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QUESTIONE DELLA QUALIFICAZIONE - COSA SI INTENDE PER QUESTIONE DI QUALIFICAZIONE

giurisprudenza



QUESTIONE DELLA QUALIFICAZIONE

Anche se si tratta di una questione che attiene al funzionamento delle norme di conflitto, non è stata disciplinata, come le altre due questioni, nella Legge di Riforma: e dobbiamo risolvere la questione della qualificazione facendo riferimento alla Dottrina e alla Giurisprudenza prevalenti in Italia.


COSA SI INTENDE PER QUESTIONE DI QUALIFICAZIONE:

Si tratta di una questione di interpretazione della norma di conflitto: in sostanza, la qualificazione non è altro che un'operazione interpretativa della norma di conflitto, ed è per questo che tale questione viene risolta applicando il diritto italiano.

Per capire cos'è la qualificazione, dobbiamo tornare alla struttura tipica della norma di conflitto, la quale si compone di due elementi fondamentali:

indicazione della fattispecie;

criterio di collegamento (elemento della fattispecie, utilizzato per individuare il diritto applicabile).



Per quanto riguarda l'elemento dell'indicazione della fattispecie, dato che le norme di conflitto, quando indicano la fattispecie che vogliono regolare, la indicano utilizzando delle grandi categorie di fattispecie (per esempio, l'art. 20 sulla capacità giuridica; l'art. 23 sulla capacità d'agire; l'art. 24 sui diritti della personalità; eccetera). La prima questione che sorge in relazione al funzionamento di queste norme di conflitto è la questione di interpretare la fattispecie che viene impiegata dalle norme di conflitto, per vedere in concreto a quali fattispecie concrete, questa fattispecie astratta che viene impiegata dalla norma di conflitto, si applica: questione di interpretazione della norma di conflitto, si tratta di vedere cosa si intende, ai fini del diritto internazionale privato, per rapporti di famiglia, successioni, rapporti personali tra i coniugi, rapporti patrimoniali tra i coniugi, in modo poi, dal punto di vista pratico di risolvere il problema, quando si presenta al giudice una fattispecie concreta deve essere ricondotta, perché a seconda che sia ricondotta all'una o all'altra norma di conflitto, ne deriverà eventualmente anche una diversa disciplina, perché magari una norma di conflitto richiama un determinato ordinamento nazionale e un'altra norma di conflitto ne richiama un altro.

In pratica, quindi, si tratta di vedere, quando si presenta la questione concreta, qual è la norma di conflitto applicabile a quella fattispecie concreta.

Nella pratica, la questione di qualificazione si presenta come questione di vedere a quale norma di conflitto la fattispecie va ricondotta; mentre, in teoria la questione di qualificazione è sempr 444d32e e una questione di interpretazione della norma di conflitto, in particolare del primo elemento (indicazione della fattispecie), si tratta di vedere quanto è ampia la fattispecie indicata dalle norme e a quali fattispecie concrete questa norma è poi applicabile.

Il problema del diritto internazionale privato è: IN BASE A QUALE ORDINAMENTO GIURIDICO VA EFFETTUATA QUESTA QUALIFICAZIONE ?

Le alternative, in astratto, sono probabilmente tre:


consiste nell'applicazione della lex fori, cioè il diritto nazionale del giudice (diritto italiano) - prevalente in Italia;

consiste nell'applicazione della lex cause, cioè la legge regolatrice del rapporto: il giudice dovrebbe risolvere la questione, non applicando tout court il diritto italiano, ma dovrebbe vedere se nelle leggi richiamate dalle norme di conflitto eventualmente applicabili, la questione è qualificata in un modo piuttosto che in un altro;

analisi del diritto comparato: il giudice dovrebbe fare un esame di diritto comparato e vedere, sulla base di un esame complessivo dei vari ordinamenti giuridici, in che modo la fattispecie concreta viene qualificata, e sulla base di questo esame comparato, magari facendo prevalere la soluzione che prevale ad un esame delle soluzioni fornite dai vari ordinamenti giuridici, applicare la norma di conflitto relativa.


Di queste tre alternative, in Italia prevale la prima, cioè la qualificazione viene effettuata in base al diritto italiano.

La soluzione, dal punto di vista teorico, pare una soluzione condivisibile, quella di applicare la lex fori, per il motivo che a ben vedere la questione di qualificazione, anche se dal punto di vista pratico si presenta come una questione di qualificazione della fattispecie concreta e si tratta di vedere qual è la norma di conflitto che si applica alla fattispecie concreta, però in realtà la questione è una interpretazione di qualificazione della fattispecie astratta, cioè una questione di interpretazione della norma di conflitto, perché consiste nel vedere qual è il campo di applicazione di questa norma di conflitto, più o meno ampio, e quindi visto che la norma di conflitto è una norma italiana, l'interpretazione della norma italiana non potrà che farsi sulla base della lex fori. Questo, se la norma di conflitto è una norma di diritto comune italiano, perché se si tratta di una norma contenuta in un trattato internazionale (es., la Convenzione di Roma del 1980 sulle obbligazioni contrattuali), il discorso cambia: in questo caso il giudice non potrà più applicare il diritto italiano tout court, per stabilire se in concreto rientra una questione fra le obbligazioni contrattuali o meno, ma dovrà procedere ad un'interpretazione della Convenzione, vedere qual è il suo campo di applicazione, tenendo conto delle regole sull'interpretazione dei trattati, che sono regole di diritto internazionale pubblico.

Questo significa che, a seconda del giudice adito, anche se per ipotesi due Stati avessero le stesse norme di conflitto, se la questione viene portata davanti al giudice di uno Stato e questo, utilizzando le norme della lex fori per qualificare le sue norme di conflitto, applica una determinata norma di conflitto; se, invece, la questione viene portata davanti al giudice dell'altro Stato, può benissimo avvenire che, pur avendo quest'altro Stato le stesse norme di diritto internazionale privato, se nell'ambito di questo Stato prevale una qualificazione diversa dalla fattispecie, può benissimo darsi che il giudice di quest'altro Stato applichi un'altra norma di conflitto che utilizza un diverso criterio di collegamento, quindi applichi una normativa materiale diversa.


ESEMPIO = CASO BARTOLO (sentenza del 1889): Due coniugi che erano originariamente cittadini maltesi, sposati a Malta, e successivamente trasferiti in Algeria, che all'epoca era una colonia francese, quindi ad un certo punto il marito acquisisce la cittadinanza francese, cosicché quando muore aveva la cittadinanza francese.

