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LA FAMIGLIA - IL MANTENIMENTO - IL MATRIMONIO

diritto



LA FAMIGLIA


La famiglia è un'istituzione naturale, un gruppo sociale universale che realizza la funzione affettiva e protettiva dei propri membri e quella procreativa per garantire la sopravvivenza dell'umanità. L'art. 29 della Costituzione definisce la famiglia legittima come una formazione sociale fondata sul matrimonio con i caratteri dell'esclusività, della stabilità e della responsabilità. L'art. 30 ha riconosciuto nei genitori il diritto-dovere di mantenere, istruire ed educare i figli. La famiglia di fatto o more uxorio si intende quella costituita da persone non unite tra loro dal vincolo di matrimonio. Fra i conviventi di fatto non esistono i diritti e i doveri reciproci alla coabitazione, all'assistenza materiale e morale, alla fedeltà. Per quanto riguarda i rapporti fra genitori e figli naturali si ha l'equiparazione della famiglia di fatto a quella legittima.

I rapporti che legano i componenti della famiglia possono essere:

Rapporti di coniugio che legano marito e moglie;

Rapporti di parentela che legano i discendenti da un unico capostipite;



Rapporti di affinità che legano tra loro il coniuge ed i parenti dell'altro coniuge.


IL MANTENIMENTO


Il diritto al mantenimento presuppone la convivenza della persona che deve essere mantenuta con l'obbligato e prescinde da uno stato di bisogno. Il mantenimento spetta al coniuge in stato di separazione, quando non sia a lui addebitabile, ed egli non abbia adeguati redditi propri; spetta anche ai figli legittimi o adottivi fino a che non siano in grado di rendersi indipendenti, ai figli naturali.

Il diritto agli alimenti riguarda solo ciò che è necessario alla vita dell'avente diritto; soprattutto ha come presupposto uno stato di bisogno ed un'impossibilità dell'alimentando di provvedere al proprio sostentamento.

Gli alimenti devono essere erogati nel seguente ordine:

Al coniuge;

Ai figli, ed in loro mancanza ai nipoti;

Ai genitori e in loro mancanza ai nonni;

Ai generi e alle nuore;

Ai suoceri;

Ai fratelli e alle sorelle.


IL MATRIMONIO


Il matrimonio è un atto giuridico con il quale due persone manifestano la volontà di costruire una nuova famiglia. Il matrimonio può essere civile, concordatario ed acattolico.

Il matrimonio civile è celebrato da un ufficiale dello stato civile. La legge pone delle norme sulla pubblicità, sulle modalità di celebrazione e sulle condizioni di validità dell'atto.

Il matrimonio concordatario è celebrato da un ministro del culto secondo le norme del diritto canonico ed in conformità del Concordato tra Stato e la Chiesa cattolica. Le cause di nullità dell'atto sono regolate dal diritto canonico e competente a giudicare è il tribunale ecclesiastico.

Il matrimonio acattolico avviene davanti ad un ministro di culto diverso da quello cattolico, ma l'atto per quanto riguarda la sua validità è regolato dalle norme del Codice Civile.

Il matrimonio religioso si svolge in quattro fasi:

Pubblicazioni devono essere effettuate, oltre che alle porte della casa parrocchiale, anche alle porte della casa comunale;

Eventuali opposizioni se l'ufficiale dello stato civile non riceve alcuna opposizione o non gli risulta alcun impedimento, dovrà rilasciare un certificato con cui dichiara che non risulta alcun impedimento;

Celebrazioni avviene secondo la disciplina canonica, ma avrà anche effetti civili. Dopo la celebrazione il ministro del culto compila l'atto di matrimonio in doppio originale trasmettendone una, entro cinque giorni, all'ufficiale dello Stato civile del Comune in cui il matrimonio è stato celebrato;

Trascrizioni deve essere compiuta dall'ufficiale dello stato civile entro 24 ore dal ricevimento dell'atto di matrimonio. Nelle successive 24 ore 111j93b deve essere data notizia al parroco.


LA PROMESSA DI MATRIMONIO


La promessa di matrimonio è un fidanzamento ufficiale, tuttavia non è vincolante e non obbliga a contrarre matrimonio. 

Gli effetti giuridici dello scioglimento della promessa sono:

La restituzione dei doni, ma la domanda va posta entro un anno dal giorno del rifiuto;

Il risarcimento dei danni relativo o alle spese fatte e alle obbligazioni assunte a causa della promessa. Non è risarcibile il danno morale. Il termine di decadenza è un anno dal giorno del rifiuto.


I RAPPORTI PERSONALI FRA CONIUGI


L'art. 143 del c..c stabilisce che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e doveri.

