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DIRITTO PENALE - Breve guida alla riforma del giudice unico

giurisprudenza



DIRITTO PENALE

Breve guida alla riforma del giudice unico. Le modifiche al codice di procedura penale introdotte dalla l. 479/99


Il 2 gennaio 2000, sincronizzata con la "seconda parte" della più ampia riforma del giudice unico, è entrata in vigore la legge 16 dicembre 1999, n. 479 (detta "legge Carotti") che, tra le altre innovazioni, ha definitivamente introdotto il rito monocratico in sede penale (con non poche innovazioni) e numerose altre modifiche ai codici penale e di procedura penale rivedendo non poco la disciplina prevista dal precedente d.lgs.51/98.
Questo documento costituisce una sorta di "guida rapida" alla riforma c.d. "del rito monocratico" - appunto, più circoscritta rispetto a quella del giudice unico - che tratta i principali istituti toccati dalla l. 479/99. A tale fine si è seguito, in linea di massina, l'ordine del codice di procedura penale.

COMPETENZA PER MATERIA E ATTRIBUZIONI Cancellato (non dalla l. 479/99, ma dal d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51) l'art. 7 che fissava la competenza del pretore (e, ancora prima, il riferimento dell'art. 6 a questa figura di giudice), sono stati modificati gli articoli 33 bis, 33 ter, 33 sexies e 33 septies già introdotti dal medesimo d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 nel quadro della generale riforma del giudice unico.
Si nota subito la scomparsa della figura del pretore il cui posto (sotto il profilo della monocraticità) è stato preso dal "tribunale in composizione monocratica" (da qui e da altre disposizioni - cfr. infra Rito monocratico del libro VII I - il nome con cui, comunemente seppur impropriamente, è conosciuta la riforma). Si vedrà, comunque, quanto questo "avvicendament 919d36j o" sia limitato al rito monocratico senza udienza preliminare.
La competenza (a parte quella del tribunale per i minorenni) è ora ripartita soltanto tra corte d'assise e tribunale. Nell'àmbito di quest'ultimo (organo "unico"), la legge non si esprime in termini di "competenza", ma di "attribuzioni" della composizione collegiale e di quella monocratica (cfr. artt. 33 bis, 33 ter e 33 quater).
Le differenze non sono soltanto terminologiche (competenze e attribuzioni non sono sinonimi), ma investono anche le questioni riguardanti le regole e le conseguenze in caso di "inosservanza" delle predette norme di attribuzione. Sono quelle degli artt. 33 quinquies (non modificato dalla l. 479/99), 33 sexies, 33 septies, 33 octies e 33 nonies (anche questi ultimi due mantenuti nella formulazione orginaria del d.lgs. 51/98). In più, si noti quanto, per la chiara lettera dell'art. 33, comma 3 (introdotto dal d.lgs. 51/98), la violazione di queste regole, riguardanti, comunque, l'"unico" giudice rappresentato dal tribunale (mutevole soltanto nella composizione), non attenga a questioni di capacità del giudice stesso. Lo sbarramento preventivo a questioni di nullità (assolute ai sensi del combinato disposto degli artt. 178, comma 1 lett. a) e 179, comma 1) è inequivoco.
In termini generali, le attribuzioni, sempre residuali, del tribunale in composizione monocratica risultano parecchio allargatate rispetto alla previgente competenza pretorile: vi rientrano - secondo un criterio "quantitativo" - i reati puniti con la reclusione, nel massimo, sino a dieci anni ed altri ben più gravi in termini di pena come le violazioni in tema di stupefacenti di cui all'art. 73 d.P.R. 309/90 (tranne se aggravate ex art. 80, commi 1, 3 e 4 del medesimo decreto).



INCOMPATIBILITA' All'art. 34 viene aggiunto il comma 2 ter che fissa espresse esclusioni dell'incompatibilità prevalentemente legate ad atti "minori" adottati ai sensi dell'Ordinamento Penitenziario.
Anche se introdotte con il d.lgs. 51/98, vanno ricordate le incompatibilità previste dall'art. 34, comma 2.