Si trattava di vedere se la moglie avesse diritto ad una parte dei beni del marito defunto: la questione fu portata dinanzi ai giudici algerini (francesi) e in Algeria vigeva il diritto francese e qualificando la questione sulla base del diritto francese, i giudici di Algeri decisero che la questione attinente ai rapporti patrimoniali tra i coniugi, siccome la norma di conflitto francese relativa ai rapporti patrimoniali tra i coniugi prevedeva che si applicasse la legge nazionale comune dei coniugi al momento del matrimonio (cioè la legge maltese) i giudici algerini avevano applicato il diritto di Malta per stabilire se la moglie aveva il diritto o meno ad una parte dei beni del marito. E qui il commentatore della sentenza, un noto giurista francese, disse: "il diritto internazionale privato maltese, sia in materia di successioni, sia in materia di rapporti patrimoniali tra i coniugi, è identico a quello francese, ciononostante se la moglie avesse portato la sua domanda dinanzi ad un giudice di Malta e il giudice di Malta avrebbe applicato la legge francese, perché a Malta la questione era qualificata come una questione successoria e quindi non sarebbe stata applicata la legge nazionale comune, ma sarebbe stata applicata l'ultima legge nazionale del marito (legge francese) perché per le questioni successorie il criterio di collegamento era quello della legge nazionale del decuius al momento della morte".


( = in Francia, per i rapporti patrimoniali tra i coniugi, la norma di conflitto applicabile prevedeva che i rapporti patrimoniali tra i coniugi fossero regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento del matrimonio, cioè la legge maltese, anche se poi successivamente il marito aveva acquisito la cittadinanza francese. Se invece si fosse qualificata la questione come una questione successoria, sia i giudici maltesi, sia i giudici francesi, avrebbero applicato il diritto francese, perché per le successioni, la norma di conflitto prevedeva che si applicasse la legge nazionale del marito al momento del decesso, quindi la legge francese).


La qualificazione viene effettuata in base alla lex fori, e quindi è in base alle categorie giuridiche che prevalgono, in base a come vengono intese queste categorie generali del diritto, alla luce del diritto privato vigente in un determinato Stato, che una determinata fattispecie viene ricondotta ad una norma di conflitto piuttosto che ad un'altra.

Anche qui, il modo per evitare queste soluzioni, in alcuni casi paradossali, è quello del ricorso alle Convenzioni internazionali, perché in questo caso si uniformano alle norme di conflitto, ma si uniformano anche, in linea di principio, alle regole d'interpretazione.

La questione della qualificazione riguarda anche il criterio di collegamento, in particolare nell'ipotesi in cui il criterio di collegamento è un criterio giuridico, cioè quando vengono applicati dei criteri di collegamento che per il loro accertamento in concreto richiedono un'analisi di tipo giuridico, quale il criterio della cittadinanza, del domicilio, della residenza, del luogo di conclusione del contratto, ecc.

Quando vengono impiegati dei criteri giuridici, a meno che non si tratti di norme contenute in trattati internazionali, se si tratta di norme di conflitto italiane, il giudice dovrà applicare il diritto italiano, in particolare per vedere qual è lo Stato nel quale un individuo ha il domicilio o la residenza, si applicheranno le definizioni, che vengono date nel codice civile e in base a queste definizioni, in base alla lex fori, si potrà accertare dov'è il domicilio o la residenza di una persona, o se quella persona ha una residenza o un domicilio.

Questo, in linea di principio, perché per quello che riguarda il criterio della cittadinanza, la qualificazione in base alla lex fori si può fare solo per accertare se la persona ha la cittadinanza italiana e si deve applicare la sua legge nazionale, si dovrà applicare la lex cause = per accertare qual è la cittadinanza di questa persona bisognerà vedere i diritti stranieri che la persona eventualmente invoca come i diritti che le hanno attribuito la sua cittadinanza. In questo caso la qualificazione sarà effettuata in base alla lex cause, la legge regolatrice del rapporto.

ART. 19/2 Legge di Riforma = Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello fra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale. = questo articolo si preoccupa di disciplinare su cosa succede se la persona ha più cittadinanze: quando la persona ha più cittadinanze, il giudice dovrà applicare il criterio dell'effettività, applicando la cittadinanza di quello Stato con il quale ritiene che ci sia un collegamento più stretto.

Solo per le perone fisiche è utilizzato il criterio della effettività (mentre per le persone giuridiche prevale il criterio formale, come il luogo di costituzione della società = vedi il caso della Barcelona Traction Company).



























SINTESI DELLA QUESTIONE DI QUALIFICAZIONE:


Ci sono varie alternative per quello che riguarda la qualificazione: o la si fa in base alla lex fori (si applica la legge nazionale del giudice per stabilire a quale norma di conflitto va ricondotta la fattispecie concreta) o la si fa in base alla lex causae (la legge regolatrice del rapporto). La scelta tra queste due alternative sarebbe una terza, cioè l'analisi di diritto comparato, da qualcuno avanzata come proposta, ma in Italia non è accolta.

L'Italia accoglie la lex fori, la soluzione migliore, perché la norma di conflitto, essendo norma italiana, è bene applicare la legge italiana: qualificare secondo la lex causae non solo non è coerente con quanto appena detto, ma è anche una soluzione illogica, perché qualificare secondo la lex causae, in realtà, presuppone già una prima qualificazione in base alla lex fori.

La qualificazione in base alla lex causae è abbastanza complicata e, dal punto di vista logico, presuppone comunque una prima qualificazione in base alla lex fori, perché dire che la qualificazione va fatta in base alla  legge regolatrice del rapporto presuppone che noi abbiamo già individuato qual è la legge regolatrice del rapporto, e per individuare qual è la legge regolatrice del rapporto dovremmo già individuare una norma di conflitto italiana e non potremmo che farlo sulla base della lex fori.

(La qualificazione in base alla lex causae già presuppone una prima qualificazione in base alla lex fori, per questo non è molto ben accolta in Italia).

Sia dal punto di vista pratico, sia dal punto di vista teorico, è meglio qualificare in base alla lex fori, anche se questo può condurre all'inconveniente, per cui, a seconda del giudice adito, anche se nei due Stati ci fossero le stesse norme di conflitto avremmo un diverso diritto applicabile; ma questo, poi, è nella natura delle cose.
































QUESTIONE DEL RINVIO


La questione del rinvio è regolata dall'ART. 13 della Legge di Riforma, che si intitola, appunto, "rinvio".

Possiamo parlare di rinvio, dal punto di vista generale, in tutti i casi in cui un ordinamento giuridico rinvia ad un altro per i casi in cui un ordinamento giuridico rinvia ad un altro per la disciplina di una determinata fattispecie (vedi il procedimento di rinvio, in tema di adattamento del diritto interno al diritto internazionale).

L'ART. 13 non utilizza in questo senso l'espressione "rinvio": ai fini dell'ART. 13, il problema del rinvio consiste in questo:

quando la norma di conflitto italiana richiama l'ordinamento straniero per la disciplina della fattispecie, questo richiamo è effettuato solo nei confronti alle norme materiali dell'ordinamento straniero, oppure questo richiamo è effettuato alle norme dell'ordinamento giuridico nel suo complesso, ivi comprese le norme del suo diritto internazionale privato?

