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LA MORA DEL CREDITORE

diritto



LA MORA DEL CREDITORE

PRESUPPOSTI

Il creditore ha la facoltà di rifiutare una prestazione che non sia conforme in senso quantitativo o qualitativo al contenuto dell'obbligo. E' stata avanzata l'ipotesi che l'esattezza qualitativa e quantitativa della prestazione e l'offerta della stessa secondo i criteri fissati dall'ordinamento comportino la nascita di un obbligo di ricevere la prestazione e di cooperare all'adempimento. Un tale obbligo non sarebbe esigibile soltanto se sia ravvisabile ugualmente un motivo legittimo, che giustifichi da parte del creditore il rifiuto di ricevere la prestazione o di compiere quanto necessario affinché il debitore possa adempiere. L'obbligo di ricevere e di cooperare all'adempimento sarebbe espressione, secondo una nota teoria, di un più generale obbligo di collaborazione. Nel caso di un ingiustificato rifiuto del creditore, l'esistenza del vincolo giuridico troverebbe conferma nella previsione di un procedimento di liberazione del debitore destinato a svolgersi con modalità diverse a seconda della natura della prestazione (deposito, sequestro). 111h71b La liberazione avviene contro o senza la volontà del creditore: si è parlato di liberazione coattiva. Senza dubbio il creditore, con il prolungare arbitrariamente il vincolo del debitore, ostacola l'interesse di quest'ultimo a liberarsi dall'obbligo. Ma a una tale conclusione può giungersi senza bisogno di presupporre l'esistenza di un obbligo. Il comportamento del creditore è di per sé antigiuridico quando sia lesivo dell'interesse del debitore alla stregua della regola della correttezza. Se di esercizio del diritto si vuole ancora parlare, dovrà dirsi che si tratta di un esercizio abusivo, come tale illecito e sanzionabile già in termini di responsabilità contrattuale. Sta di fatto comunque che al diritto di liberarsi non corrisponde un obbligo del creditore, ma una semplice soggezione secondo il modello tipico del diritto potestativo. Con la formula "mora del creditore" (1206 1217) si allude a un ritardo qualificato nell'esecuzione della prestazione: questo è il principale aspetto che giustifica il ricorso all'espressione "mora". Il presupposto di natura formale consiste in un'offerta da compiersi nel rispetto del procedimento e dei requisiti legalmente prescritti. Una distinta funzione ha quell'atto che il debitore ponga in essere al fine di manifestare in maniera concreta la volontà seria e non equivoca di procedere ad un'esatta esecuzione della prestazione dovuta (offerta non formale 1220). Per costituire in mora il creditore è necessario che l'offerta sia fatta: da persona che può validamente adempiere; per il tramite di un pubblico ufficiale (notaio o ufficiale giudiziario) a ciò autorizzato; in maniera sotto ogni profilo esatta e regolare (1208 direzione soggettiva). La direzione soggettiva comporta che il destinatario sia il creditore capace di ricevere o chi ha la facoltà di ricevere per lui. L'entità oggettiva è costituita dalla totalità della somma o dalle cose dovute, dai frutti e dagli interessi, dalle spese liquide e da un importo corrispondente alle spese non liquide, con riserva di un supplemento se necessario. La modalità di tempo costituisce un presupposto per dell'offerta, nell'ipotesi della scadenza del termine stipulato in favore del creditore.



