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IL VALORE DEL GIARDINO FINO ALL'OTTOCENTO

architettura



IL VALORE DEL GIARDINO FINO ALL'OTTOCENTO


Il termine giardino deriva etimologicamente dalla parola "gord" della lingua slava comune, che significa "luogo recintato, chiuso dentro un recinto". Infatti l'idea del giardino come spazio verde è fin dalle origini accompagnata dal concetto di proprietà privata (fig. 5): i primi "giardini di città" nascono all'interno dei palazzi nobiliari con il chiaro intento di ricreare l'ambiente naturale della campagna ormai abbandonata con lo sviluppo economico-sociale della città (fig. 3). Il possesso di un tale spazio era un'esplicita manifestazione di ricchezza individuale; il giardino era considerato un bene prezioso poiché non tutti potevano godere di tale lusso, dato che per lungo tempo la sua fruibilità fu limitata ad una ristretta cerchia di persone.

Il giardino assume sin dall'inizio un significato profondo con valenza filosofica e artistica; viene visto come un frammento dell'universo in cui l'intervento dell'uomo si articola in base a finalità estetiche in quanto, "componendo il contrasto tra arte e natura, tende a creare un mondo non tanto artificiale quanto artistico, nel quale dar forma ad un proprio ideale di perfezione e di bellezza"[1] (fig. 2). L'arte, attraverso la struttura e la vitalità del giardino, ha il ruolo di tradurre in immagini le sensazioni dell'animo umano.



"Il giardino è un tipico luogo utopico, nel quale l'uomo si sforza di far emergere, sfruttando gli elementi del mondo reale, il mondo tendenziale dei suoi sogni."[2]

Questo "mondo", richiamandosi costantemente al Paradiso Terrestre, esprime il tentativo di naturalizzare l'idea di perfezione e diventa un mezzo per avvicinarsi alla perfezione stessa e a Dio.

Con l'arte del giardino si cerca di rendere il mondo fisico quanto più assimilabile a quello metafisico attraverso l'uso di un linguaggio simbolico. Il giardino, in definitiva, risulta concepito come un microcosmo che muta continuamente se stesso alla ricerca dell'armonia. Per questo "i giardini microcosmi dovevano riunire in un solo spazio tutti i tempi e tutti i luoghi"[3].


MUTAMENTI SOCIO-ECONOMICI NEL XVIII SECOLO

Nel XVIII secolo l'organizzazione sociale subisce un rapido sconvolgimento causato dalle nuove scoperte in campo tecnico-scientifico. Il passaggio dal lavoro artigianale all'industria velocizza la produzione grazie alla meccanizzazione e all'innovato metodo lavorativo basato sulla divisione dei compiti a catena di montaggio. La ripetitività dell'industria travolge e stravolge la quotidianità della vita che non è più legata ai cicli biologici scanditi dal sole, ma, con la comparsa dell'energia elettrica, assume il ritmo della meccanicità.

L'uomo perde la propria individualità, non è più artefice del manufatto, bensì è un piccolo ingranaggio dell'intero processo produttivo.

Il richiamo dell'industria si fa sentire soprattutto nelle campagne dove l'occupazione, di tipo artigianale e contadino, essendo stata soppiantata dalla tecnologia, non permette più la sopravvivenza. La popolazione, la cui esistenza era prima concepita in un mondo rurale, si trova ora costretta dalla fame ad abbandonare la campagna per cercare un nuovo impiego nelle fabbriche. Inoltre la città, identificata con l'immagine del benessere borghese, diventa espressione del desiderio di una vita migliore e miraggio di fortuna. Nasce, così, il fenomeno dell'urbanesimo che consiste nell'afflusso in città di una grande quantità di persone, che vanno ad incrementare il numero degli operai. L'offerta di manodopera cresce quindi a dismisura superando di molto l'effettiva domanda dell'industria. Il conseguente crollo del prezzo del lavoro permette agli imprenditori borghesi di pagare salari irrisori attuando un processo speculativo basato sullo sfruttamento degli operai.

In questo contesto la distinzione sociale si elabora sul ruolo che l'individuo assume all'interno dell'organizzazione industriale. Il denaro contante è diventato la nuova merce di scambio, sia per il commercio che per il pagamento dei salari. Gli imprenditori, i proprietari delle fabbriche, i commercianti e i banchieri, che compongono la nuova classe borghese, sono detentori del potere in quanto nelle loro mani si attua la gestione dell'economia.

La ricchezza, quindi, non è più valutata in termini di possesso della terra; di conseguenza l'antica classe nobiliare, che rimane estranea all'ambito cittadino, perde tutta la sua precedente importanza.

Contemporaneamente i contadini sono sostituiti, nel loro lavoro di coltivazione della terra, dalle nuove macchine. Essi non sono più la base della società; il loro numero diminuisce notevolmente a vantaggio della grande massa di operai, che rappresenta il proletariato urbano.

L'affermazione della borghesia e la crescita della classe operaia vanno di pari passo con lo sviluppo dei grandi centri urbani. E proprio il fenomeno dell'urbanesimo acuisce i problemi di povertà del proletariato: la città è sovraffollata, le abitazioni non bastano più e la gente si ammassa d 353d38d ividendosi i metri quadrati delle stanze fino ad avere a disposizione quasi il solo spazio per dormire. In queste condizioni l'igiene non può essere garantita, tanto più che le fognature esistenti sono irrisorie.

Sono proprio le pessime condizioni igienico-sanitarie che rendono necessario un intervento il più repentino possibile.