ESEMPIO: se l'Italia dice che l'ART. 20 (la capacità giuridica delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale..), vuol dire che il diritto materiale dello Stato di cui la persona fisica ha la nazionalità è comunque applicabile, oppure il richiamo dell'ordinamento straniero è un richiamo dell'ordinamento straniero nel suo complesso, ivi comprese le norme di diritto internazionale privato? Se, per esempio, il diritto francese, diritto nazionale della persona, dicesse che la questione della capacità giuridica delle persone fisiche è regolata, anziché dalla legge nazionale della persona, dalla legge dello Stato in cui la persona ha il suo domicilio, e mettiamo che il domicilio sia in Italia, allora il giudice italiano dovrà applicare il diritto francese, perché è la legge nazionale della persona, o dovrà applicare il diritto italiano, perché il diritto internazionale privato francese utilizza il criterio del domicilio, quindi rinvia all'ordinamento italiano?

Questa è la questione del rinvio, perché se noi diciamo che la legge straniera applicabile è solo il diritto materiale applicabile alla fattispecie, in base alle nostre norme di conflitto viene individuato l'ordinamento straniero e la disciplina materiale che l'ordinamento da di quel rapporto giuridico, è quella che sarà applicata, in ogni caso, dal giudice italiano; se, invece, diciamo che il richiamo dell'ordinamento straniero comprende non solo le norme materiali che regolano la fattispecie, ma anche norme di conflitto straniere, può benissimo darsi che l'ordinamento straniero richiamato dalla norma di conflitto italiana, siccome un diverso criterio di collegamento rinvia ad un altro ordinamento giuridico, che può essere l'ordinamento italiano (e abbiamo un rinvio indietro, come nell'esempio sopra citato), ma se, ad esempio, la persona ha il domicilio in Germania, allora il giudice italiano, in base all'art. 20, dice che il diritto applicabile è il diritto francese, perché questo è un cittadino francese, però il diritto internazionale francese dice che questa questione è regolata dalla legge del domicilio, e questa persona è domiciliata in Germania, allora il diritto italiano dovrebbe applicare il diritto tedesco (e abbiamo in questo caso un rinvio altrove).


RINVIO INDIETRO: Se le norme del diritto internazionale privato dell'ordinamento richiamato, rinviano all'ordinamento del foro.

RINVIO ALTROVE: Se le norme del diritto internazionale privato dell'ordinamento richiamato dalle norme di conflitto del foro, rinviano ad un diverso ordinamento giuridico.

E qui le conseguenze possono essere abbastanza diverse.


ESEMPIO: riguardante il caso di una persona, cittadino bavarese, figlio naturale di genitori bavaresi, trasferitosi però in Francia, e morto in Francia con un cospicuo patrimonio, ma senza però che gli fosse mai stata concessa né la cittadinanza né il domicilio francese: quindi morto in Francia da straniero, senza figli e senza testamento.

Si trattava di vedere se questi parenti potessero rivendicare diritti almeno su una parte del patrimonio cospicuo lasciato in Francia, tanto p vero che il diritto francese prevedeva, nel momento in cui questa persona morì, nel 1869, che tutti i suoi beni fossero stati incamerati dallo Stato francese; mentre invece il diritto bavarese prevedeva che i parenti collaterali della madre avrebbero ereditato i beni di questa persona.

La questione fu portata dinanzi ai giudici francesi, i quali, in un primo tempo, con una prima sentenza del giudice di primo grado francese, si ritenne che si doveva applicare il diritto materiale bavarese, in base ad una norma di conflitto francese che faceva rinvio alla legge del domicilio della nazionalità della persona (bavarese) e aveva ritenuto che questi parenti della madre potevano succedere nei beni del defunto.

Dopodiché ci fu un ricorso in Cassazione e la Corte di Cassazione francese ritenne che si doveva applicare il diritto francese e la Francia finì per incamerarsi tutti i beni di questa persona. La Cassazione arrivò a questa conclusione dicendo che quando l'ordinamento francese richiamava il diritto bavarese in quanto diritto nazionale della persona, per regolare la questione della successione, non richiamava solo le norme materiali del diritto bavarese relative alla successione, ma richiamava l'ordinamento bavarese nel suo complesso, ivi compreso il diritto internazionale privato bavarese, il quale prevedeva che in un caso del genere si dovesse applicare, sia il criterio del domicilio abituale (Francia), sia il criterio del luogo di situazione dei beni (sempre in Francia); quindi, la Cassazione francese accettava questo rinvio indietro dall'ordinamento bavarese all'ordinamento francese e con questa scusa ha consentito allo Stato francese di incamerarsi tutti i beni di questa persona.



COME SI RISOLVE LA QUESTIONE DEL RINVIO

La questione del rinvio deve essere risolta in base al diritto positivo e in base ad una scelta politica del legislatore che può essere diversa da Stato a Stato. Ci possono essere, dal punto di vista teorico, varie possibilità:

escludere sempre e comunque il rinvio: se la norma di conflitto indica come ordinamento competente un determinato ordinamento straniero, vengono richiamate solo le norme materiali di quell'ordinamento senza tenere conto delle norme di diritto internazionale privato di quell'ordinamento, che magari rinviano ad un altro ordinamento, si applicano comunque le norme materiali di quell'ordinamento, senza tenere conto del rinvio. Se noi decidiamo di escludere il rinvio, applichiamo comunque le norme materiali dell'ordinamento straniero richiamato, indipendentemente da quello che può dire il suo diritto internazionale privato;

soluzione opposta è quella di tenere sempre e comunque conto del rinvio, sia che si tratti di un rinvio indietro, sia che si tratti di un rinvio altrove: si potrebbe benissimo sostenere che il rinvio è rilevante e, quindi, se noi adottassimo questa concezione, in base alla quale si tiene sempre conto del rinvio, il giudice italiano, applicando l'art. 20, dovrebbe andare a vedere se la persona è francese cosa dice il diritto internazionale privato francese: se questo utilizza lo stesso criterio, cioè il criterio della nazionalità, si applicherà il diritto francese; se invece utilizza un diverso criterio di collegamento, come quello del domicilio, si applicherà il diritto dello Stato in cui la persona è domiciliata;

Nella maggior parte dei casi gli ordinamenti giuridici nazionali, o eliminano tout court il rinvio, oppure, se lo ammettono, lo ammettono entro certi limiti e precisano in che limiti il rinvio è ammesso.

A questo proposito, per quanto riguarda l'Italia, c'è stato un notevole mutamento nella legislazione italiana, perché prima della legge di riforma, l'ART. 30 delle preleggi al codice civile (norma non più in vigore), escludeva in ogni caso il rinvio: quando ai termini degli articoli precedenti (cioè delle norme di conflitto contenute nelle preleggi al codice civile) si deve applicare una legge straniera, si applicano le disposizioni della legge stessa, senza tenere conto del rinvio ad essa fatto da altra legge = si escludeva sempre il rinvio.

Con la legge di riforma si è fatta una rivoluzione, anche se molto criticata da una parte della dottrina, nel senso che l'Italia, oggi, tiene conto del rinvio, ma entro certi limiti:

ART. 13/1 = Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato:

a)       se il diritto di tale Stato accetta il rinvio;

b)       se si tratta di rinvio alla legge italiana.