COMPETENZA E PUBBLICO MINISTERO
Un novità assoluta è contemplata dall'art. 54 quater che prevede, per indagato, persona offesa e difensori, la possibilità di chiedere formalmente al pubblico ministero procedente la trasmissione degli atti ad altro pubblico ministero, sempre che sussistano motivi legati alla compentenza del giudicante (v. anche il nuovo art. 4 bis disp. att.).

ASSUNZIONE DELLA QUALITA' DI IMPUTATO
Pur incidentalmente, nell'art. 60 fa il suo esordio l'istituto del "decreto di citazione diretta a giudizio" che, in taluni casi del rito monocratico, sostituisce il decreto di citazione di pretorile memoria.

COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE, DIFENSORI DELLE PARTI PRIVATE ED AUTENTICHE DI SOTTOSCRIZIONI
Degna di nota è l'introduzione, negli artt. 100, comma 1, e 122, comma 1, della possibilità, per il difensore, di autenticare la sottoscrizione apposta, dal proprio assistito, a procure speciali rilasciate per scrittura privata. Tale innovazione pone fine alla giurisprudenza che, culminata con la nota e recente pronuncia delle Sezioni Unite, aveva limitato fortemente il potere di certificazione del difensore determinando, in particolare, la decimazione di numerose parti civili.
Si veda anche la modifica all'ultimo comma dell'art. 78 in tema di deposito della procura speciale per la costituzione di parte civile.

DIVIETO DI PUBBLICAZIONE DI ATTI E DI IMMAGINI
Ha avuto particolare eco sulla stampa non giuridica. Con l'art. 114, comma 6 bis, è ora vietata la pubblicazione di immagini che ritraggono persone "in manette", salvo un improbabile consenso dell'interessato.

RIPARAZIONE PER L'INGIUSTA DETENZIONE
L'anacronistica soglia del risarcimento (era cento milioni di lire) fa spazio al più adeguato limite massimo di un miliardo di lire.
Il termine, a pena di decadenza, previsto per la presentazione della relativa domanda passa da diciotto mesi a due anni.
Sostanzialmente invariato il dies a quo, ma viene aggiunto l'ulteriore riferimento alla notificazione del provvedimento di archiviazione.

INDAGINI PRELIMINARI
Di particolare rilievo appare il nuovo art. 415 bis che prevede, in capo al pubblico ministerto, l'obbligo di avvisare l'indagato della conclusione delle indagini preliminari. Nell'avviso vanno indicate le facoltà di visione e di estrazione copie, nonché quelle (da esercitarsi entro il termine - che sembra soltanto ordinatorio - di venti giorni) di deposito memorie e produzioni anche relative ad indagini difensive, di domandare un approfondimento delle indagini, di rilasciare dichiarazioni e di chiedere l'interrogatorio. Nel caso di richiesta di interrogatorio, il pubblico ministero è tenuto a procedere all'incombente.
A seguito delle richieste dell'indagato, il pubblico ministero può disporre nuove indagini nel termine di trenta giorni, prorogabili sino a sessanta.
Le dichiarazioni e l'interrogatorio dell'indagato oltre ai nuovi atti così disposti dal pubblico ministero entrano a far parte del suo fascicolo e, se compiuti nel termine previsto dal comma 4, sono pure utilizzabili.
Conseguenti modifiche anche all'art. 416. Nell'evidente intento di sollevare procure o polizia giudiziaria, l'omissione dell'interrogatorio cui procedere al termine delle indagini preliminari (introdotto soltanto con la legge 16 luglio 1997, n. 234) determina la nullità della richiesta di rinvio a giudizio (o del nuovo decreto di citazione a giudizio) soltanto se richiesto tempestivamente ai sensi del citato art. 415 bis. Identica nullità è prevista anche per l'omissione di notifica dell'avviso del termine delle indagini preliminari.
Altre modifiche sono state introdotte in tema di archiviazione. Oltre al rinnovato art. 415, si noti il primo comma dell'art. 409, secondo il quale il provvedimento di archiviazione dovrà, d'ora in poi, essere notificato alla persona sottoposta, in quel procedimento, a custodia cautelare. Tale ultima disposizione si collega strettamente con la nuova disciplina in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione.

RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO E UDIENZA PRELIMINARE
Diffusamente, si è sentita la necessità di imporre un'enunciazione "chiara e precisa" delle contestazioni contenute nella richiesta di rinvio a giudizio (cfr. art. 417, comma 1, lett. b) e nel decreto che dispone il giudizio (art. 429, comma 1, lett. c).
Ridotto l'articolo 420 sono stati introdotti gli artt. 420 bis, 420 ter, 420 quater e 420 quinquies che, rispettivamente, riflettono il tenore dei previgenti artt. 485, 486, 487 e 488 (ora abrogati).
Si tratta delle disposizioni riguardanti i casi di mancata conoscenza dell'avviso dell'udienza preliminare, di assenza, di impedimento (anche del difensore), di contumacia e di assenza o allontanamento volontari dell'imputato.
La conseguenza più evidente è che la dichiarazione di contumacia è anticipata, qualora ne ricorrano i presupposti, all'udienza preliminare, donde la necessità di abrogare le predette disposizioni già contenute nel libro VII (Giudizio).
L'art. 421 prevede ora espressamente la facoltà, per l'imputato, di rendere dichiarazioni spontanee, mentre il nuovo art. 421 bis ed il rinnovato art. 422 amplia notevolmente i poteri istruttori del G.U.P. in ordine ad attività di indagine e di vera e propria attività probatoria.
In particolare, la prima disposizione consente al G.U.P., qualora osservi un'incompletezza delle indagini del pubblico ministero, di ordinare, al pubblico ministero, l'integrazione delle indagini fissandone il termine. Tale "ordinanza-ordine", si configura, in realtà, anche come atto di "censura" obbligatoria nei confronti dell'accusa. Ne è, infatti, prevista la comunicazione al procuratore generale presso la corte d'appello il quale può, addirittura, procedere all'avocazione delle indagini.
L'art. 422 (già esistente) regola, invece, i poteri probatori propri del G.U.P. in sede di udienza preliminare, ma con rilevanti innovazioni. Anzitutto, è contemplato il potere di disporre d'ufficio (e non soltanto su richiesta delle parti come dettato in precedenza) l'assuzione di prove. Tale potere è, però, orientato al favor rei, nel senso che può essere esercitato soltanto quando "appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere". In precedenza, questi poteri istruttori potevano essere esercitati a prescindere dall'esito cui miravano, dunque anche per l'eventuale rinvio a giudizio.
Reso più complesso l'art. 425 che, ora, si articola in cinque commi in luogo dei precedenti due. A norma del secondo, le attenuanti ed il bilanciamento delle circostanze ex art. 69 c.p. entrano definitivamente in gioco nella decisione circa la sentenza di non luogo a procedere prevista dal primo comma (caso che, malgrado il silenzio della legge, pare applicabile esclusviamente ai fini della prescrizione). L'udienza preliminare "importa" dal dibattimento (cfr. art. 530, comma 2) l'equiparazione dell'insufficienza e della contradditorietà degli elementi probabori dell'accusa alla positiva sussistenza di prove di innocenza. E la figura del G.U.P. assume ancor più autorevolezza anche nei confronti dell'accusa con il filtro valutativo circa l'"idoneità" degli stessi a sostenere l'accusa in giudizio (previsione che non può non suggerire una sorta di archiviazione d'ufficio del giudice).
Altre innovazioni (commi 4 e 5) riguardano l'impossibilità di pronunciare la sentenza di non luogo a procedere nell'ipotesi di applicabilità di misure di sicurezza (decisione evidentemente demandata alla fase del giudizio) e l'obbligo di pronunciarsi sull'eventuale falsità di documenti.
Sostanzialmente anticipate al termine dell'udienza preliminare le questioni circa il contenuto del fascicolo per il dibattimento di cui all'art. 431 che, oggi, si svolgono in un pieno contraddittorio preventivo con possibilità di fissare un'udienza ad hoc nei quindici giorni.
Sempre riguardo il fascicolo per il dibattimento, la nuova lettera dell'art. 431 dà maggiore spazio agli atti acquisiti mediante rogatoria internazionale e consente l'accordo tra le parti in ordine all'inserimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o relativi alle investigazioni difensive.
E' fatto divieto al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria e al difensore di assumere informazioni da persone ammesse ex art. 507, indicate nella richiesta di incidente probaborio o ai sensi del novellato art. 442, comma 2, ovvero indicate nella lista testi per il dibattimento presentata dalle altre parti. Le informazioni eventualmenta assunte in violazione di questo divieto sono inutilizzabili. Il divieto cessa, comunque dopo l'assunzione della testimoninanza e nei casi in cui questa non sia ammessa o non abbia luogo (art. 430 bis).
In generale, si può osservare quanto, con la riforma, l'udienza preliminare sia diventato un sostanziale "sbarramento" ai dibattimenti (cfr. anche infra in tema di rito abbreviato e di patteggiamento), il momento centrale del procedimento, con la piena celebrazione della "monocraticità" del giudicante. V'è da dire, in conclusione di questa sezione, che le modifiche introdotte all'udienza preliminare spostano decisamente questa fase verso l'imputato, sconvolgendo non poco gli assetti dei protagonisti del rito.

