Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

DIRITTO PARTE SECONDA

diritto



DIRITTO PARTE SECONDA


LA PERSONA TRA REALTà GIURIDICA e FISICA il termine persona deriva dal greco pròsopon che significa "maschera teatrale" e secondo un orientamento dominante tra i giuristi italiani esso non è strettamente connesso ad una realtà biologica ma secondo la dottrina viene interpretato come un'entità titolare di diritti e doveri. Quindi il termine "persona" esprime una qualità giuridica ed in base a questa definizione si ha una stretta connessione tra Capacità e soggettività poiché se la persona viene considerata capace di interessi giuridici essa ne è anche il titolare o altresì il SOGGETTO giuridico di diritti e doveri. In realtà esistono due concezioni riguardanti la connessione tra capacità e soggettività:

la TEORIA ORGANICA interpreta di fatto il termine "persona" associandolo sia ad un'entità fisica che ad una entità giuridica facendo così corrispondere la capacità con la soggettività ed entrambe rappresentano caratteristiche intrinseche del soggetto dove la capacità deriva dal fatto che il soggetto è titolare degli interessi tutelati e attribuitegli dal diritto. Secondo questa teoria dunque il soggetto giuridico si configura nel momento in cui è l'ordinamento a riconoscergli capacità giuridica generale.



la TEORIA ATOMISTICA pone alcuni dubbi riguardanti la coincidenza tra capacità e soggettività interrogandosi sul fatto che la capacità giuridica sia un qualcosa di innato all'interno del termine persona oppure sia un qualcosa che viene riconosciuto dall'ordinamento. Secondo questa teoria il soggetto giuridico si configura nel momento in cui sia destinatario perlomeno di una norma giuridica rimanendo pur privo della capacità giuridica generale

il problema della scissione tra il termine persona e quello di soggetto di capacità giuridica si pone nel momento in cui ad esempio si parla del CONCEPITO , un termine che scientificamente indica un'entità che si viene a creare nel momento della fusione tra i gameti maschili e femminili ma che ancora non presenta niente di assimilabile al termine "uomo" come entità fisica. Il problema è dunque se considerare il concepito come soggetto di diritto o meno, secondo l'orientamento maggioritario che applica la teoria organica è lo stato che decide i soggetti classificabili come soggetti di capacità giuridica e ciò è confermato dall'art 1 secondo il quale la CAPACITà giuridica si acquista con la nascita pertanto da ciò si ricava che il concepito in quanto non ancora nato non è soggetto di diritto e che dunque è proprio l'atto della nascita che segna il passaggio del concepito o del feto a PERSONA e quindi a soggetto giuridico dotato di diritti e doveri. Il problema diventa più ampio e complesso nel momento in cui il Codice Civile e quello Penale presentano delle incongruenze riguardo l'attribuzione della capacità giuridica al concepito, il codice civile infatti interpreta il concepito secondo una visione patrimonialistica mentre il codice penale lo interpreta come un vero e proprio soggetto di diritto.

Si prendano in esempio alcuni articoli del codice civile come ad esempio l'art. 643 secondo il quale l'amministrazione dei beni patrimoniali è affidata al padre che li amministra anche per il nascituro, o l'articolo 254 che prevede il riconoscimento del nascituro da parte dei genitori biologici all'atto della nascita o all'art 462 che prevede la capacità di successione al nascituro stesso. Di fatto anche se nell'art 1 si specifica che il nascituro diventa soggetto di diritto all'atto della nascita questi articoli prevedono l'attribuzione di diritti anche prima della nascita stessa. L'incogruenza si basa sulla necessità di non creare dei diritti senza soggetto e può essere risolta attribuendo al concepito una capacità giuridica speciale o ridotta ovvero anche se il concepito non è un soggetto di diritto a tutti gli effetti viene inquadrato in una posizione patrimoniale, posizione che diventerà effettiva con l'atto della nascita. Si può dunque affermare che il codice penale attribuisce al concepito dei diritti particolari e speciali. Prendendo in esame il codice Penale invece vi sono degli articoli che tutelano il nascituro riconoscendogli quindi la capacità giuridica a tutti gli effetti anche prima dell'atto della nascita. Ad esempio l'articolo 578 condanna il FETICIDIO ovvero l'uccisione del feto durante la gestazione tutelandolo anche prima della nascita, creando un'identità tra UOMO e feto capace di vita autonoma. Tale equiparazione trova applicazione quando si emana il suddetto articolo che punisce l'uccisione del "FETO" come l'"Uccisione di un uomo" considerando il feticidio come un omicidio particolare, bisogna però fare attenzione ai termini poiché feto non significa concepito: infatti questo articolo intende il FETo come soggetto già capace di vita autonoma e punisce chi ne cagiona la morte nel momento di transizione dall'utero all'esterno. Rimane comunque un ulteriore passo significativo della dottrina che pur non riconoscendo diritti specifici al concepito li riconosce al feto equiparandolo all'uomo e considerandolo come soggetto giuridico ante- nascita. Altre norme sono quelle che disciplinano l'aborto sottolineando la tutela del concepito come soggetto di diritto (tra cui il diritto fondamentale alla vita)

In conclusione il CODICE PENALE (del 1930) tutela il feto riconoscendogli la qualità di SOGGETTO GIURIDICO in quanto detentore del diritto alla vita equiparando il neonato (che è già nato e che è un soggetto giuridico a tutti gli effetti secondo art.1) al nascituro, il CODICE CIVILE (1942) non riconosce esplicitamente al concepito una capa 848g62i cità giuridica ma presenta comunque delle norme che sembrano attribuirgli dei diritti speciali. Le incongurenze tra i due codici vengono risolte seguendo la teoria ATOMISTICA che concilia la concezione patrimonialistica del codice civile che limita la capacità civile del concepito, ad una visione giuridica più estesa contenuta nel codice penale che lo interpreta come un soggetto di diritto a tutti gli effetti. Da notare anche che nel codice civile sebbene nessun articolo menzioni direttamente il nascituro nessuna norma ne nega esplicitamente la capacità giuridica e la prima volta che la Corte costituzionale ha valorizzato il concepito è stata nel 1975 con una sentenza che dichiarava l'incostituzionalità dell'art sanzionando l'aborto di una donna consenziente. La tutela del feto nella giurisdizione italiana avviene dunque per passaggi graduali:

-1) la tutela del concepito ha fondamento negli articoli della costituzione (non esplicitamente espressi!) art 31 (la repubblica tutela i diritti della famiglia della maternità e dell'infanzia) , art 2 la Repubblica garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e tra questi la tutela del nascituro riconoscendogli il diritto alla vita anche quella prenatale, art 32 la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'uomo

-2) teoria atomistica e interpretazione biologica del termine UOMO inteso come colui che ha del dna umano permettendo un equiparazione uomo-feto e pur mancando di un'evoluzione completa è un uomo a tutti gli effetti



LEGGE SULL'INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA (legge sull'aborto)


Articoli della costituzione relativi alla sezione "maternità e gravidanza" da ricordare:

ART 1 lo stato tutela la vita umana fin dal suo inizio (e già qui si può aprire il dibattito per stabilire da dove inizia la vita umana? Dal concepimento o dallo sviluppo del feto?) e precisa che l'aborto non debba essere uno strumento improprio per il controllo delle nascite (comma 2)

ART 4 definisce i tempi della procedura indicando come 90 giorni il termine massimo indicato per proseguire con l'interruzione volontaria di gravidanza e ne elenca alcune motivazioni secondo le quali può essere praticato: vi sono infatti delle ipotesi TASSATIVE (un elenco delle condizioni che possono spingere all'aborto come ad esempio la modalità del concepimento oppure eventuali rischi per la salute della madre) e ELASTICHE ovvero ipotesi troppo soggettive che lasciano alla madre la piena facoltà decisionale

ART 5 indica i luoghi e le modalità per abortire ovvero bisogna rivolgersi ad un consultorio pubblico e sottoporsi alle analisi di un medico che comunque sia deve informare la donna sulle alternative possibili (assistenza da parte dello stato) all'aborto. Il medico è obbligato a rilasciare un documento e l'aborto è permesso anche in caso di gravi malformazioni del feto o condizioni particolari di salute della donna o condizioni di disagio sociale o economico (da notare che il padre viene menzionato pochissimo e non ha quasi mai voce in capitolo)

ART 6 prevede delle disposizioni riguardo un aborto entro il termine stabilito di 90 giorni indicando che si può fare solo quando la gravidanza metta a serio rischio la vita della madre e solo nel caso in cui si rilevino anomalie gravi nel feto tali da comprometterne la vita stessa

ART 7 TUTELA IL FETO CAPACE DI VITA AUTONOMA indicando che in caso di possibilità di vita autonoma da parte del feto il medico non può procedere all'aborto ma deve attuare tutte le disposizioni possibili onde garantirgli la vita. Ciò significa che in caso di malformazioni gravi per il feto esso se è capace di vita autonoma deve essere salvaguardato, l'unica eccezione che prevede l'aborto è se la prosecuzione della gravidanza rischia di mettere in serio pericolo la vita della madre. In tale articolo di fatto si tutela sia la madre che il figlio facendo prevalere il diritto alla vita rispetto al diritto della madre all'aborto.


ARTICOLI CHE TUTELANO IL FETO CONTRO DANNI PROVOCATI DA TERZI

ART 17 sanziona chi cagiona per colpa alla donna l'interruzione di gravidanza o la morte del feto per parto prematuro (in questo comma sono inclusi i medici che possono commettere sbagli nell'indurre il parto prematuro) dove per parto prematuro si intende un parto che dia alla luce un figlio privo di vita

ART 18 sanziona la responsabilità preterintenzionale (ovvero chi compie azioni indirette verso la donna che ne cagionano l'aborto) di terzi

ART 19 prevede sanzioni anche per la madre e per i terzi che non pratichino l'aborto nel rispetto delle procedure indicate dall'art 5 e 6.


La legge sull'interruzione di gravidanza è una legge molto complessa che porta all'interno notevoli punti critici dovuti alla volontà del legislatore di tutelare da un lato il DIRITTO ALLA VITA DEL FETO e dall'altro il DIRITTO ALLA SALUTE ed il rispetto della volontà della donna. Come si può vedere da questi articoli da un lato si parla esclusivamente di diritti relativi alla madre e dall'altro si cerca di tutelare il figlio , a partire dall'articolo 1 dove lo stato si impegna a proteggere la vita umana fin dal suo concepimento (dove per concepimento si intende l'atto di fusione dei gameti) valorizzando la VITA PRENATALE. La vita prenatale viene valorizzata anche nella seconda comma dove si prevede che l'aborto non debba essere utilizzato come strumento di controllo delle nascite, un comma molto importante perché definisce che l'obbiettivo della legge non sai quello di garantire il diritto ad abortire bensì quello di regolare le situazioni in cui l'aborto può avvenire. Ulteriori contraddizioni emergono nell'art 4 in relazione alle motivazioni che dovrebbero regolare l'aborto: in primo luogo si lascia troppa soggettività e generalità indicando come "GRAVI CONSEGUENZE PSICHICO-FISICHE arrecate alla donna"le motivazioni per l'aborto, poi il riferimento alle condizioni economiche è in netto contrasto con gli articoli 3 e 31 della carta costituzionale secondo i quali lo Stato s'impegna a eliminare ogni conflitto economico sociale per la prosperità e la serenità della famiglia. Altre incoerenze si visualizzano nell'articolo 5 dove si afferma che per abortire la donna deve ricevere un documento scritto dal medico senza però necessariamente provare le motivazioni espresse dall'art 4.

In questi primi articoli sembra regnare imperante l'assoluto diritto all'aborto della donna senza considerare la tutela del nascituro (entro i primi novanta gg) pertanto un diverso filone interpretativo ha cercato di evitare ciò indicando come vadano invece coordinati gli art 4 e 5 : il medico infatti non solo deve certificare lo stato di gravidanza ma deve anche certificare perlomeno una delle indicazioni previste dall'art 5 riguardo le motivazioni per l'aborto. L'art 6 pur equiparando giuridicamente i diritti della madre e quelli del concepito è stato accusato di illegittimità costituzionale poiché stabilisce di fatto un termine (90 giorni) dopo i quali di fatto il feto acquista piena capacità giuridica per la legge (infatti viene tutelato) ed è un termine questo , a detta di molti, puramente indicativo dal momento che si sostiene che la vita abbia inizio dal concepimento: alcuni autori risolvono la questione dicendo che il legislatore abbia voluto parlare di progressione della vita intrauterina. L'art 7 invece esplicita il diritto alla vita del feto capace di sopravvivenza autonoma e permette l'aborto solo in caso di gravi rischi per la salute della madre. Ancora una volta i due soggetti sono equiparati e hanno lo stesso diritto quale il diritto alla vita. La tutela del feto è esplicita invece negli articoli 17 18 e 19 e, aspetto rilevante, non si parla di termini temporali entro i quali i feto acquista capacità giuridica ma gli si attribuisce fin dal momento del concepimento. Molto importante è l'art 19 che individua tra gli autori di reato anche la MADRE stessa sottolineando così l'intenzione dello Stato di tutelare sia il concepito che la gestante e ponendo comunque un freno a quello che può sembrare un DIRITTO INVIOLABILE ALL'ABORTO.



LEGGE 40 SULLA FECONDAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (2004)


si presenta come un codice che regola la procreazione artificiale che può essere di due tipologie:

in UTERO (I.A = inseminazione artificiale) ovvero quando gli spermatozoi non sono in grado di raggiungere gli ovuli nell'utero, essi vengono inseriti artificialmente ma il processo di fecondazione avviene in modo naturale

in vitro (F.I.V.E.T) l'atto della fecondazione vera e propria avviene in provetta prelevando campioni di spermatozoi e campioni di ovuli , dopo la fusione dei gameti l'ovulo fecondato viene impiantato nell'utero della madre.

