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Atto amm

diritto



Atto amm è un atto attraverso il quale si concretizza e si formalizza la volontà della PA su una determinata situazione o realtà. Nell'ordinamento italiano manca una definizione legislativa di atto, esso costituisce una nozione elaborata da dottrina e giurisprudenza.

Nel corso dell'evoluzione storica, si sono succedute diverse teorie: teoria tradizionale, che estende al massimo la portata della nozione di atto e vi fa rientrare tutti gli atti di natura pubblicistica emanati dal potere esecutivo; teoria formale e sostanziale, che si afferma in considerazione dell'inesistenza di una precisa e rigida corrispondenza tra i poteri dello stato e le relative funzioni; teoria negoziale, che ricostruisce la struttura dell'atto amm sulla falsa riga del negozio privato; teoria della procedimentalizzazione e funzionalizzazione dell'attività amm, che ricostruisce la tematica dell'atto in base alle tendenze cui si ispira la moderna attività amm. Il provved amm è un atto che presente ulteriori requisiti, viene definito come un manifestazione di volontà avente rilevanza esterna proveniente da una PA nell'esercizio di un'attività amm e indirizzata a soggetti determinati o determinabili e in grado di apportare nella loro sfera giuridica modifiche unilaterali. Gli aspetti più rilevanti del provvedimento sono: autoritarietà, forza giuridica consistente nell'imporre unilateralmente modifiche nella sfera giuridica del destinatario. Si sostanzia per i provved. positivi nella costituzione, modificazione o estinzione dei poteri e delle facoltà del destinatario, per i provved negativi nella non spettanza del provved. al destinatario; esecutività, ossia l'idoneità dei provved. a produrre immediatamente gli effeti che sono loro propri; esecutorietà, ossia nei casi e con le modalità previste dalla legge, le PA possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti; tipicità, nel senso che sono quelli previsti dall'ordinamento per contenuto e funzioni; nominatività, poiché a ciascun interesse particolare da realizzare è preordinato un tipo di atto perfettamente definito dalla legge. I provved. costituiscono un numerus clausus, costituiscono un'attenuazione al principio di tipicità le ordinanze contingibili ed urgenti che sono atti nominati, ma non del tutto tipizzati poiché la legge lascia all'organo competente uno spazio ampio nella determinazione del contenuto e degli effetti.



L'atto che sia o meno provvedimento è composto da elementi (essenziali, naturali e accidentali ) e da requisiti di legittimità ed efficacia. Gli elementi essenziali sono quelli necessari per dar vita all'atto. I fautori della teoria tradizionale distinguono tra: agente, destinatario, volontà, forma ed oggetto. La dottrina moderna distingue tra: soggetto, oggetto, finalità, forma e contenuto.

Il soggetto è il centro di imputazion 444c25e e giuridica che pone in essere l'atto, può essere rappresentato da un funzionario dello stato o di un ente pubblico o da un privato investito dell'esercizio di una pubblica funzione. Il destinatario per la dottrina moderna rientra nell'oggetto, costituisce il soggetto nei cui confronti si producono gli effetti del provved. La volontà, la dottrina moderna esclude che il processo psichico porti all'emanazione di un atto. L'oggetto che è la res su cui l'atto amministrativo incide. Il contenuto è la parte precettiva dell'atto. La finalità attiene allo scopo che esso persegue. La forma, la dottrina tradizionale interpreta rigidamente il principio di legalità, ritenendo che la forma tipica e connaturale dell'atto sia quella scritta. Ma successivamente si fece strada l'opposto principio in base al quale in mancanza di norme di legge deve ritenersi vigente il principio di libertà di forma. Ciascun atto presenta una struttura formale composta da: intestazione, che contiene l'autorità da cui promana; preambolo, in cui sono indicate le norme di legge o i regolamenti in base ai quali l'atto è adottato; motivazione, suddivisa in una parte descrittiva e una valutativa; dispositivo, parte precettiva dell'atto; luogo e data in cui è emanato; sottoscrizione, firma dell'autorità che emana l'atto o di quella delegata.