GIUDIZIO ABBREVIATO
Novità anche sul fronte del rito abbreviato. In primis, il venir meno del consenso del pubblico ministero la cui necessità non è più contemplata dall'art. 438. L'imputato può, addirittura, subordinare la propria richiesta all'integrazione probatoria di cui all'art. 422 bis, ammessa dal giudice con attenzione alla necessità della stessa ed anche ad una generale - quanto imprecisata - compatibilità "con le finalità di economia processuale proprie del procedimento". E', comunque, prevista la reiterabilità della richiesta sino al termine ultimo ordinario.
L'integrazione probatoria, anche d'ufficio e regolata dall'art. 422, può, peraltro, essere recuperata tramite il dettato dell'art. 441, comma 5, nei casi in cui il giudice, pur dopo aver concesso il rito, si trovi a non poter decidere allo stato degli atti.
Il rito abbreviato, prima della riforma da celebrarsi soltanto in camera di consiglio, può svolgersi in udienza pubblica se così richiesto da tutti gli imputati (art. 441, comma 3).
Significativa è la reintroduzione dell'applicabilità del rito abbreviato in procedimenti riguardanti reati punibili con l'ergastolo (art. 442, comma 2): in tal caso la riduzione per il rito comporta la sostituzione di detta pena con quella della reclusione di trent'anni. Si ricorda che tale previsione era già esistente nella formulazione originaria del codice. La Corte Costituzionale, con sentenza 23 aprile 1991, n. 176, l'aveva dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega.
Aperture verso l'imputato anche in tema di appellabilità: viene abrogato il comma 2 dell'art. 443 che prevedeva il limite con riferimento alle condanne alla sola pena pecuniaria e a pene comunque da non eseguirsi (limite, peraltro già espunto con la dichiarazione di illegittimità della Consulta resa con la sentenza 23 luglio 1991, n. 30).
Con la riscrittura del primo comma, cade - ma anche con riferimento all'appello del pubblico ministero - il limite riguardo le sentenze con le quali sono state applicate sanzioni sostitutive.