L' obbligo di fedeltà riguarda la persona fisica e spirituale di entrambi i coniugi. Quest'obbligo permane durante il temporaneo allontanamento di un coniuge dalla residenza familiare.

L'obbligo di assistenza morale e materiale è inteso come il dovere dei coniugi di proteggersi a vicenda e di proteggere la prole.

L'obbligo della coabitazione consiste nell'abitare sotto lo stesso tetto. Infatti, i coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi.

La contribuzione ai bisogni famigliari è un dovere di entrambi i coniugi a contribuire ai bisogni della famiglia e a mantenere la prole in base alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro professionale.


I RAPPORTI FRA GENITORI E FIGLI


I coniugi hanno l'obbligo di mantenere i figli, istruirli ed educarli tenendo conto delle loro capacità, aspirazioni ed inclinazioni naturali. L'obbligo al mantenimento dovrebbe cessare con il raggiungimento della maggiore età, ma la Cassazione ha spesso espresso il principio che il diritto del figlio al mantenimento si protrae finchè esso abbia raggiunto un'indipendenza economica.

I figli sono soggetti alla potestà dei genitori fino alla maggiore età o all'emancipazione. I figli hanno l'obbligo di rispettare i genitori e di contribuire in relazione alle proprie sostanze al mantenimento della famiglia finchè convivono con essa.





I REQUISITI DEL MATRIMONIO


Le condizioni necessarie per contrarre matrimonio sono:

L'età. Il codice civile prevede la maggiore età. Tuttavia, il Tribunale per i minorenni, su richiesta dell'interessato, può ammettere i 16 anni, accertata la maturità psicofisica.

La capacità mentale in quanto non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente. Può chiedere l'impugnazione del matrimonio, il coniuge, che anche se non interdetto provi di essere stato incapace di intendere e di volere al momento della celebrazione del matrimonio. Invece, il matrimonio dell'inabilitato rimane valido.


IMPEDIMENTI


Gli impedimenti dirimenti cioè che hanno il potere di sciogliere il matrimonio sono:

Le persone ancora vincolate da un precedente matrimonio civile;

Le persone legate tra loro da vincoli di parentela, affinità o adozione;

Gli interdetti per infermità di mente;

Chi è stato condannato per omicidio consumato o tentato ai danni del coniuge della persona che vorrebbe sposare;

I minori di età.

Gli impedimenti impedienti che non comportano la nullità del matrimonio, ma solo una sanzione nei confronti degli sposi e dell'ufficiale celebrante, è rappresentato solo dall'inosservanza del lutto vedovile. La donna non può contrarre nuovo matrimonio se non sono trascorsi dieci mesi dallo scioglimento o dall'annullamento del precedente.


L'INVALIDITA'


L' invalidità del matrimonio (inesistenza, nullità ed annullabilità) consiste nell'atto viziato dall'origine.

Lo scioglimento del matrimonio riguarda la cessazione del rapporto di coppia e le cause sono la morte o il divorzio.

Il matrimonio è inesistente:

Quando manca la celebrazione;

Quando il matrimonio è celebrato tra persone dello stesso sesso;

Quando manca il consenso degli sposi.

L'annullabilità prevede che l'atto esiste e produce i suoi effetti, salvo che non venga impugnato entro i termini convenuti. Le cause di annullabilità riguardano l'incapacità, la violenza, l'errore e la simulazione.

L'incapacità può riguardare l'età , l'interdizione e l'incapacità di intendere e di volere.

L'età. Il matrimonio può essere impugnato dai coniugi, dai genitori e dal PM. Il coniuge non può impugnarlo se ha raggiunto la maggiore età da oltre un anno. L'impugnazione del genitore e del PM deve essere respinta se il minore abbia raggiunto la maggiore età o vi sia stato concepimento ed in ogni caso sia stata accertata la sua volontà di mantenere in vita il vincolo matrimoniale.

L'interdizione. Il matrimonio può essere impugnato dal tutore, dal PM e da tutti coloro che vi abbiano un interesse legittimo, se al tempo del matrimonio vi era già una sentenza passata in giudicato.

L'incapacità di intendere e di volere di chi al momento della celebrazione era per qualsiasi motivo incapace di intendere e di volere.

La violenza. Il matrimonio può essere impugnato dal coniuge il cui consenso fu estorto con violenza. L'azione non può essere proposta se vi è stata la coabitazione per un anno dopo la cessata violenza.

L'errore. Il matrimonio può essere impugnato dal coniuge il cui consenso è stato dato per errore.

