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RIASSUMENDO, RIASSUMENDO

economia



P= EP*    legge del prezzo unico in termini assoluti

e= EP*/ P = 1


legge prezzo unico in termini relativi e proporzionali:


Pt - Pt-1 = circa Et - Et-1 + P*t - P*t-1

Pt-1 Et-1 P*t-1


Vale a dire che il tasso di inflazione del paese interno è approssimativamente uguale al tasso di svalutazione della valuta nazionale nei confronto della valuta estera più il tasso di inflazione del paese estero corrispondente.




La ricchezza (W) di una famiglia così come la ricchezza di una nazione può essere uguale a tre tipi di attività: una attività fruttifera di tassi di interesse della moneta (M) e 2 attività fruttifere di tassi di interesse da attività finanziarie nazionali (B) e attività finanziarie estere (B*):


W= M + B + B*


Il problema della famiglia e del paese è prima scegliere qual è il livello ottimo di ricchezza e poi come allocare questa ricchezza tra le diverse attività. In particolare la condizione che individua una condizione di e 525e48f quilibrio, (cioè la condizione che se verificata determina una composizione ottima del portafoglio e quindi evita che ci siano ulteriori flussi e deflussi di capitale per acquisire attività finanziarie), è data dalla cosiddetta condizione di parità dei tassi di interesse.

Questa condizione ci dice che il tasso di interesse interno è uguale al tasso di interesse esterno più il tasso di svalutazione della valuta nazionale nei confronti della valuta estera:


i = i* + Et - Et-1

Et-1


Il tasso di cambio (E) è stato definito come unità di valuta nazionale necessaria per acquistare un unità di valuta estera e quindi un aumento del tasso di cambio determina una svalutazione o un deprezzamento

del tasso di cambio.



Il libro di testo fa una distinzione: si parla di svalutazione quando il cambiamento della parità valutaria è un deciso amministrativamente dalle autorità di politica economica, mentre di parla di deprezzamento o di apprezzamento quando la variazione della parità valutaria dipende dalle forze di mercato e quindi dall'equilibrio tra domanda e offerta di valuta estera sui mercati delle valute internazionali.

Abbiamo definito l'equilibrio sul mercato valutario e abbiamo detto che la domanda di moneta è una certa funzione del valore monetario della produzione e della velocità di circolazione della moneta che in qualche modo dipende dal tasso di interesse.

Imponendo la condizione di equilibrio, lo stock di moneta in circolazione è uguale a domanda di moneta:


MD = PQ

v(i)

Questo possiamo anche scriverlo come:


Mv(i) = PQ


se vale la condizione di equilibrio sui mercato internazionali per cui la per cui il tasso di interesse interno è uguale al tasso di interesse internazionale e se vale la legge del prezzo unico, questa condizione di equilibrio possiamo scriverla come:


Mv(i*) = EP*Q


Sostituendo al tasso di interesse interno (i) il tasso di interesse internazionale (i*) e poi data la legge del prezzo unico si sostituisce il livello dei prezzi interni (P) con il livello dei prezzi esteri.

Questa ancora una volta è la relazione di equilibrio sul mercato della moneta e si può interpretare in due modi equivalenti:


a) M = P*Q E

v(i*)


b) E = v(i*) M

P*Q


Queste due relazione evidenziano il legame tra tasso di cambio (E) e stock di moneta in circolazione (M).




Quale delle due relazioni descrive la relazione tra E e M?

Dipende dal regime di cambio che prevale. Se ci troviamo in un sistema di cambi fissi e le banche centrali devono garantire il rispetto di questa parità valutaria, quindi il tasso di cambio è per le autorità di politica monetaria di qualsiasi paese una grandezza esogena, in qualche modo c'è una trattativa politica tra paesi che ha stabilito una certa parità valutaria, una volta che la trattativa politica è stata conclusa ed è stato firmato questo atto amministrativo che ha stabilito la parità valutaria della valute, le banche centrali insieme con le autorità di politica monetaria del paese si impegnano nel rispetto di questa parità.

Il rispetto di una parità valutaria implica che lo stock di moneta in circolazione si deve adeguare a seconda delle necessità del tasso di cambio.

RIASSUMENDO Quindi in un sistema di cambi fissi il tasso di cambio è una grandezza esogena e lo stock di moneta in circolazione è una grandezza endogena, la banca centrale si dichiarerà disposta a creare o a distruggere moneta nella quantità necessaria a garantire il rispetto della parità valutaria.