Inoltre il boom demografico, provocato dal benessere conseguente allo sviluppo economico, aggrava il problema della mancanza di alloggi.

La città, che fino a questo momento è stata circoscritta dalla cinta muraria, è arrivata alla saturazione e adesso 'esplode'. L'espansione avviene in maniera rapida, caotica e disordinata; nessuna regolamentazione salvaguarda la struttura della città, tanto che i nuovi edifici nascono velocemente e in modo spontaneo rispettando solo i dettami della speculazione edilizia. Solo in rari casi questo processo di espansione si articola sulla base di un vero e proprio piano regolatore, il quale consiste in un intervento dall'alto atto a stabilire i limiti e i luoghi della ridefinizione urbana, situazione, questa, che si verifica a Parigi grazie all'opera di Haussmann.


LA NASCITA DEL VERDE PUBBLICO

Nell' Ottocento si assiste anche ad una grande rivoluzione nel campo della progettazione del verde grazie alla nascita dei parchi pubblici.

Nella ridefinizione della città tramite piani urbanistici, anche la struttura del verde acquista un valore emblematico. L'abbattimento delle mura medievali consente l'interazione tra la città vecchia e quella nuova collegandole attraverso un sistema di viali alberati e parchi, mentre il centro storico si arricchisce di spazi verdi quali piazze[4] e passeggiate.


Le passeggiate

In passato, e ancor più in epoca medievale, la città era un elemento autosufficiente e lo spazio cittadino coincideva con quello sociale. In questo contesto la strada era vissuta come luogo di incontro e di scontro in cui era possibile socializzare e confrontarsi partecipando alla vita della comunità. La struttura stessa della casa rispecchiava questa filosofia di vita in quanto anche il limite fisico tra spazio privato e sociale era ridotto al minimo: l'abitazione si apriva direttamente verso la strada, rendendo così possibile il dialogo tra l'interno e l'esterno. Lo spazio dedicato alla vita diurna si sviluppava al pian terreno ed era pressoché assente qualsiasi zona di mediazione come scale e ingressi.

Con lo sviluppo delle attività commerciali, condotte all'estremo dalla nuova concezione del processo produttivo apportata dall'industrializzazione, la città è 'costretta' ad aprirsi ai rapporti con il mondo al di fuori delle mura; ciò comporta un sostanziale cambiamento della funzione della strada: non più luogo di incontro e di sosta, bensì collegamento tra un punto e l'altro della città.

Ben presto, tuttavia, si sente la necessità di recuperarne il carattere sociale perduto attraverso la realizzazione di passeggiate e viali alberati. Si ripropone, quindi, il concetto di "passeggiata urbana" quale era in passato: "un tempo, passeggiare in città voleva dire andare a vedere, farsi vedere ed esser visto. Il gioco dell'identità, individuale e sociale, fungeva da principale induttore per questo atto di esteriorizzazione"[5].

La passeggiata, perciò, si svolge ancora secondo i riti della moda; diventa luogo di incontro collettivo che ricorda molto i circoli cittadini dei caffè e i salotti; è concesso parlare di qualsiasi argomento: di politica come di arte, di commercio come di economia, di spettacolo, musica e perfino di argomenti più futili, se non addirittura frivoli, si ricrea così la 'calda' atmosfera conviviale.

Benché il ruolo della passeggiata rimanga sostanzialmente lo stesso rispetto al passato, essa, adesso, è protesa verso la natura che, creando spazi quasi scenografici, diventa il fondale su cui si svolge l'arte della socialità.

"Le passeggiate devono inoltre avere delle mete allettanti: belvedere sul fiume, sul mare, su campi e boschi circostanti la città, sul tramonto del sole, su spazi lontani che riposano la vista"[6].


I parchi

Questa nuova concezione del verde come cornice di attività sociali si evolve con la comparsa del giardino pubblico: ambiente non più limitato a determinati ceti sociali, ma fruibile da parte di tutta la popolazione. Infatti, nel XIX secolo il passeggio pubblico non basta più: la necessità di giardini e parchi diventa quanto mai impellente per una questione di salute fisica e morale. Qualsiasi progettazione del verde deve assumere una valenza pubblica: cimiteri, arboreti, abitazioni sono tutte occasioni ugualmente valide per costruire piacevoli luoghi di svago che garantiscano un miglioramento della salubrità dei siti.

Il rapido incremento della popolazione urbana ha prodotto un sovraffollamento ed una saturazione dello spazio cittadino. Il parco diventa perciò un 'polmone verde', ovvero quell'elemento che è in grado di far respirare la città e che è progettato per contenere spazi, per l'esercizio fisico e il riposo, tutti fattori che contribuiscono alla sanità del corpo e della mente.

L'uso indiscriminato di questo tipo di spazio implica l'introduzione di rigide norme di comportamento per il rispetto e la salvaguardia sia dell'attrezzatura che dell'individuo stesso. "Non solo è impedito l'accesso alle greggi (...) o anche la sistemazione di aree sportive per adulti. (...) è proibito camminare sui prati o, peggio, sdraiarsi; non c'è possibilità di un contatto diretto con la terra e con l'erba (...) . Ne sono testimonianza le griglie che recingono parchi e squares, i regolamenti affissi al loro ingresso, le guardie o persino i gendarmi che li sorvegliano (...)"[7].

Al contempo, la struttura del parco deve accordarsi con il canone estetico della "città bella" cara alla classe borghese. Nulla è lasciato al caso, la progettazione è curata in ogni minimo particolare con l'intento di ricreare le sensazioni di regolarità e di armonia.