L'offerta è detta reale, se l'oggetto della prestazione è costituito da denaro, titoli di credito o cose mobili da conservare al domicilio del creditore (1209 comma 1). Se il credito è illiquido, si è affermato che il debitore avrebbe l'onere di far accertare l'ammontare del proprio debito. Come ben dice il qualificativo reale, in questo tipo di offerta assume un rilievo accentuato l'esibizione delle cose e la loro materiale messa a disposizione del creditore: difatti, il pubblico ufficiale reca con sé l'oggetto della prestazione, sicché l'intimazione e l'esibizione di regola sono contestuali. L'offerta è detta per intimazione, se si tratta di cose mobili da consegnare in luogo diverso (1209 comma 2), di immobili (1216 comma1), di prestazioni di fare (1217). La stessa formalità sarebbe prevista per la consegna di azienda. Il formalismo si attenua quando l'offerta della cosa dovuta sia fatta nelle forme d'uso (1214). Si è affermato inoltre che in tali ipotesi sarebbe possibile un'offerta per comportamento concludente, come nel caso del lavoratore che si presenta sul posto di lavoro. E si è aggiunto che alle forme di uso potrà farsi ricorso anche con riguardo alle prestazioni di contrarre. Nulla si dice sulla natura sia delle forme che degli usi. Quanto alle prime, si tende a considerare sufficiente la scrittura privata. Quanto agli usi, si è pure affermato che non verrebbero in considerazione né gli usi normativi né gli usi negoziali, bensì la pratica costante degli affari, con la conseguente esigenza di una valutazione circostanziata da farsi alla stregua della correttezza e della buona fede oggettiva. Dal momento in cui l'offerta formale sia stata fatta e a condizione che sia in seguito accettata dal creditore o che ne sia riconosciuta la validità con sentenza passata in giudicato si producono gli effetti posti dalla legge a carico del creditore, il quale senza motivo legittimo non abbia ricevuto il pagamento o non abbia compiuto quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere (1206). Il presupposto sostanziale è un atteggiamento di inerzia ingiustificata del creditore. La valutazione alla stregua della correttezza si riferisce a un aspetto autonomo e distinto rispetto al controllo sull'esattezza della prestazione: nel senso che il creditore può rifiutare di ricevere, per un motivo da considerare legittimo alla luce della correttezza, una prestazione esatta. All'esigenza di controllare la legittimità del comportamento del creditore per il tramite di un parametro oggettivo ed elastico, si rifanno le opinioni che ravvisano nell'arbitrario prolungamento del vincolo del debitore gli estremi di un abuso del credito cui consegue la violazione di un interesse legittimo del debitore. L'irrilevanza della colpa è ammessa anche da chi presuppone che al creditore sia imposto un obbligo dal quale promani, in caso di violazione, una responsabilità oggettiva. L'individuazione dei casi sintomatici di motivo legittimo di rifiuto dell'offerta formale è stata compiuta sulla base di una razionalizzazione e di un'integrazione ipotetica dell'esperienza giudiziale. Una volta che si sia assodato che il problema della valutazione della legittimità del rifiuto presupponga un offerta di per se esatta, vengono dapprima in considerazione le ipotesi in cui il ricevimento sia particolarmente gravoso in relazione alle circostanze. Si è aggiunto che, nel caso di offerta reale compiuta in assenza del destinatario, ricorre un motivo legittimo di rifiuto se non vi è stata prima un'offerta ordinaria; e che il debitore, il quale sia in mora, non può pretendere che sia illegittimo il rifiuto dell'offerta, ove sopraggiungano circostanze non imputabili che impediscano al creditore di collaborare. Esemplari sono anche i casi in cui il creditore si esporrebbe a un rischio che sia ascrivibile, quanto alle sue origini, alla sfera del debitore (timore o probabilità che il pagamento possa essere revocato in base alla legge fallimentare. La casistica più ricca e più discussa si riferisce al motivo legittimo di rifiuto delle prestazioni di lavoro subordinato o dell'attuazione di altri rapporti che espongano  al pericolo i beni o la stessa persona del creditore. Si precisa che il pericolo deve essere serio.

EFFETTI

A carico del creditore sono posti tre ordini di effetti: il passaggio del rischio (1207); estinzione dell'obbligazione del debitore di versare gli interessi e di attivarsi per rendere fruttifera la cosa dovuta (1207); risarcimento dei danni che il debitore abbia subito a causa del prolungamento del vincolo e rimborso delle spese necessarie al fine di custodire e di conservare la cosa stessa (1207). L'effetto del passaggio del rischio è previsto dal codice, là dove si afferma che è carico del creditore in mora l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore 1207). Se il creditore non è in mora, l'impossibilità sopravvenuta non imputabile di una delle prestazioni è causa di risoluzione automatica del rapporto. L'estinzione dell'obbligo relativo agli interessi è prevista con norma di carattere generale (1207 comma 2), non ristretta a singole categorie, ma il riferimento ha un senso soltanto per gli interessi corrispettivi (1282), poiché la cessazione degli eventuali interessi moratori è implicita nella cessazione della condizione di mora del debitore. Una pronuncia isolata (cassazione 1952\481) diverge in parte dall'opinione prevalente con riguardo alla sfera di applicazione dell'obbligo di restituzione dei frutti effettivamente percepiti: si è affermato che devono essere restituiti anche gli interessi conseguiti dal debitore per aver dato in mutuo a terzi la somma dovuta al creditore. Il risarcimento del danno (1207 comma 3): si fonda su di un illecito contrattuale; presuppone l'imputabilità della mora al creditore alla stregua della generale normativa di correttezza; è limitato ai pregiudizi economici strettamente connessi al perdurare dell'obbligazione. Il rimborso delle spese per la custodia e per la conservazione della cosa è visto talvolta come una componente dell'obbligazione di risarcimento, sì che l'obbligo corrispondente sarebbe ascrivibile, già in virtù di un tale fondamento giustificativo, alla categoria dei debiti di valore. Sono rimborsabili solo le spese necessarie e le spese utili (salvo l'espresso divieto del creditore).