Quanto alla motivazione prima dell'art.3 della l.241/1990 non esisteva un obbligo generale di motivazione per gli atti amm, tale obbligo è stato introdotto in ossequio dei principi di trasparenza ed effettività. Il seconda comma dell'art.3 esclude tale obbligo per..perchè ritiene tali atti ampiamente discrezionali e a motivo libero.

Quanto al contenuto la motivazione si articola in due parti: una parte descrittiva, nella quale la PA indica i presupposti di fatto e di diritto e una parte valutativa nella quale la PA indica le basi che stanno alla base della decisione. E' ammessa la motivazione ob relationem e cioè la motivazione non risultante dal provvedimento del corpo finale, ma dagli atti precedentemente compiuti. In questo gli atti da cui risultano le ragioni della decisione devono essere indicati e resi disponibili. Si ritiene superato l'orientamento giurisprudenziale che tendeva ad inquadrare tutte le lacune e le carenze motivazionali nel vizio di eccesso di potere. L'art. 3 ha rivoluzionato la materia sancendo: l'obbligo generale di motivazione, obbligo di indicare i presupposti di fatto e di diritto, l'obbligo nel caso di motivazione per relationem di indicare e rendere disponibili gli atti da cui risultano le ragioni della decisione. Se ciò non avviene saranno viziati per violazione di legge; saranno da reputarsi affetti dal vizio di eccesso di potere gli atti con carenze e incongruenze diverse da quelle citate. Gli elementi accidentali sono componenti eventuali che hanno la funzione di ampliare o restringere il contenuto naturale dell'atto. Sono:

il termine, che indica il momento dal quale deve avere inizio o deve cessare l'efficacia dell'atto; la condizione, apponibile a tutti gli atti di amministrazione  attiva e di controllo e diretta a subordinare l'inizio o la cessazione dell'efficacia dell'atto al verificarsi di un evento futuro ed incerto; l'onere, apposto solo agli atti che determinano un ampliamento della sfera giuridica; le riserve, atti con cui la PA riserva di adottare futuri provved. in relazione all'oggetto stesso dell'atto. I requisiti di legittimità sono i requisiti richiesti dalla legge affinchè l'atto oltre ad essere esistente sia valido. La mancanza di tali requisiti rendono l'atto annullabile. I requisiti di efficacia sono le condizioni necessarie affinchè un atto già perfetto divenga efficace.

Gli atti amministrativi diversi dai provvedimenti hanno un'importanza minore, assolvono funzioni strumentali, accessorie o cmq secondarie. Costituiscono una categoria residuale che si caratterizza in quanto non sono dotati di esecutorietà, autoritarietà e non sono tutti tipici o nominati. Sono raggruppati in: atti consistenti in manifestazioni di volontà e atti non consistenti in manifestazioni di volontà. Tra i primi vi sono: atti paritetici(atti con i quali la PA, tenuta per legge a far fronte ad un obbligo posto a suo carico determina unilateralmente il contenuto dell'obbligo stesso); atti facenti parte del procedimento per l'emanazione di atti amministrativi; atti di controllo. Tra gli atti non consistenti in manifestazioni di volontà abbiamo: atti ricognitivi (manifestazioni di volontà e di scienza); atti di valutazione(manifestazioni di giudizio); intimazioni, che consistono nel formale avvertimento ad un soggetto, già tenuto ad osservare l'obbligo, di ottemperare l'obbligo stesso.