= si vuole evitare quel circolo vizioso che si può verificare se si ammette incondizionatamente il rinvio: l'Italia tiene cento del rinvio, ma solo se l'ordinamento richiamato del diritto internazionale privato straniero accetta il rinvio e non rinvia a sua volta ad un altro ordinamento giuridico: poi, nella lettera B si precisa che l'Italia il rinvio lo accetta in ogni caso, per cui se l'ordinamento straniero renderebbe applicabile il diritto italiano, il giudice italiano applica comunque il diritto italiano, anche se il diritto internazionale privato italiano renderebbe applicabile un ordinamento straniero.

Quindi, l'Italia ammette oggi il rinvio, entro questi limiti appena visti: poi, nei commi successivi dell'ART. 13 (dal 2 al 4) sono elencate una serie di eccezioni nelle quali, invece, non si tiene conto del rinvio:

ART. 13/2 = L'applicazione del comma I è tuttavia esclusa:

a)       nei casi in cui le disposizioni della presente legge rendono applicabile la legge straniera sulla base della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate;

b)       riguardo le disposizioni concernenti la forma degli atti;

c)       in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente Titolo.

= non si tiene conto del rinvio tutte le volte in cui la legge italiana utilizza come criterio di collegamento quello della volontà delle parti, quindi sarà il diritto materiale richiamato dalle parti che si applicherà indipendentemente da quello che dicono le norme di conflitto dell'ordinamento richiamato; visto che la volontà del legislatore è quella che si applichi comunque la legge che assicura la validità formale dell'atto e potrebbe essere frustrato questo scopo, non si tiene conto dell'eventuale rinvio; il capo XI è quello che si occupa delle obbligazioni extra contrattuali (promessa unilaterale, titoli di credito, rappresentanza volontaria, ecc.), e anche quando si applicano queste norme non si tiene conto del rinvio, quindi il diritto richiamato da queste norme di conflitto è il diritto materiale eventualmente straniero, indipendentemente da quello che dicono le norme di conflitto.

ART. 13/3 = Nei casi in cui agli articoli 33, 34, 35  (filiazione, legittimazione e riconoscimento del figlio naturale) si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento delle filiazione. = l'obiettivo che il legislatore vuole raggiungere è quello di stabilire la filiazione: se questo obiettivo non è raggiungibile applicando le norme materiali richiamate dalla norma di conflitto italiana, ma sarebbe raggiungibile se si tenesse conto del rinvio, allora si tiene conto del rinvio, altrimenti non si tiene conto del rinvio.

ART. 13/4 = Quando la presente legge dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione. = richiamiamo la Convenzione di Roma del 1980, che all'ART. 15 - quando la presente convenzione prescrive l'applicazione della legge di un paese, essa si riferisca alle norme giuridiche  in vigore in questo paese, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato - per quello che riguarda le obbligazioni contrattuali, non si tiene conto del rinvio, perché la Convenzione di Roma utilizza come criterio principale quello della volontà delle parti e questo criterio sarebbe frustrato se si tenesse conto del rinvio, ma anche il criterio sussidiario che utilizza la Convenzione di Roma (ART. 4, quello del collegamento più stretto), sarebbe frustrato se tenessimo conto del rinvio, perché il criterio del collegamento più stretto è quello che consente al giudice, volta per volta, di stabilire qual è lo Stato con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto, sulla base di considerazioni di effettività e se noi sulla base di considerazioni di effettività arriviamo alla conclusione che il contratto presenta il collegamento più stretto con l'ordinamento francese, poi magari l'ordinamento francese ci dice che si applica l'ordinamento tedesco, viene frustrato l'obiettivo del criterio del collegamento più stretto.



E' per questo che una parte della dottrina ha criticato la legge di riforma, la quale ha ammesso il rinvio entro certi limiti, l'ha escluso in certi casi, ma non l'ha escluso in altri casi nei quali la legge italiana utilizza il criterio del collegamento più stretto.





Nel diritto internazionale privato, in senso tecnico, si parla di RINVIO quando l'ordinamento richiamato dalla norma di conflitto, attraverso le sue norme di conflitto, richiama un altro ordinamento giuridico, che può essere quello del foro (rinvio indietro) o può essere un diverso ordinamento giuridico (rinvio altrove).

La legge italiana, dopo la riforma, ammette il rinvio, ma solo quando sia un rinvio indietro, cioè all'ordinamento italiano, oppure, se è un rinvio altrove, se il rinvio è accettato, cioè se l'ordinamento richiamato non rinvia a sua volta ad un altro ordinamento, ma vuole applicarsi alla fattispecie concreta.


QUESTIONE DEL RICHIAMO DI ORDINAMENTI PLURILEGISLATIVI


Della questione del richiamo di ordinamenti plurilegislativi se ne occupa la Legge di Riforma all'ART. 18, che si intitola appunto "ordinamenti plurilegislativi".

Per capire qual è il problema, dobbiamo prima cercare di capire che cos'è un ordinamento plurilegislativo: la terminologia è un po' imprecisa, perché sembrerebbe indicare quegli ordinamenti stranieri nei quali ci sono più competenze legislative, per esempio, una centrale e più competenze legislative regionali, ma non è proprio così.

Un ordinamento plurilegislativo, ai fini dell'art. 18, è un ordinamento giuridico statale nel cui ambito convivono più sistemi di diritto privato: ci sono, cioè, degli Stati che non hanno un unico diritto privato, ma hanno più sistemi di diritto privato. Oggi, nella maggior parte dei casi, si tratta di ordinamenti plurilegislativi su base territoriale. Ad esempio, in alcuni Stati Federali, come gli USA, non c'è un unico diritto privato statunitense, ma ci sono singoli diritti privati dei singoli Stati membri delle federazione = quello è un ordinamento di common law e ciascuno Stato membro della federazione americana ha il suo common law; non esiste un common law degli USA, ma esiste un common law dello Stato di New York, del Texas, della California, ecc. Quindi, ciascuno Stato ha il suo diritto privato, al quale si sovrappongono le norme federali che magari dettano certe regole comuni in materia di diritto privato, però la base è diversa.

Oppure, senza vedere uno Stato di tipo federale, anche in Europa abbiamo un ordinamento plurilegislativo su base territoriale: il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, nel quale convivono il diritto inglese (che si applica in Inghilterra) e il diritto scozzese (che si applica in Scozia) e che sono due diversi diritti privati: il diritto inglese è di common law, mente il diritto scozzese ha alla sua base il diritto romano.



L'Italia non è un ordinamento plurilegislativo: al diritto internazionale privato non interessa se ci sono più competenze legislative all'interno di un ordinamento giuridico, ma al diritto internazionale privato interessa se ci sono più sistemi di diritto privato all'interno di un Paese; le Regioni non hanno competenza a legiferare in materia di diritto privato (ed è uno dei limiti alle Regioni).

Ma l'ordinamento plurilegislativo può essere anche, anziché su base territoriale, su base personale, anche se oggi è difficile trovare esempi di ordinamenti plurilegislativi su base personale: ma in passato, esempio, nell'Impero Ottomano, convivevano più sistemi di diritto privato non su base territoriale, ma a base religiosa, nel senso che ciascuna componente religiosa dell'Impero Ottomano aveva il suo diritto privato.