PATTEGGIAMENTO
Nell'art. 444, comma 2, è stato aggiunto l'espresso riferimento alla congruità della pena.
Ma la vera "rivoluzione", contenuta nell'art. 446, comma 1, è costituita dal termine ultimo per la relativa richiesta: non più fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ma sino alle conclusioni dell'udienza preliminare, come per il rito abbreviato.
Per la trasformazione dal giudizio direttissimo vale il vecchio termine; per il giudizio immediato si applicano tempi e forme di cui all'art. 458, comma 1; per il rito monocratico si rinvia alla specifica sezione.
All'art. 448 viene, inoltre, prevista la possibilità di rinnovare, prima dell'apertura del dibattimento, la richiesta di applicazione della pena qualora, in precedenza, il giudice non abbia pronunciato sentenza conforme o il pubblico ministero non abbia prestato il consenso. La richiesta non può essere rinnovata oltre questo termine, ma il giudice può applicare la pena anche dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio d'impugnazione.
Per il resto si segnala l'adeguamento del testo del comma 2 dell'art. 444, ora conforme, in tema di compensazione delle spese, alla sentenza della Corte Costituzionale 12 ottobre 1990, n. 443 (anche se la Consulta aveva utilizzato la locuzione "gravi motivi" e non "giusti motivi").
Altra menzione merita il novellato art. 135 disp. att.: in caso di richiesta di patteggiamento, il giudice (naturalmente quello del dibattimento), a differenza del passato dove vi era soltanto una facoltà, ordina senz'altro l'esibizione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero.

GIUDIZIO DIRETTISSIMO
Una sola disposizione modificata: il comma 2 dell'art. 452 in tema di trasformazione del rito da direttissimo ad abbreviato. Scompare, ovviamente, il riferimento al consenso del pubblico ministero, mentre non sono più genericamente richiamate le norme dell'udienza preliminare. Il riferimento è circoscritto agli artt. 438, commi 3 e 5 (il che, peraltro, comporta la subordinazione all'integrazione probaboria a prescindere dai temi nuovi e incompleti soltanto indicati dal giudice), 441, 442 e 443. In particolare, il richiamo a tutto l'art. 441 consente, pure in questa trasformazione, il pieno recupero dei poteri di integrazione istruttoria propri del giudice (cfr. art. 422).

GIUDIZIO IMMEDIATO
Anche in questo caso (art. 458, comma 2), si noti l'espresso rinvio agli artt. 438, commi 3 e 5, 441, 442 e 443.

PROCEDIMENTO PER DECRETO
L'irrogabilità del decreto penale di condanna viene estesa anche ai reati perseguibili a querela sempre che la stessa sia stata validamente presentata e che non vi sia opposizione del querelante proprio nell'atto di querela (art. 459, comma 2), ma scompare il riferimento all'applicabilità di pene accessorie (infatti, espressamente escluse dal nuovo comma 5 dell'art. 460). Il ruolo dell'eventuale querelante emerge anche dal comma 4 dell'art. 459 che impone la comunicazione della condanna allo stesso.
Nel quadro di una potenziata premialità del rito (palesemnte riscritto sulla falsariga del patteggiamento), il novellato articolo 460 prevede:
- il decreto non comporta più la condanna al pagamento delle spese di giustizia e, come già evidenziato, a pene accessorie;
- il decreto, anche se divenuto esecutivo, non ha più effetto di giudicato nei giudizi civili o amministrativi;
- è previsto l'effetto esistintivo per decorrenza di cinque anni (delitti) o due anni (contravvenzioni) e l'applicabilità della sola confisca obbligatoria.
In punto opposizione, superando le incertezze giurisprudenziali (peraltro conclusesi in senso favorevole al condannato), oggi il silenzio serbato circa il rito prescelto comporta senz'altro il dibattimento (rectius: il giudizio immediato) senza alcuna possibilità, in quella sede, di ripensamenti volti al patteggiamento o all'oblazione (art. 464). L'opposizione (e, come si vedrà, anche per le altre impuganzioni) può essere presentata anche nella cancelleria del giudice di pace (art. 461, comma 1).

