le unità della catena in quanto esse producono un vantaggio competitivo proprio in funzione della loro complementarietà. L’impresa può migliorare le proprie prestazioni competitive proprio selezionando un’appropriata composizione della catena, stabilendo forme efficaci di coordinamento tra le unità elementari e gestendole al meglio; la catena del valore ottimale è il risultato delle strategie prescelte dalle imprese presenti nella catena.

La Catena del Valore, disaggregando un’azienda nelle sue diverse attività è un mezzo per diagnosticare il vantaggio competitivo ed individuare l’andamento dei costi e le fonti di differenziazione.






L’ambiente economico e il modello di Porter

L’impresa, in quanto operatore concorrenziale, opera prima di tutto in un ambiente competitivo: pone le sue strutture e le sue strategie in relazione immediata con le strutture e le strategie delle imprese concorrenti poiché è attraverso il confronto competitivo che esse generano un loro valore economico.

Il modello delle 5 forze che Porter propone per chiarire l’ambito in cui agisce la concorrenza è una rappresentazione che identifica più imprese che in uno specifico segmento di mercato possono essere considerate Competitors.

-I concorrenti effettivi sono le imprese che offrono sullo stesso mercato un’alternativa allo stesso prodotto/servizio

-I fornitori a monte e i clienti a valle possono diventare concorrenti effettivi mettendo in atto strategie di Integrazione Verticale delle attuali attività

-I concorrenti potenziali sono operatori che non operano attualmente nello stesso settore ma che grazie alle tecnologie a loro disposizione e ai loro canali distributivi potrebbero accedervi facilmente.

-I prodotti sostitutivi non hanno nessuna relazione diretta con l’impresa ma entrano in contatto diretto con i suoi consumatori finali.

Rivalità tra le imprese esistenti: Concentrazione, Differenziazione del prodotto, Capacità in eccesso, Rapporto costi fissi - costi variabili.

Minacce di nuove entrate: Economie di scala, Vantaggi di costo assoluto, Fabbisogno di capitale, Differenziazione del prodotto, Canali di accesso alla distribuzione, Barriere governative e legali, Rappresaglia tra i produttori consolidati.

Minaccia di prodotti o servizi sostitutivi: Propensione degli acquirenti nei confronti di prodotti sostitutivi, Caratteristiche andamento dei prezzi dei prodotti sostitutivi.

Potere contrattuale fornitori/clienti: Sensibilità al prezzo Costo degli acquisti rispetto ai costi totali, Differenziazione del prodotto, Concorrenza, Importanza del prodotto sulla qualità dell’offerta -

Potere contrattuale: Dimensioni e concentrazione degli acquirenti rispetto ai fornitori, Costi di spostamento per gli acquirenti, Capacità degli acquirenti di integrazione a monte, Informazione.

Economie e costi La riduzione dei costi di produzione può essere legate a:

– economie di scala (tecnologiche e gestionali)

– economie di scopo

– economie di esperienza

Il conseguimento di queste economie può essere una delle motivazioni della la crescita dimensionale dell’impresa.

Economie di scala: Si hanno economie di scala quando il costo medio unitario di produzione diminuisce all’aumentare della capacità produttiva dell’unità considerata (impianto, stabilimento, organizzazione) fino alla dimensione ottima minima (DOM) o alla dimensione minima efficiente. Se il riferimento è la produzione in senso stretto (impianto), parliamo di economie di scala tecnologiche, ma il concetto può essere esteso all’intera gestione aziendale.

Lungo periodo e breve periodo: La curva delle economie di scala è una curva di lungo periodo data dall’inviluppo delle curve di breve. La curva di lungo periodo rappresenta i costi riferiti a un periodo in cui l’impresa può scegliere la propria capacità produttiva ovvero variarla adottando un certo impianto. Le curve di breve periodo rappresentano l’andamento dei costi medi unitari in un periodo in cui l’impianto, e quindi la capacità produttiva dell’impresa, è dato. L’impresa può solo variare le quantità prodotte.

Economie di saturazione: Diverse dall’economie di Scala: i costi medi unitari diminuiscono nel breve termine all’aumentare delle quantità prodotte perché i costi fissi si ripartiscono su una quantità maggiore di unità prodotte.

DOM – Dimensione ottima minima Dimensione minima di impianto con il livello minimo di cmu, oltre la quale la curva diventa orizzontale o assume una forma a U (diseconomie di scala = Oltre un certo livello di capacità produttiva un ulteriore crescita dimensionale dell’impresa può produrre inefficienza date, per esempio, dall’eccessiva complessità di gestione o da minore flessibilità).

DME - Dimensione minima efficiente Oltre questo punto l’elasticità dei costi all’aumento della scala produttiva è molto bassa; la curva dei costi decresce lentamente per cui si possono ottenere minimi guadagni in termini di efficienza con elevati incrementi di volume produttivo.

All’origine delle economie di scala Imperfetta frazionabilità delle risorse, Relazioni tecniche input/output, Rapporti area/volume,Prodotti a fecondità ripetuta, Legge dei grandi numeri, Divisione del lavoro/specializzazione, Vantaggi sull’acquisto degli input.