L'inglese John Claudius Loudon propone una nuova impostazione progettuale del parco in cui quest'armonia non è più legata necessariamente al concetto di simmetria. Si superano, quindi, gli schemi predefiniti tipici dello stile pittoresco, visti come costrittivi nei confronti della natura (fig. 8).

"Parchi e giardini rappresentano l'unione della libertà umana e della 'libertà' della natura. Più che di una natura organizzata artificialmente, si ha bisogno di una natura libera"[8]. L'importante diventa creare dei percorsi che abbiano valenza in se stessi; in un parco eterogeneo, sia per le sue caratteristiche generali, sia per la varietà dei suoi settori, ogni passeggiata può essere sentita come un "piccolo-tour" .

A rendere il giardino multiforme concorre anche l'introduzione di piante esotiche e semi-tropicali, dovute in parte al crescente interesse scientifico in materia botanica: "pour les rues plus étroites, l'acacia, le vernis du Japon et l'érable, au dévelopment moins imposant, convenaient mieux, tandis que la catalpa et la paulonia étaient utilisés en bordure des voies exigeant des arbres de taille moins élevée. A cette époque, une nouvelle essence, le planéra, appelé aussi orme du Caucase, fut également utilisée, mais à titre d'essai."

Queste piante ricercate rappresentano, però, una piccola parte del patrimonio arboreo utilizzato: platani, ippocastani, olmi e tigli vengono privilegiati per la loro crescita rapida, per l'aspetto omogeneo e per la capacità di resistere adeguatamente agli attacchi degli insetti xilofagi.

Piantare i giovani esemplari di queste specie richiede degli accorgimenti per proteggere i fusti da ogni aggressione esterna. Una tecnica molto usata consiste nell'ingabbiarli in dei "corsets-tuteurs"[11] (dis. 1). Essi sono costituiti da una maglia circolare di nove pali alti circa due metri, incurvati alla base e tenuti insieme da sette anelli di legno fissati con fil di ferro.

Con l'esperienza si comprende anche l'inutilità di rimpiazzare volta per volta gli alberi morti: una pianta giovane, contornata da altre adulte, non potrebbe mai svilupparsi adeguatamente e comunque la piantagione risulterebbe molto irregolare. Si introduce perciò la pratica di sostituire gli alberi a piccoli gruppi, così da facilitare l'adattamento dei nuovi esemplari.

Per mantenere costante il grado di umidità anche alle radici più profonde, viene realizzato un sistema generale di drenaggio supportato da una rete di canaletti che permettono il deflusso delle acque, abbondanti soprattutto nella stagione invernale.


PRIME IDEE PER LA RIDEFINIZIONE URBANISTICA DI PARIGI

Parigi, grazie all'opera di riassetto e ridefinizione urbanistica, ideata e permessa da Napoleone III e poi concretizzata e tradotta in "un sistema coerente e complesso" da Haussamann, è uno degli esempi più autorevoli che mostra come i piani urbanistici ottocenteschi abbiano permesso un ampliamento regolarizzato e un rinnovamento cittadino.

L'enorme incremento della popolazione, passata da 714.000 abitanti nel 1817 a 900.000 nel 1830 a 1.300.000 nel 1848, aveva fatto sentire la necessità di abbozzare una strategia di risanamento urbano già nella prima metà del secolo.

Questa strategia si era espressa nell'istituzione delle prime fognature, nel trasferimento di cimiteri e ospedali fuori dalle mura e nella pulizia e riorganizzazione degli spazi verdi. Proprio parchi e giardini erano stati oggetto di una rivoluzione concettuale: non erano più intesi come abbellimento formale, ma rispondevano funzionalmente alle esigenze della città post-industriale, inquinata e sovraffollata, assumendo la connotazione di 'polmone verde', che permettesse all'intera popolazione di 'respirare'. Di conseguenza bisognava renderli fruibili da parte di tutti i cittadini, in modo che chiunque potesse godere della salubrità da essi offerta.

Parigi è stata una delle prime città ad abbracciare la nuova valenza pubblica del verde urbano; gli stessi parchi inglesi, da sempre ispiratori di quelli parigini ed europei, hanno aperto i cancelli solo nel 1850.


Il progetto di Napoleone III

La prima formulazione di un vero e proprio progetto di ristrutturazione completa della capitale francese si deve, però, alla mente di Napoleone III, che, com'è testimoniato da alcuni suoi scritti precedenti alla sua incoronazione[13], si preoccupa del problema della capitale francese già prima di diventare imperatore. La necessità di trasformare completamente la città e l'importanza da lui attribuita ai lavori pubblici, quali elementi insostituibili di progresso, coesione sociale e crescita economica, servono da slancio ideologico per il concepimento della "prima metropoli-capitale moderna d'Europa" . Una città dell'era industriale, nella concezione di Napoleone III, non può prescindere dagli ormai indispensabili collegamenti commerciali e deve essere pensata, nella sua sistemazione, "alla scala del territorio" . Dopo la nomina imperiale, egli incomincia anche ad intravedere la necessità di collegarre gli edifici-chiave della città e il bisogno di prevenire il ripetersi di insurrezioni popolari agevolate dalle fitte e strette strade del centro storico.



Durante un breve soggiorno a Londra, Napoleone III rimane colpito dall'immagine ordinata della capitale britannica, immagine che tenterà poi di imprimere anche alla sua Parigi. L'assetto urbanistico, i grandi parchi e, in particolare, l'opera di Nash a Regent's Park[16] sono tutti elementi che egli terrà in alta considerazione nella ridefinizione parigina.


