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Diritto di voto - I sistemi elettorali

diritto



Art. 48: diritto di voto


In base all'art. 481 Cost "Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età". Si può affermare quindi che tutto il corpo elettorale (l'insieme degli elettori) è costituito da tutti i cittadini, anche se vivono all'estero, che abbiano compiuto 18 anni.

La Costituzione stabilisce comunque dei limiti a questo diritto. Quanto all'età, essa è elevata a 25 anni per le elezioni 535b14f al Senato. Il terzo comma dell'art. 48 prevede inoltre il limite del diritto di voto nei casi di incapacità civile e d'indegnità morale o per effetto di sentenza penale irrevocabile.

Il secondo comma dell'art. 48 stabilisce le caratteristiche del voto che sono:

personale, il voto si deve esprimere personalmente dunque non è ammesso il voto per procura



uguale, ogni elettore ha a disposizione un solo voto e ogni voto vale per uno

libero, l'elettore non deve subire alcuna coartazione

segreto, condizione essenziale della libera manifestazione della volontà dell'elettore


I sistemi elettorali


I sistemi elettorali sono quel complesso di norme giuridiche che disciplinano le elezioni, dunque prevedono i meccanismi giuridici che conformano la rappresentanza politica. Sono due gli elementi portanti di ogni sistema elettorale: i collegi elettorali e la formula elettorale.


I collegi elettorali sono le suddivisioni territoriali nell'ambito delle quali il corpo elettorale è chiamato a eleggere una parte dei rappresentanti. Si distinguono due tipi di collegi: il collegio uninominale (in esso viene eletto un solo rappresentante) e quello plurinominale (in esso vengono eletti più rappresentanti).


Le formule elettorali sono invece i meccanismi di trasformazione dei voti in seggi. Si distinguono in maggioritarie e proporzionali. Nelle formule maggioritarie (quasi sempre a collegio uninominale) il seggio viene attribuito al candidato che ottiene la maggioranza dei voti (solitamente la maggioranza relativa). Nelle formule proporzionali (quasi sempre a collegio plurinominale) i seggi vengono attribuiti ai vari partiti in proporzione dei voti conseguiti.

Le principali formule maggioritarie si distinguono in due tipi: plurality system, cioè in ogni collegio uninominale il seggio viene attribuito al candidato più votato; majority system, cioè un candidato viene eletto solo se raggiunge la maggioranza assoluta dei voti, se ciò non si verifica è previsto un secondo turno elettorale riservato ai due candidati più votati.

Nell'ambito di questa distinzione si collocano però molte formule miste.


Il sistema elettorale di camera e senato


In seguito all'esito favorevole di un referendum abrogativo relativo al sistema elettorale del Senato, nel 1993 sono state approvate nuove leggi elettorali relative all'elezione del Senato e della Camera.

Si tratta di sistemi misti a prevalenza maggioritaria, in quanto i  ¾ dei seggi sono attribuiti in collegi uninominali con formula plurality, mentre il restante ¼ è assegnato con formule proporzionali.

Con un disegno di legge approvato alla Camera nel 2005 e in corso di approvazione al Senato, si introduce un sistema proporzionale per liste concorrenti n circoscrizioni plurinominali. In entrambi i rami le liste sono bloccate, senza possibilità per l'elettore di esprimere un voto di preferenza.


