Il
procedimento successorio
Il procedimento successorio consta di tre noti fenomeni:
apertura della successione, vocazione e delazione. Queste nozioni, anche per la
imprecisione del linguaggio legislativo, hanno dato luogo a non pochi equivoci
e contrastanti opinioni
L'apertura della successione indica, in realtà, solo un momento
temporale e spaziale: l'inizio ed il luogo del fenomeno successorio determinato
dalla morte del de cuius.
Vocazione e delazione sono, invece, fenomeni collegati alla necessità di far
subentrare un nuovo soggetto nel complesso dei rapporti giuridici che facevano
capo all'ereditando.
La vocazione indica l'aspetto soggettivo, vale a dire
la designazione, fatta per legge o per testamento, di coloro che dovranno
succedere ed essa non coincide con l'espressione " chiamato all'eredità
" contenuta nell'art. 460.
La delazione, che è il fenomeno senza dubbio più
importante tenuto conto del carattere eminentemente patrimoniale della
successione a causa di morte, indica l'aspetto oggettivo del fenomeno
successorio e va intesa come il complesso dei diritti, dei doveri e delle altre
situazioni giuridiche che viene, alla morte del titolare, offerto al soggetto
che succede.
Nella maggior parte dei casi vocazione e delazione si
verificano nello stesso momento, vale a dire alla morte del de cuius; la differenza pratica tra le due figure, quindi,
svanisce.
Il carattere differenziale, invece, emerge qualora tra i due
fenomeni non vi sia coincidenza temporale. Ciò avviene nelle seguenti ipotesi:
istituzione sotto condizione sospensiva, istituzione di nascituri, istituzione
di enti non riconosciuti, chiamati ulteriori e, infine, successione del
legittimario preterito che, come si è accennato,
diventa erede non al momento dell'apertura della successione, ma quando
esperisce vittoriosamente l'azione di riduzione.
In queste ipotesi, mentre la vocazione è come sempre
attuale, la delazione viene differita ad un momento successivo: avveramento della condizione sospensiva, nascita,
riconoscimento dell'ente, mancanza delle chiamate precedenti, esito vittorioso
dell'azione di riduzione.
Questa fase, nella quale c'è attualità di
vocazione e differimento di delazione, viene da autorevole dottrina (Grosso e Burdese) denominata aspettativa di delazione: non competono
al vocato, non ancora delato,
i tipici poteri di quest'ultimo (il diritto di accettare l'eredità e
l'esercizio degli atti conservativi previsti dall'art. 460), ma gli compete,
come ora vedremo, una tutela minore.