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IL LEGATO

giurisprudenza



IL LEGATO


Il legato è una disposizione a titolo particolare, che non comprende l'universalità o una quota dei beni del testatore. L'essenza del legato consiste in un'attribuzione patrimoniale relativa a beni determinati, e che importa un beneficio economico per la persona designato dal testatore. Il legato è disposto con testamento, ma può anche derivare dalla legge. Si dice legatario la persona a cui favore la disposizione è fatta. Il legatario non risponde dei debiti ereditari. Si dice onerata la persona che è tenuta alla presentazione, oggetto del legato. Tale persona può essere tanto l'erede che un altro legatario (sublegato). Il sublegato si distingue dal prelegato, che è il legato a favore del coerede e a carico dell'eredità (art. 661). Per es. Tizio istituisce eredi Caio e Sempronio, ciascuno per la metà: a Cai 454e44e o lascia altri beni, oltre quelli che gli spettano come erede, con un prelegato che grava sulle quota di tutti gli altri coeredi. Ciò significa che l'erede beneficiato dal prelegato risponderà dei debiti ereditari soltanto in proporzione della quota ereditaria e non anche del valore dei beni pervenutigli a titolo di prelegato. Il coerede prelegatario ha diritto a conseguire il legato per intero in anteparte.

Oggetto del legato può essere o il diritto di proprietà o altro diritto reale su cosa determinata già appartenente al testatore, oppure di cose determinate solo nel genere.



Il legato di genere dà luogo ad un rapporto obbligatorio: il legatario è un creditore dell'erede. Il legato, a differenza dell'eredità, si acquista di diritto, senza bisogno di accettazione (art. 649); il legatario ha però facoltà di rinunziare. La rinunzia può essere espressa o tacita. Se il legato ha per oggetto beni immobili, poiché questi vengono automaticamente a far parte del patrimonio del legatario, la rinuncia deve farsi per iscritto (art. 1350).

L'art. 650 dispone che il giudice può fissare un termine, trascorso il quale egli perde il diritto di rinunziare.

Se il legato è di specie, la proprietà o il diritto si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del testatore (art. 649). Invece il legatario ha l'onere di domandare alla persona onerata il possesso della cosa legatagli.

Legato di cosa altrui: se la proprietà o il diritto reale non apparteneva al de cuius ma  apparteneva a terzi o allo stesso onerato, bisogna distinguere (art. 651). Se il testatore ignorava che la cosa non era sua, vale il principio "nessuno può trasferire un diritto più grande di quello che ha" e perciò il legato è nullo.

Se, invece, dal testamento o da altra dichiarazione scritta del testatore risulta che egli conosceva che la cosa apparteneva ad altri, allora il legato se non potrà avere, com'è naturale, effetti reali, avrà peraltro effetti obbligatori.

Legato di genere: esso è valido anche se nessuna cosa del genere considerato fa parte del patrimonio ereditario (art. 653): l'onerato sarà tenuto ad acquistare il numero o la quantità di cose stabilita dal testatore.

Legato alternativo: si applicano i principi stabiliti per le obbligazioni alternative; la scelta, salva diversa disposizione del testatore, spetta all'onerato (art. 665).

Legato di credito (art. 658): Tizio ha un credito verso Caio e lo lascia in legato a Sempronio. Alla morte di Tizio si verifica una successione particolare nel credito, analogamente a quanto avviene per effetto della cessione con atto inter vivos.

Legato di liberazione da un debito (art. 658): Tizio ha un credito verso Sempronio: se egli gli lega questo debito, significa che vuole che il debito sia estinto, ossia fa nei confronti del debitore una remissione del debito.

Legato a favore del creditore (art. 659): se Tizio, avendo un debito verso Caio, dispone a favore di quest'ultimo un legato senza fare menzione del debito, si presume che egli abbia voluto fare una liberalità a favore del suo creditore, il quale avrà diritto anche al pagamento del debito. Se invece il testatore ha menzionato il debito, la somma legata serve d estinguere il debito ed il creditore, se non rifiuta il legato, non può pretendere altro.


LA DIVISIONE DELL'EREDITA'


Al defunto possono anche succedere più eredi: si crea in tal caso una comunione ereditaria che è disciplinata, per quanto non è diversamente disposto e in quanto compatibili, dalle norme sulla comunione in generale (artt.1100).

Con l'accettazione infatti ciascun coerede diviene titolare di una quota ideale del patrimonio del de cuius.

La quota ereditata costituisce un diritto disponibile e può quindi formare oggetto di trasferimento da parte del suo titolare ad altri soggetti. In considerazione peraltro dell'opportunità di evitare che una persona estranea possa intromettersi nella comunione ereditaria anche contro la volontà degli altri coeredi, la legge prevede a loro favore un diritto di prelazione. Pertanto qualora uno degli eredi abbia intenzione di alienare la propria quota o parte di essa deve notificarlo preventivamente, con l'indicazione del prezzo pattuito, agli altri coeredi che hanno diritto, a parità di prezzo, di essere preferiti ai terzi.

La comunione ereditaria cessa con la divisione che sostituisce, al diritto di ciascun coerede su una quota astratta del patrimonio ereditario, il diritto di proprietà individuale ed esclusiva su singoli beni o crediti corrispondenti al valore della quota stessa. La divisione ha un'efficacia dichiarativa e retroattiva: si considera infatti come se il coerede fosse stato sin dall'inizio l'unico e immediato titolare dei beni che compongono la sua quota e non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari (art. 757). La divisione può essere domandata in qualsiasi momento da ciascuno dei coeredi, salvo che il testatore l'abbia vietata per un periodo non superiore a cinque anni o ricorra una delle cause previste dalla legge che impediscono temporaneamente la divisione, e il relativo diritto non è soggetto a prescrizione.

La divisione si dice convenzionale quando avviene amichevolmente in base ai criteri di ripartizione dei beni ereditari contenuti in un contratto di divisione accettato da tutti i coeredi.

Qualora le parti non si accordino tra di loro sulla divisione, ciascun coerede può rivolgersi al giudice perché la operi in base ai criteri indicati dalla legge. Le porzioni in natura dell'eredità devono essere formate in modo da comprendervi possibilmente una quantità di beni mobili, di immobili e di crediti di eguale natura e qualità, compensando con conguagli in denaro le eventuali differenze (art. 727-728).

Lo stesso testatore  può avere dettato nel testamento delle disposizioni, che sono vincolanti per gli eredi, sul modo in cui effettuare la divisione o può anche avere già provveduto alla divisione del patrimonio ereditario, indicando esattamente i beni spettanti a ciascun coerede (art. 734).

Qualora i coeredi tra i quali si procede alla divisione siano prossimi congiunti del defunto, cioè i discendenti in linea retta oppure i discendenti e il coniuge, si deve effettuare preliminarmente, allo scopo di evitare delle discriminazioni tra i coeredi nel compiere l divisione, la cosiddetta collazione delle donazioni (art. 737 e ss.).

La collazione consiste nel conferire al patrimonio ereditario le donazioni ricevute in vita, in quanto tali atti di liberalità si presumono come delle semplici anticipazioni su quanto spetta al beneficiario in seguito alla morte del de cuius. La collazione può avvenire:

in natura: quando i beni immobili ricevuti a titolo di donazione dal de cuius vengono restituiti alla comunione ereditaria;

per imputazione: quando i beni, mobili o immobili, o il denaro ricevuti vengono trattenuti dal donatario e imputati alla quota ereditaria, cioè detratti da quanto gli spetta a titolo di divisione.






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