Il sistema elettorale della camera

E' un sistema elettorale a turno unico. Il territorio nazionale è suddiviso in circoscrizioni di dimensione regionale o infraregionale, alle quali è assegnato il numero di seggi in base alla popolazione residente. All'elettore sono attribuite due schede distinte: una (di colore rosa) per l'elezione del candidato nel collegio uninominale; l'altra (di colore grigio) per la scelta di una delle liste circoscrizionali concorrenti al riparto dei seggi in ragione proporzionale, senza esprimere una preferenza (lista bloccata). La presentazione delle candidature è per singoli candidati che devono dichiarare a quale o a quali delle liste circoscrizionali intendono collegarsi. In ogni collegio risulta eletto il candidato che ha ottenuto più voti, e questa è la parte maggioritaria. La ripartizione dei seggi restanti avviene con formula proporzionale a livello nazionale tra le liste che abbiano superato la clausola di sbarramento del 4% dei voti validi. Dal totale dei voti ottenuti in tutte le circoscrizioni viene detratto un numero di voti che nelle varie circoscrizioni sono serviti per eleggere i candidati collegati alla lista. I voti scorporati (dal nome dell'operazione, detta scorporo) però non sono quelli effettivamente ottenuti dai vari candidati vittoriosi, bensì i voti ottenuti dal secondo arrivato "più uno" e cioè ai voti che erano necessari per conquistare il seggio di quel collegio (scorporo parziale). A questo punto si sommano tutte le cifre al netto dello scorporo delle liste che hanno superato la soglia del 4%; si divide questo numero per 155 (il numero dei seggi) ottenendo così il quoziente elettorale nazionale cioè il costo di un seggio; si attribuisce a ciascuna lista tanti seggi quante volte la propria cifra di lista sta nel quoziente elettorale, questa operazione darà sicuramente dei resti che saranno attribuiti a quelle liste che avranno ottenuto da quella divisione i più alti resti. Stabilito il numero dei seggi ottenuti dalle varie liste, si determina in quale circoscrizione ciascuna lista conquista i propri seggi e chi sono i candidati eletti.



Con il nuovo sistema proporzionale in corso di introduzione viene attribuito un premio di maggioranza pari a circa il 54% del totale alla lista o alla coalizione che su scala nazionale ha ottenuto il maggior numero di voti.


Il sistema elettorale del senato

Per il Senato le circoscrizioni elettorali si identificano con le Regioni e in base all'art. 573 Cost nessuna Regione può avere meno di 7 senatori, tranne il Molise che ne ha 2 e la Valle d'Aosta che ne ha 1. E' prevista un'unica categoria di candidati, quelli di collegio, quindi mancano le liste. L'elettore dispone di un'unica scheda (di colore giallo) e di un unico voto per il candidato preferito. In ogni Regione risultano eletti i candidati che nel proprio collegio hanno ottenuto più voti. I 77 seggi restanti vengono assegnati ai gruppi di candidati nei collegi uninominali che si sono presentati con il medesimo contrassegno. Si calcola dunque la cifra elettorale di ogni gruppo, risultante dalla somma dei voti ottenuti dai propri candidati; da questa viene sottratto un numero di voti pari a quello ottenuto dai candidati eletti nei collegi uninominali (scorporo totale). Infine i seggi vengono ripartiti proporzionalmente tra i gruppi regionali con il metodo d'Hondt.

Anche per il Senato, il nuovo sistema in corso d'introduzione prevede un premio di maggioranza pari al 55% dei seggi a favore della lista o della coalizione che all'interno di ogni Regione abbia avuto più voti.


Istituti di democrazia diretta


Accanto alle forme di democrazia rappresentativa (di cui l'istituto principale è l'elezione) molti ordinamenti prevedono istituti di democrazia diretta, nei quali il popolo in prima persona, non tramite i rappresentanti, prende decisioni su questioni determinate. Fra questi assumono rilievo l'iniziativa popolare e il referendum. La prima si ha quando la proposta avanzata da un certo numero di elettori viene di regola sottoposta al voto popolare e viene detta anche referendum propositivo. Molto più frequente è il referendum, che si ha quando il corpo elettorale è chiamato a votare, su iniziativa di una sua frazione o di altri soggetti oppure di diritto, su un atto o una proposta proveniente da un'autorità pubblica. Il referendum può distinguersi in costituzionale, legislativo o amministrativo, a seconda della natura dell'atto sottoposto al voto popolare; in obbligatorio o facoltativo, a seconda che si svolga di diritto o su iniziativa dei soggetti legittimati; in attivo o passivo, a seconda che l'iniziativa provenga da una frazione del corpo elettorale o da un organo pubblico; in preventivo o successivo, a seconda che preceda o segua l'entrata in vigore dell'atto; in decisionale o consultivo, a seconda che abbia efficacia giuridicamente vincolante o meno.