OBLAZIONE
Cambiamenti al codice penale e alle norme di attuazione anche in tema di oblazione. Qualora, nel corso del dibattimento, l'originaria imputazione sia modificata in altra per la quale sia ammissibile l'oblazione, l'imputato è rimesso nei termini per la richiesta de qua (ultimo comma dell'art. 162 bis). Va evidenziato che, prima della riforma, la giurisprudenza ammetteva l'oblazione a seguito di modifica dell'imputazione soltanto se la relativa richiesta era presentata negli ordinari termini predibattimentali.
Risulta modificato anche l'art. 141 disp. att.: l'ultima parte del comma 4 rende ora inapplicabile il comma 3 dell'art. 75; il 4 bis fissa il termine (pari a dieci giorni) del pagamento per il caso di ammissibilità al rito ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 162 bis.

GIUDIZIO-DIBATTIMENTO (LIBRO VII)
Viene, anzitutto, risistemato l'art. 468 con particolare attenzione alla citazione dei testimoni ex art. 210 e prevedendo una più agile e preventiva distribuzione delle citazioni tra le varie udienze dibattimentali (cosa, peraltro, anticipata dalla prassi).
A conferma della centralità dell'udienza preliminare (e, specularmente, della residualità del dibattimento), alcune norme riguardanti quest'ultima (artt. 420 bis, 420 ter, 420 quater e 420 quinquies) sono, addirittura, richiamate dal nuovo art. 484, comma 2 bis in tema di costituzione delle parti. Ne consegue l'abrogazione delle norme del dibattimento regolanti questi aspetti (art. 485, 486, 487 e 488), il cui approfondimento, come visto, è sostanzialmente anticipato all'udienza preliminare.
Secondo il nuovo testo dell'art. 493, scompare l'esposizione introduttiva del pubblico ministero che, al pari delle altre parti, dovrà limitarsi alla semplice indicazione dei fatti che intende provare chiedendo l'ammissione delle prove. Come già al termine dell'udienza preliminare (art. 431, comma 2) le parti possono accordarsi su alcuni inserimenti di atti nel fascicolo del dibattimento.
Riassetto dei poteri del presidente o del giudice monocratico:
- espressamente, può ora impedire letture o esposizione di atti delle indagini preliminari (art. 493, comma 4);
- per altro verso (art. 506, comma 2), gli sono ora impedite domande da rivolgere ai soggetti esaminati prima che si siano conclusi esame e controesame;
- può disporre, anche d'ufficio a norma del comma 1 art. 507, l'assunzione di mezzi di prova relativi agli atti il cui inserimento nel fascicolo dibattimentale è stato concordato tra le parti (art. 507, comma 1 bis);
- può disporre la lettura di dichiarazioni rese non soltanto dal cittadino straniero residente all'estero, ma anche dal cittadino italiano che non abbia residenza nel nostro Paese, sempre che sia assolutamente impossibile l'esame dibattimentale (art. 512 bis).
Le eccezioni riguardanti la necessità di udienza preliminare (ove non si sia svolta) a seguito di modifiche, nel corso del dibattimento, dell'imputazione e, nel medesimo àmbito, della contestazione di reati concorrenti e di circostanze aggravanti patiscono gli stessi limiti di quelle riguardanti la competenza di giudici superiori (artt. 516, comma 1 ter, e 517, comma 1 bis; ma v. anche artt. 521, comma 1, e 521 bis, comma 1).