IL PIANO HAUSSMANN

Per realizzare le sue ambiziose idee progettuali, Napoleone III ha bisogno di un esecutore materiale, che traduca le sue astrattezze in disegni e poi in opere concrete. Questo ruolo rientra nelle competenze professionali del prefetto della Senna, ma l'ostilità del prefetto in carica, Berger, nei confronti del progetto imperiale ostacola l'avvio dei lavori. Al suo posto viene quindi chiamato il barone George Eugène Haussmann, che, nel porre le basi per definire il rinnovamento cittadino, opera un riassetto totale dell'organizzazione degli uffici e del sistema amministrativo, riformando soprattutto i compiti di ingegneri ed architetti, in modo da centralizzare la gestione dell'operazione. Si dota, inoltre, di una équipe di collaboratori fidati,scelti tra tecnici specializzati, il cui ruolo è quello di mettere a disposizione le proprie competenze specifiche come base e guida del suo operato.

Nonostante l'obiettivo del progetto haussmanniano sia la riorganizzazione della città in ogni sua minima parte, essa viene considerata come unica unità operativa e modellata in modo da mantenere la sua interezza e uniformità. "L'operazione di Haussmann ha la pretesa di trattare la città come se questa avesse la plasticità e i limiti di resistenza di un singolo edificio" . Egli la vede infatti come un corpo umano in cui tutti gli elementi convergono al funzionamento del medesimo organismo. Haussmann diventa quindi un 'medico curante' che solo con una serie di interventi radicali tenta di guarire quel "corpo malato" che è Parigi.

La sua 'terapia' si articola in una serie di operazioni mirate, apparentemente estranee le une alle altre, che però concorrono a concretizzare l'immagine di città che il prefetto e l'imperatore vogliono imprimere alla capitale. Tutti questi interventi specifici sono, perciò, basati sul tentativo di perseguire tre obiettivi fondamentali per l'operazione di riassetto urbano:

"- supprimer au coeur de la cité les anciens quartiers populaires pour mettre fin aux révoltes, ou les assainir suffisamment pour en conjurer les risques; les souvenirs des barricades de 1830 et de 1848 sont encore dans toutes les mémoires.

- améliorer les circulations dans la capitale agrandie par l'annexion des onze communes suburbaines, en fournissant des débouchés aux gares de chemin de fer.

- embellir la capitale"[19]


Interventi per la sicurezza

La paura di nuove insurrezioni popolari, sentita soprattutto da Napoleone III, ha un ruolo determinante e decisivo nella stesura del piano haussmanniano.

L'allestimento di barricate, che ha caratterizzato le rivoluzioni del 1830 e del 1848, deve ora essere del tutto impedita. Per questo motivo Haussmann introduce nel suo progetto dei punti-cardine che permettano un controllo più saldo e più sicuro della città: la realizzazione di una fitta maglia stradale che attraversi omogeneamente tutta l'area urbana, la localizzazione in punti strategici delle caserme e delle centrali di polizia, l'uniformazione delle facciate in modo che siano continue e senza balconi.

Il nuovo sistema viario è concepito con strade lunghe, larghe e spaziose, così da essere facilmente e rapidamente attraversabili dalle truppe in caso di necessità e da impedire, per l'insormontabile distanza, l'innalzamento di barricate da un lato all'altro della via.

Il reticolo previsto dal piano haussmanniano stravolge in particolare la struttura dei quartieri popolari del centro storico, in quanto il fitto e stretto tessuto della città antica deve essere sventrato per ricavare lo spazio da destinare alle nuove strade (fig. 10). Queste mettono così in collegamento diretto la zona operaia, facile ad insurrezioni, con le caserme e le centrali di polizia che generalmente si trovano a presiedere i distretti periferici o le stazioni.

Inoltre l'uniformità delle facciate degli edifici voluta dal prefetto è un'ulteriore garanzia contro il lancio di proiettili dai tetti, in quanto elimina l'interferenza dei balconi che proteggono i rivoltosi dal tiro dei mortai delle autorità.

La nascita dei nuovi boulevards, previsti dal piano haussmanniano, richiede il reperimento di ampie proprietà terriere, in particolar modo nel centro storico, dove queste proprietà sono costituite da case abitate che devono essere abbattute. Il prefetto risolve questo problema semplicemente tramite una serie di espropriazioni, il cui risultato è, invece, quello di incrementare la popolazione déracinée, che vive nelle strade di Parigi, e di far nascere una speculazione fraudolenta che, con l'aumento degli affitti e del costo degli alloggi, spinge il proletariato verso i sobborghi periferici.


La circolazione

Haussmann, nella sua attività di prefetto della Senna, si trova a dover affrontare le nuove problematiche di uno spazio urbano che si sta evolvendo rapidamente. L'espansione stessa della città è accelerata dall'annessione al vecchio centro storico di undici quartieri suburbani, gli arrondissements.

In questo contesto comincia a maturare il desiderio di poter coprire grandi distanze impiegando il minor tempo possibile, concetto pressoché inimmaginabile se riferito ad un assetto territoriale tipico del borgo medievale e caratterizzato da vicoli corti e stretti.

Haussmann, perciò, non si limita ad una ristrutturazione dell'area parigina in termini 'di superficie', seguendo esclusivamente canoni spaziali ed estetico-formali, ma si dedica anche a questioni pratiche che rispondano alle nuove esigenze dei cittadini.