Fino al 2004 l'assenza di regolamentazioni specifiche rendeva possibile situazioni, come ad esempio la maternità surrogata, che non tutelavano il concepito, la legge dunque si basa sul concetto biologico di UOMO secondo la teoria atomistica mettendo sullo stesso piano i diritti dei genitori e del concepito (in questo caso l'embrione) e cercando di tutelare quest'ultimo che rappresenta la componente più indifesa. L'art 2 regola questa pratica indicando i casi in cui vi si può ricorrere:

in caso di sterilità accertata di uno dei componenti della coppia

va valorizzato il concetto di madre genetica per tutelare l'embrione, ovvero tutti gli ovuli fecondati vanno necessariamente impiantati nell'utero della madre genetica

la sterilità deve essere accertata da un medico componente e prima di ricorrere alla fecondazione assistita è opportuno , dove possibile, tentare di curarla

l'articolo 2 prevede anche quelli che sono i criteri da applicare per ricorrere alla fecondazione assistita:

CRITERIO DI GRADUALITà ovvero prima bisogna provare con la I.A sicuramente meno "artificiale" e poi se essa non comporta risultati con la FIVET

CRITERIO DI CONSENSO i genitori biologici devono essere entrambi consenzienti

CRITERIO DI DIVIETO DI FECONDAZIONE ETEROLOGA ovvero la fecondazione che avviene con i gameti di un donatore

Come si può vedere la legge cerca di tutelare il nascituro garantendo una maternità ed una paternità certa onde evitare eventuali traumi nella vita futura. I REQUISITI per chi può accedere alla fecondazione assistita sono i seguenti e sono indicati nell'art 4:

coppie maggiorenni eterosessuali

coppie sposate o conviventi da almeno tre anni ( tutto ciò evita il rischio di maternità surrogata dove la donna può prestare l'utero alla coppia, maternità surrogata a 2 dove la donna dona ovuli e utero, maternità surrogata a tre dove la donna presta utero e ovuli e gli spermatozoi vengono donati)

Coppie in età potenzialmente fertile (massimo 45 anni di età per evitare il fenomeno delle "NONNE MADRI")

Coppie formate da entrambi i coniugi vivi (per garantire al nascituro la doppia figura genitoriale ed evitare la fecondazione POST-MORTEM)

La tutela della coppia si visualizza sia in queste disposizioni sia nel momento in cui si afferma che ne è richiesto il consenso garantendo alla madre e al padre il riconoscimento in qualità di genitori biologici , la tutela del concepito in questi articoli tiene sostanzialmente conto della vita dopo la nascita. L'embrione viene tutelato dagli art 8 (STATUTO GIURIDICO DEL NATO) dove si afferma che il nato per fecondazione artificiale è un figlio legittimo a tutti gli effetti e art 9 che vieta il non riconoscimento da parte dei genitori all'embrione applicando il principio della paternità e maternità consensuale = in questo caso l'EMBRIONE è UN ESSERE UMANO A TUTTI GLI EFFETTI poiché i genitori possono decidere di interrompere la procedura fino a quando il concepito non si è sviluppato in embrione.

ART 13 vieta la sperimentazione sull'embrione umano e la si consente solo nei limiti della tutela della salute dell'embrione. È vietata infatti la produzione di embrioni a fini di ricerca, è vietata la clonazione e sono vietati gli interventi di alterazione del patrimonio genetico dell'embrione stesso. Al fine di tutelare la salute dell'embrione la legge consente la DIAGNOSI MORFOLOGICA PRE-IMPIANTO che si basa essenzialmente su un'osservazione dell'embrione (senza alcun tipo di intervento) atta ad individuare eventuali anomalie o malattie congenite. Molti qui hanno riconosciuto un "fallo " della legge in questione perché se l'obbiettivo è quello di tutelare la vita dell'embrione e impedire che non vengano impiantati embrioni malati, in realtà tramite l'osservazione al microscopio risulta essere inefficace per prevenire eventuali malattie.

ART 14 vieta la riduzione del numero degli embrioni in caso di sviluppo di almeno tre embrioni essi devono necessariamente essere impiantati TUTTI all'interno dell'utero (qui volendo tutelare l'embrione in quanto essere umano in realtà non si tiene conto della madre). Successivamente sono state introdotte delle modifiche a questi due articoli sulla base di voler tutelare anche la volontà della donna che, solo in caso DI MALFORMAZIONI CONGENITE IRREVERSIBILI ACCERTATE con la diagnosi pre impianto, può decidere di non impiantare l'embrione: ciò è stato fatto anche per non cadere in contraddizione con la legge sull'aborto poiché la gestante a cui venga impiantato per forza un embrione malato potrebbe sempre ricorrere all'aborto terapeutico come sancito dalla legge compromettendo sia la vita dell'embrione stesso che la sua integrità psico-fisica.

CONCLUSIONI : la legge 40 viola definitivamente il principio di equivalenza tra soggettività e capacità, l'embrione pur non essendo capace è considerato come un soggetto di diritto a tutti gli effetti




DIAGNOSI PRE IMPIANTO


Alla luce della possibilità di eseguire fecondazioni artificiali in vitro, quindi alla luce della possibilità di poter osservare il concepito al di fuori dell'utero viene posto il problema della DIAGNOSI pre impianto che consiste nel prelievo di due cellule (blastomeri) che compongono l'embrione al primo sviluppo al fine di eseguire sul patrimonio genetico di esso degli accertamenti diagnostici in grado di identificare malattie congenite gravi come l'emofilia o la betatalassemia. Come si è visto però l'art 13 e 14 della legge 40 consente solo la diagnosi morfologica, ovvero una diagnosi basata sulla pura osservazione dell'embrione al microscopio, una tecnica che permette di visualizzare solo la natura morfologica dell'embrione e non (non potendo eseguire test genetici) l'eventuale diagnosi di malattie congenite. La diagnosi pre impianto comporta numerose problematiche che possono essere osservate a partire da alcuni casi giudiziari come quello che vede coinvolti una coppia di portatori sani di betatalassemia al tribunale di Catania. Prima dell'entrata in vigore della legge 40 la coppia si era rivolta ad un centro per la fecondazione assistita dove , al termine dell'impianto, era stata effettuata la diagnosi pre impianto la quale aveva evidenziato la possibilità della coppia di generare un figlio sano (un embrione su sei risultava sano e 5 portatori genetici della malattia). LA legge non era ancora entrata in vigore pertanto i medici avevano impiantato solo l'embrione sano. Sfortunatamente la donna ha conseguito un aborto spontaneo e pertanto avevano deciso di tentare nuovamente, al secondo tentativo la legge 40 entra in vigore e obbliga la donna all'impianto di almeno 3 embrioni tutti potenzialmente malati e obbliga il medico a non poterne effettuare un'eventuale selezione. La coppia dunque si rivolge al tribunale di Catania per far valere i propri diritti di autodeterminazione ed evidenziando che la nuova norma contrastava con i principi costituzionali del diritto alla salute della madre e del figlio. Il tribunale respinge però l'istanza affermando che la volontà del legislatore con la legge 40 era quella di porre sullo stesso piano la fecondazione naturale e quella assistita , impedendo la selezione artificiale di embrioni malati (cosa che per vie naturali non si può fare). La sentenza evidenzia però molte incongruenze nonché contrasti illogici con la legge ad esempio sull'aborto che prevede l'eventuale aborto della madre quando essa accusi delle circostanze che potrebbero mettere a rischio la sua integrità psico-fisica ed in caso di patologie congenite o malformazioni accertate dell'embrione stesso. Quindi la questione si pone sul fatto che sia o meno opportuno impedire la selezione dell'embrione malato per poi permetterne invece l'aborto regolarmente accettato!le incongruenze si fanno più forti nel momento in cui, nela sentenza di ricorso, si afferma che l'iniziativa (a non pretendere di farsi impiantare ovuli malati) è volta a tutelare sennonché la salute della madre quantomeno il diritto del figlio " a nascere sano", affermazione ritenuta illogica dal giudice in quanto per far valere un diritto alla vita in realtà si nega la vita stessa tantopiù che la Costituzione italiana non prevede il diritto ala salute assoluta di nessuno . i coniugi cercano di difendersi ribadendo il rifiuto dell'impianto degli embrioni malati sulla base dell art della costituzione secondo cui " non si può obbligare nessuno a trattamenti sanitari non obbligatori" , rifiuto ritenuto illegittimo poiché sulla base dell'art 6 della legge 40 la fecondazione assistita non è da considerarsi un trattamento sanitario in quanto ci voglioni dei presupposti di consenso libero. A seguito di questa sentenza sono state emanate le LINEE GUIDA DEL MINISTERO DELLA SALUTE che cercano di chiarire alcuni punti della legge 40, ribadendo ad esempio i criteri di accesso alla Pma (coppie sterili eterosessuali ecc..) e in questo comprendendo anche la negazione dell'accesso a coppie non sterili ma portatrici di malattie geneticamente trasmissibili. Le linee guida sono importanti nell'ambito relativo alla diagnosi GENETICA PRE IMPIANTO e alla possibilità di un non impianto dell'embrione se malato.