Perché questo accade? Ovviamente se l'autorità di politica monetaria deve difendere la parità valutaria è costretta ad intervenire sul mercato delle valute estere; se c'è un eccesso di offerta di valuta estera l'autorità di politica monetaria deve effettuare una domanda di valuta estera e viceversa, se c'è un eccesso di domanda l'autorità di politica monetaria si deve presentare come offerente di valuta estera.

Ogni qualvolta la banca centrale opera sul mercato delle valute estere questo si riflette in mutamento della base monetaria.


In cambi flessibili la banca centrale non è più vincolata al rispetto della parità valutaria: in questo caso il tasso di cambio diventa una grandezza endogena e l'autorità di politica monetaria ha obiettivi in termini di stock di moneta in circolazione.

Quindi in un regime di cambi flessibili la banca centrale può decidere qual' è lo stock di moneta in circolazione se è pronta a che il tasso di cambio si equilibri liberamente.

In un sistema di cambi fissi, il rispetto della parità valutaria implica che lo stock di moneta in circolazione non è più autonomamente determinato dalla banca centrale.

Questo significa che il regime di cambi determina il numero degli strumenti di politica economica a disposizione dell'autorità di governo.

Siamo sempre abituati a pensare che l'autorità di politica economica può far variare il livello dell'occupazione e della produzione di equilibrio intervenendo con due strumenti classici: politica fiscale e politica monetaria.


Ciò che stiamo ora dicendo è attenzione perché uno di questi due strumenti può non essere efficace , può addirittura non essere utilizzato dalla banca centrale, se il regime di cambi è ad esempio un regime di cambi fissi.

Chiarito questo duplice legame causale tra M e E, passiamo a una analisi più dettagliata dei problemi di politica monetaria che si presentano in questo quadro.

Supponiamo che l'intervento della banca centrale rappresenti una operazione sul mercato aperto di acquisto di titoli del settore pubblico, quindi cambia la disponibilità di titoli del debito pubblico in possesso della banca centrale.

La banca centrale interviene sul mercato secondario dei titoli del debito pubblico acquistando titoli del debito pubblico, questo determina creazione di base monetaria:


Dtg,cb -- Dt-1g,cb = BMt - BMt-1


Le conseguenze della creazione di base monetaria sono che ora il portafoglio delle famiglie è squilibrato rispetto alla posizione di partenza, nel senso che aumenta la moneta nel portafoglio delle famiglie.

La banca centrale per operare questo acquisto di debito pubblico sul mercato secondario convince le famiglie a cedere debito pubblico.

Quale sarà la reazione delle famiglie di fronte a questo squilibrio di portafoglio? Le famiglie cercheranno di riequilibrare il loro portafoglio modificando la disponibilità delle attività finanziarie, e in particolare cercheranno di usare parte di questo eccesso di moneta che si trova nei loro portafogli per acquistare le attività finanziarie estere e nazionali.

Supponiamo per esempio che a seguito di questa operazione di acquisto di titoli nazionali ci sia un aumento del prezzo dei titoli nazionali.

L'operazione sul mercato aperto (OMO) ha come conseguenza un aumento del prezzo dei titoli nazionali (PB), sappiamo che tra prezzo e rendimento (i) di un titolo c'è una operazione inversa e quindi se aumenta il prezzo del titolo diminuisce il tasso di interesse sui titoli nazionali (i); ma a parità di ogni altra condizione questo fa si che il tasso di interesse interno (i) è inferiore al tasso di interesse internazionale (i*) e quindi le attività finanziarie denominate in valuta nazionale (PB) siano meno redditizie delle le attività finanziarie denominate in valuta estera, quindi aumenta la domanda di attività finanziarie estere , aumenta il prezzo dei titoli esteri (PB*) e ciò


comporta una diminuzione del tasso di interesse sulle attività finanziarie denominate in valuta estera (i*) fino a che non si ritorna in una posizione di equilibrio dei rendimenti delle attività finanziarie e fino a che non si rispetti nuovamente la condizione di parità dei tassi di interesse; cioè:


OMO :  PB ; i i<i* PB* ; i*.


Questo è il meccanismo attraverso il quale un operazione sul mercato aperto che produce un variazione di base monetaria e quindi uno squilibrio nel portafoglio delle famiglie si riflette sul prezzo delle attività finanziarie denominate in valutata nazionale e in valuta estera.