RITO MONOCRATICO LIBRO VIII (GIA' RITO PRETORILE)
Un altro rito letteralmente rivoluzionato dalla riforma è quello precedentemente definito "pretorile", ora, invece, comunemente chiamato "rito monocratico".
Il libro VIII del codice è stato integralmente riscritto sin dalla rubrica ("Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica") e comprende attualmente appena undici articoli (549-559) contro i diciannove del passato.
Pur non risultando chiaro nel testo della riforma, la precedente equazione libro VIII=assenza di udienza preliminare non è più valida (almeno nell'assetto dato dalla legge de qua). Altrimenti detto, il rito monocratico può prevedere la fase dell'udienza preliminare.
Pur nella succitata ambiguità del testo legislativo, tale conclusione è inevitabilmente da trarre tramite la comparazione degli artt. 33 bis e 33 ter da un lato (che ripartiscono le attribuzioni tra tribunale collegiale e tribunale monocratico) e dell'art. 550 dall'altro (la disposizione disciplina i casi di citazione diretta a giudizio).
Se, infatti, la citazione diretta (di cui si dirà in seguito), vale a dire la citazione che "salta" l'udienza preliminare è imposta per i reati puniti con la reclusione non superiore, nel massimo, a quattro anni e le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica si estendeno, in termini generali, sino a reati sanzionalibili con la reclusione non superiore, sempre nel massimo, a dieci anni (cfr. la residualità prevista dagli arrt. 33 bis, comma 2, e 33 ter) la forbice è evidente.
A conferma di quanto appena detto, si noti che il legislatore, pur nelle "pieghe" della legge, parla di udienza preliminare anche nel rito monocratico. In proposito, si vedano gli artt. 550, comma 3, 551 (pur indirettamente) e 556, comma 2, mentre, nel libro VII, sono previste eccezioni riguardanti l'eventuale mancata celebrazione dell'udienza preliminare (artt. 516, comma 1 ter, e 517, comma 1 bis; ma v. anche artt. 521, comma 1, e 521 bis, comma 1).
Tale innovazione discende, in realtà, dal progetto di legge c.d. "Carotti" (dal nome del relatore) divenuto proprio l. 479/99. Infatti, mentre il d.lgs. 51/98 - in ossequio alla delega - aveva sostanzialmente sostituito la figura del tribunale monocratico a quella del pretore con ben poche modifiche sostanziali, la 479/99 ha introdotto la distinzione nell'àmbito del rito monocratico.
Queste, comunque, le principali novità del libro VIII (rispetto al previgente rito pretorile):
- il decreto di "citazione diretta a giudizio", vale a dire quello che salta l'udienza preliminare, è sempre emesso dal pubblico ministero (cfr. art. 550); ma, per alcuni reati precedentemente di competenza del pretore, è ora previsto il rito monocratico con udienza preliminare (artt. 379, 572 - anche nell'ipotesi base - , 589, 614, comma 4, 640, comma 2);
- l'eccezione circa la necessità dell'udienza preliminare può essere sollevata entro il termine di cui all'art. 491, comma 1. In caso di accoglimento il giudice trasmette gli atti al pubblico ministero (cfr. art. 550, comma 2), mentre la connessione con procedimenti che prevedono l'udienza preliminare impone al pubblico ministero di presentare, per tutti, l'ordinaria richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell'art. 416 art. 551);
- scompaiono la previsione (riportata nel previgente art. 553) di termini di durata delle indagini preliminari diversi per il rito pretorile e le speciali determinazioni del pubblico ministero alla chisura delle indagini stesse (già art. 554);
- il decreto di citazione (diretta) a giudizio (ora disciplinato dall'art. 552) ricalca quello contemplato, al previgente art. 555, per il vecchio rito pretorile. Anche per il rito monocratico (così come per quello collegiale) sono state imposte "chiarezza e precisione", ma, sembrerebbe, limitatamente all'esposizione del fatto (cfr. la lett. c). Con il riassetto dei termini per le richieste di riti alternativi, vengono modificati gli avvisi relativi a detti termini (cfr. infra). Sempre con riguardo alle modifiche introdotte nel rito collegiale, anche il decreto di citazione a giudizio del rito monocratico è nullo se non preceduto dall'avviso ex art. 415 bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere interrogatorio, sempre se tempestivamente richiesto dall'indagato. Si allunga, invece, il termine a comparire, oggi pari ad almeno sessanta giorni, quarantacinque soltanto in motivati casi di urgenza;
- ai sensi dell'art. 555, comma 1, il termine di presentazione delle c.d. "liste testi" passa dai due giorni del rito pretorile a sette giorni, adeguandosi ai termini del giudizio collegiale;
- sempre ai sensi dell'art. 555, il termine ultimo per domandare il rito abbreviato (qualora non si celebri l'udienza preliminare - v. art. 556, comma 2) viene spostato a prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Restano invariati i termini per le richieste di patteggiamento (ma sempre qualora non sia prevista l'udienza preliminare) e oblazione;
- il comma 3 dell'art. 555 impone al giudice una sorta di tentativo di conciliazione in caso di perseguibilità a querela. In precedenza, l'abrogato art. 564 affidava questo incombente al pubblico ministero, comunque facoltizzandolo;
- anche per il rito monocratico, è eliminata l'esposizione introduttiva del pubblico ministero ed è prevista la possibilità di un accordo tra le parti circa l'inserimento di atti di parte nel fascicolo dibattimentale (art. 555, comma 4);
- conformemente alle regole generali, anche il libro VIII esclude "ripensamenti" circa riti alternativi (abbrevito, patteggiamento e oblazione) nel caso sia stata presentata opposizione al decreto penale (art. 557);
- sul fronte della convalida dell'arresto e del giudizio direttissimo (ora discilpinati dall'art. 558) si osservi l'equiparazione (per mezzo dell'art. 558, comma 9) ai casi di giudizio direttissimo "collegiale" ex art. 449, commi 4 e 5;
- nessuna significativa novità per il dibattimento regolato dall'art. 559, avvicinato, da altre norme, sempre più a quello del tribunale in composizione collegiale.
In margine, si segnala che le funzioni dei pubblici ministeri non possono essere delegate per reati diversi da quelli per cui si procede a citazione diretta ai sensi dell'art. 550 nella nuova lettera (cfr. le modifiche apportate all'ultimo comma dell'art. 72 dell'Ordinamento Giudiziario).

