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Tesina di diritto - Definizione di azienda

diritto



Tesina di diritto

Falone Luca


"L'azienda"


1.Definizione di azienda



Anche se frequentemente è possibile confondere il concetto di impresa con quello di azienda in realtà, questi ultimi assumono in campo giuridico significati ben diversi.

L'impresa infatti è 747e42h l'attività economica organizzata svolta professionalmente dall'imprenditore al fine di produrre beni o erogare servizi.



Al contrario l'azienda in base all'art. 2555 c.c. è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attività di impresa.

I beni che compongono l'azienda possono essere:

materiali, come gli edifici, i macchinari, le scorte di magazzino e, in genere, tutte le cose dotate di consistenza fisica che sono organizzate dall'imprenditore;

immateriali, come i diritti d'autore, i brevetti industriali e i segni distintivi.

Fanno parte dell'azienda anche quei beni di cui l'imprenditore non è proprietario, ma sui quali ha un diritto di godimento.

Ad esempio fa parte dell'azienda il locale adibito a magazzino per le scorte, che l'imprenditore assume in locazione.

Le dimensioni dell'azienda dipendono dal tipo d'impresa di cui costituisce lo strumento.

2. Il trasferimento dell'azienda

L'ipotesi più frequente di trasferimento di azienda è la sua vendita in blocco. Alcune volte, tuttavia, poiché i beni aziendali conservano ciascuno una propria individualità giuridica, risulta possibile una loro alienazione separata.

In linea generale la legge non impone una forma particolare per la vendita d'azienda ma la forma scritta è necessaria per i seguenti casi:

Se tra i beni aziendali vi sono beni immobili. In tal senso, infatti, l'art. 1350 c.c. dispone una regola generale, prevedendo che debbano essere redatti in forma scritta, sotto pena di nullità, i contratti che trasferiscono la proprietà immobiliare.

Per provare l'avvenuta vendita. In caso di contestazione, infatti, l'art. 2556 c. 1, c.c. non ammette in giudizio altro mezzo di prova che non sia il documento scritto.

Per trascrivere l'atto d'acquisto nel registro delle imprese. A tal fine l'art. 2556 c. 2, c.c. richiede addirittura che il contratto è redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.

In linea generale, e salvo situazioni particolari, l'azienda nel suo complesso ha un valore superiore alla somma dei singoli beni, perché a formare il valore complessivo concorre anche una sua particolare qualità chiamata avviamento.

L'avviamento è l'idoneità dell'azienda a produrre profitti.

Tale idoneità può dipendere dai seguenti elementi:

Oggettivi come, ad esempio, l'ubicazione di un negozio nel centro cittadino dove sono le possibilità di contratto con la clientela.

Soggettivi, come la particolare abilità dell'imprenditore. È evidente che quest'abilità non è trasmissibile in caso di cessione. Tuttavia, per chi acquista l'azienda, è sempre molto importante poter contare su un'attività intorno alla quale ruotano già molti clienti affezionati.

Il valore dell'avviamento si calcola operando una capitalizzazione del profitto. Se l'impresa produce alti profitti, il valore dell'avviamento sarà elevato e nulla esclude che possa essere anche più elevato del valore complessivo dei beni aziendali.


L'affitto e l'usufrutto


Oltre all'alienazione è possibile che l'azienda subisca altri tipi di eventi. Ad esempio è possibile che essa sia data in affitto o usufrutto.

Le norme sul trasferimento dell'azienda fin qui esaminate si applicano, in linea generale, anche nel caso in cui questa venga ceduta solo in godimento mediante contratti di affitto o di usufrutto.

In questi casi l'affituario e l'usufruttuario:

Non devono modificare la destinazione economica dell'azienda;

Sono obbligati a conservare la medesima ditta;

Devono conservare l'efficienza degli impianti.

La ragione di questi limiti sta nel fatto che l'usufrutto e l'affitto sono contratti a termine e quando l'azienda verrà riconsegnata al proprietario, questi avrà diritto di riavere lo stesso bene che ha ceduto in godimento.