Quando i residenti nazionali, constatato che le attività finanziarie hanno un diverso rendimento a seconda che sono denominate in valuta nazionale o in valuta estera, cercano di acquistare attività che rendano di più che sono quelle denominate in valuta estera, che cosa fanno?

Un italiano per acquistare un titolo di stato USA si deve presentarsi sul mercato delle valute , vendere lire e acquistare dollari, perché solo con i dollari può acquistare un titolo di Stato emesso dal governo americano.

Quindi il tentativo di sfruttare questa differenza di rendimento per acquistare i titoli americani che ora sono più redditizi, determina sul mercato delle valute un eccesso di offerta di valuta nazionale, che a sua volta porta ad un potenziale aumento del tasso di cambio, cioè un potenziale deprezzamento del tasso di cambio.


BMt - BMt-1 è l'eccesso di offerta di moneta.


RIASSUMENDO: Un intervento della banca centrale e un intervento di politica economica, l'operazione sul mercato aperto di acquisto di titoli pubblici contro le azioni di base monetaria ha prodotto molte conseguenze.

Una conseguenza principale è che ha squilibrato il portafoglio delle famiglie e le famiglie per recuperare l'equilibrio della composizione del loro portafoglio acquistano e vendono attività nazionali ed estere, in particolare a seguito di una operazione sul mercato aperto e acquisto di titoli del debito pubblico quello che è da evidenziare è tentativo di acquistare attività nazionali ed estere.

Ma questo tentativo determina un potenziale deprezzamento del tasso di cambio.

Che conseguenze si hanno dopo che si è manifestato questo deprezzamento? Dipende dal regime di tasso di cambio che prevale.

Perché se ci troviamo in un regime di cambi fissi, la banca centrale se vuole ancora godere del rispetto della comunità internazionale, si deve impegnare a difendere la parità, quindi osserva che c'è questo potenziale deprezzamento della lira nei confronti del dollaro e interviene sul mercato delle valute internazionali per contrastare questo potenziale deprezzamento.

Come fa a contrastare questo deprezzamento? Siccome il deprezzamento è stato causato da un eccesso di offerta di lire effettuate da persone che cercavano di acquistare dollari per poi comprare attività finanziarie denominate in dollari, la banca centrale deve intervenire con una operazione di segno opposto, nel senso che se tutti vogliono vendere lire e acquistare dollari la banca centrale deve intervenire vendendo dollari e acquistando lire.

Se la banca centrale vende valuta estera e acquista valuta nazionale contrae lo stock di moneta in circolazione perché sottrae moneta dalla circolazione, la riacquista e proprio questa operazione di riacquisto consente alla banca centrale di vendere valuta estera.

Man mano che la banca centrale interviene acquistando valuta nazionale e quindi facendo contrarre la base monetaria, si riduce l'eccesso di offerta di moneta che aveva determinato l'iniziale squilibrio nella composizione dei portafogli; e viene meno anche la tendenza al deprezzamento della valuta.

La conseguenza di tutto ciò è che a seguito di un intervento della banca centrale la parità valutaria non cambia, lo stock di moneta ritorna al punto di prima, però la banca centrale ha impiegato riserve valutarie per la difesa della parità valutaria, quindi la banca centrale ha perso riserve valutarie.

Abbiamo avuto la conferma che se il regime prevalente è quello di cambi fissi, lo stock di moneta in circolazione non è sotto il diretto controllo dell'autorità di politica monetaria.

RIASSUMENDO: L'autorità di politica monetaria voleva aumentare lo stock di moneta in circolazione, ma questo ha determinato uno squilibrio nel portafoglio delle famiglie e un potenziale deprezzamento del tasso di cambio e per contrastare questo potenziale deprezzamento la banca centrale è stata costretta a ripudiare il suo obiettivo, infatti lo stock di moneta in circolazione dopo l'intervento della banca centrale sul mercato delle valute è ritornato al livello precedente, l'unica differenza è che nel bilancio della banca centrale c'è ora una quota inferiore di riserve valutarie perché la banca centrale ha dovuto impiegare riserve valutarie per difendere la parità

Quindi se ci sono cambi fissi perfetta mobilità dei capitali la conseguenza è che lo stock di moneta è una grandezza assolutamente esogena.

Che cosa accade quando si manifesta questo potenziale deprezzamento in un regime di cambi flessibili ?