Economie di gestione Costituiscono la riduzione del costo medio di produzione unitario complessivo che un’impresa di grandi dimensioni può conseguire, in aggiunta alle economie di scala tecnologiche, quando può ottenere vantaggi dati da un migliore utilizzo delle risorse gestionali.

Economie di scala tecnologiche e gestionali: Le economie di scala tecnologiche portano alla definizione dell’impianto “ottimo”; Le economie di scala gestionali indicano la dimensione d’impresa alla quale produrre con la massima efficienza tenendo conto anche dei costi di gestione; Se Economie di gestione > Economie tecnologiche può essere opportuno moltiplicare gli impianti ottimi fino a raggiungere la DOM complessiva d’impresa.

Economie di scala e vantaggio competitivo: Le economie di scala 1. sono fondamentali per un vantaggio competitivo orientato a una leadership di costo 2. sono alla base della concentrazione del settore 3. sono una delle determinanti delle barriere all’entrata.

Economie di scopo: Se si considera la produzione congiunta di due beni o servizi x1e x2 e la relativa funzione di costo C (x1 , x2 ), ci sono economie di scopo quando il costo totale di produzione congiunta dei due beni è minore della somma dei costi delle produzioni separate, ovvero quando: C (x 1 , x 2) < C (x 1 ) + C (x 2 )

L’origine delle economie di scopo: La produzione congiunta di due beni consente un utilizzo completo di risorse che rimarrebbero sotto-utilizzate in caso di produzioni separate (vedi saturazione degli impianti o del management), La conoscenza e l’esperienza acquisita da un’impresa in un certo prodotto possono essere utilizzate vantaggiosamente per la produzione di altri prodotti, In genere le economie di scopo si hanno quando è possibile sfruttare sinergie.

Economie di esperienza Si conseguono economie di esperienza (o economie di scala dinamiche) quando il costo medio unitario di produzione diminuisce con il protrarsi dell’attività produttiva a seguito della capacità dell’impresa di apportare miglioramenti alle prestazioni del lavoro e delle macchine, Possono essere riferite all’impresa o alle singole attività della catena del valore, Il vantaggio competitivo apportato dalle economie di scala statiche e dinamiche si traduce nel conseguimento di un margine di profitto più elevato (minori costi unitari) a fronte di un aumento del volume realizzato. L’esistenza di una curva di esperienza implica che i costi medi unitari di realizzazione di una attività produttiva avente natura replicativa decrescano all’aumentare dell’esperienza dell’impresa. L’esperienza (con il conseguente apprendimento) viene in genere espressa attraverso il volume cumulato di produzione. In un settore caratterizzato da notevoli economie di scala statiche e dinamiche, assume notevole rilevanza la quota di mercato (una quota di mercato elevata consente volumi cumulati maggiori).

La curva di esperienza è stata elaborata dalla Boston Consulting Group a seguito di numerose osservazioni e misurazioni in diversi settori (dall’elettrodomestico alle assicurazioni) e serve a spiegare i vantaggi di costo all’aumentare della produzione. Può essere rappresentata in forma algebrica: Cn = C1 n – k 

Cn = costo della n-esima unità prodotta

C1 = costo della prima unità prodotta

n = produzione cumulata

k = elasticità dei costi unitari in

relazione al volume cumulato

Se l’elasticità dei costi rispetto alla produzione cumulata (k) è una costante, si produce una relazione fra esperienza e riduzione dei costi tale per cui un raddoppio della produzione determina una riduzione percentuale costante nei costi unitari par a (2-k -1)%. L’entità dell’effetto esperienza si valuta in genere in base alla riduzione % dei costi al raddoppio della produzione.

Osservazioni sulle economie di esperienza: Le curve di esperienza fanno riferimento all’esperienza intesa come produzione cumulata e non al tempo: l’esperienza infatti viene capitalizzata molto in fasi di crescita rapida e nelle fasi iniziali del ciclo di vita del prodotto e meno in fasi di produzione assestata. La scelta della produzione cumulata quale indicatore è criticabile perché:



– a parità di esperienza cumulata due imprese possono sviluppare esperienza qualitativamente diverse e disporre anche di capacità diverse di sfruttamento dell’esperienza

– il vantaggio competitivo deriva dall’apprendimento, concetto più complesso dell’esperienza da produzione

– la riduzione dei costi non è automatica: le imprese devono voler apprendere (un aumento della quota di mercato non provoca immediati effetti sui costi)

– gli stessi miglioramenti (più qualità, riduzione sprechi...) si possono ottenere facendo investimenti,

senza aumentare la produzione.



L’analisi del settore per i decisori aziendali: Al di là del modello di Porter di concorrenza in senso allargato vi sono degli elementi del concetto di settore utili per il decisore d’impresa; Ricordiamo che la def. di impresa implica la relazione impresa-ambiente, tale ambiente è anche e soprattutto ambiente settoriale.

Il settore, definizione: Il luogo economico in cui si realizza il confronto concorrenziale tra imprese.

