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Orario di lavoro - Il lavoro notturno

diritto



Orario di lavoro


L'orario di lavoro è il cardine del contratto di lavoro poiché consente di stabilire da un lato la durata della prestazione lavorativa e dall'altro la retribuzione dovuta. Inoltre, ponendosi come limite massimo della prestazione lavorativa ha anche la funzione di tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore. Le principali fonti in materia sono:

l'art. 2107 c.c. , che rinvia per la determinazione dell'orario di lavoro alle leggi speciali e ai contratti collettivi;

l'art. 36 Cost. che ha stabilito una riserva di legge per la durata massima della giornata lavorativa.


La concreta disciplina dell'orario di lavoro è stata per molto tempo dettata dal R.D.L. 692, 1923 che aveva fissato per tutti i lavoratori, il limite massimo di 8 ore giornaliere e di 48 ore settimanali. Sono seguiti ulteriori interventi legislativi, tra i quali 949f55j ricordiamo, in particolar modo, la L. 196/97 che ha ridotto l'orario di lavoro a 40ore settimanali. L'intera disciplina è stata completamente riformata dal D.Lgs. 66/2003 attuativo di 2 direttive CE.



Il decreto, che (salvo alcune eccezioni specificate all'art. 2) si applica a tutti i settori di attività pubblici e privati, introduce anzitutto una nuova definizione di orario di lavoro, da intendersi "come qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia a lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività e delle sue funzioni" (art. 1). Ciò posto, viene ribadita la precedente distinzione tra orario normale di lavoro e lavoro straordinario, ma sulla base di una disciplina in larga misura diversa dal passato. Se, infatti, l'orario normale di lavoro resta fissato in 40 ore settimanali, con la possibilità per i contratti collettivi di prevedere una durata minore e di considerare tale limite come un valore medio sull'arco di un periodo non superiore all'anno (c.d. orario multiperiodale), in tema di straordinario, definito come "il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro", si è rimessa ai contratti collettivi la regolamentazione circa le modalità di esecuzione, pur prevedendo che in difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali.

Un aspetto di particolare rilievo è la scomparsa della maggiorazione del 10% precedentemente fissata dalla legge per il lavoro straordinario: ferma restando la necessità di computare a parte le ore di lavoro straordinario, è adesso affidato ai contratti collettivi il compito di stabilire tale maggiorazione, nonché di consentire che, in aggiunta o in alternativa ad essa, i lavoratori godano di riposi compensativi (c.d. banca ore). Una delle novità più significative è la scomparsa dei limiti  giornalieri per l'orario normale e straordinario previsti dalla disciplina del 1923 (di 8 e 2 ore) e la fissazione di un limite onnicomprensivo di 48 ore ogni 7 giorni (non necessariamente coincidenti con la settimana di calendario), da intendersi peraltro non come valore assoluto, ma come valore medio calcolato su un arco temporale di 4 mesi. Anche in questo caso i contratti collettivi potranno intervenire per innalzare l'arco temporale di riferimento fino a 6 mesi e fino a 12 mesi a fronte di "ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro" da essi specificate.

A fronte di tale regime, si comprende come solo a saldo sia possibile stabilire con certezza quante ore di lavoro straordinario siano state effettuate in una determinata unità produttiva: il decreto al fine di contenere il ricorso al lavoro straordinario, stabilisce che il datore che riscontri che nelle unità produttive con più di 10 dipendenti si è verificato il superamento delle 48 ore settimanali a causa del ricorso a ore di lavoro straordinario, deve darne comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro-Serv.Isp.Lav.

Il decreto dedica poi una serie di disposizioni alle pause, ai riposi giornalieri ed alle ferie.

Pause: quando il lavoro giornaliero eccede il limite delle 6ore, il lavoratore -al fine di recuperare le energie psico-fisiche e di consumare eventualmente il pasto- deve beneficiare di una pausa, le cui modalità e durata sono fissata dai contratti collettivi. In mancanza di previsioni collettive, la pausa non potrà essere di durata inferiore ai 10 minuti, dovrà essere goduta sul posto di lavoro e collocata tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, tenuto conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo. Le pause non sono computate come orario di lavoro e non sono retribuite.

Riposo giornaliero: il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo (salvo il caso di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata) ogni 24 ore. La disciplina sulle pause e i riposi giornalieri può essere derogata dai contratti collettivi.

Riposo settimanale: il lavoratore ha diritto, ogni 7 giorni, ad un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola coincidenti con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero. E' un diritto sancito dalla Cost. (art. 36), pertanto irrinunciabile, ogni patto contrario è nullo.