Il divieto di concorrenza


L'art. 2557 c.c. c. 1 dispone che: chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per oggetto ha l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta.

Potremo dunque pretendere, nei limiti indicati dalla legge, che l'alienante interrompa la sua nuova attività se questa è idonea a sottrarci parte di quell'avviamento che proprio da lui abbiamo acquistato. Il medesimo divieto è posto dall'art. 2557 c. 4 a carico di chi affitta o di chi cede in usufrutto la propria azienda.


La ditta


La ditta è il nome sotto il quale l'imprenditore esercita la propria impresa.

Può essere formata in qualsiasi modo e può contenere una denominazione di fantasia o termini che indicano l'attività svolta.

L'art. 2563 c.c. dispone che nella ditta debba essere presente almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore.

L'art. 2564 stabilisce che: quando la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere intergrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla.

Chi vende l'azienda è spesso interessato a vendere anche la ditta, il cui valore è dovuto al suo impegno di imprenditore.

Chi acquista l'azienda è spesso interessato ad acquistare anche la ditta se questa, per la sua acquista capacità di attrarre clienti, offre la prospettiva di sicuri profitti.

Il consumatore, per contro, sarebbe in ogni caso interessato a conoscere l'avvenuta sostituzione perché da quel momento il prodotto offerto potrebbe anche presentare caratteristiche diverse.

L'art. 2565 risolve la questione in modo non del tutto equanime. Esso dispone che l'acquirente dell'azienda possa acquistare anche la ditta e utilizzarla senza apportarvi modifiche che denuncino l'avvenuta successione alla guida dell'impresa; con ciò il legislatore si è preoccupato di soddisfare le esigenze dell'imprenditore cedente e del cessionario.

A tutela del consumatore ha disposto soltanto cha la ditta non può essere ceduta separatamente dal resto dell'azienda.

La ditta si dice:

Originaria quando è utilizzata direttamente dall'imprenditore cha l'ha creata;

Derivata quando chi la utilizza l'ha acquistata da altri insieme al resto dell'azienda.


L'insegna


L'insegna serve ad individuare i locali nei quali l'impresa viene esercitata.

Essa assume particolare importanza per quelle imprese, come pub, bar, discoteche, negozi, laboratori artigiani i cui locali debbono essere facilmente individuabili. Può essere:

Denominativa, cioè formata da un nome

Figurativa, cioè formata da un disegno

Mista, cioè formata da un nome e da un disegno.


All'insegna si applica, per quando compatibile, la stessa disciplina della ditta.


Il marchio


Il marchio è il segno distintivo che viene apposto sui prodotti dell'Impresa.

Come l'insegna, il marchio può essere denominativo, figurativo o misto. Può essere apposto sul prodotto dal fabbricante o dal venditore. Il marchio di commercio, dispone l'art. 2572, può solo affiancare il marchio di fabbrica e non sostituirsi a questo.

Per essere tutelato dalla legge il marchio deve essere:

Lecito, non deve cioè contenere elementi ingannevoli sulla natura o sulle qualità dei beni o dei servizi che contraddistingue, ne deve essere contrario all'ordine pubblico o al buon costume;

Nuovo, cioè diverso da altri già in uso in modo da non creare confusione con questi;

Originale, cioè non generico come acqua minerale o vino da tavola ma dotato di una efficace capacità di distinguersi.

Il marchio registrato dà diritto l suo uso esclusivo su tutto il territorio nazionale. Se viene abusivamente adoperato da altri, il titolare può chiedere al giudice il ritiro dal commercio dei prodotti su cui è stato apposto e il risarcimento dei danni subiti.

La registrazione ve richiesta all'Ufficio italiano brevetti e marchi, dura dieci anni  e può essere rinnovata un numero indefinito di volte.

Al marchio non registrato è offerta dalla legge minore tutela. Chiunque può registrarne uno identico e acquistare così il diritto di usarlo.

Al primitivo titolare spetta solo il diritto di preuso. Tale diritto, secondo quanto stabilisce l'art. 2571, gli consente di seguitare ad impiegare il proprio segno distintivo ma solo nei limiti in cui lo impiegava in precedenza.     









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