Nella Cost italiana troviamo gli istituti di democrazia diretta. Risultano di secondaria importanza la petizione e l'iniziativa legislativa popolare, in quanto si tratta di atti di impulso non aventi carattere decisionale.

La petizione consiste nel diritto riconosciuto ai cittadini in forma individuale o collettiva di chiedere alla Camera o al Senato "provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità" (art. 50) ma non comporta alcun obbligo da parte del Parlamento.

L'iniziativa legislativa popolare consiste nel diritto di 50.000 elettori di presentare un progetto di legge redatto in articoli, ma anch'essa non comporta alcun obbligo di decidere da parte del Parlamento.

Più significative sono le diverse ipotesi di referendum previste dalla Cost: abrogativo (art. 75), costituzionale (art. 138), territoriale (artt. 132 e 133), regionale (art. 123).


Il referendum abrogativo


Il referendum abrogativo è:

legislativo, riguardando l'intero testo o una parte di una legge o di un atto avente forza di legge

facoltativo e attivo, potendo essere chiesto da 500.000 elettori o cinque Consigli regionali

successivo, avendo ad oggetto una legge già in vigore



decisionale, con effetto giuridico meramente abrogativo

Il suo procedimento può distinguersi in 4 fasi: preparatoria, di controllo, costitutiva, dichiarativa del risultato.

Nell'ipotesi di iniziativa popolare spetta ad un Comitato promotore di dieci cittadini-elettori, mediante previa comunicazione alla Corte di Cassazione, dare avvio alla raccolta delle firme, da effettuarsi in appositi fogli contenenti i termini del quesito. Nell'ipotesi di iniziativa regionale è un Consiglio regionale a farsi promotore con delibera adottata a maggioranza assoluta; successivamente la richiesta viene presentata alla Cassazione dai delegati di almeno cinque Consigli regionali. Le domande devono essere depositate dal 1° gennaio al 30 settembre di ogni anno, ma ciò non può avvenire nell'anno anteriore alla scadenza di un ramo del Parlamento o nei sei mesi successivi all'indizione delle elezioni.

La fase successiva si articola in un duplice controllo preventivo sulla legittimità e sulla ammissibilità del quesito referendario. Il primo è affidato all'Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, deve svolgersi entro il 15 dicembre e deve verificare che la richiesta referendaria sia conforme alle norme di legge e quindi se la raccolta delle firme sia avvenuta in modo regolare, se raggiungano il numero, se l'oggetto della richiesta sia una legge o abbia valore di legge, ecc. Il controllo sull'ammissibilità è stato attribuito alla Corte Costituzionale e si conclude con sentenza pubblicata entro il 10 febbraio dell'anno successivo.

Qualora il controllo abbia esito positivo prende avvio la fase costitutiva. L'indizione del referendum in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno viene decretata dal Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Si può verificare la sospensione del referendum in caso di scioglimento anticipato del Parlamento o la sua cessazione nel caso in cui sia intervenuta l'abrogazione dell'atto sottoposto a referendum. Segue la votazione popolare, nella quale gli elettori si pronunciano con un "sì" o con un "no" sulla domanda di abrogazione. La proposta referendaria viene approvata solo se ha raggiunto il duplice quorum previsto dall'art. 75 e quindi se abbia partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto e se abbia ottenuto la maggioranza dei voti validamente espressi.

La fase finale è la proclamazione del risultato. Qualora l'esito del voto sia contrario all'abrogazione, il Ministro della giustizia cura la pubblicazione del risultato nella Gazzetta ufficiale e ciò non permette una nuova presentazione di una richiesta referendaria sullo stesso oggetto per cinque anni. Questo termine però non vale qualora non sia stato raggiunto il quorum poiché la votazione deve ritenersi senza esito. Qualora l'esito sia favorevole all'abrogazione, questa viene dichiarata con decreto del PdR ed ha effetto dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Il Capo dello Stato può ritardare l'abrogazione di 60 giorni per consentire l'intervento del legislatore.