Ferie: anche il diritto alle ferie, come quello al riposo settimanale, è garantito dall'art. 36 Cost. . Inoltre, ai sensi dell'art. 2109 c.c. "il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto dell'esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è fissata dalla legge , dagli usi o secondo equità". Al riguardo il D.Lgs. 66/2003 stabilisce che " il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane" e che, salva diversa previsione della contrattazione collettiva tale periodo va goduto per almeno 2 settimane nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti nei 18 mesi successivi all'anno di maturazione. Stante la funzione dell'istituto, la legge dispone che tale periodo minimo di 4 settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto.

Maturazione delle ferie: per la maturazione delle ferie sono utili i periodi di servizio prestati (la frazione di mese superiore a 15 giorni è considerata come mese intero), il periodo di prova, nonché quelli di assenza per le seguenti cause:

1) malattia o infortunio con obbligo di conservazione del posto;

2) i periodi di assenza obbligatoria per maternità;

3) congedo matrimoniale;

4) permessi retribuiti.

Il diritto alle ferie non matura invece durante le seguenti assenze:

facoltativa per maternità;

servizi di periodo militare sia di leva che di richiamo;

aspettativa senza assegni;

sospensione dal lavoro per motivi congiunturali e durante i periodi di sospensione per Cassa integrazione guadagni..

Tuttavia i contratti collettivi possono derogare in melius a questi principi.

Festività: la legge stabilisce che durante le festività il lavoratore ha diritto ad astenersi dal lavoro e di rifiutare la prestazione lavorativa se richiesta. La prestazione lavorativa può essere effettuata solo con l'accordo delle parti. La legge stabilisce 11 festività, alle quali si aggiungono quelle previste dai CCNL (S. Patrono). Nelle 12 giornate festive il lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro percependo la normale retribuzione. Se la giornata festiva cade di domenica spetta un'ulteriore retribuzione, pari ad 1/26 della retribuzione mensile per i mensilizzati, ad 1/6 della retribuzione settimanale per i lavoratori a paga oraria.


Il lavoro notturno

Dopo aver definito come lavoro notturno "il periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezza notte e le cinque del mattino" ed il lavoratore notturno come "chi, durante il periodo notturno, svolge almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero o comunque una parte del suo orario normale di lavoro secondo il CCNL", ed aver stabilito che l'introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta dalla consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, il D.Lgs. 66/2003 prevede che l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non possa superare in media le 8 ore nelle 24 ore, a meno che i contratti collettivi non individuino un periodo di riferimento più ampio. Sempre ai contratti collettivi è stata affidata l'individuazione dei trattamenti indennitari spettanti ai lavoratori notturni, nonché la fissazione dei requisiti che consentono l'esclusione dall'obbligo di effettuare il lavoro notturno (l'inidoneità al lavoro notturno deve essere invece accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche). In ogni caso è vietato espressamente dalla legge adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza al compimento di un anno di vita del bambino. Inoltre, non sono obbligati a prestare lavoro notturno:

lavoratrice madre di un figlio di età inferiore ai 3 anni o, alternativamente il padre convivente con la stessa;

lavoratrice o lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni;

lavoratrice o lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della L. 104/1992.

A seguito del D.Lgs. 213/2004, i lavoratori rientranti nelle suddette 3 ipotesi che intendano avvalersi della facoltà di non espletare lavoro notturno, devono esprimere il loro dissenso in forma scritta e comunicarlo al datore di lavoro entro 24 ore anteriori al previsto inizio della prestazione. Nel caso in cui i suddetti lavoratori siano adibiti al lavoro notturno nonostante il loro dissenso, si applica al datore una sanzione, cioè la pena alternativa dell'arresto da 2 a 4 mesi o del pagamento di un'ammenda.

Adempimenti procedurali: il datore di lavoro prima di introdurre il lavoro notturno deve:

procedere alla consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali;

informare i lavoratori interessati ed il rappresentante della sicurezza sugli eventuali maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno;

comunicare per iscritto, con periodicità annuale, alla Dir.Prov.Lav.-Serv.Isp.Lav. competente per territorio, ed alle organizzazioni sindacali, l'esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, nel caso in cui esso non sia previsto dal contratto collettivo.