In un regime di cambi flessibili la banca centrale non è più costretta ad intervenire per difendere la parità nel senso che si dichiara disposta ad accettare qualsiasi parità il mercato decida debba esistere tra valuta nazionale e valuta estera.



Il deprezzamento che effettivamente si verifica, comporta che per rispettare la legge del prezzo unico, in presenza di un aumento del tasso di cambio (E) , se il livello dei prezzi negli altri paesi resta uguale (P*), determina una spinta all'inflazione nel paese nazionale.


P= EP*


Quindi il deprezzamento della valuta nazionale nei confronti delle altre valute riduce l'efficacia della legge del prezzo unico nel determinare un contenimento al processo inflazionistico interno.

Se vale la legge del prezzo unico le imprese nazionali non sono libere di fissare il livello del prezzo, devono tener conto del tasso di cambio e del prezzo del corrispondente bene venduto negli altri paesi.

ESEMPIO:

Supponiamo che benetton decida un aumento del prezzo dei suoi maglioni in Italia e che ci sia un produttore in Inghilterra che produce gli stessi maglioni di benetton con le stesse caratteristiche ma, invece di chiamarsi benetton si chiama maletton. Un aumento del prezzo dei maglioni di benetton in Italia rende i maglioni di benetton meno competitivi sui mercati internazionali a parità di ogni altra condizione. Però se maletton non aumenta il prezzo dei suoi prodotti e contemporaneamente si svaluta la lira rispetto alla sterlina, allora benetton ha spazio per aumentare il livello dei prezzi.

Se benetton non aumentasse il livello dei prezzi, allora benetton potrebbe conseguire un aumento dei volumi di produzione perché tutti gli inglesi comprerebbero i sui maglioni .

Ma supponendo che benetton voglia semplicemente aumentare i profitti e non il livello della produzione, l'aumento del tasso di cambio consente di aumentare il livello dei prezzi, questo determina inflazione nel paese che sperimenta la svalutazione.


Come si recupera l'equilibrio in questo caso? In questo caso abbiamo che l'aumento del prezzo e un aumento dello stock di moneta in circolazione fa sì che in termini reali lo stock di moneta in circolazione non cambi(M/P).


M


(M/P)

P


Ciò che è esogeno in questo sistema è lo stock di moneta reale.

Lo stock di moneta nominale è aumentato a seguito dell'operazione del mercato aperto però la svalutazione ha fatto aumentare i prezzi e quindi il rapporto (M/P) è rimasto costante e la banca centrale controlla lo stock di moneta di reale.




Sul libro di testo ci sono alcune riflessioni su come queste questioni della possibilità di condurre una politica monetaria sia condizionata dal tipo di regime di cambio che prevale. C'è per esempio tutta una questione sul Gold Standard che è un regime di cambio che ha avuto un lungo periodo esistenza dall'800 fino agli inizi del 900. Cioè un sistema di cambio in cui la parità delle valute internazionali era fissata nei confronto di un numerario comune: l'oro.

Questo storicamente ha avuto origine dal fatto che le monete agli inizi della loro circolazione venivano coniate in materiali preziosi e quindi se c'era un ducato d'oro, questo valeva esattamente l'ammontare di oro di cui era costituito. Poi come spesso accade, si cominciò a lesinare sull'oro che si metteva nelle monete e la moneta diventò ben presto una moneta fiduciaria; ciò c'era il signorotto oppure il governo che emetteva moneta e chi accettava questa moneta la accettava in quanto si fidava del fatto che o il signorotto o il governo, nel caso ci fosse stato bisogno, sarebbe stato disposto a convertire quella moneta in materiale prezioso.

Sull'onda di questa esperienza storica, la parità di valuta per un lunghissimo periodo fu determinata nei confronti dell'oro.

Il funzionamento di questo sistema di ambito non si discosta molto da quello che abbiamo detto ora riguardo le conseguenze di una politica monetaria espansiva condotta attraverso un operazione sul mercato aperto di segno positivo e a regime di cambi flessibili.

Quindi abbiamo comunque un equilibrio di natura reale che si determina , qui per un per variazione del livello dei prezzi e del livello di stock di moneta reale, per un sistema di Gold Standard questo lo si ha attraverso gli afflussi e i deflussi di oro che si determinano a seconda della tendenza che c'è sul tasso di cambio.