Innanzitutto si ribadisce la proibizione di ogni diagnosi pre-impianto a scopo eugenetico ovvero per evitare una selezione di embrioni : si poteva pensare di consentire tale procedura elencando tutta una serie di malattie genetiche trasmissibili e quindi indicando la dgp non connotabile come pratica eugenetica ma come pratica per garantire il diritto alla salute del futuro nascituro. Onde evitare però di introdurre un "modello stigmatizzato di normalità genetica" ed evitare di discriminare socialmente i portatori di tali malattie si è preferito vietare direttamente la dgp. Riguardo al problema dell'obbligo di impiantare gli embrioni prodotti (che siano sani o malati) le linee guida affermano che l'impianto non è obbligatorio quando, a seguito di diagnosi morfologiche osservazionali, si notino anomalie irreversibili del feto. Quindi il concetto viene generalizzato, la coppia può dunque (in caso di documentazione manifesta di pericolo per lo stato di salute della donna ecc..) rifiutare l'impianto e se l'embrione è sano esso verrà crioconservato fino al momento in cui sarà possibile impiantarlo se malato ne verrà effettuata la coltura in vitro fino alla sua estinzione (si preferisce dunque la morte dei malati a possibili usi in campo di ricerca!). le linee guida affrontano anche il problema delle "banche embrionali" effettuando una distinzione tra embrioni in stato di abbandono (quelli prodotti prima della legge 40 che violano uno dei suoi articoli e che quindi non possono essere impiantati) ed embrioni in attesa di un futuro impianto: il problema si pone nel momento in cui la stessa legge 40 vieta qualsiasi tipo di sperimentazione e uso degli embrioni ai fini di ricerca condannando questi embrioni congelati ad un indefinito congelamento.

CONCLUSIONE: la diagnosi pre-impianto non è da considerarsi di persè un intervento eugenetico, il pericolo viene in seguito alla conoscenza da parte dei genitori dei risultati di tale intervento che possono decidere di non accettare un embrione malato ed effettuando di fatto una selezione eugenetica degli embrioni. Da una parte il rifiuto della diagnosi pre-impianto può comportare in sé il pericolo di una lesione alla salute e al diritto della madre che lo richiede, dall'altra può andare a ledere i diritti del nascituro sottoposto a crioconservazione che la legge si era preposta di tutelare.


CELLULE STAMINALI


sono cellule primitive non specializzate che possono essere utilizzate dalla medicina e dalla ricerca per produrre organi o riparare tessuti , esse di fatto non essendo ancora specializzate nella produzione di un tessuto o di un organo preciso (caratteristica che raggiungono con lo sviluppo dell'embrione) possono essere introdotte in un tessuto danneggiato e ripararlo ricevendo stimoli (imprinting) dai tessuti che le circondano. Esistono quattro tipi di cellule staminali:

lo ZIGOTE è la cellula staminale per eccellenza ed è l'ovulo appena fecondato formato da 8 cellule (blastomeri) definite TOTIPOTENTI poiché in grado di generare, con la specializzazione che ne consegue dalll'ulteriore divisione del blastomero, un interno organismo

PLURIPOTENTI sono le cellule della morula ovvero dello zigote che dopo alcune divisioni contiene 16 cellule capaci di originare non un intero organismo ma tutti i tessuti di esso

MULTIPOTENTI originano solo alcuni tipi di tessuti

UNIPOTENTI generano solo un unico tipo di cellula specializzata (quindi un unico organo specifico)

Le cellule staminali possono inoltre essere ADULTE, e sono contenute nel sangue o nel cordone ombelicale come ad esempio le cellule staminali emopoietiche, che sono prevalentemente multipotenti e già oggi vengono utilizzate per trapianti e donazioni (ad esempio donazione del sangue e donazione di midollo osseo) o EMBRIONALI (quelle della morula) che sono le più vantaggiose ai fini medici e curativi perché TOTIPOTENTI o pluripotenti. Le cellule embrionali pluripotenti possono essere ottenute mediante fecondazione artificiale in vitro e prelievo di blastomeri che poi vengono selezionati e moltiplicati in coltura in modo da ottenerne grandi quantità in grado di originare diversi tipi di tessuti, oppure mediante clonazione che si effettua enucleando una cellula uovo fecondata e inserendo un nuovo nucleo contenete dna di una cellula adulta e già specializzata: questa tecnica permette di ottenere cellule staminali specializzate nella produzione di un determinato organo evitando problemi di rigetto poiché le cellule del nuovo organo che si forma presentano lo stesso patrimonio genetico della cellula adulta già presente nell'organismo.

Una fonte preziosa di cellule staminali adulte multipotenti è rappresentata dal cordone ombelicale del neonato, il cui prelievo si effettua nella vena ombelicale , ricavandone cellule emopoietiche adulte in grado di curare molte malattie genetiche specialmente nei bambini. Al momento del trapianto si parla di terapia ALLOGENICA quando le cellule staminali provengono da un terzo donatore, AUTOGENICA se invece provengono dallo stesso donatore che ne fa uso. In Italia il prelievo di cellule staminali dal cordone ombelicale è regolamentato da severe disposizioni, ovvero non è possibile effettuare una donazione ad un altro soggetto che non rientri nella famiglia e non è possibile conservare tali cellule estratte dal cordone del neonato per curare eventuali patologie future. L'estrazione è consentita solo per terapie autogeniche e si parla di donazione "dedicata" ovvero si può fare solo quando al momento della nascita vengano riscontrate nel neonato o nella famiglia gravi patologie curabili con l'ausilio di tali cellule.