L'errore per essere considerato essenziale deve riguardare:

L'esistenza di una malattia fisica o psichica tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale;

L'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni;

La dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;

La circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti riguardanti la prostituzione a pena non inferiore a 2 anni;

Lo stato di gravidanza causato  da persone diverse dal soggetto caduto in errore.

La simulazione consiste in un accordo tra i coniugi diretto a celebrare solo apparentemente il matrimonio per altre finalità.

La nullità è la forma di invalidità più grave dell'atto e riguarda il matrimonio contratto tra gli sposi in violazione dei requisiti essenziali della diversità di sesso, della libertà di stato civile, della parentela, affinità, adozione e del delitto. È nullo il matrimonio contratto dopo la dichiarazione di morte presunta di un coniuge, qualora ritorni o ne sia accertata l'esistenza. La richiesta della nullità può essere presentata dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che vi abbiano interesse, senza limiti di tempo per decadenza o prescrizione o possibilità sanatoria.


IL MATRIMONIO PUTATIVO


Il matrimonio putativo è quello invalido celebrato in buona fede da almeno uno dei coniugi che lo considerava valido al momento della celebrazione. Di regola l'annullamento produce effetti retroattivi. La legge, però, deve tenere conto che il matrimonio ha creato una comunità familiare. Gli effetti del matrimonio putativo sono così disciplinati:

Se i coniugi hanno contratto matrimonio in buona fede, o il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi, l'annullamento opera soltanto ex nunc;

Se i coniugi hanno contratto matrimonio in mala fede, questo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto.


IL REGIME PATRIMONIALE FAMILIARE


Il regime legale dei rapporti patrimoniali tra i coniugi è costituito dalla comunione dei beni. I coniugi possono decidere per la separazione dei beni, per la comunione convenzionale o per la costituzione di un fondo patrimoniale. Tale accordo deve avvenire mediante un negozio giuridico chiamato convenzione matrimoniale che deve essere stipulata per atto pubblico sotto pena di nullità. Le convenzioni possono essere modificate con l'accordo delle parti.


IL REGIME DELLA COMUNIONE LEGALE E CONVENZIONALE


Oggetto della comunione dei beni sono:

Gli acquisti compiuti dai coniugi durante il matrimonio;

I frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti o non consumati allo scioglimento della comunione;

I proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi, se allo scioglimento della comunione non sono stati consumati;

Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora si tratti di aziende costituite prima del matrimonio da uno soltanto dei coniugi ma gestite successivamente da entrambi, la comunione riguarda solo gli utili e gli incrementi.

Non cadono in comunione e sono beni personali dei coniugi:

I beni acquistati dal coniuge prima del matrimonio;

I beni acquistati successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione;

I beni ad uso strettamente personale di ciascun coniuge;

I beni che servono all'esercizio della professione del coniuge;

I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno,

I beni acquistati con il prezzo di trasferimento di beni personali o con il loro scambio.

Gli atti di ordinaria amministrazione spettando disgiuntamente ad entrambi i coniugi, mentre gli atti di straordinaria amministrazione spettano congiuntamente.

Gli atti compiuti senza il  consenso dell'altro coniuge non sono però sempre invalidi.

Se l'atto riguarda beni immobili è in tal caso annullabile, ma l'azione di annullamento va proposta entro un anno dalla data in cui il coniuge non coscienziente ha avuto conoscenza dell'atto;

Se l'atto riguarda beni mobili, esso resta valido, ma il coniuge è obbligato a ricostruire lo stato di comunione per equivalente in denaro.

La comunione legale si scioglie per le seguenti cause:

Morte di uno dei coniugi;

Sentenza di divorzio;

Dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi;

Annullamento di matrimonio;

Separazione personale;

Separazione giudiziale dei beni;

Mutamento convenzionale del regime patrimoniale;

Fallimento di uno dei coniugi.

La comunione convenzionale presuppone necessariamente il regime di comunione legale, di cui costituisce un'integrazione. Con la comunione convenzionale si possono conferire beni già facenti parte del patrimonio personale dei coniugi ed estendere i beni acquistati dopo il matrimonio ad uso personale.


IL FONDO PATRIMONIALE


Il fondo patrimoniale è formato dai beni che un coniuge o entrambi o un terzo vincolano al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. La proprietà dei beni destinati al fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi a meno che non sia stato stabilito diversamente. I beni costituenti il fondo, se sono di proprietà dei coniugi, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno senza il consenso di entrambi i coniugi. La destinazione del fondo termina con l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. In questi casi, quando vi siano figli minori, la destinazione del fondo dura fino al compimento della maggiore età dell'ultimo figlio.





