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IMIGRAZIONE E PROSTITUZIONE

diritto



IMIGRAZIONE E PROSTITUZIONE

In genere quando si parla di emigrazione o di imigrazione, si pensa alla parte maschile che affronta l'imprevisto e l'incognita di un viaggio e di una terra sconosciuti. Questa è la parte pi 313e41d ù visibile del fenomeno, anche se attualmente le immagini televisive di mostrano bambini e donne che partono spesso da soli, alla mercé di trasporti senza alcuno scrupolo e coscienza. Sono vari gli esempi di donne e bamibini gettati in mare, alcuni dei quali muoiono, perché incapaci di nuotare o perché stremati dal freddo e dalla forza delle onde. Sono i disperati dei nostri giorni, coloro che per sfuggire alla fame o alle costrizioni delle guerre devono vivere fuori dalla patria, osetggiati e mal tollerati. Sventurati nella propria terra, faticosamente sopportati nel paese di arrivo, quasi maledetti per il solo fatto di esistere, perché segnati dalla sventura, dalla miseria e dall'indifferenza di tanti. Una categoria a parte, in questo orizzonte, è costituito dalle ragazze, sempre più giovani, fino a essere ancora delle bambine, che vengono costrette al lavoro del marciapiede. Molte di esse non superano, nonostante le loro affermazioni, i dodici o tredici anni. Dicono di aver diciotto o vent'anni, ma si notano i lineamenti della bambina che ancora non è formata e che avrebbe bisogno e voglia di giocare spensierata con i coetanei e non di essere messa in pasto a uomini che tendono a soddisfare le proprie voglie e che sarebbero disposti a uccidere chi insediasse la propria figlia, che ha, rispetto a queste, l'unico vantaggio di essere italiana e non straniera. È ormai noto a tutti che le ragazze di strada sono soggette a violenza di ogni genere, schiave legittimate a fare un lavoro che nessuna donna, tanto meno nessuna bambina, può vivere in modo tranquillo, senza subire dei traumi profondi e spesso indelebili, che riescono a toccare gli equilibri di una persona, che diviene incapace poi di vivere rapporti normali con gli uomini e con le persone in genere. Costrette a prostituirsi contro la propria volontà, picchiate e violentate se mostrano delle titubanze o dei pensieri i voler sfuggire, suscitano l'indignazione dei benpensanti, quasi che l'essere sul marciapiede fosse una scelta libera. Perché non prendersela di fatto anche con chi le frequenta? Questi sono coloro che, insieme a chi le costringe, di fatto le riduce in schiavitù, perché creatori di domanda, cui bisogna dare risposte. La prostituzione non è quasi mai un fatto di sole donne: nessuna di esse sceglie quel lavoro. Se lo fa, è più una conseguenza di rottura di equilibri più geenrali. Si è davanti più a una vittima, che avrebbe bisogno di aiuto e comprensione, non di botte o di mercificazione.  








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