I pareri sono atti di valutazione con cui gli organi dell'amministrazione consultiva mirano a consigliare, erudire gli organi di amministrazione consultiva e sono emanati dietro loro richiesta. Sono di competenza di speciali organi collegiali e privi di autonomia funzionale in quanto emessi in vista del provvedimento finale di un procedimento amministrativo. I pareri possono essere così classificati: facoltativi, se è a discrezione degli organi di amministrazione attiva richiederli o meno; obbligatori; se la legge impone all'organo di amministrazione attiva di richiedere il parere all'organo consultivo. Questo può essere a loro volta: non vincolante(quando l'amm attiva è obbligato a richiederlo, ma può discostarsene); vincolante(quando è obbligata a chiedere il parere e ad uniformarsi ad essa); parzialmente vincolanti(se l'organo di amm attiva può adottare il provved in un dato senso o seguendo un dato procedimento);conformi(quando la PA ha il potere discrezionale di provvedere o no sull'istanza per quale è obbligata a richiedere il parere). I pareri possono adempiere tre funzioni: conoscitiva, valutativa e di coordinamento. Parte della dottrina ritiene che richiederebbe sempre la forma scritta, ma non vi sono elementi positivi a sostegno di ciò. La motivazione deve essere presente ai sensi dell'art.3 l. 241/1990. Il parere deve essere acquisito al procedimento prima dell'emanazione del provved finale. Un pare viziato inficia tutto il procedimento per cui l'atto terminale risulterà anch'esso viziato. Anche i pareri facoltativi, potendo viziare l'atto terminale, hanno rilevanza giuridica se l'amm attiva ne ha tenuto conto nell'adottare il provvedimento finale.



Quanto all'impugnazione, essendo un atto infra-procedimentale non è di norma autonomamente impugnabile. La tutela giurisdizionale amm presuppone un interesse a ricorrere. Solo emanato l'atto finale si potrà procedere ad un'impugnativa congiunta. A norma dell'art.16 241/1990 è stata introdotta la figura di silenzio procedimentale..Il parere anche se formalmente obbligatorio non ferma più l'azione amm del provved finale. Si parla di silenzio facoltativo poiché l'amm può decidere di procedere anche senza il parere. Un limite alla possibilità di procedere è sancito dall'art.166 per il quale sono richiesti i pareri per determinate materie. Ai sensi dell'articolo 17 nel caso di inerzia di valutazioni tecniche necessarie da parte di organi o enti, entro 90 giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve richiedere tali valutazioni ad altri organi dell'amministrazione, ad enti pubblici o ad istituti universitari. La norma prevede una deroga costituita da valutazione richieste ad amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute del cittadino.

Gli atti della PA si dividono in: provvedimentali e non provvedimentali. Quelli non provvedimentali si distinguono ìn atti consistenti manifestazioni di volontà e atti non consistenti in manifestazioni di volontà. Quelli provvedimentali sono esecutori, autoritativi o tipici e si dividono in: atti ampliativi(autorizzazioni,concessioni,altri) e atti restrittivi (ordini e atti ablativi).

Gli ordini sono provved. restrittivi della sfera giuridica del destinatario con i quali la PA, a seguito di una scelta discrezionale o di un semplice accertamento, fa sorgere nuovi obblighi giuridici a carico dei destinatari. L'obbligo del destinatario sarà ben determinato e può essere penalmente sanzionato. La potestà ordinatoria può essere: generale (se si esplica nei confronti di tutti i soggetti. Ad es il potere attribuito al prefetto di adottare provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e la sicurezza pubblica; prendono il nome di ordini di polizia); speciale, se

presuppone una particolare relazione tra la PA e il privato, essi prendono il nome di ordini gerarchici. Con l'ordine viene reso concreto un obbligo sancito in astratto dalla legge. Quanto alla natura giuridica sono restrittivi e costitutivi ed incidono sfavorevolmente sui diritti. In virtù del principio di legalità il potere di impartire gli ordini deve essere espressamente previsto dalla legge. In base al contenuto si distinguono in: comandi, se hanno un contenuto positivo(dare, facere, pati) e divieti, se hanno un contenuto negativo (non facere).