Oggi non ci sono esempi di ordinamenti plurilegislativi su base personale, ma, esempio in Europa, troviamo singoli aspetti del diritto privato, che sono regolati in modo diverso, a seconda dell'appartenenza di una persona ad una determinata comunità religiosa. Esempio, in alcuni Stati europei, compreso il nostro, è ammesso il matrimonio religioso con effetti civili e questo comporta una serie di conseguenze anche in relazione al diritto applicabile, che può essere il diritto canonico.

Quindi, abbiamo problemi di questo tipo, anche se più circoscritti, di norme di diritto privato, non di un intero sistema di diritto privato.

Però il problema riguarda soprattutto, a parte il campo matrimoniale, gli ordinamenti plurilegislativi su base territoriale, di cui abbiamo esempi cospicui.

Quando ci troviamo di fronte ad un ordinamento plurilegislativo, mettendoci nella prospettiva di questo ordinamento plurilegislativo, esempio gli USA, all'interno degli USA sorgono problemi simili ai problemi del diritto internazionale privato: abbiamo all'interno dello stesso Stato dei conflitti di leggi (conflitti iper locali = locali all'interno di uno Stato), che però sono molto simili a quelli che si verificano nei rapporti tra Stati (sovrani) diversi.

A noi interessa, però, il problema del richiamo dell'ordinamento plurilegislativo ad opera di una nostra norma di conflitto, cioè cosa succede quando la norma italiana, in virtù del criterio di collegamento che impiega, richiama e rende applicabile il diritto, esempio, degli USA.

Visto che non c'è un unico diritto privato negli USA, ma ce ne sono diversi, dei vari Stati, dobbiamo chiederci quale sarà, tra i tanti diritti privati che esistono su base territoriale nell'ordinamento degli USA, quello che il giudice italiano dovrà applicare.

Il problema che la Dottrina italiana poneva prima della Legge di Riforma, e non era disciplinato dalle preleggi del codice civile, era che alcuni dicevano:

TEORIA MAGGIORITARIA - la norma di conflitto italiana non può che richiamare l'ordinamento degli USA, in quanto Stato sovrano, poi sarà in base alle norme degli USA, alle norme che disciplinano la ripartizione di competenza tra i vari ordinamenti locali che sussistono all'interno degli USA, che si dovrà individuare il singolo ordinamento, su base territoriale, che regolerà la fattispecie e quindi sarà applicato dal giudice italiano;

TEORIA MINORITARIA - in realtà la norma di conflitto italiana è idonea a richiamare direttamente l'ordinamento competente all'interno dello Stato plurilegislativo: non c'è un richiamo all'ordinamento degli USA nel suo complesso, ma possiamo andare direttamente a richiamare l'ordinamento del singolo Stato.

Questa seconda teoria minoritaria non era accettabile. E' preferibile la prima teoria, quella maggioritaria, in base alla quale l'ordinamento richiamato dalle norme di conflitto è necessariamente la norma dello Stato nel suo complesso, e sarà in base alle norme di questo Stato che si dovrà poi individuare l'ordinamento competente a regolare la fattispecie.

Ed è questa la soluzione che da espressamente l'ART. 18/1 della Legge di Riforma: Se nell'ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell'ordinamento = la norma di conflitto richiama l'ordinamento nel suo complesso e sarà in base alle norme di quell'ordinamento che noi andremo ad individuare in concreto qual è il sistema normativo, a base territoriale o personale, tra i tanti che esistono all'interno di quell'ordinamento che potrà regolare la fattispecie.

Ma poi, per venire in aiuto dei giudici: ART. 18/2: Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il criterio normativo con il quale il caso di specie presenta il collegamento più stretto = è un'innovazione della Legge di Riforma, perché in precedenza si riteneva nella Dottrina e nella Giurisprudenza italiane che, qualora il giudice non fosse in grado di individuare, all'interno dell'ordinamento richiamato, i criteri utilizzati da quell'ordinamento per individuare un sistema normativo a base territoriale o personale, applicabile alla fattispecie, si dovesse applicare la lex fori.

Invece, la soluzione innovativa dell'art. 18 è quella di dire che il giudice dovrà applicare il criterio dell'effettività, il criterio del collegamento più stretto, quindi andare a vedere tra i sistemi di diritto privato che esistono all'interno dello Stato, quello con il quale la fattispecie presenta il collegamento più stretto. Questo consente al giudice, anzi, gli impone, di non applicare la legge italiana, ma di fare lui una ricerca sulla base del criterio di effettività, se non è in grado di individuare i criteri utilizzati dal diritto degli USA per ripartire la competenza tra i vari sistemi di diritto privato che convivono all'interno degli USA; non potrà applicare la legge italiana, ma dovrà applicare quello tra i vari diritti privati degli USA con il quale la fattispecie presenta, a suo giudizio, il collegamento più stretto.



















APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO


Nel momento in cui deve essere applicato il diritto straniero, sorgono una serie di problemi, che vengono disciplinati dalla Legge di Riforma nel Titolo III, Capo I.

ART. 14/1: L'accertamento della legge straniera è compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero di Grazia e Giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate. = Problema della conoscenza del diritto straniero: il giudice, soprattutto oggi, potrebbe benissimo trovarsi nella situazione di dover applicare un diritto di un altro Stato, ad esempio quello islamico, marocchino, dal quale provengono queste persone che sono emigrante in Italia e può non essere facile l'accertamento del contenuto del diritto straniero.

Prima della Legge di Riforma del diritto internazionale privato il giudice aveva un compito relativamente facile, perché l'applicabilità del principio IURE NOVIS CURIA, un principio generale del nostro ordinamento, secondo cui il giudice è obbligato a conoscere e ad applicare le norme giuridiche: ebbene, questo principio non si riteneva che fosse applicabile o quantomeno c'era un dibattito nella Dottrina, soprattutto nella Giurisprudenza, che all'inizio riteneva che non fosse applicabile alle norme di un ordinamento straniero, per cui si diceva che se le parti non riescono loro, attraverso i loro Avvocati, a trovare il contenuto del diritto straniero che dovrebbe essere applicato, in virtù di una norma di diritto internazionale privato, si applica la legge italiana, quindi si applica la lex fori.

Questo ha poi portato al riconoscimento, alla fine, al riconoscimento da parte della stessa Corte di Cassazione, dell'applicabilità del principio "iura novis curia" anche al diritto straniero, reso applicabile dalle norme di conflitto. Quindi, in un certo senso, l'innovazione che troviamo nell'art. 14 è relativa, perché la Giurisprudenza dopo un lungo periodo era arrivata a questo stesso risultato: però oggi è detto in modo espresso che l'accertamento della legge straniera è compiuta d'ufficio dal giudice: le parti aiutano il giudice, se hanno interesse ad applicare la legge straniera perché risulta più favorevole di quella italiana, cercheranno di trovare un contenuto della legge straniera, però indipendentemente da quello che dicono le parti, il giudice d'ufficio, almeno in teoria, dovrebbe preoccuparsi di conoscere se la fattispecie presenta elementi di estraneità, anche se le parti non dicono niente, il giudice dovrebbe sapere che ci sono le norme di conflitto e quindi se le norme di conflitto richiamano un ordinamento straniero, dovrebbe acquisire la conoscenza del contenuto delle norme dell'ordinamento straniero richiamato ed applicarlo alla fattispecie anche se le parti non glielo hanno chiesto. Per fare questo può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle Convenzioni internazionali, tra cui alcune che facilitano lo scambio di informazioni giuridiche, ma anche di altre informazioni acquisite o attraverso il Ministero di Grazia e Giustizia o attraverso istituzioni specializzate.