LA SEPARAZIONE DEI BENI


Il regime della separazione dei beni può riguardare l'intero complesso di beni di ciascun coniuge. Riguardo ai beni separati ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione di quelli che gli appartengono. Gli atti di amministrazione compiuti da un coniuge riguardo ai beni dell'altro sono validi solo se gli è stata rilasciata una procura. La procura può essere con o senza obbligo di rendiconto dei frutti. Nel primo caso il coniuge che rappresenta l'altro è tenuto nei confronti di quest'ultimo in base alle regole del mandato. Nel secondo caso egli e i suoi eredi  sono tenuti a consegnare i frutti esistenti, senza rispondere per quelli già consumati. Nel caso in cui nessuno dei coniugi può provare la proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi.


L'IMPRESA FAMILIARE


L'impresa familiare è quella in cui prestano attività di lavoro continuativo il coniuge dell'imprenditore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado, salvo che non sussista alcun rapporto contrattuale, né di lavoro, né di società.

La partecipazione all'impresa familiare attribuisce i seguenti diritti patrimoniali:

Diritto al mantenimento, secondo le condizioni patrimoniali della famiglia;

Diritto alla partecipazione degli utili dell'impresa, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato;

Diritto, nella stessa proporzione, sulla quota dei beni acquistati con gli utili;

Diritto, nella proporzione suddetta, ad una quota degli incrementi dell'azienda.

I diritti amministrativi riguardano le deliberazioni a maggioranza sui seguenti punti:

Impiego degli utili e degli incrementi;

Gestione straordinaria ed indirizzi produttivi dell'impresa;

Cessazione dell'impresa.

L'impresa familiare è individuale e il titolare risponde con tutto il suo patrimonio nei confronti dei creditori ed è soggetto a fallimento in caso di insolvenza. I familiari partecipanti all'impresa partecipano al rischio di impresa indirettamente:

Se l'impresa familiare è in perdita, lavorano senza remunerazione;

Se l'impresa familiare è aggredita dai creditori, essi perdono il diritto conseguito sui beni aziendali.

Nel caso in cui l'impresa venga ceduta, ciascun partecipante gode del diritto di prelazione.


LA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI


L'istituto della separazione personale dei coniugi fu creato dalla Chiesa per temperare le conseguenze del principio dell'indissolubilità del matrimonio. La separazione comporta il mantenimento del vincolo matrimoniale, salvo il venir meno della convivenza. Dopo tre anni dalla data di separazione è possibile chiedere il divorzio.

La separazione legale, cioè quel procedimento formalizzato davanti al giudice, è l'unico che ha rilevanza in Italia, mentre la separazione di fatto è irrilevante. La separazione legale può essere giudiziale o consensuale.

La separazione giudiziale prevede la mancanza di accordo fra i coniugi, i quali ricorrono al giudice per decidere la loro situazione di conflitto. Il codice civile del 1942 prevedeva la possibilità di chiedere la separazione giudiziale solo in casi determinati individuati nella colpa dell'altro coniuge: condanna penale alla reclusione superiore a 5 anni, adulterio, volontario ed ingiustificato abbandono del domicilio coniugale, minacce, sevizie, ingiurie gravi, e a carico del marito quando questi, senza giusto motivo, non avesse fissato la residenza coniugale. Dinanzi alla colpa di un coniuge, l'altro coniuge poteva rinunciare a chiedere la separazione, sperando in un ravvedimento dell'altro. Il coniuge convenuto poteva, a sua volta, in via riconvenzionale, chiedere al Tribunale di pronunciare la separazione per colpa dell'attore.

La riforma del diritto di famiglia del 1975 prevede che la separazione giudiziale può essere chiesta per fatti che rendono intollerabile la convivenza o recano pregiudizio all'educazione della prole e ciò anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi. La separazione può essere addebitabile a uno dei coniugi, tenendo conto del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. La pronuncia della separazione con addebito comporta conseguenze per il coniuge a cui è stata addebitata: egli perde il diritto al mantenimento e perde i diritti successori, salvo il diritto ad un assegno vitalizio, se versa in stato bisognoso.

Le condizioni della separazione stabilite nella sentenza possono essere soggette a revisione nel tempo, a seguito del mutamento dei presupposti che determinano la decisione.

La separazione consensuale avviene quando i coniugi concordano fra loro la separazione, successivamente omologata dal Tribunale. I coniugi debbono comparire davanti al presidente del Tribunale che tenterà ugualmente la riconciliazione, e se questa non riesca, autorizzerà i medesimi a vivere separati alle condizioni da esse concordate.