L'atto ablativo, nell'ambito del diritto amministrativo, è un atto amministrativo attraverso il quale la Pubblica Amministrazione priva il titolare di un diritto reale, estinguendolo o trasferendolo coattivamente ad un altro soggetto, oppure limitando nella sua estensione. L'atto ablativo è un Atto amministrativo, quindi posto in essere da una Pubblica Amministrazione, che si distingue dagli altri atti amministrativi perché produce effetti sfavorevoli (privazione od estinzione di un diritto) nella sfera giuridica dei suoi destinatari. È quindi un provvedimento amministrativo in quanto va ad incidere nella sfera giuridica dei destinatari amministrati.

La giustificazione dell'atto ablativo, che sacrifica una posizione altrimenti protetta dall'ordinamento, è da ritrovare all'interno del generale principio che muove l'amministrazione, ossia è un tipo di attività esercitata anche tramite dei poteri privativi volti principalmente a soddisfare un interesse collettivo e pertanto di carattere pubblico. Sono atti ablativi: l'espropriazione per pubblica utilità;

la requisizione; l'occupazione di urgenza; la confisca amministrativa; il sequestro cautelare amministrativo; l'avocazione di cave e torbiere alle Regioni.

L'Autorizzazione è un particolare provvedimento amministrativo con il quale la pubblica amministrazione rimuove un limite posto dalla legge per l'esercizio di un diritto. Con questo provvedimento non si assegna la titolarità di alcun diritto, ma se ne permette l'esercizio a chi ne è già titolare. In questo modo l'amministrazione pubblica può verificare che l'esercizio del diritto da parte del titolare non sia pregiudizievole per gli interessi della collettività. L'autorizzazione può essere modale se prevede delle modalità con le quali il diritto possa essere esercitato, o non modale se non è previsto alcuno specifico vincolo nell'esercizio di tale diritto. La legge 241/1990, nell'ambito della semplificazione amministrativa, ha previsto due nuovi meccanismi per diminuire la porta dell'autorizzazione prevedendo: denuncia in luogo di autorizzazione, per la quale in luogo dell'autorizzazione l'interessato produce una auto denuncia di inizio attività, rispetto la quale l'amministrazione deve effettuare i suoi controlli autoritativi entro un termine certo; il meccanismo del silenzio-assenso, per il quale, l'autorizzazione si ha per concessa se la pubblica amministrazione non risponde entro un termine certo dalla presentazione della domanda.

Requisito per ottenere la licenza per esercitare qualsiasi attività commerciale è la frequenza della scuola dell'obbligo, ossia il possesso della licenza delle scuole medie inferiori. La legge ha abolito l'obbligo e validità delle licenze per numerose attività commerciali. La licenza era vista come una forma di contingentamento delle quote, una limitazione alla libertà di iniziativa economica, prevista dalla Costituzione, e alla concorrenza e al libero mercato. All'obbligo della licenza, è stato spesso sostituito quello del possesso di una qualifica, tramite la frequenza obbligatoria e il superamento di esami in appositi percorsi professionalizzanti, uniformi a livello nazionale, che prevedono periodi di tirocinio, sostitutivi della formazione dei cosiddetti "ragazzi di bottega". In precedenza, chi voleva avviare un'attività commerciale, per la difficoltà ad ottenere la licenza per un nuovo esercizio, doveva rilevarne uno già avviato, con il relativo costo delle licenze e periodo di apprendistato. L'abolizione delle licenze ha diminuito il valore commerciale di certe attività, sebbene un esercizio avviato, con un proprio marchio e clientela, sia associato a un maggiore prezzo di mercato. In dottrina si discute sulla natura di particolari procedimenti amministrativi. Per la maggior parte di questa, pur presentando peculiarietà, il Nulla osta, l' Abilitazione e la Registrazione sono forme particolari di autorizzazione. Più controversa è la classificazione della Licenza come di un particolare tipo di autorizzazione.