LE CELLULE STAMINALI ED IL LORO USO IN ITALIA SECONDO L'ORDINAMENTO

La legge 219 sull'uso delle cellule staminali regolamenta i criteri di utilizzo di queste cellule a scopi terapeutici e di trapianto, per quanto riguarda le cellule staminali adulte emopoietiche ne è consentita la donazione libera per persone maggiorenni (donazione del sangue e del midollo osseo) previa espressione del consenso informato, così come la donazione volontaria della placenta e del sangue proveniente dal cordone ombelicale del neonato, il problema si pone nella regolamentazione dell'uso delle cellule staminali embrionali poiché è opportuno stabilire cosa si intendo per essere umano e se l'embrione al primo stadio deve essere considerato come tale altrimenti le tecniche di prelievo e produzione di cellule staminali risulterebbero illecite provocando la morte dell'embrione stesso. Come si è visto già la legge 40 sulla procreazione assistita vieta qualsiasi tipo di sperimentazione sulle cellule staminali nonché interventi di clonazione embrionale bloccando di fatto la ricerca e lo sviluppo dell'ingegneria biomedica : queste cellule sono preziose ma la legge ne proibisce l'utilizzo ribadendo il concetto di uguaglianza tra lo ZIGOTE e la PERSONA , ovvero considerando lo zigote come un potenziale essere umano che quindi deve essere tutelato e non ucciso dalla ricerca. Gli scienziati si oppongono a queste disposizioni affermando di fatto che lo zigote se non impiantato nell'utero dove riceve l'imprinting per la sua specializzazione, rimane un ammasso di cellule totipotenti e persisterà a rimanere nel suo stato di blastomero. L'utilizzo delle cellule staminali in questione poteva rappresentare un'utile alternativa all'abbandono degli embrioni ottenuti mediante fecondazione in vitro che non possono essere impiantati per disposizione di legge o che vengono rifiutati dai genitori biologici perché malati : si era ipotizzata la creazione di una biobanca nazionale che raccogliesse tali embrioni. A questo proposito è intervenuta anche la comunità europea che con una direttiva europea affronta la questione non escludendo la possibilità di utilizzare le cellule staminali embrionali ma lasciando gli stati liberi di adattarsi alle disposizioni secondo il concetto giuridico di persona adottato dai singoli ordinamenti.


DANNO DA PROCREAZIONE - responsabilità civile extracontrattuale-


L'articolo 2043 del codice civile disciplina il risarcimento da parte di terzi quando la condotta dolosa o colposa cagioni un danno ingiusto ad altri. CONDOTTA DOLOSA O COLPOSA significa che bisogna risarcire il danno quando si hanno atteggiamenti sia intenzionali che non i quali causino danni altrui, DANNO INGIUSTO indica un interesse giuridicamente protetto di un soggetto (definito dall'art 1) mentre CAGIONA rappresenta il nesso di causalità tra il danno e l'azione dolosa o colposa ( il danno deve verificarsi necessariamente a causa della condotta "CONDITIO SINE QUA NON") mentre l'art 2059 disciplina il danno non patrimoniale che si è obbligati a risarcire comunque secondo i termini previsti dalla legge. DANNO PATRIMONIALE è quel danno che va a ledere la sfera patrimoniale dell'individuo e si divide in DANNO EMERGENTE che consiste in una diminuzione del patrimonio e LUCRO CESSANTE che consiste nel mancato guadagno determinato da un fatto dannoso , il DANNO NON PATRIMONIALE è il danno provocato direttamente alla persona senza lederne il patrimonio (ad esempio lesioni all'onore , alla salute ecc..)

IL DANNO DA PROCREAZIONE indica il danno cagionato con l'atto stesso della procreazione , quando il nato eredita malattie geneticamente trasmissibili o viene contagiato con una malattia sessualmente trasmissibile a causa anche di errate diagnosi mediche che non consentono alla donna di esercitare il diritto ad abortire. Un primo caso giudiziario che affronta questo tipo di danno risale al 1950 dove il tribunale di piacenza riconosce la responsabilità civile di due genitori portatori della LUE di aver trasmesso, pur essendo consapevoli dei rischi, mediante l'atto carnale di procreazione la malattia alla figlia e di condannarla a sviluppare tale patologia. Un primo problema si pone nella mancanza di soggettività giuridica del concepito, in base all'art 1 del codice civile secondo il quale la capacità giuridica si acquista con la nascita ed un altro problema si pone considerando come "atto illecito" il concepimento stesso poiché senza concepimento non vi sarebbe stato nemmeno il nascituro e dunque tantomeno il problema. Riguardo la definizione di "soggetto" si hanno due tesi:

TESI SINCRONICA che interpreta letteralmente l'art 1 del c.c secondo cui dunque il concepito non è un soggetto giuridico e dunque non ha diritto al risarcimento

TESI DIACRONICA, quella odierna, considera che il nesso causale crei una connessione tra condotta e danno oltre il tempo per cui se il danno si può manifestare solo dopo la nascita e quando il neonato acquisisce piena capacità giuridica esso ha tutto il diritto di chiedere il risarcimento del danno da procreazione.

Individuando nell'atto della procreazione l'atto colposo si va incontro ad alcune incongruenze con altri articoli della carta costituzionale o della carta dei diritti dell'uomo, secondo i quali la procreazione risulta essere un diritto così come il poter costruire una famiglia tutelata dall'ordinamento italiano , dunque i due genitori sembrano colpevoli di aver fatto in realtà valere il proprio diritto alla procreazione (senza contare che se venisse di fatto proibito a coppie portatrici sane di malattie geneticamente trasmissibili di procreare per evitare danni alle progenie si andrebbe incontro a discriminazioni pesanti). Un altro problema sorge nel momento in cui si vuole individuare il DANNO INGIUSTO che per definizione è la lesione di un interesse giuridicamente tutelato: in questo caso ci si trova di fronte al dilemma di dover scegliere se rappresenti un danno maggiore mettere al mondo un figlio malato oppure non farlo proprio nascere, ovvero si discute se considerare come danno "la vita non voluta" del figlio comparandola però alla sua alternativa che è "la non vita". In caso dunque di non vita il danno non sussiste e quindi non si può configurare alcuna responsabilità , ma la non vita, al contrario della vita seppur menomata, non rappresentava alcun tipo di interesse da proteggere giuridicamente . la comparazione vita o non vita risulta difficile pertanto si è preferito individuare il danno non tanto in una di esse quanto nell'obbiettività del vivere male ovvero si configura come danno "in re IPSA" senza considerare le alternative = questa volontà evidenzia una nuova definizione di concepito quale "centro di interessi giuridicamente tutelato" al quale non vengono riconosciuti tanto dei diritti quanto delle aspettative essendo non ancora dotato di capacità giuridica. L'aspettativa del concepito in questo caso è quella del "nascere sano" ed è esso pur non essendo un soggetto giuridico è comunque tutelato da altre leggi per cui questa definizione permette di collocarlo nell art 2043 come soggetto giuridico del danno ingiusto , dove il danno ingiusto è causato dal ledere l'aspettativa del concepito a nascere sano. In conclusione si può applicare l'illecito e la responsabilità extracontrattuale anche all'interno di una famiglia e se si lede l'aspettativa del concepito a nascere sano esso può chiederne il risarcimento una volta nato e una volta a acquistata la capacità giuridica prevista dall'art 1 c.c. le principali falle giuridiche sono innanzitutto la possibilità di considerare, come da legge, la condotta dolosa o colposa se essa è rappresentata dall'atto sessuale in sé non può essere considerata né NON IURE ovvero non giustificata dall'ordinamento 8anzi la legge tutela il diritto al concepimento) né CONTRA IUS ovvero contro qualcuno perché all'atto del concepimento il soggetto del danno non c'è ancora!in secondo luogo il RISARCIMENTO DEL DANNO PREVISTO DALLA LEGGE non è quantificabile perché non si può dare un prezzo alla vita confrontandola con l'unica alternativa possibile che è la non vita e che non è un diritto = soluzione finale si considera il danno IN RE IPSA ovvero in sé dove il nascere menomato non è un danno alla salute ma secondo l'obbiettività del vivere male è un danno in sé stesso e va risarcito.