PROCEDURA DI LIBERAZIONE

Se il creditore persiste nel rifiuto, esistono i requisiti per il passaggio alla procedura di definitiva liberazione del debitore anche contro o senza la volontà del creditore. Nel caso di cose mobili la liberazione coattiva del debitore avviene per il tramite del deposito da eseguirsi: se si tratti di titoli di credito o di somme di denaro presso la cassa depositi e prestiti oppure presso un istituto di credito; se si tratti di altre cose mobili, presso stabilimenti di pubblico deposito, ove sia possibile e non esistano controindicazioni, altrimenti presso altro locale idoneo, individuato con decreto del pretore su richiesta della parte interessata. La procedura del deposito deve essere resa nota al creditore affinché egli possa ancora ricevere la prestazione. La liberazione difatti è condizionata all'adesione del creditore; e soltanto nel difetto di quest'ultima è necessaria la pronuncia di convalida del deposito con sentenza passata in giudicato. Qualora si tratti di beni immobili il deposito non è palesemente possibile. E' prevista la misura del sequestro, a cui consegue la nomina di un sequestratario. La presenza di quest'ultimo consente di individuare un soggetto a cui l'immobile può essere consegnato con la stessa efficacia liberatoria della consegna al creditore. Si può pertanto parlare di un sequestro liberatorio, con efficacia a partire dalla consegna del bene al sequestratario. Nel caso delle obbligazioni di fare nulla dice la legge sulla procedura liberatoria coattiva del debitore. Il debitore potrebbe liberarsi con il passaggio in giudicato di un'apposita pronuncia del giudice, corrispondente a quella richiesta nel caso delle obbligazioni di consegnare beni mobili o immobili.

ADEMPIMENTO DEL TERZO

Ha efficacia estintiva dell'obbligazione e comporta la liberazione del debitore l'ipotesi in cui l'interesse del creditore sia soddisfatto da un terzo (1180). L'intervento del terzo è possibile sul presupposto che il creditore non abbia un interesse a ricevere la prestazione personalmente dal debitore (1180 comma1). In particolare si è precisato che l'interesse deve essere apprezzabile oggettivamente e che tale valutazione non è ristretta alla ipotesi in cui abbia rilievo la competenza professionale o l'organizzazione imprenditoriale di chi si appresti ad eseguire la prestazione ma si estende a tutti i casi di minor sicurezza sull'esito finale. L'altra ipotesi, in relazione alla quale è consentito al creditore di rifiutare l'adempimento offertogli dal terzo, è prevista con riguardo alla posizione del debitore che potrebbe non gradire l'intervento del terzo, tanto più che il debitore sarebbe bensì liberato nei confronti del creditore ma potrebbe ancora essere obbligato con il terzo. L'interesse del debitore a liberarsi di persona non assume peraltro carattere di un diritto: l'ordinamento dà prevalenza all'interesse del creditore a essere comunque soddisfatto, sia pure per mezzo dell'intervento del terzo. L'interesse del debitore è protetto soltanto con la previsione della facoltà di manifestare la sua opposizione al pagamento del terzo. Il comportamento del creditore che non riceva la prestazione senza motivo legittimo può considerarsi abusivo e può costituire il presupposto per la produzione degli effetti di mora.