Quindi ovviamente in un sistema di Gold Standard quando c'è una tendenza al deprezzamento o all'apprezzamento della valuta si interviene sui mercati dei cambi vendendo o acquistando oro contro acquisto o cessione di valuta nazionale.

Se il sistema di cambio non è definito da un accordo di tipo Gold Standard cioè da un accordo in cui le valute non sono definite nei confronti di un numerario comune che è l'oro, si interviene acquistando e vendendo valuta estera contro valuta nazionale.

Le cose sono leggermente cambiate quando da un sistema di Gold Standard si è passati ad un sistema in cui i paesi della comunità nazionale si accordavano per definire le parità valutarie in termini di un numerario comune che non era più l'oro, ma una valuta emessa da un terzo paese.




Un sistema del genere è altamente squilibrato perché siccome per difendere la parità bisogna intervenire sui mercati dei cambi acquistando e vendendo valuta nazionale contro valuta estera, c'è un paese che è quello che emette un numerario che ha una grande libertà di azione che altri non hanno.

Un sistema così squilibrato fa sì che le decisioni di politica monetaria che si adottano nel paese che emette il numerario si trasmettano, attraverso la variazione dei tassi di cambio, negli altri paesi.

Oggi il sistema di cambi che prevale sulla scena del mercato internazionale è un sistema di cambi flessibili, fatte eccezione per alcune aggregazioni di paesi che hanno rapporti di natura commerciale, e che hanno interesse a definire degli accordi di cambio che non valgono universalmente nei confronti di tutte le valute ma solo nei confronti delle valute dei paesi con cui si hanno rapporti di natura commerciale.

Perché questi paesi hanno questo tipo di interesse?

Ancora una volta dobbiamo invocare la legge del prezzo unico che ci dice che a parità di prezzo nazionale e internazionale le di un paese merci possono essere più competitive di quelle di un altro paese a seconda di quello che è il tasso di cambio.

Per esempio a parità di prezzi in Italia e in Germania, le merci italiane sono più convenienti se l'Italia è disposta a svalutare la moneta, perché un aumento del tasso di cambio lira- marco, determina una minore convenienza delle merci tedesche una volta che queste sono espresse in valuta nazionale in lira italiana.

Allora la politica di svalutazione del tasso di cambio è una politica commerciale attiva ma ritenuta generalmente di concorrenza sleale (in letteratura si dice che questa è la tipica politica di "imbrogliare il mio vicino", io svalutando il tasso di cambio imbroglio il mio vicino che conduce una politica monetaria attenta, sta attento a introdurre tecnologie sempre efficienti ,etc..).

Ci sono anche degli accordi di cambio informali che cercano di prevenire l'insorgere di concorrenza sleale.

Accordi di tipo cooperativi, nel senso che due o più paesi si mettono d'accordano tra di loro per rispettare le parità valutarie tra le proprie monete.

Adesso con la moneta unica europea abbiamo tendenzialmente 1 banca centrale per n paesi e uno stock di moneta deciso da n paesi da un organismo di politica monetaria.

È comunque utile riflettere sugli accordi cooperativi.





L'equilibrio sul mercato valutario possiamo valutarlo in questo modo:


P= E v(i*) M* (1)

Q*


P è il livello dei prezzi interni. Il vantaggio di esprimere tutto in termini del paese estero consiste nel poter ragionevolmente assumere che ciò che accade nel paese estero non lo decidiamo noi, quindi a parità di stock di moneta in circolazione nell'altro paese e di livello di produzione nell'altro paese, se c'è una tendenza al deprezzamento del tasso di cambio quindi se c'è una tendenza all'aumento di E questo si traduce in un aumento di P e quindi in una spinta all'inflazione; mentre se c'è una tendenza all'apprezzamento del tasso di cambio quindi al una diminuzione di E questo si traduce in una diminuzione di P e quindi in una diminuzione di P e quindi in una spinta alla deflazione.

È più semplice tollerare diminuzioni del tasso di cambio perché si traducono in una diminuzione del livello dei prezzi e quindi in processi deflazionistici piuttosto che aumenti di E che portano all'inflazione

Negli ultimi tempi siamo stato abituati a considerare che anche la deflazione può essere pericolosa; in genere però le conseguenze di una inflazione sono di gran lunga più importanti delle conseguenze di una deflazione.