Un altro tipo di danno da PROCREAZIONE è quello per RESPONSABILITà MEDICA ovvero quando il concepito eredita malattie genetiche a causa di imperizie mediche ledendo il diritto di autodeterminazione della madre ed il diritto ad abortire in quanto non consapevole per errore altrui della situazione. Il problema anche qui si pone nel considerare quale sia il diritto da tutelare, se sia il diritto a nascere sano contro però il diritto a non nascere se non sano che sembra un'ovvia contraddizione. In base alla legge il risarcimento può essere chiesto dai genitori per mancata informazione riguardo le condizioni del nascituro e lesione del diritto di autodeterminazione della donna, e dal figlio nel caso in cui l'imperizia del medico non abbia permesso di risolvere prima della nascita il problema genetico (nel caso in cui la malattia non è curabile il medico non è tenuto a risarcire poiché non esiste un "diritto a non nascere se non sani" in quanto l'ordinamento italiano tutela la vita anziché la non vita, condizione che peraltro non avrebbe nemmeno campo di applicazione essendo priva di un soggetto giuridico).


TRAPIANTI & DONAZIONI DI ORGANI


Primo caso in italia Napoli 1931 un ragazzo vende un proprio testicolo, si denunciano i medici ma vengono assolti perché in primo luogo il ragazzo aveva espresso il suo consenso, in secondo luogo l'asportazione non prevedeva alcuna alterazione funzionale e non era contraria ad alcuna legge. In seguito a questa sentenza si è sentita l'esigenza di regolarizzare i trapianti e le donazioni di organi innanzitutto suddividendo le varie categorie di organi in:

RIPRODUCIBILI

NON RIPRODUCIBILI MA IN NUMERO SUPERIORE AL NECESSARIO

NON RIPRODUCIBILI E NECESSARI

VENDIBILI

DONABILI

Né VENDIBILI né DONABILI

Come evidenzia la sentenza precedente il problema si pone nell'ottica di considerare il corpo come una proprietà personale di cui ciascuno può disporre liberamente: ad esempio gli organi vendibili (capelli, denti , unghie) sono così classificati tenendo conto del concetto di proprietà del corpo anziché quello di identità, sono infatti organi comuni e non hanno un identità specifica riconducibile a quella del donatore/venditore.

Ben altro problema si pone nel momento in cui si deve discutere riguardo gli organi riproducibili (sangue , midollo) e presenti in quantità superiori al necessario come evidenzia un caso giuridico americano che vede coinvolti due cugini, di cui uno affetto da leucemia che poteva essere salvato mediante trapianto di midollo compatibile con quello dell'altro cugino. Il cugino donatore al momento della donazione si tira indietro e l'altro lo cita in giudizio con le seguenti argomentazioni:

il diritto alla vita, il diritto alla salute ed il fatto che per lui in pericolo di morte quel midollo era indispensabile mentre per l'altro un eventuale donazione non lo avrebbe danneggiato. Il problema è gli organi in questione appartengono al proprietario del corpo o a chi ne ha bisogno? Se passasse il secondo principio ci sarebbe una mera strumentalizzazione inutile. Un altro caso analogo ci porta in Amrica dove una signora con un sangue rarissimo e preziosissimo lo vendeva a peso d'oro: viene denunciata sulla base del principio secondo cui il diritto alla salute e alla vita è universale e non ci devono essere strumentalizzazioni, in realtà la richiesta viene respinta sulla base del principio di autonomia e libera disposizione del proprio corpo.

Come si può vedere da queste sentenze, l'approccio legislativo al problema è influenzato da principi etici , morali e dal concetto di "proprietà" del corpo ed è innanzitutto opportuno effettuare una distinzione tra libera disposizione del corpo da VIVI ovvero donazione da vivi e donazione da morti.

-DONAZIONE DA MORTO- premesso che per MORTE si intende la cessazione di attività encefaliche (morte cerebrale) la donazione di organi dopo la morte è regolamentata innanzitutto dal codice penale che sanziona chi deturpa o mutila inutilmente un cadavere e obbliga, dopo la donazione, alla ricomposizione del cadavere. Poi si applica il principio della salvaguardia della dignità umana (art 413) che vieta di tenere in vita una persona allo scopo di prelevarne gli organi , assieme al principio di identità del corpo secondo cui si può prelevare tutto dal cadavere tranne testicoli, ovaie e cervello organi cioè che riflettono l'identità specifica della persona. La donazione di organi da morto può essere effettuata solo in caso di presenza di documento scritto del morto in cui si afferma la volontà di questi di procedere con l'espianto oppure può essere decisa dai genitori o parenti in caso di assenza di documentazione contraria da parte del morto (sempre ovviamente nel rispetto della persona e della dignità umana). Un'altra regolamentazione riguarda l'utilizzo di organi previa donazione spontanea, essi infatti possono essere prelevati solo per scopi terapeutici (come il trapianto) e non ai fini di sperimentazioni scientifiche, mantenendo intatta la logica della conservazione della dignità umana : la presente normativa è dunque volta, nello stato Italiano, a incrementare il numero di donazioni di organi per combattere il pericolo sempre più forte di traffico illegale di organi proveniente soprattutto dai paesi del terzo mondo. Inoltre il consenso scritto e documentato in vita può essere fatto mediante un'apposita volontà annotata nei documenti sanitari del cittadino, e regolarmente inserita negli archivi nazionali: la donazione dunque deve essere spontanea, gratuita e soprattutto non è possibile effettuare "donazioni dedicate" ovvero indirizzare organi specifici a determinate persone, questo è vietato dalla legge sulla base del principio di uguaglianza di tutti i cittadini e regolato da apposite liste di attesa in cui vengono inseriti i nominativi, in ordine di urgenza, di chi necessita il trapianto dell'organo. Le liste, come previsto dall'art. 8 vengono, redatte mediante l'istituzione di un centro nazionale per i trapianti con il compito appunto di gestire le donazioni di organi.