L'atto può essere inficiato da diverse forme di patologia e risultare: inesistente, quando è privo di uno degli elementi essenziali; invalido quando è difforme alla norma che lo disciplina(a seconda della gravità del vizio può essere nullo o annullabile); imperfetto, quando non ha concluso il suo ciclo di formazione; inefficace, quando l'atto, benché perfetto, non è idoneo a produrre i suoi effetti in quanto sono inesistenti i requisiti di efficacia previsti dalla legge (controlli),dalla natura dell'atto ricettizio, dallo stesso provvedimento (condizione, termine); ineseguibile, quando diventa temporaneamente inefficace per il sopravvenire di un atto ostativo; irregolare, quando presenta un vizio per il quale la legge non commina conseguenze negative per l'atto stesso, ma solo sanzioni amm a carico dell'agente. L'inesistenza costituisce la forma di patologia più grave che sussiste nei casi di: inesistenza del soggetto, incompetenza assoluta per territorio e per materia, inesistenza dell'oggetto, mancanza di forma essenziale qualora richiesta ad substantiam, inesistenza del contenuto e mancanza di finalità. L'invalidità si ha quando l'atto è difforme dalla norma che lo disciplina. In relazione alla natura della norma distinguiamo 2 categorie di vizi: se la norma è una norma giuridica, il vizio può comportare l'inesistenza o l'annullabilità; se la norma non è giuridica, ma rientra tra quelle della buona amministrazione, il vizio sarà di merito e l'atto inopportuno. L'invalidità può essere: testuale o virtuale a seconda che sia desumibile o meno dal testo; totale o parziale, perché può intaccare tutto l'atto o una parte di esso; diretta o derivata, in quest'ultima ipotesi quando l'invalidità di un determinato atto inficia un atto successivo di per sé legittimo. In base alla gravità della difformità l'atto può essere: nullo o annullabile. La L.15/2005, per la prima volta ha codificato le ipotesi di nullità del provvedimento inserendo l'art 21 septies alla l.241/1990..Dunque le ipotesi previste per l'inesistenza dell'atto ideate dalla dottrina, vengono inglobate nella disposizione di cui all'art. 21 septies.  La previsione della nullità in una norma generale probabilmente comporterà l'abbandono del termine inesistenza. Oltre la tradizionale bipartizione tra nullità e annullabilità, parte della dottrina preferisce una tripartizione tra: nullità, inesistenza ed annullabilità. La differenza tra nullità ed inesistenza è in termini di grado: la nullità configura un'inesistenza giuridica; l'inesistenza è determinata da un difetto così palese che ogni persona ragionevole debba escluderne l'esistenza giuridica. La nullità comporta: inesistenza giuridica, inesecutorietà, in annullabilità, insanabilità e inconvalidabilità. E' ammessa la conversione in altro atto valido dell'atto nullo. L'illegittimità si ha quando l'atto esistente presenti vizi di legittimità che incidono sugli elementi essenziali, in tal caso l'atto è annullabile. La L.15/2005 riporta la tripartizione dei vizi del tu delle leggi del consiglio di stato e all'art.21 octies recita:.. La competenza indica la misura della sfera di attribuzione di un dato organo. La violazione delle norme che la disciplinano dà luogo all'incompetenza, che può essere: assoluta, quando un organo emana un atto di competenza di un altro potere dello stato o di un altro settore amm; relativa, quando l'atto è emanto da un organo che appartiene allo stesso settore amm o cmq allo stesso ente di quello competente. Il provvedimento viziato da incompetenza relativa è annullabile. L'eccesso di potere viene definito come una scorrettezza in una scelta discrezionale. Occorrono 3 requisiti: un potere discrezionale, e quindi per gli atti vincolati, essendone predeterminato il contenuto non può riscontrarsi un vizio della volontà; uno sviamento del potere, un esercizio del potere per fini diversi da quelli stabiliti dal legislatore; la prova dello sviamento, necessaria per far venire mano la presunzione di legittimità. Storicamente si sono succedute varie teorie nel tentativo di definire la natura giuridica e l'oggetto di tale vizio. Distinguiamo: la teoria del vizio della volontà e la teoria del vizio della causa che cercano di legare la tematica dei vizi ad una previsione privatistica dell'atto,come volontà e causa. La teoria del vizio dei motivi e la