Egli imposta, dunque, un programma di ridefinizione delle infrastrutture di collegamento che comprenda la realizzazione di una robusta trama viaria e lo sviluppo della ferrovia.

La nascita di un sistema stradale di grandi arterie di comunicazione permette il raggiungimanto dell'unità formale cittadina voluta proprio dal prefetto: la particolare estensione di Parigi non deve, infatti, farla risultare frammentaria e sconnessa, ma, anzi, deve dar luogo ad una continuità spaziale caratterizzante.

Per questo motivo tutta la città deve poter interagire continuamente con se stessa tramite un fitto sistema viario organizzato radialmente (fig. 12). La nuova tessitura dei percorsi deve orientarsi intorno a due assi principali: il primo, da est ad ovest, segue il tracciato delle già esistenti rues de Rivoli e Saint-Antoine, mentre il secondo, da nord a sud, si articola lungo il nuovo boulevard Sébastopol. Queste due direttrici attraversano l'intera area parigina in modo rettilineo e armonico, imprimendo al territorio una precisa struttura, e si incontrano nella "grande croisée de Paris" all'altezza della place du Chatelet (fig. 15).

Da questa trama viaria principale si diparte il sistema dei boulevards, che incrementa notevolmente la superficie stradale esistente. Nel centro, infatti, il prefetto opera l'apertura di 95 km di nuove strade contro la soppressione di 49 Km; nelle aree periferiche, invece, questo rapporto diventa di 70 Km contro 5.

Il progetto haussmanniano, che prevede l'uniformità e la continuità spaziale all'interno della città, viene esteso anche all'intera nazione francese. Napoleone III, soprattutto, sente il bisogno di rendere "comodo e rapido"[21] il passaggio da una regione all'altra dell'Impero. Questo può avvenire grazie allo sviluppo della ferrovia, favorito dal fiorente progresso nel campo dell'ingegneria civile: tra il 1860 e il 1870 si ha, infatti, l'adozione simultanea delle rotaie d'acciaio, della segnaletica elettrica, dei freni ad aria compressa e della manutenzione idraulica.

Le nuove tecniche lavorative applicate ai mezzi meccanici sempre più perfezionati rendono ora possibile il superamento di ostacoli naturali quali monti e fiumi, facilitando il collegamento anche con le zone più impervie.

Lo sviluppo della ferrovia (figg.16-17, 18), diventata già un'istituzione nel 1859, contribuisce, inoltre, fino al 1865 all'arricchimento dello Stato, in quanto incrementa il reddito nazionale al ritmo medio del 2% annuo.

L'enorme estensione chilometrica, raggiunta in pochi anni dalla strada ferrata, è testimoniata a Parigi dalla comparsa di quattro nuove stazioni (fig. 19). Diventa, perciò, indispensabile collegare tra loro quelle che sono "ormai divenute vere e proprie porte della città"[22] e che permettono gli spostamenti all'interno della Francia comunque "attraverso il centro comune" . Viene, così, costituita una Compagnie Général des omnibus, che organizza e gestisce il servizio di trasporto pubblico tramite omnibus trainati da cavalli.

Haussmann, nella sua praticità, prevede, inoltre, un percorso specifico per il traffico delle merci, che segue un andamento anulare all'interno delle mura.

A completamento del complesso sistema di viabilità, egli pensa anche al sottosuolo parigino dotandolo di un doppio sistema di circolazione dei liquidi che permetta di separare l'acqua presa dalla fonte da quella di scarico (fig. 21). "Nello stesso modo in cui nel corpo umano il gioco del sistema arterioso, che porta dal cuore alle estremità e ripartisce in tutte le membra il sangue vivificato dai polmoni, ha come contropartita il sistema venoso che riconduce a questo per purificarvi il sangue reso impuro dall'uso; parimenti, in una città, si è obbligati a tenere costantemente in equilibrio la rete degli scarichi e quella delle condotte d'acqua."[24]

L'eliminazione degli scarichi richiede l'infittimento dell'apparato fognario esistente con la costruzione di altri 400 Km di tubature. Esse si dividono in una rete minore per servire il centro e undici grandi collettori, i quali, dopo aver attraversato tutta la città, confluiscono in quello principale di Asniéres, che sbocca nella Senna, a valle di Parigi (fig.20).


L'abbellimento di Parigi

Le trasformazioni operate da Haussmann a Parigi, sebbene abbiano una finalità pratica dal punto di vista sociale, igienico e funzionale, si accordano sempre con i canoni estetici del progettista, tesi all'abbellimento della capitale secondo l'ideale borghese.

Uniformità dello spazio

Il principio ispiratore haussmanniano coincide ancora una volta con la ricerca dell'armonia, intesa come continuità, che permetta di creare uno spazio totalizzante con potere unificante. Essa si esplicita in una soluzione globale alle esigenze parigine che risulti coerente in ogni particolare. Perché questa coerenza possa essere garantita, Haussmann, nell'arco dei vent'anni che lo vedono prefetto della Senna, rimodella spesso il proprio piano urbanistico, in modo da adattarlo costantemente a soddisfare l'esigenza dell'omogeneità cittadina. L'armonia, o "sentiment de l'art", ha perciò il compito di uniformare lo spazio attraverso un'operazione che coinvolga sia i piccoli dettagli che la visione generale urbana soggetta all'effetto delle grandi prospettive.

La prospettiva haussmanniana, per rispondere a questa richiesta, si orienta partendo da punti di vista diversi e permette, così, di cogliere appieno la relazione che intercorre tra i singoli elementi analizzandoli quasi come fossero atomi.