DONAZIONE DA VIVENTE regolata attraverso lo STATUTO DEL CORPO che fa propri l'art 5 del codice civile (che secondo una logica di proprietà del corpo vieta atti di disposizione del corpo umano quando essi causano una diminuzione permanente all'integrità fisica e l'art 2 13 e 23 della carta costituzionale in cui si parla del diritto alla salute: la logica che prevale è quella della proprietà del corpo dove l'integrità fisica risulta diversa dal concetto di salute. In poche parole ognuno può disporre del proprio corpo con le seguenti limitazioni:

se l'atto è contrario alla legge

se è contrario all'ordine pubblico e al buoncostume

gli organi possono solo essere donati e non venduti

l'importazione e l'esportazione di organi è consentita a patto che essa sia gratuita, è vietata verso stati che ne fanno uso contro la legge (ad esempio India) ed è vietata l'importazione da paesi, come la Cina, che prelevano organi dai condannati a morte.

CONCLUSIONE: il decreto legge privilegia il concetto di persona in ttte le sue forme e sulla base di principi di uguaglianza e solidarietà invita a rendere efficace, tramite documenti informativi e altre iniziative, la donazione di organi formulando il concetto del SILENZIO-ASSENSO ovvero se non si esprime chiaramente la volontà di rifiuto al prelievo dopo la morte, il silenzio viene considerato come un consenso indiretto. Da ricordare l'eccezione della legge riguardo il trapianto di RENE, che fa un'eccezione rispetto all'art 5 perché di fatto comporta una mutilazione permanente dell'integrità fisica, regolato appositamente da norme che ne prevedono il consenso scritto e informato del donatore vivo e la possibilità, data l'importanza della mutilazione, di effettuare una donazione dedicata. Infine è da ricordare anche che nel presente decreto legge in materia di donazioni e trapianti è esplicitamente vietato l'utilizzo di cellule staminali mediante nucleotransfert (clonazione) ai fini di creare organi dedicati al trapianto (divieto di sperimentazione clinica in materia di trapianti)


IL TRAPIANTO NELL'OTTICA DEL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO

Il problema del trapianto a scopo essenzialmente terapeutico mette in luce anche il problema riguardante il trattamento sanitario obbligatorio: una prima disposizione si trova nell'art 32 della carta costituzionale (da ricordare che in questo documento si considera la società in funzione dell'uomo) il quale sancisce il DIRITTO ALLA SALUTE evidenziando il passaggio da una concezione proprietaristica del corpo ad una soggettivista. La costituzione di fatto sancisce il divieto ai trattamenti sanitari non obbligatori, ovvero la decisione se sottoporsi o meno al trattamento sanitario (come il trapianto) è soggettiva e dipende dalla volontà del paziente. In alcuni casi specifici il trattamento sanitario risulta però obbligatorio:

quando è disposto con legge nei limiti di rispetto della persona umana

in caso di epidemie che mettano a rischio la collettività

imponendo il divieto di effettuare un trattamento sanitario non obbligatorio si rende necessario l'elemento del CONSENSO PERSONALE che deve essere espresso da una persona capace di intendere e di volere (nel caso contrario il tutore può esprimere il consenso solo PRO VITA ovvero a favore della vita). Il consenso deve essere INFORMATO ovvero gli si devono prospettare rischi del trattamento ed eventuali alternative offrendo così la possibilità di autodeterminazione , SPONTANEO ovvero libero da ogni pressione e ATTUALE ovvero nel momento in cui viene dato non può essere ritirato.


SPERIMENTAZIONE SULL'UOMO


La giurisprudenza ha cominciato ad avvicinarsi a questa materia dopo il processo di Norimberga contro i crimini commessi dal nazismo, che peraltro effettuava continue sperimentazioni disumane sui prigionieri: dopo tale processo si comincia dunque a parlare di una possibile legislazione che regoli la sperimentazione clinica sull'uomo basata essenzialmente su sei principi fondamentali:

non è ammessa la sperimentazione PURA sull'uomo ma solo a scopi terapeutici e pertanto deve essere mirata alla cura della malattia che affligge il paziente , in base a questo possono essere provate sul paziente tutte le cure in via di sperimentazione che secondo dati scientifici possono risolvere il problema

ogni sperimentazione sull'uomo deve essere coperta da specifiche assicurazioni in caso di risarcire eventuali danni alla persona causate da effetti indesiderati di esse

prima di procedere alla sperimentazione sull'uomo è opportuno effettuarla sull'animale

ogni sperimentazione deve essere redatta e regolata da un apposito PROTOCOLLO sottoscritto da medici competenti che garantisce sulla base di prove sperimentali l'assenza di rischi gravi (come la morte) per il paziente e in caso di probabilità di effetti collaterali gravi essi devono essere esplicitati in percentuale

i benefici della sperimentazione devono essere superiori ai rischi per il paziente e ogni risultato conseguito deve essere appositamente pubblicato . in caso di manifestazioni collaterali gravi non indicate dal protocollo è obbligatorio sospendere il trattamento

all'interno del protocollo deve essere presente il CONSENSO del paziente in modo tale che questi sia informato di rischi, controindicazioni e di eventuali terapie standard non sperimentali.

IL CONSENSO ALLA SPERIMENTAZIONE deve essere innanzitutto ESPLICITO e INFORMATO nonché richiede requisiti aggiuntivi poiché deve essere scritto, datato e firmato dinnanzi a testimoni (che devono essere necessariamente 2 nel caso di soggetto analfabeta). La direttiva europea n 20 regola il consenso in caso di soggetti particolari:

in caso di minori il consenso informato deve essere dato anche dai genitori e deve necessariamente rispecchiare la volontà presunta del minore (in questo modo si cerca di tutelare il minore valorizzandone la volontà presunta)

la sperimentazione in caso di minori deve essere effettuata solo ai fini della guarigione

in caso di persone incapaci di intendere o di volere (ad esempio infermi di mente) il consenso viene dato dal rappresentante legale che agisce nell'interesse di guarigione del malato e deve anche qui rispecchiare la volontà presunta (si evidenzia come il legislatore consideri la vita come bene essenziale e da tutelare).

Il consenso informato e scritto del paziente consente la tutela del medico stesso che in caso di errore colposo non risponde penalmente dei danni causati dalla sperimentazione , inoltre sulla base del principio di solidarietà e difesa delle minoranze etnico-religiose è vietato proporre sperimentazioni su immigrati senza regolare permesso di soggiorno poiché verrebbe meno il principio di uguaglianza e di consenso spontaneo.