Ragioniamo su che cosa accade se la banca centrale decide la svalutazione del tasso di cambio, vale a dire se c'è un aumento di E:

se c'è un aumento di E e quindi un aumento probabile del tasso di inflazione, c'è un aumento della domanda di moneta cioè delle scorte monetarie nominali (MD); (ricordiamo che la composizione ottimale del portafoglio delle famiglie è espressa in termini reali perché le famiglie sono sempre interessate al potere d'acquisto della ricchezza) lo stock di moneta in circolazione è sempre lo stesso, c'è uno squilibrio tra domanda ed offerta di moneta e in particolare c'è anche uno squilibrio nella composizione del portafoglio perché ora le famiglie sono costrette a domandare più moneta di quanto vorrebbero semplicemente per far fronte all'inflazione. Per acquistare questa moneta le famiglie devono acquistare più moneta per ricostituire le scorte reali L'unica alternativa che hanno le famiglie per ricostituire le scorte monetarie è quella di vendere i titoli esteri ( B*).

Quando vendono titoli esteri le famiglie acquisiscono valuta estera che dopo vendono per acquistare valuta nazionale necessaria per ricostituire le scorte monetarie.


Quindi a seguito di questa cessione di attività finanziarie estere si registra un eccesso di domanda di valuta nazionale sui mercati internazionali e questo determina una tendenza all'apprezzamento del tasso di cambio ( E). Siccome la banca centrale ha manifestato all'inizio l'intenzione di svalutare la moneta nazionale se ora non reagisse a questa tendenza all'apprezzamento si avrebbe un controsenso; allora dobbiamo sempre ragionare dicendo che in conseguenza di questa tendenza al deprezzamento che ha origine sempre dalle scelte di portafoglio delle famiglie , la banca centrale deve contrastare questa tendenza all'apprezzamento perché ora la banca centrale vuole difendere un tasso di cambio che è maggiore del tasso di cambio originario. Cosa è costretta a fare? Siccome sul mercato delle valute internazionali si è manifestato un eccesso di domanda di valuta nazionale, la banca centrale si deve presentare sul mercato delle valute internazionali con una operazione di segno opposto, vale a dire se c'è un eccesso di domanda di valute nazionali, la banca centrale si deve presentare sul mercato delle valute offrendo valuta nazionale e acquistando valuta estera perché così riesce a contrastare la tendenza all'apprezzamento. Questo intervento della banca centrale continua fino a che non si esaurisce l'eccesso di domanda iniziale.

Tutto ciò si può scrivere:

E   MD B* Exc domanda di valuta

i=i*

nazionale E; E1 >E0 M


Riassumendo: all'iniziale aumento del tasso di cambio hanno fatto seguito 2 variazioni di rilievo: la prima è che c'è stato un aumento del livello dei prezzi dovuto alla relazione (1), però c'è stato anche un aumento dello stock di moneta in circolazione. È probabile che queste due variazioni siano esattamente proporzionali e quindi se la banca centrale aveva all'inizio ha deciso una svalutazione per esempio per motivi di natura reale, per dare impulso alle esportazioni, questo vediamo che ad un certo punto viene frustrato perché grandezze reali ritornano al livello precedente. Però c'è una conseguenza di rilievo data dal fatto che nel frattempo le famiglie sono state costrette a cedere attività finanziarie estere, e di questa cessione ne ha beneficiato la banca centrale che ha aumentato l'offerta di moneta in circolazione, ha venduto valuta nazionale, ma ha acquistato anche valuta estera



Da questo punto di vista la politica di svalutazione decisa dalla banca centrale può essere considerata come un imposta che la banca centrale ha fatto gravare sul settore privato.

L'analogia tra svalutazione e imposizione fiscale sta nel fatto che il gettito fiscale che ha origine da una imposizione tributaria in questo caso è assimilato con lo spostamento di valuta estera dal portafoglio delle famiglie al bilancio della banca centrale.

Le famiglie detenevano valuta estera sotto forma di attività finanziarie e a seguito della svalutazione sono state costrette a cedere queste attività finanziarie in valuta estera che sono finite sotto forma di valuta estera nel portafoglio della banca centrale.

Una svalutazione di lungo periodo perde di efficacia, cioè se io svaluto e sono disposto ad accettare un po' di inflazione perché questo può cambiare l'equilibrio reale devo sapere che una volta che le famiglie e la banca centrale hanno ricompattato i loro portafogli è probabile che l'equilibrio reale sia lo stesso di prima.