Modelli di mercato per l’analisi settoriale: Concorrenza perfetta; Mercato oligopolistico;  Concorrenza monopolistica (Chamberlin 1933).

Analisi dell’offerta Identificazione dei confini del settore; Le barriere all’entrata; La differenziazione; La concentrazione; L’integrazione verticale; Diversificazione.

I confini del settore: Identificare in confini del settore cioè l’identificazione delle imprese e degli acquirenti che, in un certo momento storico, compongono l’offerta e la domanda del mercato; Nel modello classico tali differenze non esistono invece le differenze tra settori esistono e sono relative a: Differenze nelle caratteristiche dei prodotti offerti dalle imprese (confini settoriali e differenziazione); Differenze nella mobilità del capitale tra settori (barriere all’entrata); Differenze nel controllo di risorse strategiche del mercato (concentrazione); Differenze nella dimensione (economie di scala); Differenze nella lunghezza del ciclo produttivo (integrazione verticale e decentramento); Differenza nell’ampiezza della gamma dei prodotti dell’impresa (diversificazione).

L’elasticità incrociata = indice per misurare quanto la domanda di un prodotto sia sensibile alle variazioni di prezzo di un altro prodotto suo potenziale sostituto. Tanto più alta è la sostituibilità tra due prodotti, tanto più il corrispondente valore dell’elasticità incrociata risulta elevato.)

La formula: € = (Delta Qa/Qa)/(Delta Pb/Pb) => € = (Delta Qa/Qa)(Pb/Delta Pb

Delta Qa = Variazione della quantità domandata del prodotto “a” a seguito di una variazione Delta Pb nel prezzo del prodotto “b”.

Omogeneità significative nell’identificazione dei confini del settore Nel genere di bisogno soddisfatto dai prodotti; Nella tecnologia utilizzata nella produzione; Nei materiali impiegati; Nella struttura di commercializzazione; ecc..

Barriere all’entrata:Le barriere all’entrata sono tanto più alte tanto maggiori sono i costi addizionali che i potenziali nuovi entranti dovranno sostenere rispetto ai costi delle imprese anziane (presenti nel settore).

Fattori determinanti il sorgere di barriere all’entrata: Economie di scala (Economie di scala tecnologiche, Economie di scala gestionali); Economie di apprendimento (Si esprimono attraverso una vera e propria relazione funzionale tra la frequenza cumulata dell’operazione e il costo sostenuto per svolgerla); Complessità tecnologica del processo produttivo; Disponibilità di strutture commerciali; Scope economie.

Barriere all’entrata negative: Si generano in presenza di forti trasformazioni nella struttura interna del settore e ostacolano la sopravvivenza e lo sviluppo delle imprese anziane.

La concentrazione: Indica il diverso grado di influenza di cui dispongono le imprese nei confronti della domanda. Un settore è tanto più concentrato quanto maggiore è il potere di mercato esercitabile dalle imprese che vi operano o da una parte di esse.

Indicatore di potere di mercato da parte di alcune imprese; Due estremi di un continum: concorrenza perfetta-monopolio; Nella realtà è uno spazio pluridimensionale perché sono presenti livelli di concentrazione diversi per elementi strutturali diversi del settore; Importante è la concentrazione della variabile (risorsa) considerata strategica per il vantaggio competitivo nel settore.

Indici di misurazione della concentrazione: Concentration ratio; Indice di Herfindel-Hirshman; Indice di Entropia; Indice di Gini.


L’indice di Gini: E’ dato dal rapporto fra l’area racchiusa tra la retta di equidistribuzione e la curva di Lorenz e l’area racchiusa tra la retta di equidistribuzione e gli assi cartesiani.

Cautele nel calcolo degli indici di concentrazione: Quanto più un settore presenta una struttura differenziata al proprio interno tanto più numerosi risultano i parametri da considerare ai fini di una valutazione della capacità di influenza oligopolistica delle imprese.

La differenziazione del prodotto: Singola offerta = combinazione di prestazioni specifiche rivolta a definite quote di domanda (segmenti)

Perché si differenzia? Incrementare la distanza percepita dalla domanda tra la nostra offerta e quella dei concorrenti o per ridurre la competizione basata sul prezzo; Nei diversi segmenti le imprese possono avere potere diverso.

Condizioni necessarie perché le imprese differenzino i prodotti: I segmenti di interesse delle diverse

imprese sono sufficientemente numerosi in termini di clientela, da assicurare una situazione di equilibrio economico alle imprese. Nessuno dei due produttori è in grado di aggiungere alla propria produzione un prodotto uguale a quello del concorrente sostenendo un costo di produzione inferiore

La diversificazione: Ha come oggetto l’impresa. Un’impresa che diversifica sta ampliando il proprio campo di azione inserendosi in nuovi mercati.

Integrazione verticale: Per filiera tecnologico-produttiva si intende l’insieme delle lavorazioni che devono essere effettuate in cascata per passare da un certo ventaglio di materiali grezzi a un prodotto finito (Volpato 1986). Un’impresa si trova collocata all’interno di una o più filiere nella quale può svolgere un numero più o meno elevato di operazioni in cascata.

Strategie Base:
















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