Tra l'adempimento del terzo e l'adempimento della prestazione dovuta sembra esistere una palese distinzione di struttura, che peraltro non è da tutti riconosciuta né da tutti riconosciuta né da tutti è riconosciuta negli stessi termini. Di adempimento può parlarsi soltanto nell'ipotesi in cui il creditore consegua quel che gli è dovuto per il tramite del comportamento a cui il debitore è vincolato. L'interesse che è a fondamento del diritto può essere bensì soddisfatto in base al solo conseguimento del risultato atteso, ma in tal caso l'estinzione dell'obbligazione avviene per altra via. Per affermare che l'adempimento del terzo si pone sullo stesso piano dell'adempimento dell'obbligazione da parte del debitore è necessario presupporre che tutti i terzi, nei casi in cui non esista un interesse apprezzabile del creditore in senso contrario, sia conferita in via automatica una legittimazione generica all'adempimento del debito altrui. Più lineare sembra essere la spiegazione che guarda al risultato pratico dell'intervento del terzo. Ma anche questa ricostruzione non trova consensi unanimi. Più lineare sembra essere la spiegazione che guarda al risultato pratico dell'intervento del terzo. Ma anche questa ricostruzione non trova consensi unanimi. E' evidente del resto che l'adempimento del terzo non è, a differenza del vero adempimento un atto dovuto. Una tale distinzione giustifica la costruzione dell'adempimento del terzo come atto di autonomia privata, sebbene si sia affermato che l'intervento del terzo sarebbe pur sempre diretto a dare esecuzione ad un obbligo preesistente. Le norme che regolano il pagamento non si applicano all'atto del terzo in quanto tale. Ad esempio anche i vizi della volontà possono assumere pieno rilievo secondo le regole generali. Ma si afferma che l'applicazione della disciplina prevista per gli atti di autonomia sarebbe ristretta all'ipotesi in cui il terzo disponga della propria sfera giuridica. E si aggiunge che, per ogni altro aspetto, le regole applicabili sono le stesse di un comune pagamento, sicché l'atto avrebbe una duplice natura: esecutiva e negoziale. L'effetto dell'intervento del terzo comporta una attribuzione patrimoniale che senza dubbio è strettamente legata all'esistenza di un rapporto obbligatorio. L'inquadramento dell'adempimento del terzo nella sfera dei rapporti trilaterali è molto importante al fine di delimitare con precisione l'ambito di applicazione dello schema legale: e di fissarne le conseguenze con riguardo alla posizione che l'autore della prestazione viene ad assumere, rispettivamente, nei riguardi del creditore e del debitore. E' necessario che chi esegue la prestazione si comporti come un oggetto totalmente estraneo al rapporto. Si richiede che la prestazione non sia riferita al debitore, nel senso che non sia eseguita in nome o almeno per conto di lui. Se il pagamento fosse posto in essere da un rappresentante del debitore o fosse imputabile comunque alla sfera giuridica di quest'ultimo, il primo sarebbe un semplice strumento del secondo; e l'effetto estintivo conseguirebbe a un comune adempimento: il diritto alla quietanza è dello stesso debitore non del terzo per mezzo del quale il pagamento è eseguito; qualora mancasse l'obbligo dato per esistente, al debitore spetterebbe l'azione di ripetizione dell'indebito. Qualche precisazione è utile con riguardo alla delegazione di pagamento. Il delegato esegue la prestazione a cui il delegante è tenuto nei confronti del delegatario. Nell'atto del delegato possono ravvisarsi gli estremi di un pagamento che il delegante esegue al suo delegatario per mezzo del delegato. Il delegato adempie un obbligo altrui soltanto nell'ipotesi in cui non sia dichiarato l'intento di dare attuazione alla delega. Ma, se la direzione della prestazione è indicata in maniera non equivoca, il comportamento del delegato può integrare al tempo stesso gli estremi dell'adempimento di un suo obbligo nei confronti del delegante. Non vi sarebbe modo di ravvisare gli estremi dello schema regolato all'art. 1180. Nel quadro dei rapporti trilaterali può ricomprendersi anche il caso in cui il terzo agisca senza incarico del debitore nella convinzione erronea di estinguere un debito proprio ma in realtà imputabile a un altro soggetto (2036). L'autore del pagamento è terzo eppure crede di essere parte del rapporto. Questa volta la figura dell'art. 1180 è esclusa non già per la mancanza della qualità di terzo in colui che esegue il pagamento ma per il difetto dell'intento di agire in qualità di terzo. Il pagamento è ripetibile in quanto non dovuto da chi a torto crede di essere debitore.

L'adempimento del terzo nella sua configurazione tipica ha un effetto estintivo dell'obbligo. Il terzo, che non abbia agito con l'intento di liberalità nei confronti del debitore, potrà avvalersi, se ne esistano i presupposti, delle norme che tutelano il gestore d'affari (2028) o il mandatario senza rappresentanza; ovvero ricorrerà sia pure in via sussidiaria e residuale, all'azione di arricchimento ingiustificato.





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