Nella separazione giudiziale, di norma entrambi i genitori chiedono l'affidamento dei figli ed è compito del giudice decidere a quale genitore affidarlo con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale della prole. È stato introdotto recentemente il principio dell'affidamento condiviso che comporta anche l'esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi i genitori. Per quanto riguarda il mantenimento dei figli, il nuovo art. 155 dispone che ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.

La riforma del diritto di famiglia aveva previsto che l'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, ove sia possibile, al coniuge ai cui vengono affidati i figli. Con l'introduzione dell'affidamento condiviso per l'assegnazione della casa familiare bisogna tenere conto prioritariamente dell'interesse dei figli. Tale assegnazione verrà a cessare se l'assegnatario non abiti più stabilmente nella casa familiare, o convive more uxorio o abbia contratto nuovo matrimonio.

L'art 145 del c.c. prevedeva a carico del marito l'obbligo pieno e totale di mantenere la moglie. La Costituzione che prevedeva l'eguaglianza dei coniugi aveva dichiarato illegittima questa norma. Viene stabilito che  il giudice può disporre a favore del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione un assegno di mantenimento a carico dell'altro coniuge qualora egli non abbia adeguati redditi propri, la cui entità è determinata in relazione alle circostanze ed ai redditi dell'obbligato.

Con la separazione cessa il dovere alla coabitazione e del dovere di fedeltà. Per quanto riguarda gli altri doveri dell'assistenza morale e materiale, nonché della collaborazione nell'interesse della famiglia, essi appaiono fortemente attenuati durante la separazione.

Per la cessazione degli effetti della separazione non occorre alcun atto formale, ma è sufficiente la mera conciliazione dei coniugi.


IL DIVORZIO


Il divorzio è causa di scioglimento del matrimonio valido ed opera ex nunc. Il sistema italiano del divorzio con la legge del 1970 appariva un sistema misto fondato sia sull'idea del divorzio-sanzione che sull'idea divorzio-rimedio.

Dal punto di vista divorzio-sanzione lo scioglimento del matrimonio era ammesso:

Per la condanna di un coniuge all'ergastolo o alla reclusione superiore a 15 anni per delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale o sociale;

Per la condanna per il delitto di incesto, violenza carnale, atti di libidine violenti, ratto a fine di libidine, e ratto di persona minore di 14 anni o inferma a fine di libidine o di matrimonio, delitti tutti commessi in danno di un discendente o figlio adottivo, per sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione di un discendente o di un figlio adottivo;

Per la condanna per omicidio volontario in danno di un discendente o di un figlio adottivo o per il tentato omicidio nei confronti di questi soggetti;

Per due o più condanne per i delitti di lesione personale e per i delitti di violazione degli obblighi di assistenza familiare, maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli e circonvenzione di persone incapaci in danno del coniuge o di un figlio anche adottivo;

Per l'assoluzione di un coniuge per vizio totale di mente, quando il giudice abbia accertato la sua inidoneità a mantenere o ricostruire la convivenza familiare.

La legge del divorzio del 1970 ammetteva poi il divorzio dopo 5 anni di separazione legale o di fatto iniziata da almeno 2 anni prima dell'entrata in vigore della legge. Il divorzio veniva ammesso subito nel caso di matrimonio non consumato e nel caso in cui l'altro coniuge, cittadino straniero avesse ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio, o avesse contratto all'estero nuovo matrimonio.

L'idea di divorzio rimedio era contemplata per rottura irreversibile del rapporto matrimoniale dovute a cause diverse.

La riforma del diritto di famiglia, modificando, la separazione giudiziale da separazione per colpa a separazione per intollerabilità oggettiva della convivenza, ha allargato i presupposti per il divorzio.

Per quanto riguarda il divorzio-rimedio, si ha la riduzione da cinque a tre anni del periodo di separazione.

La domanda di divorzio viene proposta con ricorso al Tribunale nel luogo dove il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Nel ricorso deve essere indicato il presupposto per il quale si chiede il divorzio, che poi dovrà essere accertato dal Tribunale. Se la domanda è congiunta ed indica anche le condizioni concordate inerenti alla prole ed ai rapporti economici, essa è decida dal Tribunale con sentenza, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni nell'interesse dei figli. Se non esiste accordo fra i coniugi, entrambi devono comparire dinanzi al presidente del Tribunale che, tentata la riconciliazione, dà i provvedimenti temporanei ed urgenti più opportuni. Dopodiché il procedimento si trasforma in una normale causa civile contenziosa, da istruirsi e successivamente da decidersi con sentenza del Tribunale. Se si tratta di matrimonio civile, il Tribunale ne pronuncia lo scioglimento; se si tratta di matrimonio concordatario, il Tribunale, non potendo sciogliere tale matrimonio regolato dal principio canonistico della indissolubilità, ne pronuncia la cessazione degli effetti civili; comunque ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.