IMPUGNAZIONI
Poche modifiche al libro IX. La più rilevante: dall'art. 571, comma 3 è espunta la previsione circa la necessità, a pena di inammissibilità, della procura speciale per l'impugnazione del difensore di sentenze contumaciali.
All'art. 579 e stato depennato il riferimento alle sentenze di non luogo a procedere (che, come visto nella sezione dedicata all'udienza preliminare non possono più essere pronunciate qualora il G.U.P. ritenga di dover irrogare una misura di sicurezza).
Conformemente a quanto disposto per l'opposizione al decreto penale, anche le impugnazioni in genere posso essere presentate alla concelleria del giudice di pace (art. 582, comma 2).

ESECUZIONE
Una "correzione" analoga a quella posta all'art. 579 è risultata necessaria per l'art. 680, comma 2.
Con la riforma il certificato richiesto dall'interessato ex art. 689, non comprende più l'iscrizione dei decreti penali (comma 2, n. 5).

DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE
Tra le innovazioni, comunque limitate, non direttamente relative alle sezioni di cui sopra, si segnalano:
- abrogazione dell'art. 155 in tema di incidente probatorio;
- abrogazione dell'art. 156 riguardo l'opposizione alla richiesta di archiviazione;
- abrogazione dell'art. 158 (avocazione in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione);
- adattamento del secondo comma dell'art. 159 al nuovo rito monocratico;
- aboragazione del comma 2 dell'art. 160 (determinazione della data di udienza dibattimentale o del procedimento speciale);
- abrogazione dell'art. 161 (deposito degli atti per il giudizio abbreviato);
- sostituzione dell'indicazione dell'art. 566 con l'art. 588 del codice (art. 163 disp. att.).





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