Ma può darsi che il giudice non riesca comunque in nessun modo, nemmeno con l'aiuto delle parti, ad accertare il contenuto della legge straniera: la soluzione tradizionale sarebbe stata quella di applicare sempre e comunque la lex fori, ma ancora una volta la legge di Riforma dice:

ART. 14/2 = Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana. = se non si riesce ad accertare il contenuto del diritto straniero, si  dovrebbe vedere, in primo luogo, se la norma di conflitto è una norma che contiene un concorso di criteri di collegamento e se sulla base del collegamento principale non si riesce a sapere come il diritto straniero regola quella fattispecie, si applicheranno i criteri sussidiari eventualmente previsti dalla norma di conflitto.

Dal punto di vista pratico, resta comunque vero che il ruolo dell'Avvocato delle parti è sempre fondamentale: se la parte ha interesse ad applicare il diritto straniero, perché questo gli è più favorevole che non il diritto italiano, l'Avvocato della parte andrà davanti al giudice con gli strumenti che consentiranno al giudice di acquisire la conoscenza delle norme straniere applicabili, quindi, eventualmente anche al diritto straniero.

Il ruolo dell'Avvocato è sempre fondamentale, perché un giudice, un po' per ignoranza, un po' per pigrizia, se le parti non hanno interesse all'applicazione del diritto straniero, anche in teoria dovrebbe applicarlo d'ufficio se questo è richiamato dalla norma di conflitto, ma troverà sempre una scusa buona per dire che ci sono delle difficoltà di accertamento del diritto straniero e applicherà il diritto italiano, la lex fori.

Comunque, almeno in teoria, non è più un onere per le parti, ma è un obbligo per il giudice quello di accertare il contenuto del diritto straniero eventualmente richiamato dalla norma di conflitto.

Altra norma è l'ART.15 = La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo. = quando la norma di conflitto rende applicabile in Italia un ordinamento straniero, le norme di quell'ordinamento dovranno essere applicate ed interpretate secondo i criteri di interpretazione vigenti in quell'ordinamento e non secondo i criteri di interpretazione vigenti nell'ordinamento italiano, e quindi il giudice quando applica il diritto straniero, in teoria, dovrebbe giudicare come se fosse un giudice dell'ordinamento straniero richiamato: deve mettersi nel contesto di quell'ordinamento giuridico e quindi nell'applicare e nell'interpretare le norme straniere, magari relative ad una specifica questione, dovrebbe mettersi nella stessa ottica in cui si metterebbe il giudice di quello Stato, applicando i criteri di interpretazione vigenti nell'ordinamento straniero richiamato.

Viene qui in considerazione il problema della seconda qualificazione: quando il giudice ha individuato il diritto applicabile alla fattispecie con elementi di estraneità, applicando la norma di conflitto italiana, se questo è un diritto straniero, quindi se la norma di conflitto richiama, anziché il diritto italiano, un diritto straniero, il giudice poi dovrà vedere quali sono le norme materiali del diritto straniero che vogliono applicarsi alla fattispecie; e ritorna qui il problema della qualificazione ma con una diversa ottica, perché la prima qualificazione è quella che del giudice deve fare per individuare la norma di conflitto italiana applicabile alla fattispecie.

La seconda qualificazione è meno problematica della prima, in quanto la prima qualificazione è già stata fatta, in base alla lex fori, abbiamo già individuato la norma di conflitto, quindi sappiamo già qual è l'ordinamento competente. Questa seconda qualificazione, siccome è una questione di interpretazione delle norme straniere, si fa in base a quel che dice, oggi, l'ART. 15 della Legge di Riforma, cioè sulla base della legge straniera.































Finora abbiamo visto i problemi che si pongono quando il giudice italiano deve applicare, per effetto di una norma di conflitto, delle norme straniere: la norma di conflitto, sulla base del criterio di collegamento che utilizza, può in un caso concreto rendere applicabile sia il diritto italiano, sia il diritto straniero, quindi il giudice italiano si potrà trovare ad applicare il diritto straniero.

Visto il principio iura novis curia e vista l'interpretazione e l'applicazione della legge straniera, dobbiamo vedere ora, se, una volta che è stato individuato l'ordinamento straniero competente, una volta che, nell'ambito di questo ordinamento sono state individuate le norme applicabili alla fattispecie, bisogna vedere ora se esistano dei limiti in Italia all'applicabilità di queste norme di diritto straniero.

Il limite c'è e se ne occupa l'ART. 16 della Legge di Riforma:


LIMITE DELL'ORDINE PUBBLICO

ART. 16/1 = La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico. = questa apertura che l'ordinamento italiano fa nei confronti dei diritti stranieri, perché in certi casi consente, in presenza di fattispecie con elementi di estraneità, al giudice italiano di applicare le norme straniere, perché ritenute più confacenti a regolare la fattispecie di quanto non sarebbe il diritto italiano; questa apertura, però, non è totale, perché c'è questo limite fondamentale, il limite dell'ordine pubblico.

ORDINE PUBBLICO = limite, dal punto di vista generale, che consente al giudice di non applicare delle norme di diritto straniero che il giudice ritenga suscettibili di produrre effetti inaccettabili per l'ordinamento italiano, perché vanno a ledere certi valori fondamentali che sono espressi dall'ordinamento giuridico italiano.

Innanzitutto, l'ordine pubblico non va confuso con l'ordine pubblico del diritto pubblico amministrativo, dove si dice, ad esempio, che la polizia e i carabinieri devono garantire il mantenimento dell'ordine pubblico.

Ma l'ordine pubblico qui inteso non va confuso nemmeno con la nozione di ordine pubblico del diritto privato, perché nel diritto privato, a volte, vengono chiamate come norme di ordine pubblico, tutte quelle norme, anche le norme imperative, che non possono essere derogate tramite l'autonomia negoziale dei privati, cioè tramite il contratto.

L'ordine pubblico, ai fini dell'ART. 16, non individua delle precise norme dell'ordinamento italiano, che non possono essere derogate né dai negozi giuridici privati, né ai nostri fini, ma indica quei valori che l'ordinamento giuridico italiano, nel suo complesso, esprime, che quindi possiamo individuare attraverso un processo di astrazione sulla base di una considerazione complessiva dell'ordinamento giuridico nazionale, e che troviamo magari espressi, talvolta nella Costituzione: quindi, sono quei fondamentali principi di carattere etico-sociale che noi possiamo ricavare da una considerazione complessiva del nostro ordinamento giuridico e che troviamo spesso enunciati nei principi fondamentali della Costituzione italiana.