Per quanto riguarda l'affidamento dei figli minori e al concorso nel loro mantenimento, istruzione ed educazione la disciplina è uguale a quella della separazione. La legge del divorzio stabilisce che l'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengano affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età, inoltre in ogni caso, ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. In caso di inadempienza del coniuge alla corresponsione dell'assegno, di una procedura esecutiva contro il terzo tenuto a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, senza necessità di uno specifico provvedimenti giudiziale al riguardo.

Il Tribunale poteva disporre tenuto conto delle condizioni economiche dei coniugi e delle ragioni della decisione l'obbligo per uno dei coniugi di somministrare all'altro un assegno periodico in proporzione alle proprie sostanze e ai propri redditi.

L'assegno si riteneva in giurisprudenza che avesse triplici funzioni:

Assistenziale, quando doveva servire di mantenimento per il coniuge economicamente debole, che non godesse di propri mezzi di sostentamento;

Compensativa, quando doveva servire a compensare un coniuge del maggiore contributo personale ed economico dato, attraverso l'attività domestica o apporti finanziari o altrimenti, sia alla famiglia che alla formazione del patrimoni;

Risarcitoria, quanto tenendo conto delle ragioni della decisione, doveva servire a indennizzare in qualche modo il coniuge non colpevole.

La riforma della legge sul divorzio del 1987 ha modificato la norma in esame, in quanto ha disposto l'obbligo alla somministrazione dell'assegno divorziale quando un coniuge non abbia mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.


LA FILIAZIONE


La filiazione è una situazione che intercorre tra una persona e ciascuno dei genitori. La filiazione legittima opera nell'ipotesi di figlio nato da genitori uniti in matrimonio, filiazione naturale si verifica nell'ipotesi di figlio nato da genitori non uniti in matrimonio e la filiazione adottiva nell'ipotesi di adozione per provvedimento giudiziario. Questi tipi di filiazioni differiscono soprattutto per il modo con cui vengono accertate e rese pubbliche. Riguardo alle ipotesi di filiazioni che trovano fondamento nel concepimento ad opera dei genitori, bisogna distinguere lo stato di filiazione sostanziale da quello formale. Lo stato sostanziale di filiazione si acquista con la nascita, quello formale per la filiazione legittima mediante la redazione dell'atto di nascita, che accerta che la persona è figlio di quel padre e di quella madre, mentre per la filiazione naturale con il riconoscimento. Soltanto rispetto alla filiazione adottiva, lo stato sostanziale si acquisisce contestualmente a quello formale con provvedimento giudiziario.

Per far valere i diritti inerenti allo stato di filiazione è necessario che venga formalmente accertato e il modo dell'accertamento formale varia a seconda che si tratti di filiazione matrimoniale o extramatrimoniale. Nel caso di filiazione legittima l'accertamento è tipo normativo, cioè si attua con adempimenti di obblighi anagrafici. Nel caso di filiazione naturale l'accertamento è di tipo volontario, poiché nel denunciare la nascita del figlio naturale non è consentito menzionare i genitori se questi non ne abbiano effettuato spontaneamente il riconoscimento. Quando l'accertamento normativo o volontario sia stato omesso, il figlio può ricorrere al giudice per ottenere l'accertamento giudiziale dello stato di figlio.

Il figlio legittimo assume il cognome del padre. Il figlio naturale assume il cognome del primo genitore che lo ha riconosciuto. Quando invece la filiazione nei confronti del padre è stata riconosciuta o accertata successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale, se vuole, può assumere il cognome del padre con facoltà di aggiungerlo o di sostituirlo a quello della madre.

Il figlio, finché dura la sua minore età e sempre che non sia stato emancipato è sottoposto alla potestà dei genitori. Se sono morti o non possono esercitare la potestà sui figli si procede alla nomina del tutore da parte del giudice tutelare. La potestà dei genitori implica il potere di decidere ed eseguire tutte le attività utili alla cura e all'educazione del minore e il potere di rappresentare il figlio negli atti di esercizio dei suoi diritti e di amministrarne i beni. Sono sottratti al potere dei genitori gli atti personalissimi di natura patrimoniale come il testamento e la donazione, di natura familiare come il matrimonio e il riconoscimento del figlio naturale.

In caso di filiazione legittima la potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori. Per quanto riguarda la filiazione naturale, la potestà spetta al genitore che ha riconosciuto il figlio. Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore con il quale il figlio convive e se non convive con alcuno di essi al primo che ha fatto il riconoscimento.