teoria del vizio della funzione che arrivano rispettivamente ad una verifica dei motivi e della funzione complessivamente considerata. Dottrina e giurisprudenza, consapevoli della difficoltà di raggiungere la prova dello sviamento del potere hanno individuato una serie di ipotesi in cui la PA incorre in anomalie comportamentali. Sono state elaborate figure sintomatiche dell'eccesso si potere in presenza delle quali l'atto può essere invalido. Distinguiamo: travisamento ed erronea valutazione dei fatti, che si realizza quando l'autorità amministrativa esercita il potere amministrativo per potere emanare un atto o un provvedimento amministrativo sul presupposto della considerazione erronea dell'esistenza di un determinato fatto o abbia attribuito ad un determinato fatto un significato erroneo, illogico o irrazionale; illogicità o contraddittorietà della motivazione; la contraddittorietà tra più atti successivi si verifica quando più atti successivi della pubblica amministrazione hanno contenuto differente o contraddittorio; la contraddittorità è tale che non risalta la reale volontà dell'amministrazione; l'inosservanza delle circolari, la violazione in sé non dà luogo al vizio, ma comporta il vizio per contraddittorietà tra provvedimento e volontà della pa con la circolare; l' ingiustizia manifesta è una figura sintomatica che si riscontra raramente nel caso concreto; questa si realizza quando l'atto, rispetto ai concetti di opportunità e convenienza, risulta manifestamente ingiusto; la mancanza di idonei parametri di riferimento, la pubblica amministrazione non possa ampliare o restringere le posizioni giuridiche soggettive dei cittadini senza tenere conto di idonei parametri di riferimento.  La violazione di legge è una figura residuale comprensiva di tutti gli altri vizi che non configurano né incompetenza relativa né eccesso di potere. L'espressione legge è da intendersi in senso ampio, comprendendo tutti gli atti di formazione non solo primaria, ma anche secondaria. Non rientrano le violazioni di circolari che sono norme interne e la cui violazione si concretizza in eccesso di potere. L'atto amministrativo annullabile è: giuridicamente esistente, efficace ed esecutorio. L'annullabilità non si verifica di diritto, ma solo nel caso sia fatta valere da chi ne abbia interesse (il privato ma anche la pubblica amministrazione stessa) ed a seguito di un altro atto della pubblica amministrazione o di una sentenza. L'atto annullabile, può essere sanato, ratificato o convertito in atto valido. Il nostro ordinamento prevede i seguenti rimedi contro gli atti illegittimi: una sentenza del GA che annulli l'atto su ricorso giurisdizionale dell'interessato; una decisione dell'autorità amministrativa che annulli l'atto su ricorso amministrativo dell'interessato; un atto amministrativo adottato spontaneamente d'ufficio dalla PA,che ritiri l'atto viziato (atti di ritiro); un atto o un procedimento della PA che anziché eliminare l'atto viziato lo sani o ne provochi la conservazione. Il vizio di merito è una forma di invalidità che si concretizza nella difformità dell'atto rispetto alle norme di buona amministrazione. L'atto amm che non sia inesistente ma solo annullabile può essere anziché essere ritirato sanato con una successiva manifestazione della volontà amm. Distinguiamo: convalescenza, che tende ad eliminare vizi di legittimità che inficiano l'atto; conservazione, che tende a rendere l'atto inattaccabile, nonostante l'invalidità. Sono provvedimenti di convalescenza: la convalida, provvedimento nuovo, autonomo e costitutivo che elimina i vizi di un atto emanato precedentemente dalla stessa autorità. Deve contemplare l'atto che si intende convalidare, l'individuazione del vizio da cui affetto, la volontà di rimuovere il vizio. Può riguardare atti che non siano stati precedentemente annullati e in relazione ai quali l'autorità abbia il relativo potere e il vizio possa essere eliminato. Opera ex nunc, anche se, collegandosi ad un atto precedente e conservando gli effetti di fatto opera ex tunc; la ratifica, è un provvedimento nuovo autonomo con cui l'autorità astrattamente competente si appropria dell'atto adottato da un'autorità incompetente dello stesso ramo. Si differenzia dalla convalida solo per l'autorità che lo pone in essere e per il vizio sanabile ( incomp. relativa);