Per questo la Dottrina, spesso, fa una distinzione tra ORDINE PUBBLCO INTERNO (che rileva ai fini del diritto privato, quel complesso di norme imperative che non possono essere derogate dai negozi giuridici privati) e ORDINE PUBBLICO INTERNAZIONALE (costituito da quei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato, che vengono in considerazione come limite all'applicazione delle norme del diritto straniero, eventualmente richiamate da una norma di conflitto).

Il giudice può evitare di applicare una norma di diritto straniero, eventualmente richiamata dalla norma di conflitto, non se questa norma straniera è contraria ad una norma imperativa del diritto privato, ma solo se questa norma è contraria ad uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento.

Quindi, la norma imperativa del diritto privato può diventare rilevante solo se esprime uno di questi principi fondamentali, che di solito troviamo enunciati nella Costituzione.

ESEMPIO: Uno dei principi di ordine pubblico che viene spesso in considerazione per gli Stati in applicazione di norme di diritto straniero che ripugnano ai valori che l'ordinamento giuridico italiano, in questo momento storico esprime, è il principio dell'uguaglianza dei coniugi, la materia matrimoniale, i rapporti tra i coniugi: una norma straniera che fossi contrastante con questo principio di uguaglianza tra i coniugi, che ormai esprime uno di quei valori etico-sociali fondamentali ed irrinunciabili nel nostro ordinamento giuridico, non potrebbe essere applicata dal giudice italiano, perché sarebbe considerata contraria all'ordine pubblico nazionale.


La Dottrina spesso mette in evidenza che il concetto di ordine pubblico è un concetto relativo, una relatività, innanzitutto, nello spazio, perché ciascun ordinamento giuridico esprime i suoi fondamentali valori etico-sociali che sono alla base del concetto di ordine pubblico:

ESEMPIO: una norma egiziana che il giudice italiano si rifiuta di applicare, perché contraria all'ordine pubblico, perché contrasta col principio dell'uguaglianza dei coniugi, potrebbe essere tranquillamente applicata in Marocco, perché in Marocco quella stessa norma non andrebbe a violare questo concetto di ordine pubblico, perché in quell'ordinamento giuridico i valori prevalenti di carattere prevalente sono simili a quelli egiziani, per cui non ci sarebbe nessun problema.


Si tratta anche di una relatività nel tempo, perché anche all'interno dello stesso ordinamento giuridico possono mutare questi principi fondamentali:

ESEMPIO: Adozione della legge sul divorzio del 1970 = prima del 1970 si riteneva, in Italia, che non si potesse pronunciare lo scioglimento del matrimonio sulla base di un diritto straniero eventualmente applicabile in virtù di una norma di conflitto, perché lo scioglimento del matrimonio sarebbe stato contrario all'ordine pubblico italiano. Oggi non è più così e, pertanto il principio dell'indissolubilità del matrimonio non fa più parte dei principi fondamentali dell'ordinamento alla base dell'ordine pubblico.


Vediamo anche il caso di una normativa straniera, in base alla quale lo scioglimento del matrimonio sia consentito sulla base della richiesta unilaterale del marito, per ripudio della moglie: il giudice italiano potrebbe trovarsi ad applicare, in linea di principio, una norma straniera di questo tipo, perché l'ART. 31 della Legge di Riforma dice che La separazione personale o lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio... ; se ci sono due stranieri in Italia che hanno la stessa cittadinanza e vanno davanti al giudice per divorziare, questo, in base all'art. 31, deve applicare la legge nazionale comune, cioè la legge straniera dello Stato in cui entrambi i coniugi hanno la nazionalità, per pronunciare il divorzio. Però se questa legge consentisse al solo marito di chiedere lo scioglimento del matrimonio, in base ad una sua decisione unilaterale, senza il consenso della moglie, il giudice italiano non potrebbe applicare questa norma straniera, che sarebbe considerata contraria al principio dell'uguaglianza fondamentale dei coniugi, ritenuto fondamentale ai fini di ordine pubblico nel nostro ordinamento allo Stato attuale della sua evoluzione storica. Quindi, il giudice italiano, in base all'ART. 16/1 non dovrebbe applicare questa norma straniera.

RIASSUMNEDO: il limite dell'ordine pubblico obbliga il giudice a non applicare una norma di legge straniera, anche se questa norma andrebbe applicata in virtù di una norma di conflitto, se questa norma straniera contrasta con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico nazionale, che esprimono dei valori etico-sociali irrinunciabili nel nostro ordinamento giuridico in quel determinato momento storico.



ART. 16/2 = In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana. = sia che si tratti di un concorso successivo, sia che si tratti di un concorso alternativo, che lascia al giudice la scelta del criterio di collegamento che ritiene più idoneo a richiamare la legge applicabile in vista di raggiungere un certo fine, prima di applicare la lex fori bisognerà vedere se ci sono altri criteri di collegamento nella norma di conflitto ed applicare, eventualmente, la legge italiana o straniera richiamata da questi sistemi.

Oltre a questa disposizione generale dell'ART. 16, ci sono dei casi specifici di singole norme di conflitto contenute nella Legge di Riforma, in cui il legislatore italiano stabilisce a priori che un certo risultato deve essere raggiunto e che se il diritto straniero non consente di raggiungere quel risultato, allora si applica il diritto italiano.

ESEMPIO: ART. 31/2 = La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla legge straniera applicabile sono regolati dalla legge italiana. = L'art. 31 consente al giudice italiano di applicare la legge straniera per pronunciare lo scioglimento del matrimonio, però se la legge straniera non ammette il divorzio, né la separazione (come in Italia prima del 1970), allora di applica la legge italiana.


NORME DI APPLICAZIONE NECESSARIA

ART. 17 = E' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.

Il limite all'ordine pubblico non deve essere confuso nemmeno con queste norme di applicazione necessaria: l'ordine pubblico è un limite di carattere generale all'applicabilità di norme straniere eventualmente richiamate da norme di conflitto; le norme di applicazione necessaria sono delle norme materiali dell'ordinamento italiano, norme di diritto privato, le quali vogliono applicarsi sia anche a fattispecie che presentano elementi di estraneità e quindi escludono l'applicazione delle norme di conflitto.

ESEMPIO: gli ARTT. 115 e 116 del codice civile sono due norme di applicazione necessaria, perché disciplinano direttamente la fattispecie, fornendo i requisiti necessari quando gli italiani vogliono sposarsi all'estero o quando gli stranieri vogliono sposarsi in Italia: quindi, indipendentemente da quello che dicono le norme di conflitto relativamente alla forma del matrimonio, dovranno comunque applicarsi gli articoli 115 e 116 del codice civile.