Il divieto di riconoscimento spetta rispetto al figlio incestuoso, nato cioè da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, oppure un vincolo di affinità in linea retta, a meno che i genitori al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra loro o il matrimonio da cui deriva l'affinità sia dichiarato nullo. Il figlio irriconoscibile non ha diritto all'accertamento giudiziale della paternità o maternità naturale, ma po' agire per ottener il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio irriconoscibile non è sottoposto alla potestà dei genitori.


LA FILIAZIONE LEGITTIMA


Se la nascita avviene da genitori legittimi, nell'atto di nascita si devono enunciare il nome e il cognome e gli altri elementi di identità del padre e della madre. In caso di indicazioni false o menzognere, chi ha fatto la dichiarazione risponde per falso in atto pubblico o per alterazione di stato. Le false indicazioni contenute nell'atto di nascita possono impugnate mediante esercizio di azioni giudiziali civili denominate azioni di stato che sono: l'azione di contestazione, l'azione di disconoscimento e l'azione di reclamo.

L'azione di contestazione è un'impugnativa di carattere generale delle indicazioni non vere contenute nell'atto di nascita da cui si deduce uno stato di filiazione non conforme a verità. L'azione di contestazione dello stato di figlio legittimo per difetto della paternità risultante dall'atto di nascita è ammissibile solo quando siano trascorsi 300 giorni dalla data dell'annullamento o dello scioglimento del vincolo matrimoniale o quando siano decorsi 300 giorni dalla pronuncia della separazione giudiziale o dalla omologazione di separazione consensuale. L'azione di contestazione è inammissibile in tutti i casi in cui operi la presunzione legale di paternità del marito della madre integrata dalla presunzione di concepimento durante il matrimonio.

Il possesso di stato è costituito da una serie di fatti che sono idonei a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia cui la persona pretenda di appartenere. Anche l'atto di nascita ha funzione probatorio dello stato di filiazione.

Il disconoscimento di paternità è un'azione tendente ad impugnare l'indicazione della paternità contenuta nell'atto di nascita nonostante che in questo sia indicato come padre il marito della madre. L'azione è consentita solo:

Se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso tra il 300 e il 180 giorno prima della nascita;

Se durante il periodo suddetto il marito era affetto da impotenza;

Se nello stesso periodo la moglie abbia commesso adulterio o abbia tenuto celata al marito la sua gravidanza o la nascita del figlio.

Legittimati ad agire sono:

Il padre, nel termine di un anno dalla nascita del figlio;

La madre, nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio;

Il figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene a conoscenza di fatti che rendono ammissibili il disconoscimento di paternità;

Un curatore speciale, su istanza del figlio minore che abbia compiuto 16 anni. Se non abbia compiuto 16 anni per lui può agire il pubblico ministero.

L'azione di reclamo serve per ottenere una sentenza che accerti lo stato di figlio legittimo di un soggetto. In questo caso l'accertamento della filiazione ha natura giudiziale e non è più contestabile dopo che la sentenza sia passata in giudicato.


LA FILIAZIONE NATURALE


L'accertamento della filiazione naturale può avvenire mediante una dichiarazione di nascita che ha valore di riconoscimento. Il riconoscimento può essere effettuato anche con un atto separato dalla dichiarazione di nascita, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento.

Il figlio ha il diritto di chiedere l'accertamento giudiziale della maternità e della paternità quando il genitore non lo riconosca spontaneamente. L'azione può essere promossa nell'interesse del minore dal genitore che esercita la potestà o dal tutore. Quando l'azione viene promossa nell'interesse del minore è competente a decidere su decidere su di essa il tribunale per i minorenni.


LA LEGITTIMAZIONE DELLA FILIAZIONE NATURALE


Con la riforma del diritto i diritti dei figli naturali nei confronti dei genitori sono stati equiparati quelli dei figli legittimi. A seguito di tale equiparazione ha perso rilievo l'istituto della legittimazione.

Il matrimonio susseguente alla nascita del figlio naturale determina come effetto ex lege la legittimazione se ed in quanto il figlio sia riconosciuto da entrambi i genitori. Il riconoscimento può avvenire nell'atto stesso di matrimonio oppure anteriormente o posteriormente alle nozze. Quando vi è impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio, la legittimazione può avvenire mediante provvedimento del giudice. Il giudice provvede con sentenza emessa in camera di consiglio su domanda promossa dai genitori o da uno di essi. La sentenza produce gli stessi effetti della legittimazione per susseguente matrimonio ma soltanto dalla data del provvedimento. La domanda deve essere promossa dai genitori congiuntamente o anche da uno solo di essi e deve costituire la stesa ragione giustificatrice del provvedimento. È necessario l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio. Inoltre, è necessario il consenso del figlio legittimando, se ha compiuto 16 anni, o dell'altro genitore o del curatore speciale se il figlio non ha ancora raggiunto tale età, sempre che il figlio non sia già riconosciuto.


