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L'EVOLUZIONE CULTURALE DELL'UOMO: da cacciatore a cittadino

biologia



L'EVOLUZIONE CULTURALE DELL'UOMO: da cacciatore a cittadino.



LA PREISTORIA: l'ambiente, gli uomini, l'evoluzione culturale.


La diffusione dell'uomo sulla Terra viene fatta risalire all'era quaternaria, iniziata 3 milioni di anni fa circa e caratterizzata da vistose trasformazioni ambientali do 616g66g vute all'alternarsi di glaciazioni con periodi interglaciali; infine il clima si stabilizzò con la fine dell'ultima glaciazione (quella di WURM), avvenuta circa 10.000 anni fa. Tuttavia sono stati trovati resti di ominidi risalenti a epoche molto più lontane e ciò testimonia che il processo evolutivo della specie umana ha conosciuto tempi lunghissimi.

In Africa sono stati ritrovati i resti dell'Homo habilis, vissuto a partire da due milioni di anni fa, chiamato in questo modo per la sua provata capacità di costruire strumenti anche se ancora piuttosto rudimentali, come ad esempio il chopper, un ciottolo scheggiato su una sola faccia. In più continenti- in Europa, in Asia, in Africa- sono stati trovati i resti dell'Homo erectus( il nome deriva dal fatto che la stazione eretta è ormai diventata una caratteristica irreversibile), capace di costruire amigdale bifacciali, cioè strumenti a forma di mandorla lavorati su due lati e utilizzati come armi o raschiatoi. Abbiamo anche testimonianze delle prime forme di vita spirituale lasciateci dall'uomo di Neandertal, che conosceva la pratica della sepoltura.



Noi apparteniamo alla specie Sapiens sapiens, che ormai è diffusa su tutta la Terra e che in epoca preistorica ha saputo rendere notevolmente più sicure le proprie condizioni di vita grazie soprattutto al meccanismo della trasmissione culturale reso possibile dall'uso del linguaggio.


DAL NOMADISMO ALLA SEDENTARIETA'


Distinguendo le diverse tecniche adottate per lavorare la pietra, l'era quaternaria è stata divisa in paleolitico, mesolitico e neolitico. Nel paleolitico e nel mesolitico l'economia si basava sulla caccia, sulla pesca e sulla raccolta di vegetali selvatici, l'uomo cioè si limitava a consumare le risorse offerte dalla natura ma non era ancora in grado di intervenire sui processi di produzione. Nel neolitico invece, quando vennero praticati in modo sistematico l'agricoltura e l'allevamento, l'uomo sviluppò un'economia produttiva che gli permise di costituire e accumulare delle eccedenze di viveri.

A questo, si accompagnarono un notevole miglioramento delle abilità tecnologiche e nuove consuetudini sociali: l'agricoltura e l'allevamento infatti, imposero ai gruppi l'abbandono del nomadismo. La vita associata del neolitico si svolse perciò nei villaggi, la cui struttura interna evidenziava una sostanziale unità sociale, economica e politica: tutti i componenti della comunità svolgevano attività molteplici (coltivazioni dei campi, caccia, pesca.).

Nei villaggi inoltre non si verificavano vistose differenze nella distribuzione delle ricchezze; le principali decisioni erano prese dall'assemblea degli anziani, espressione di tutta la collettività. Il sorgere delle città invece modificò profondamente i rapporti tra gli individui e determinò le prime forze di stratificazione sociale.

Il punto di partenza della rivoluzione urbana va individuato nel nuovo equilibrio che si venne a determinare tra popolazione e risorse ambientali alla fine del neolitico, quando gruppi di sedentari, attraverso imponenti opere di canalizzazioni lungo i grandi fiumi, riuscirono a garantirsi un costante rifornimento idrico e a praticare un'agricoltura irrigua che incrementò notevolmente la produttività dei campi.

L'importanza del fattore ambientale nel processo di formazione della città è evidenziata dal fatto che le più antiche civiltà, sorte tra la fine del IV e la metà del III millennio a.C., si sono sviluppate in luoghi molto distanti tra loro- lungo i bacini del Tigri e dell'Eufrate, del Nilo, dell'Indo e del fiume Giallo- ma dotate di  caratteristiche simili.

In condizioni normali, le comunità agricole producevano una quantità di raccolto superiore all'immediato fabbisogno, e con queste eccedenze potevano sia costituire riserve per eventuali periodi di carestie, sia mantenere degli "specialisti" che non si dedicavano alla produzione di cibo ma a soddisfare i nuovi bisogni sorti nella comunità: prese così forma una nuova organizzazione del lavoro, basata sulla specializzazione.

Un'innovazione importante fu rappresentata dallo sviluppo della metallurgia: verso la fine del IV millennio a.C. si cominciarono a sfruttare i giacimenti di rame e successivamente, a partire dal 2500 a.C. circa, si lavorò il bronzo, una lega ottenuta dalla fusione del rame con lo stagno. La lavorazione del ferro fu praticata molto più tardi (non prima del 1200 a.C.), perché richiedeva alte temperature non facilmente raggiungibili con una tecnologia ancora poco avanzata.

Per meglio rispondere alle crescenti necessità delle comunità delle comunità e per procurarsi materie prime - metalli, legname, pietre da costruzione- quasi completamente assenti nei bacini alluvionali, vennero sistematicamente organizzate delle spedizioni commerciali anche in territori lontani. Nelle città si determinò una sempre più accentuata stratificazione sociale: accanto ai contadini e agli allevatori che vivevano nelle zone circostanti vi furono gli artigiani, i fabbri, i mercanti.








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