In termini giuridici la sperimentazione viene regolata dalla direttiva europea n 20 del 2001, che ha lo scopo di armonizzare le differenti leggi in materia degli stati membri, a cui l'Italia ha risposto con il DECRETO LEGGE 211 del 2003 di cui è utile ricordare alcuni articoli:

-Art 1 COMMA 5 vieta la sperimentazione dietro compenso finanziario, prevede in alcuni casi la possibilità di risarcimento esclusivamente dei danni arrecati

- ART 3 vieta la diffusione di dati personali dei partecipanti alla sperimentazione, prevede la possibilità di un ritiro dalla sperimentazione del soggetto in ogni momento, prevede l'istituzione obbligatoria di un'assicurazione per coprire chi si sottopone a sperimentazioni.

- ART 4 e 5 tutelano minori e soggetti incapaci di intendere e di volere sottoposti alle sperimentazioni: importante ricordare che in questi casi eccezionali gli interessi del paziente prevalgono sempre su quelli della società pertanto è consentita su di essi solo la sperimentazione di farmaci o terapie che prospettino l'eventuale cura della malattia del paziente.

- ART 6 prevede l'istituzione di un COMITATO ETICO composto da medici specialisti che si occupi di verificare che tutte le normative elencate in materia di sperimentazioni sull'uomo vengano rispettate dai promotori di tali sperimentazioni ed ha inoltre il compito di autorizzare o meno l'inizio di tale sperimentazione.



EUTANASIA


Rappresenta un problema complesso e mai così attuale applicabile ai soggetti terminali, ovvero quei soggetti in stato di coma anche vegetativo (ovvero si parla di morte solo nel caso di morte cerebrale) irreversibile, cioè una situazione che non può essere risolta con le debite cure specialistiche. Esistono due tipologie di Eutanasia, si parla di EUTANASIA ATTIVA CONSENSUALE quando il malato chiede espressamente la "dolce morte" e EUTANASIA ATTIVA NON CONSENSUALE quando altre persone, familiari ochi per loro, decidono di far morire il paziente incapace di intendere e di volere. Chi sostiene l'eutanasia si basa essenzialmente su due principi fondamentali che sono il diritto alla vita in analisi alla qualità della vita stessa, ovvero essi ritengono che una vita trascorsa attaccati ad una macchina e stesi su un letto non debba essere considerata come vita ma piuttosto come una NON VITA, e il principio della dignità umana sostenendo che per questi pazienti non sia dignitoso continuare a vivere in tale stato di "transizione". I medici o chi pratica l'eutanasia attiva in Italia sono soggetti agli art 579 e 580 del codice penale rispondendo di omicidio, l'art 579 infatti punisce con la reclusione chi cagiona la morte del soggetto con il suo consenso mentre l'art 580 punisce sempre con la reclusione chi istiga o aiuta il soggetto a suicidarsi.il caso è diverso per quanto riguarda l'eutanasia attiva non consensuale che viene punita direttamente con le pene previste per l'omicidio colposo poiché non è possibile dedurre una volontà presunta da un soggetto incapace di intendere e di volere (su questo principio la dottrina rifiuta le richieste di pazienti in stato vegetativo effettuate dai genitori alla morte). Altra tipologia di Eutanasia è quella PASSIVA che avviene nel momento in cui le cure che tengono in vita un paziente terminale vengano sospese cagionandone la morte, si parla di eutanasia passiva consensuale sulla quale la corte di giustizia ha espresso parere favorevole appellandosi al principio di autodeterminazione dell'individuo (art 13), sul principio di libertà di cura (i trattamenti sanitari non obbligatori se il paziente è capace di intendere e di volere) e sul concetto di dignità della persona. Di norma l'eutanasia passiva consensuale è vietata anche se continuamente praticata nel nome del diritto a morire dignitosamente rifiutando ogni intervento di accanimento terapeutico , pertanto i giudici non hanno mai condannato un medico che l'abbia praticata. Diverso è il caso dell'EUTANASIA PASSIVA NON CONSENSUALE quando cioè il paziente è incapace di intendere e di volere: la soluzione a questo problema poteva essere rappresentata dall'istituzione di un testamento biologico (previsto dalla direttiva europea) che in Italia trova difficoltà ad essere accettato perché si scontra con le norme che prevedono che il consenso sia ATTUALE.

NORME A FAVORE DI CHI sostiene l'eutanasia Art 2 cost. la repubblica garantisce la tutela dei diritti fondamentali, art 32 nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario non obbligatorio.

I medici che praticano l'eutanasia rischiano dunque di essere accusati di omicidio o di istigazione al suicidio poiché in base all'art 40 del codice penale essi hanno l'obbligo giuridico (anche secondo il codice di deontologia medica) di fare tutto il possibile per tutelare la vita umana (andrebbero in contro anche al reato di omissione di soccorso) talvolta scontrandosi con quello che viene definito come l'accanimento terapeutico, ovvero tutte quelle cure "inituli" dal punto di vista della guarigione del paziente ma utili solo a mantenerlo in vita poiché non autosufficiente. IL CODICE PENALE punisce di fatto l'eutanasia attiva come omicidio colposo e intenzionale disconoscendo tra le motivazioni la causazione della morte di un individuo per pietà ed è resa più forte dal fatto che il consenso, oltre a dover essere ATTUALE non deve essere influenzato in alcun modo disconoscendo il consenso proveniente da soggetti dichiarati infermi di mente per deficienza psichica, come nel caso di malati terminali ai quali vengono somministrati farmaci anestetizzanti il cui presunto consenso a morire è necessariamente spinto dalle gravi condizioni psico-fisiche del loro stato, in secondo luogo vieta anche l'eutanasia passiva (che di fatto si basa sull'omissione di soccorso art 40) sulla base del principio di equivalenza tra azione e omissione.

Un'altra tipologia di eutanasia è QUELLA INDIRETTA così definita quando si somministrano al paziente terminale prossimo alla morte, con il suo consenso, cure contro il dolore che hanno lo scopo di accorciare la vita riducendone le sofferenze.

Il caso più complicato è sicuramente quello dell'eutanasia passiva indiretta che si apllica a soggetti in stato di incoscienza (incapaci di intendere e di volere): innanzitutto è opportuno individuare cosa si intende per MORTE e il nostro ordinamento la configura come cessazione di ogni tipologia di attività dell'encefalo. Una volta accertata la morte, il nostro ordinamento, prevede l'obbligo di sospendere ogni attività terapeutica (in caso contrario il codice penale lo punisce per vilipendo o deturpazione di cadavere) ma ci sono casi in cui non si parla di morte vera e propria ed è opportuno interrogarsi sul proseguimento delle cure o meno in questi soggetti e se ciò è deontologicamente corretto oppure si parla di accanimento terapeutico ceh può essere rifiutato in base all'art 32 della costituzione. Sono questi i casi in cui si parla di STATO VEGETATIVO ovvero uno stato di incoscienza del paziente in cui però sono mantenute attive le funzioni biologiche elementari (battito cardiaco, respirazione ecc..) e che per essere mantenuto in vita necessita terapie di nutrizione mediante sondina gastrica e idratazione artificiale. Lo stato vegetativo può essere permanente o reversibile il problema in questi casi è definire empiricamente l'irreversibilità della condizione clinica e definire se la nutrizione e l'idratazione artificiale debbano essere considerate trattamenti medici oppure misure ordinarie di sopravvivenza.




Privacy




Articolo informazione


Hits: 4386
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024