Vediamo cosa accade se i=i* perché per esempio esiste un regime di controllo sui movimenti di capitale, però vale sempre la legge del prezzo unico, quindi vogliamo vedere quali sono le conseguenze di una operazione sul mercato aperto della banca centrale di acquisto di titoli del debito pubblico contro cessione di moneta. Qui dobbiamo come al solito distinguere tra cambi fissi e cambi flessibili.

a) Cambi fissi

In cambi fissi l'operazione sul mercato aperto che consiste nell'acquisto di titoli del debito pubblico fa aumentare lo stock di moneta in circolazione, si crea base monetaria per acquistare titoli del debito pubblico, c'è quindi un eccesso di offerta di moneta che determina uno squilibrio nel portafoglio del settore privato che reagisce a questo eccesso di offerta domandando attività finanziarie. Quali attività finanziarie domandando? Se c'è controllo sui movimenti di capitale non possono domandare attività estere, uno dei modi per imporre il controllo sui movimenti di capitale è quello di proibire al settore privato di comprare attività finanziarie denominate in valuta estera; supponiamo che questo sia il caso e quindi questo eccesso di offerta di moneta può essere recuperato soltanto se il settore privato modifica il portafoglio in modo da acquistare una maggiore quantità di titoli nazionali (B).

La domanda di titoli nazionali determina un aumento del prezzo di attività finanziarie denominate il valuta nazionale (PB) e una diminuzione del tasso di interesse (i).


Se è vera la parità del potere d'acquisto e se i cambi sono fissi vuol dire che E è costante, i* nemmeno cambia, P non può cambiare e quindi il tasso di inflazione è nullo.

Il tasso di inflazione è nullo, il tasso di interesse reale (r) definito come tasso di intesse nominale (i) meno tasso di inflazione

(Pt - Pt-1/ Pt-1):


r = i - Pt - Pt-1/ Pt-1


se quindi è vera la parità del potere d'acquisto e stiamo in un regime di cambi fissi, siccome il tasso di inflazione è nullo, questo significa che il tasso di interesse reale è sempre uguale al tasso di interesse nominale:


OMO  MS B PB e i, se è vera la parità


del potere di acquisto e i cambi sono fissi: P =EP* r = i - Pt - Pt-1/ Pt-1


se diminuisce il tasso di interesse nominale significa che si riduce anche il tasso di interesse reale.

Che cosa accade sul mercato nazionale risparmio- investimento se c'è una riduzione del tasso di interesse reale?


i r Snaz ; I def. Partite correnti : IM>X



Se diminuisce il tasso di interesse, il risparmio diminuisce e gli investimenti aumentano. C'è un eccesso di investimento rispetto al risparmio, e questo sappiamo che determina un deficit delle partite correnti, cioè IM> X, vale a dire che i residenti nazionali acquistato merci dall'estero, più di quanto i residenti esteri acquistano merci nazionali. In termini di domanda e offerta di valuta nazionale contro valuta estera questo come si traduce?

Se c'è un eccesso di IM su X questo che conseguenze ha sul flusso di valuta estera e valuta nazionale? Il fatto che IM>X vuol dire che ci sono certi soggetti, cioè gli importatori, che vendono valuta nazionale per acquistare valuta estera. Gli esportatori invece acquistano valuta nazionale contro una vendita di valuta estera.

Le conseguenze di ciò sono che coloro che si dichiarano disposti ad acquistare valuta estera sono inferiori di coloro che sono disposti a vendere valuta estera; la differenza deve essere sanata dalla banca centrale, la quale si presenta sul mercato vendendo valuta estera contro moneta nazionale.

Quindi l'esistenza di un deficit delle partite correnti, coincide con una cessione di riserve valutarie da parte della banca centrale. Ma se la banca centrale vende valuta estera, significa che acquista valuta nazionale.

Ma acquistando valuta nazionale sottrae moneta dalla circolazione.

Questa riduzione dello stock di moneta in circolazione , innanzitutto riduce lo squilibrio nel portafoglio delle famiglie e in secondo luogo fa aumentare il tasso di interesse reale.