Assenze da lavoro: i contratti collettivi solitamente stabiliscono che l'assenza dal lavoro deve essere giustificata entro le 24 ore, nel senso che la giustificazione deve pervenire al datore di lavoro entro le 24 ore, non è pertanto sufficiente provare che è stata spedita entro il predetto termine. La giustificazione dell'assenza può essere fatta anche verbalmente e il datore potrà chiedere in seguito, o perdurando l'assenza, una giustificazione scritta. I contratti collettivi normalmente prevedono che dopo un determinato lasso di tempo (di norma 5 giorni) di assenza ingiustificata il lavoratore può  essere licenziato con perdita dell'indennità di preavviso. Ovviamente se l'assenza si prolunga per diversi giorni la giustificazione verbale non è più sufficiente, poiché nei periodi di assenza consentita il lavoratore ha la possibilità di far pervenire una giustificazione scritta. Per provare che i termini sono stati rispettati, la giustificazione dovrebbe essere inviata a mezzo di raccomandata, ed in questo caso si ritiene che l'obbligo sia stato rispettato se la raccomandata è stata spedita entro il 5° giorno di calendario dall'inizio dell'assenza.


Permessi o congedi retribuiti

Altre possibilità di sosta nell'attività lavorativa subordinata sono previste dal legislatore per consentire al lavoratore l'espletamento di impegni di carattere civile e personale. Queste soste, che prendono il nome di congedi o permessi, e che costituiscono un vero e proprio diritto del lavoratore, non vanno confuse con eventuali permessi stabiliti dalla contrattazione collettiva o concessi a discrezione del datore di lavoro.

Permessi o congedi retribuiti.

I donatori di sangue hanno diritto di astenersi dal lavoro nel giorno del prelievo.

I lavoratori studenti, oltre a particolari agevolazioni nei turni di lavoro e sul lavoro straordinario, hanno diritto a permessi giornalieri per sostenere prove di esame presso ogni ordine e grado di scuole.

I lavoratori in genere hanno la possibilità di utilizzare 150 ore di permesso annuale di aggiornamento professionale.

Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici nel caso in cui debbano essere eseguiti durante l'orario di lavoro.

Al lavoratore che contragga matrimonio deve essere concesso, a sua richiesta, un periodo di congedo la cui retribuzione è interamente a carico del datore di lavoro per gli impiegati mentre per gli operai i primi sette giorni sono a carico dell'INPS.

Permessi o congedi non retribuiti.

I dirigenti delle RSA hanno diritto, oltre ai permessi previsti dall'art. 23 legge 300/70, a non meno di 8 giorni annui di permesso non retribuito per convegni, congressi e iniziative sindacali in genere;

i sindaci e gli assessori comunali oltre ai permessi spettanti quali consiglieri, hanno diritto a permessi non retribuiti per almeno 30 ore mensili;

il lavoratore ha diritto a permessi, non retribuiti, per adempiere a doveri civici (teste, votazioni). 

Congedi per l'assistenza ai familiari, per eventi particolari e per la formazione professionale


Congedi e permessi per handicap grave La legge 104/92 disciplina i permessi e i congedi spettanti ai lavoratori con handicap ovvero ai parenti che assistono familiari con handicap ed in particolare:

i lavoratori handicappati maggiorenni hanno diritto a 2 ore di permesso giornaliero retribuito o, in alternativa, a 3 giorni di permesso mensile, fruibili anche continuativamente a condizione che la persona non sia ricoverata a tempo pieno;

i parenti e gli affini entro il terzo grado  e il coniuge che assistono una persona con handicap in condizioni di gravità, purché convivente, hanno diritto a 3 giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno. Per effetto dell'estensione operata dalla legge 53/2000, i suddetti permessi anche dai familiari lavoratori che assistono un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, anche se non convivente, purché l'assistenza venga prestata in modo esclusivo e continuativo.

Permessi e congedi per eventi particolari. La legge 53/00 finalizza alla promozione del migliore equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione prevede che i lavoratori possono fruire di speciali permessi retribuiti pari a 3 gg. complessivi all'anno in caso di eventi particolari (decesso o malattia grave di un parente). I lavoratori hanno diritto ad un periodo di congedo non retribuito per gravi e documentati motivi familiari, per la durata massima di 2  anni in tutta la vita lavorativa, fruibile in modo continuativo o non. I 2 anni di congedo sono computati secondo il calendario comune, calcolando i giorni festivi e lavorativi compresi nel periodo di congedo. Durante suddetto periodo il lavoratore conserva il posto di lavoro, ma non ha diritto alla retribuzione né può svolgere alcuna attività lavorativa. Il congedo inoltre non concorre nel computo né dell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può comunque procedere al versamento dei contributi volontari.

La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a rientrare nel posto di lavoro alla scadenza del periodo di congedo, o anche prima purché non sia stata fissata una durata minima del congedo, dandone preventiva comunicazione al datore di lavoro.

Per i genitori di portatori di handicap è prevista disciplina speciale.





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