La Dottrina e la Giurisprudenza italiana, già ancor prima dell'ART. 17, facevano e fanno rientrare anche certe norme interne, che non sono dettate allo specifico scopo di disciplinare fattispecie che presentano elementi di estraneità, come l'art. 115 e 116 del codice civile, come gran parte delle norme che disciplinano l'adozione internazionale, che si applicano comunque in virtù dell'art. 38 della Legge di Riforma; queste norme interne rientrano nella nozione di norme di applicazione, anche certe norme del diritto privato comune italiano, le quali devono applicarsi comunque, perché sono considerate talmente importanti ed esprimono un valore fondamentale per l'ordinamento giuridico nazionale che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, si ritiene che siano comunque applicabili dal giudice italiano, anche se il rapporto coinvolge parti straniere o residenti all'estero, ma davanti al giudice italiano queste norme devono comunque essere applicate.

Le normative nazionali relative alla responsabilità civile derivante da incidenti stradali, sono spesso considerate dalla Dottrina e dalla Giurisprudenza dei vari Stati come norme di applicazione necessaria, cioè come  norme che vanno applicate a tutti, anche agli stranieri sul nostro territorio, anche se non residenti nel nostro territorio, indipendentemente da quello che ci dicono le norme di conflitto sulla responsabilità extracontrattuale da fatto illecito = (norma di applicazione necessaria a carattere territoriale).

Le norme di applicazione necessaria escludono l'applicazione delle norme di conflitto, perché vogliono applicarsi anche alle fattispecie con elementi di estraneità; il limite dell'ordine pubblico viene in considerazione solo dopo che abbiamo applicato la norma di conflitto e individuato l'ordinamento straniero competente e se in questo ordinamento straniero competente e se in questo ordinamento straniero competente ci sono delle norme che contrastano con gli importanti valori dell'ordinamento giuridico nazionale, queste norme non saranno applicate.


COSA SUCCEDE SE PER EFFETTO DI UNA NORMA ITALIANA DI APPLICAZIONE NECESSARIA, VIENE AD ESSERE ESCLUSA L'APPLICAZIONE DI UNA NORMA DI CONFLITTO CONTENUTA IN UN TRATTATO

Teoricamente ci sarebbe violazione del trattato. A volte questo problema viene risolto in modo espresso dai trattai internazionali di cui si tratta.

ESEMPIO = Convenzione di Roma 1980 - ART. 7/2: La presente convenzione non può impedire l'applicazione delle norme in vigore nel paese del giudice, le quali disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto. = riferito solo alle norme che vanno considerate come norme di applicazione necessaria: solo quelle norme che disciplinano imperativamente il caso concreto, indipendentemente dalla legge che regola il contratto, cioè le norme che effettivamente vanno considerate come norme di applicazione necessaria, perché esprimono dei valori fondamentali che l'ordinamento ritiene assolutamente irrinunciabili e che comunque vanno applicate, indipendentemente dalle norme di conflitto.




Per concludere: sappiamo che la Convenzione di Roma utilizza il criterio della volontà delle parti come criterio principale, e utilizza il criterio del collegamento più stretto come criterio sussidiario, nel caso in cui le parti non abbiano scelto, né esplicitamente, né implicitamente, la legge applicabile al contratto.

ART. 7/1 = Nell'applicazione, in forza della presente Convenzione, della legge di un paese determinato potrà essere data efficacia alle norme imperative di un altro paese con il quale la situazione presenti uno stretto legame, se e nella misura in cui, secondo il diritto di quest'ultimo paese, le norme stesse siano applicabili quale che sia la legge regolatrice del contratto... = mettiamo che le parti abbiano scelto il diritto francese come legge regolatrice del contratto. Il giudice arriva alla conclusione che la legge regolatrice del contratto è il diritto francese, scelto espressamente dalle parti. Le norme imperative, quelle inderogabili mediante contratto, sono da ricercare nel diritto francese.

In virtù del paragrafo 2 di questo art. 7 sappiamo che il giudice poteva escludere a priori l'applicazione del diritto francese, se nell'ordinamento italiano ci fossero delle norme di applicazione necessaria.

A parte le norme italiane di applicazione necessaria, il giudice poi deve applicare il diritto francese che si dovranno individuare le norme imperative che non possono essere derogate mediante contratto e che quindi sii sostituiranno alle diverse pattuizioni eventualmente contenute nel contratto.

Però, in questo caso, il giudice italiano potrebbe anche tenere conto di eventuali norme di applicazione necessaria che siano contenute nell'ordinamento di uno Stato terzo, ad esempio, nel diritto tedesco: magari le parti del contratto avevano scelto il diritto francese come legge regolatrice del contratto, però sulla base di una considerazione complessiva di tutti gli elementi della fattispecie concreta, l'ordinamento con il quale il contratto presentava il collegamento più stretto era quello tedesco, perché magari le due persone, pur essendo cittadini francesi, avevano entrambi il domicilio o la residenza in Germania, o in Germania svolgevano la loro attività principale, o in Germania doveva essere data esecuzione al contratto, e così via.

Il giudice, quindi, si trova di fronte ad una situazione di questo genere: le parti si rivolgono al giudice italiano, l'Italia dovrà applicare le sue norme di applicazione necessaria; a parte le norme di applicazione necessaria, le parti hanno scelto il diritto francese come legge regolatrice del contratto, quindi si applica il diritto francese, tutte le norme imperative del diritto francese che sono inderogabili mediante contratto. Però nell'ordinamento tedesco che è l'ordinamento con il quale il contratto ha il collegamento più stretto, ci sono delle norme fondamentali di applicazione necessaria che non potrebbero essere applicate, perché non sono le norme di applicazione necessaria del foro e non sono nemmeno le norme imperative contenute nella legge regolatrice del contratto (legge francese), magari scelta per aggirare a delle disposizioni contenute nella legge tedesca.

La soluzione innovativa dell'ART.7/1 consente al giudice italiano, per evitare una sorta di frode alla legge, per evitare che le parti aggirino certe disposizioni fondamentali del diritto tedesco, in materia di contratti, consente al giudice italiano di applicare addirittura le norme di uno Stato terzo, né lo Stato del foro, né lo Stato la cui legge è la legge regolatrice del contratto, e queste norme sono considerate norme di applicazione necessaria in quell'ordinamento, di importanza fondamentale.

RATIO: impedire alle parti, scegliendo una legge regolatrice diversa, di aggirare le norme di applicazione necessaria di quello che, di quello che sulla base del criterio dell'effettività, dovrebbe essere l'ordinamento competente a regolare la fattispecie, se le parti non avessero effettuato nessuna scelta.

Quindi, deve essere chiara la distinzione tra le norme imperative, che in base al diritto privato dello Stato non sono derogabili da parte dei privati, e sono quelle norme che andiamo a ricercare nella legge regolatrice del contratto (in questo caso, la legge regolatrice del rapporto); e le norme di applicazione necessaria, che sono solo quelle norme che esprimono valori fondamentali per l'ordinamento giuridico che, se sono norme del foro, prevarranno in ogni caso rispetto al criterio della volontà delle parti e dovranno essere applicate indipendentemente dalla legge che le parti hanno scelto come legge regolatrice del contratto, ma addirittura si potrà tenere conto anche di norme di applicazione necessaria contenute nell'ordinamento di uno Stato terzo, che sono norme dell'ordinamento con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto.








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