Il referendum costituzionale


Il referendum costituzionale ha per oggetto un progetto di legge costituzionale o di revisione costituzionale ed è:

facoltativo ad iniziativa mista, oltre che di 500.000 elettori e cinque Consigli regionali, di 1/5 dei membri di un ramo del Parlamento

eventuale, può essere richiesto solo se la maggioranza raggiunta nei due rami in sede di seconda deliberazione sia inferiore ai 2/3 dei componenti

preventivo, costituendo una fase del procedimento di approvazione di un atto

decisionale, il suo esito permette l'entrata in vigore o determina la decadenza del progetto approvato in Parlamento.

Il procedimento è analogo a quello del referendum abrogativo ma con alcune differenze.

Nella fase dell'iniziativa la richiesta dei soggetti legittimati deve avvenire entro tre mesi dalla pubblicazione del progetto approvato in Parlamento nella Gazzetta ufficiale.



Il controllo è interamente riservato all'Ufficio centrale per il referendum, che decide con ordinanza entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta, non essendo prevista alcuna verifica dell'ammissibilità del referendum.

Quest'ultimo viene indetto con decreto del PdR su deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro 60 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza che lo ha dichiarato legittimo. La consultazione viene fissata in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all'emanazione del decreto. La votazione è comunque valida indipendentemente dal numero degli elettori partecipanti.

La proclamazione del risultato viene compiuta dall'Ufficio centrale: se il progetto è approvato, il PdR procede alla promulgazione della legge; se è respinto, si determina la decadenza del progetto deliberato dal Parlamento.


I referendum territoriali


La Cost prevede due ipotesi di referendum territoriale:

il referendum sulla fusione di Regioni o la creazione di nuove Regioni (con un minimo di un milione di abitanti su richiesta dei Consigli comunali che rappresentino almeno 1/3 delle popolazioni interessate)

il referendum sul passaggio di Province e Comuni da una Regione all'altra

Le Regioni devono sentire le popolazioni interessate per l'istituzione di nuovi Comuniualor o la modifica delle loro circoscrizioni e denominazioni (art. 1332).

Nel primo occorrono il voto favorevole della maggioranza delle popolazioni interessate ed una legge costituzionale, ciò implica che dopo l'approvazione del Parlamento con una maggioranza inferiore ai 2/3 possa essere chiesto un referendum costituzionale.

Nel secondo è richiesta la stessa maggioranza ma è sufficiente una legge ordinaria dello Stato.

In entrambi i casi il referendum è obbligatorio, preventivo e decisionale.

La consultazione di cui si parla al secondo comma, può avvenire sia con referendum che con altri mezzi, alle popolazioni interessate viene chiesto un parere ed il procedimento sfocia in una legge regionale.


I referendum regionali


L'art. 123 prevede due tipi di referendum regionale:

il referendum sul nuovo statuto che ogni Regione ad autonomia ordinaria dovrà darsi con procedimento rinforzato, qualora entro 3 mesi dalla pubblicazione ne faccia richiesta 1/50 degli elettori della Regione o 1/5 dei componenti del Consiglio regionale; il referendum assume valenza oppositiva ed incide sull'efficacia dell'atto, impedendo in caso di mancata approvazione l'entrata in vigore dello statuto

il referendum regolato dagli statuti regionali, potendo riguardare sia le leggi sia gli atti amministrativi della Regione e assumere diversa natura (abrogativa, propositiva, consultiva).


Il referendum di indirizzo sull'Unione europea


Il 18 giugno del 1989 si è svolto un referendum di indirizzo, in concomitanza con il rinnovo della rappresentanza italiana nel Parlamento europeo, con il quale si chiedeva al corpo elettorale se fosse favorevole alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento e ad affidare a quest'ultimo il compito di redigere un progetto di Costituzione europea. In realtà questo referendum si può definire consultivo essendo privo di efficacia giuridica vincolante nei confronti di un organo al di fuori dell'ordinamento italiano. Non si può ritenere che la legge abbia introdotto nell'ordinamento costituzionale il referendum di indirizzo o consultivo, avendo previsto solo un'ipotesi singola e specifica.






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