RIASSUMENDO: l'esistenza di un regime di cambi fissi e controllo dei movimenti di capitali e parità del potere d'acquisto, fa sì che un intervento di politica economica (del tipo di quello che abbiamo visto prima), a seguito di un intervento della banca centrale sia assolutamente neutrale; perché si è determinato un eccesso di offerta di moneta, ma poi la banca centrale per difendere il cambio , deve vendere valuta estera e acquistare valuta nazionale, per cui è costretta a togliere di nuovo moneta dalla circolazione; il tasso di interesse presente nell'eccesso di offerta di moneta diminuisce e fa comparire un deficit delle partite correnti; quando la banca centrale interviene sottraendo moneta dalla circolazione, il tasso di interesse aumenta e il deficit delle partite correnti scompare

b) Cambi flessibili

In cambi flessibili, le operazioni sul mercato aperto di acquisto di titoli del debito pubblico, determina un eccesso di offerta di moneta.

Questo eccesso di offerta di moneta non si traduce in un deficit delle partite correnti, perché ora trovandoci in un regime di cambi flessibili il tasso di cambio può aumentare.

Se il tasso di cambio aumenta, semplicemente perché c'è questa tendenza degli individui a importare più di quanto si esporti, quindi ci sono questi flussi di moneta che portano ad un eccesso di moneta nazionale sui mercati internazionali delle valute, di conseguenza c'è una tendenza al deprezzamento e alla svalutazione, e se è vara la parità del potere d'acquisto questo coincide con un aumento del livello dei prezzi.

Ora l'aumento del livello dei prezzi fa ridurre l'eccesso di moneta nazionale, perché prima è aumentato lo stock di moneta ora aumenta il livello dei prezzi ed è probabile che le due variazioni siano proporzionali, o meglio che il livello dei prezzi aumenta fino a che lo stock di moneta reale in circolazione non è sempre lo stesso. Tutto ciò si può scrivere:


OMO MS E P




Quindi se stiamo in cambi flessibili, il riequilibrio lo abbiamo attraverso la variazione, pur in presenza di controllo sui movimenti di capitale, del livello dei prezzi che fa ridurre l'eccesso di offerta di moneta iniziale.

La condizione di perfetta mobilità dei capitali e un controllo sui movimenti dei capitali è una questione discriminante per l'efficacia della politica monetaria in un regime di cambi fissi.

Ma in un regime di cambi flessibili questa differenza si perde, nel senso che le conseguenze sono le stesse dei cambi fissi.

In entrambi i casi ciò che accade è che la variazione del tasso di cambio rende possibile ed inevitabile un aumento del tasso di inflazione, un aumento del livello dei prezzi e quindi questo determina una invarianza dello stock di moneta reale in circolazione che assorbe l'iniziale aumento della banca centrale.


Quali sono gli effetti di una svalutazione nel caso ci sia perfetta mobilità dei capitali? Nel caso ci sia perfetta mobilità dei capitali (i=i*) e la banca centrale decide di svalutare la moneta e quindi decide un aumento del tasso di cambio, allora :

E P ; M/P B* vendono valuta estera


e acquistano valuta nazionale riserve banca centrale.


Un aumento del tasso di cambio (E) si traduce in un aumento del livello dei prezzi (P).

Un aumento del livello dei prezzi, a parità di ogni altra condizione, si traduce in una diminuzione dello stock di moneta reale in circolazione (M/P) e in presenza di perfetta mobilità dei capitali abbiamo che se si riduce lo stock di moneta reale in circolazione di conseguenza le famiglie cercano di ricostituire il loro portafoglio vendendo attività finanziarie denominate in valuta estera (B*) perché si è ridotto lo stock di moneta reale in circolazione e ora le famiglie detengono una quantità di moneta inferiore a quella che desidererebbero.

A seguito della cessione di B* entrano in possesso di valuta estere poiché vogliono aumentare la disponibilità di valuta nazionale, vendono valuta estera e acquistano valuta nazionale, e questo si traduce in un aumento delle riserve della banca centrale.








Se non vale la condizione di perfetta mobilità dei capitali (i =i*):


E P ; M/P r surplus partite correnti, cioè


X>IM.


È tutto vero fino alla diminuzione di M/P, ma se non vale più la condizione di perfetta mobilità dei capitali, le famiglie non possono più ricostituire il loro portafoglio intervenendo sulla disponibilità di attività finanziarie, ma lo possono fare se e solo se commerciano, cioè se assorbono la diminuzione di moneta commerciando con l'estero.

La conseguenza di una diminuzione di uno stock di moneta reale sarà l'aumento del tasso di interesse reale, questo aumento del tasso di interesse reale fa comparire un surplus delle partite correnti cioè X>IM.









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