la sanatoria si ha quando un atto o un presupposto di legittimità mancante al momento dell'emanazione dell'atto venga emesso successivamente in modo da perfezionare ex post l'atto illegittimo. Non costituisce un nuovo atto, ma si identifica con l'atto che nel singolo caso è stato emesso. La conservazione opera nelle ipotesi di raggiungimento dello scopo e consente la conservazione dell'atto illegittimo per vizi di forma laddove risulta egualmente perseguito in modo efficace l'interesse pubblico. La funzione di conservazione viene riconosciuta ai seguenti provvedimenti: la consolidazione, è una causa oggettiva dell'atto amm., che dipende dal decorso perentorio entro il quale l'interessato avrebbe potuto opporre ricorso contro l'atto invalido; l'acquiescenza, è una causa di conservazione soggettiva dell'atto amm che dipende da manifestazioni espresse o da fatti concludenti con i quali il soggetto privato si preclude la possiblità d'impugnare l'atto, dimostrando di essere d'accordo con la PA. Ne sono requisiti: esistenza del provved, conoscenza dell'interessato, accettazione del privato mediante comportamento non equivoco e spontaneo. Non si può attribuire ad una mera inerzia il valore di acquiescenza; la conferma, è una manifestazione di volontà non innovativa con cui l'autorità ribadisce una precedente determinazione, eventualmente ribadendone il contenuto. Occorre distinguere tra: conferma propria, qualora sia adottata sulla base di un nuovo iter procedimentale, con rinnovazione dell'istruttoria e nuova ponderazione degli interessi coinvolti, In questo caso il provved si sostituisce al provved confermato, suscettibile di autonoma impugnativa giurisdizionale; conferma impropria quando un atto è meramente confermativo, non si tratta di un nuovo provved, è preclusa l'impugnazione; la conversione, consiste nel considerare un atto invalido annullabile, ma anche nullo come appartenente ad un altro tipo, di cui presenta i requisiti di forma e di sostanza. Le due figure di conversione sono: conversione provved, quando la PA emana un nuovo provved; conversione interpretazione, quando può essere effettuata sia da parte dell'interprete che da parte dell'autorità giudiziaria. Il provved di conversione opera con efficacia retroattiva. Atti di ritiro in generale. Sono provvedimenti a contenuto negativo, emanati in base ad un riesame dell'atto compiuto nell'esercizio del medesimo potere amministrativo esercitato con l'emanazione dell'atto al fine di eliminare l'atto viziato. Presentano i seguenti caratteri: sono discrezionali, quanto all'emanazione la Pa valuta se sussista un interesse pubblico; sono esecutori, sono formali, le forme sono le medesime prescritte per gli atti ritirati; devono essere motivati;sono ricettizi, in quanto devono essere portati a conoscenza dei destinatari; soggetti alle regole della l. 241/1990 in tema di silenzio rifiuto e di obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento. Gli atti di ritiro sono classificati in 5 tipi: Annullamento d'ufficio, è un provveda mm di secondo grado, con il quale viene caducato, con efficacia retroattiva (ex tunc) un atto illegittimo, per la presenza di vizi di legittimità originari dell'atto. Il potere di annullamento d'ufficio è espressione del generale potere di autotutela; può avvenire sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei contro interessati dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. L'amministrazione competente all'annullamento d'ufficio ha l'obbligo di verificare: giuridica esistenza del provvedimento, il vizio di legittimità, l'interesse pubblico per l'annullamento d'ufficio. Elemento necessario per procedere è dunque in primo luogo l'interesse pubblico. L'annullamento a seconda dell'autorità che lo dispone può essere di 4 specie: annullamento gerarchico, annullamento ministeriale di atti dirigenziali per motivi di legittimità,annullamento governativo, auto annullamento. Revoca è un atto amministrativo di 2° grado (avente ad oggetto, cioè, un precedente atto amministrativo), con il quale viene ritirato, con efficacia non retroattiva (ex nunc, cioè "da ora, da questo momento"), un atto amministrativo "per sopravvenuti motivi motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario" (art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 15/2005). Può essere di due tipi: autorevoca, se da parte della stessa autorità che ha emanato l'atto; revoca gerarchica, da parte dell'autorità gerarchicamente superiore, non è consentita ove l'organo inferiore sia titolare di una competenza esclusiva. A differenza dell'annullamento dell'atto amministrativo, che ha come presupposto vizi di legittimità (violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza relativa), la revoca può intervenire su atti viziati nel merito, cioè divenuti inopportuni rispetto alla tutela dell'interesse pubblico che quell'atto amministrativo deve perseguire, oppure valutati come inopportuni a seguito di una successiva valutazione dei vari interessi coinvolti dall'atto stesso. Se dalla revoca nasce una danno per i soggetti direttamente interessati l'amministrazione deve procedere al relativo indennizzo. Le controversie su questa materia sono attribuite al giudice amministrativo (Tribunale Amministrativo Regionale in primo grado, Consiglio di Stato in appello). La revoca non può essere disposta rispetto ad alcune categorie di atti amministrativi; in linea generale non sono revocabili quegli atti che hanno ampliato la posizione giuridica dei destinatari facendo nascere rispetto a questi nuovi diritti soggettivi. La revoca, inoltre, non può intervenire su atti vincolati: non possono essere revocati atti in ordine ai quali la legge predefinisca già il contenuto e le circostanze in cui quel certo atto deva essere obbligatoriamente adottato. Se l'amministrazione non ha alcun tipo di potere discrezionale per quel certo tipo di atto è evidente che non lo potrà neppure revocare. La revoca differisce dalla revocazione che si basa su un apprezzamento di circostanze e presupposti ignorati al momento dell'emanazione dell'atto. Abrogazione, è un atto di ritiro che si attua per il sopravvenire di nuove circostanze di fatto che rendono l'atto non più rispondente al pubblico interesse, a differenza della revoca, che si concretizza nella rivalutazione delle stesse circostanze originarie. Il regime giuridico è il seguente: gli atti suscettibili di abrogazione sono gli stessi che possono essere revocati; gli effetti come per la revoca si producono ex nunc; La differenza sta nel fatto che la revoca comporta un riesame nel merito al momento dell'emanazione; la seconda una valutazione dell'opportunità di tenere in vita il rapporto a mutate situazioni di fatto. Decadenza, è un atto di ritiro con efficacia ex nunc, che la PA utilizza nei confronti dei precedenti atti ampliativi delle facoltà dei privato, in caso di: inadempimento degli obblighi o oneri incombenti su destinatari; mancato esercizio di questi delle facoltà derivanti dall'atto amm; venir meno dei requisiti di idoneità necessari sia per la costituzione che per la continuazione del rapporto. Mero ritiro, si tratta di un provvedimento che si esplica nei confronti di atti non ancora efficaci; condizione sufficiente per il mero ritiro è l'accertamento della illegittimità o inopportunità delll'atto non essendo richiesto l'apprezzamento di un pubblico interesse. Non è richiesta al contrario di altri atti di ritiro una forma particolare, potendosi attuare anche per fatti concludenti







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