Su questo schema, che riporta all'essenza delle prospettive romane, egiziane e classiche, è incentrato il bipolarismo dei boulevards, il cui "svolgimento" si organizza in relazione a due fuochi: le estremità del percorso. Queste sono, infatti, fortemente caratterizzate dalla presenza di piazze, monumenti o stazioni e di conseguenza catturano la visuale. La fuga prospettica, perciò, si arresta permettendo all'osservatore di realizzare una percezione concreta e unitaria dello spazio (fig. 22).

La continuità spaziale è perseguita anche attraverso l'impiego della ripetitività di formule costruttive: le vie rispettano tutte le stesse norme di allineamento, la larghezza della carreggiata e dei marciapiedi è pressoché costante, la disposizione degli alberi è regolare, le soluzioni di facciata si ripetono.

La diminuizione dei palazzi a composizione sociale mista, ovvero quelli che accolgono inquilini di ceti differenti (fig. 23), favorisce, infatti, la caratterizzazione dei fronti con le sole connotazioni di ricchezza o povertà. Nascono così i grossi stabili signorili di cinque piani più le mansarde con il tipico tetto di zinco e con i balconi di ferro battuto.

Tutti gli edifici devono uniformarsi a rigorose norme: prospettive aperte, piante geometriche, ricerca della simmetria, altezza delle facciate proporzionale alla larghezza delle strade. Ed anche gli altri elementi devono accordarsi alla perfezione fra loro secondo il principio dell'affinità, tanto che Haussmann rivaluta le copie e le mescolanze di stili, in quanto mezzi in grado di rispondere a quest'esigenza.

La ripetizione delle parti crea un'immagine di città chiusa su se stessa. Il prefetto studia ogni dettaglio in modo che niente sia casuale: non c'è spazio né per l'immaginazione degli architetti, né per gli edifici nati anarchicamente seguendo i dettami della speculazione.

Anche gli elementi di arredo urbano, prima inesistenti a Parigi, vengono introdotti da Haussmann con uno scopo omogeneizzante. Essi, pur diversificandosi nelle funzioni a cui sono deputati[25], rivelano, come nota la Choay , un'unità stilistica dettata dai materiali utilizzati, sempre legno e metallo, dalla forma leggera e funzionale, dall'assenza di pretese dello stile e dal decoro, talvolta esotizzante, perfettamente integrato con la struttura dell'oggetto.

Questi segni standardizzati diventano parte integrante ed unificante di Parigi, tanto da essere riconosciuti come simbolo della città stessa. L'arredo urbano presente in squares, parchi e boschi periferici al fine di urbanizzare la natura, richiama, infatti, l'appartenenza di quel luogo alla capitale (figg. 25, 26).



Per concretizzare un richiamo alla continuità spaziale e rispondere "ad una tripla preoccupazione di funzionalità, d'economia e d'eleganza" , i singoli elementi devono essere prodotti in serie e industrialmente, sulla base, però, di prototipi particolareggiati e accuratamente studiati .

Il verde urbano

All'abbellimento e alla decorazione di Parigi si presta anche la notevole presenza di verde pubblico. La natura, infatti, ha una grande funzione estetica nell'addolcire le prospettive haussmanniane, che si somma a quella, altrettanto importante, costituita dal rinnovamento dell'aria viziata della metropoli; ciò avviene grazie al processo fotosintetico per mezzo del quale l'anidride carbonica viene decomposta e trasformata in ossigeno. Infine le singole piante svolgono anche la funzione di correttori architettonici in grado di nascondere , con la loro mole, la disarmonia presente tra edifici limitrofi.

Nei lavori, che portano alla creazione dell'insieme degli spazi verdi di Parigi, un grande apporto all'operato di Haussmann viene dalla collaborazione di Jean Charles Adolphe Alphand, il quale coordina la progettazione e supervisiona le operazioni di realizzazione. Sotto la sua direzione generale viene eseguito un intervento capillare, diversificato in tutta la città, che dota alfine Parigi di 1934 ettari di verde. Ciò avviene con la nascita di 2 boschi, decentrati, ma facilmente raggiungibili, 3 parchi, di dimensioni ridotte, ma vicini al centro, innumerevoli passeggiate e 40 piazze verdi, tra cui più di 20 squares[28], situate proprio nel cuore della vita sociale cittadina (fig. 30).

L'elaborazione del nuovo sistema di parchi pubblici e viali deve avvalersi, secondo Alphand, della tecnologia moderna; egli favorisce, quindi, l'uso di materiali nuovi come il cemento armato, l'applicazione di meccanismi idraulici, gli spostamenti di terra per rimodellare le zone troppo piane, la realizzazione di piccole ferrovie che permettano i trasporti e gli spostamenti all'interno del parco.

Per il progettista, infatti, il giardino è un'opera d'arte, non può, dunque, essere solo "imitazione della natura, ma (...) deve saper creare ambienti e paesaggi artificiali capaci di soddisfare le esigenze estetiche dei suoi fruitori"[29].

L'espressione formale di questo principio è rappresentata dal bois de Boulogne, grande parco di 870 ettari che simboleggia la nuova espansione elegante di Parigi ad ovest della città antica. Il terreno di quest'area era pressoché pianeggiante e le viste venivano impedite da forteti continui e monotoni, perciò Alphand movimenta il tutto scavando un lago ai piedi del punto culminante del bosco e riversando su quest'ultimo la terra estratta in modo da raddoppiare l'altezza del rilievo. Da qui si dipartono ora cinque vedute pittoresche, arricchite dalla presenza di un secondo lago che si perde nella vegetazione, da un ruscello che confluisce nella Senna con una grande cascata e da un insieme di vasche e grotte artificiali.