L'ADOZIONE


L'adozione consiste nella costituzione di un vincolo giuridico di filiazione non fondato sul fatto naturale del concepimento ad opera dei genitori. L'adozione può riguardare persone di maggiore età o i minori.

Chi ha superato la maggiore età può essere adottato anche da una persona singola. L'adozione è consentita alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati, che hanno compiuto trentacinque anni e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che intendono adottare. Per conseguire l'adozione, oltre la domanda dell'adottante occorre il consenso dell'adottando nonché l'assenso dei loro rispettivi coniugi se coniugati e non legalmente separati e l'assenso dei genitori dell'adottando. Sulla domanda di adozione provvede il tribunale in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. Il decreto può essere impugnato entro 30 giorni con reclamo alla corte d'appello.

L'adozione delle persone maggiori di età non è sostitutiva del rapporto di filiazione legittima o naturale di cui la persona adottata era già titolare prima dell'adozione. L'adottante non acquisisce alcun diritto ereditario nei confronti dell'adottato, il quale invece consegue nei confronti dell'adottante diritti successori. L'adottato, inoltre, assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio.

L'adozione dei minori è un istituto introdotto per la prima volta in Italia nel 1967 ed attualmente regolato dalla legge del 1983. Quando si tratta di adozione di minori in situazione di abbandono l'adozione è conseguibile mediante un complesso procedimento che inizia con la dichiarazione di stato di adattabilità pronunciata dal Tribunale. Prima di pronunziare lo stato di adattabilità il presidente del Tribunale per i minori deve disporre approfondite indagini tramite i servizi di assistenza sociale, sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore nonché sull'ambiente in cui vive, al fine di verificare se sussiste lo stato di abbandono. A conclusione delle indagini qualora risulti la situazione di abbandono, il tribunale per i minorenni dichiara lo stato di adottabilità. Entro 30 giorni dalla dichiarazione dello stato di adottabilità, il pubblico ministero, i genitori, i parenti entro il quarto grado e il tutore possono proporre ricorso avverso il provvedimento sullo stato di adattabilità allo stesso tribunale che lo ha pronunciato. Chi viene dichiarato in stato di adattabilità può essere adottato da coniugi uniti in matrimonio da almeno 3 anni e che siano idonei ad educare, istruire ed economicamente in grado di mantenere i figli minori che intendono adottare. L'età degli adottandi deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando.

Il Tribunale per i minori dispone le indagini necessarie ad accertare le attitudine educative dei coniugi, la loro situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare ed i motivi per i quali i coniugi desiderano adottare il minore. Se gli accertamenti hanno esito positivo, il tribunale dispone l'affidamento preadottivo del minore. La dichiarazione di adozione viene pronunziata con decreto motivato dal tribunale per i minori dopo che sia trascorso un anno dall'affidamento. Il PM, i coniugi adottandi ed il tutore possono impugnare il decreto relativo all'adozione entro 30 giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della corte d'appello, la quale decide con decreto motivato. Contro il decreto della Corte d'appello è ammesso, entro 30 giorni, ricorso in Cassazione.

Con l'adozione di minori vengono a cessare i legami di parentela dell'adottato verso la famiglia di origine.

consentita l'adozione a persone unite al minore, orfano di padre e di madre, da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile duraturo preesistente alla perdita dei genitori. L'adozione è inoltre consentita al coniuge nel caso in cui il minore sia figlio dell'altro coniuge.


L'ADOZIONE INTERNAZIONALE


Coloro che intendono adottare un minore straniero devono seguire una particolare procedura che è stabilita dalla legge del 1993. Devono presentare al tribunale per i minorenni dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero chiedendo che lo stesso dichiari la loro idoneità all'adozione. Entro un anno dalla comunicazione del decreto di idoneità, gli interessati si devono attivare conferendo incarico a curare la procedura d'adozione. Intanto, il decreto di idoneità viene trasmesso alla Commissione competente costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La Commissione esaminati gli atti dichiara che l'adozione risponde al superiore interesse del minore e ne autorizza l'ingresso e la residenza permanente in Italia. Il minore che abbia fatto ingresso in Italia non sulla base della dichiarazione della Commissione, bensì sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione, gode dal momento dell'ingresso di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare.




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