Il progettista, inoltre, recupera lo stile inglese dei giardini cari all'imperatore eliminando l'impostazione rettilinea delle strade: mantiene, infatti, solo quelle più antiche, ostruisce le altre con piantagioni e le sostituisce con più di 70 chilometri di percorsi sinuosi, i quali circondano l'immenso bosco e si ricollegano a tutti i viali interni (figg. 27, 28).

In contrapposizione al curato e lussuoso bois de Boulogne, a est nasce il bois de Vincennes, destinato alle classi indigenti con il solo scopo igienico di polmone verde per i quartieri popolari in costruzione.

Più vicini al centro cittadino vengono realizzati i parchi di Monceau, in un'area che sfugge alla speculazione edilizia, di Montsouris e di Buttes-Chaumont, che sfruttano terreni accidentati e poco adatti all'edificazione. L'ultimo di questi si articola sul contrasto fra l'acqua del lago artificiale, l'asprezza naturale del terreno, la folta vegetazione e i piccoli edifici. La superficie, di 25 ettari, sembra racchiudere l'evocazione di un romantico scenario teatrale; la presenza di falesie e burroni, il gioco di grotte, cascate e ruscelli, attraversati da ponti, l'enorme roccia di più di 30 metri d'altezza che domina il lago e accoglie sulla sommità una piccola rotonda in pietra, richiamano continuamente all'intimità dello stile pittoresco (fig. 29).

Per rispondere alle esigenze della vita borghese cittadina, che si svolge sui boulevards animati ormai da caffè, restaurants e grandi magazzini, Parigi viene arricchita di belvederi, in grado di addolcire la fuga prospettica, e di 82.000 piante che fiancheggiano le vie principali in modo da ricreare l'ambiente della passeggiata.

L'installazione di ogni albero è possibile solo nel rispetto di alcune norme fondamentali introdotte da Alphand: i filari devono essere disposti ad almeno cinque metri dalle facciate degli edifici e ad un metro e mezzo dal bordo del marciapiede, le vie più larghe di 26 metri sono fiancheggiate da un filare di piante, in quelle più larghe di 36 metri i filari sono due, mentre a partire da 40 metri la carreggiata viene divisa nel mezzo da una lunga aiuola contenente una fila di piante (dis. 2). Al momento della messa a dimora, inoltre, per ogni albero deve essere scavata una buca profonda un metro e larga tre, la cui terra detritica sarà sostituita con terra vegetale.

Tutti questi accorgimenti, per disporre meglio gli alberi e renderli più rigogliosi, sono integrati dall'accurata scelta delle essenze. Parigi viene, così, ad avere un importante patrimonio arboreo che contribuisce alla sua immagine di capitale della borghesia europea.


CONCLUSIONI

Come già è stato detto, Haussmann, nel plasmare la città di Parigi secondo il suo piano, si pone come un medico che deve curare un corpo malato. A questo corpo egli vuole dare anche un bel vestito, adornandolo con parchi, zone verdi e arredo urbano. Ottiene così l'immagine della "città bella" in cui Napoleone III e la nuova classe borghese possono riconoscersi.

"Questa qualità -questa bellezza, per chiamare le cose col loro nome - deriva dalla singolare combinazione dei reticoli degli spazi verdi con gli elementi di un arredo urbano ricco e diversificato."

Curato in ogni suo aspetto, il piano haussmanniano è, però, funzionale solo agli obiettivi di classe. La città stessa assume la simmetria dettata dalla ripartizione tra la zona est, occupata dai distretti operai, e quella ovest, che accoglie i ricchi borghesi.

Il prefetto, inoltre, si dimentica completamente del popolo che, da sempre "ghettizzato" all'interno del centro storico, ne subisce ora lo sventramento. "la città vecchia (...) resta compressa in insule sempre più degradate. La sovrapposizione di una struttura geometrica dilatata alla trama medievale (...) ne scardina la struttura sociale preesistente (...), la declassa, la nasconde, la cancella dalla percezione immediata della città,

subordinandola anche come immagine."

Il tentativo di nascondere le brutture dei quartieri popolari agli sguardi "delicati" dei borghesi non si realizza, invece, come Haussmann aveva previsto.

Infatti i poveri, sfrattati dalle loro abitazioni nella città antica, avrebbero dovuto essere trasferiti nelle periferie, là dove la città si espande lontano dagli occhi della gente "per bene". Queste aree, completamente trascurate dal progettista se non "sotto il profilo amministrativo (...) o del proseguimento di alcune direttrici del rayonnement periferico (...) e di raccordo con i parchi urbani"[32], non si sono, però, sviluppate con la rapidità necessaria. La periferia non offre, quindi, ancora abbastanza spazio per accogliere tutta la popolazione proveniente dai quartieri rasi al suolo.

Di conseguenza i poveri senzatetto, che, "in qualche maniera, se la sarebbero cavata, come avevano sempre fatto"[33], si riversano nelle strade incrementando il numero dei déracinées. Essi, però, non sono più nascosti dalle strette vie della città antica, ma si pongono, come dice Bermann , al centro della scena scandita dallo scintillio dei boulevards, affiancandosi così al panorama della ricchezza borghese.

Haussmann si schiera contro questa nuova situazione sociale, creata proprio dalla sua politica urbanistica, in cui i problemi delle classi indigenti balzano agli occhi disturbando l'immagine della sua Parigi.

Pertanto il bel vestito che il prefetto vuole per la capitale francese, altro non è che il tentativo di nascondere i disagi sociali ivi presenti. Haussmann fa, dunque, di Parigi una città ipocrita che esibisce il suo aspetto regolare e armonico per celare l'altra faccia costituita dalla povertà.

E' evidente, quindi, come egli sia figlio del suo tempo, in quanto appartiene ad una borghesia che vuole elevarsi e distanziarsi dal resto della popolazione.

La riorganizzazione haussmanniana, d'altra parte, finisce per deludere anche le classi più abbienti, poiché le numerose demolizioni di parte del tessuto urbano estraniano i parigini dalla loro città, dal momento che "essi non vi si trovano più a loro agio, e cominciano a prendere coscienza dell'inumanità della grande metropoli."[35]







BIBLIOGRAFIA



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S. Graciotti, op. cit., p. XV

Duca di Chartres, cit. da M. Mosser, L'architettura dei giardini d'occidente dal rinascimento al '900, ed. Electa, Milano, 1990, p. 11



Sul modello delle squares inglesi

D. Rebreau, La passeggiata urbana in Francia nel Seicento e nel Settecento: fra pianificazione e immaginario, in M. Mosser, op. cit., p. 301

D. S. Lichacev, op. cit., p. 341

F. Choay, L'orizzonte del posturbano, ed. Officina, Roma, 1992, p. 74

D. S. Lichacev, op. cit., p. 341

S. Graciotti, op. cit., p. XV

J. Des Cars, P. Pinon, Paris-Haussmann, ed. du Pavillon de l'Arsenal, Picard éditeur, Paris, 1991, p. 242. "per le strade più strette si scelgono l'acacia, il 'vernis' del Giappone e l'acero che non hanno uno sviluppo imponente, mentre la catalpa e la paulonia sono utilizzati sui cigli delle strade dove necessitano alberi non troppo alti. Fu anche utilizzata, a scopo di prova, la 'planéra', chiamata olmo del Caucaso." (n.d.t.)

J. Des Cars, P. Pinon, op. cit., p. 242

F. Choay, op. cit., p. 69

Des idées napoléoniennes (1839) e Extinction du pauperisme (1844)

P. Sica, Storia dell'urbanistica-L'ottocento, vol. I, ed. Laterza, Roma-Bari, 1977,

p. 182

F. Choay, op. cit., p. 69

A Londra John Nash (...) progetta il Regent's Park, nel 1812, su un'area appartenente alla Corona di circa 220 ettari. L'impianto del nuovo parco è pressoché circolare e presenta una zona centrale libera intorno alla quale dovevano essere edificate residenze prestigiose (...) inserite in un sistema di parti con alberi isolati, cespugli ed aree a vegetazione più fitta impreziosito da un grande arabesco d'acqua" da M. Zoppi, Storia del giardino europeo, ed. Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 142

P. Sica, op. cit., p. 202

M. Mosser, op. cit., p. 386

Haussmann, un viaduc, in fotocopie provenienti dalla biblioteca di Lyon.

"- sopprimere nel cuore della città gli antichi quartieri popolari per mettere fine alle rivolte o risanarli sufficientemente per scongiurarne i rischi; i ricordi delle barricate del 1830 e del 1848 sono ancora vivi nella mente di ognuno.

- migliorare la circolazione nella capitale ampliata dall'annessione di undici comuni suburbani, fornendo degli sbocchi alle stazioni ferroviarie.

- abbellire la capitale." (n.d.t.)

P. Sica, op. cit., p. 183

F. Choay, op. cit., p. 69

F. Choay, op. cit., p. 20

F. Choay, op. cit., p. 23

G. E. Haussmann, cit da F. Choay, op.cit., p. 69

"- Piccoli edifici e ricoveri: chioschi per la musica, chioschi per i guardiani, ripari per la    pioggia, banchi coperti per la vendita di prodotti diversi, vespasiani....

- Grande arredo: Colonne Morris, portamanifesti.

- Apparecchi d'illuminazione: lampioni semplici e multipli, d'altezza differente. Alcune piccole serie potevano essere oggetto d'un trattamento decorativo speciale accordato aol carattere d'un settore urbano particolare (...).

- Piccolo arredo: banchi, sedili, cesti da rifiuti...

- Arredo da recinzione: griglie e recinti di parchi e squares; bordure dei prati; griglie ai piedi degli alberi." da F. Choay, op. cit., pp. 75-76

F. Choay, op. cit., p. 76

F. Choay, op. cit., p. 75

"square de la Tour Saint-Jacques (1856); square du Temple (1857); square des Innocents... (square Joachim du Bellay), square Sainte-Clotilde (Samuel Rosseau), square de Vintimille (Berlioz) et square Louvois (1859); square du Ranelagh (1860); square des Batignolles, square de la Réunion, square de Montrouge (Ferdinand-Brunot) et square de la Chapelle (1862); square de la place Sainte-Geneviève (Monseigneur Maillet), square des Arts et Métiers (Emile Chautemps) et square Montholon (1863); square d'Ajaccio, square Santiago du Chili, square Louis XVI et square Victor (1863); square de la Trinité (1866); square Laborde (Marcel Pagnol) (1867); square Monge (Paul Langevin) (1868)." da J. Des Cars, P. Pinon, op. cit., p. 240

M. Zoppi, op. cit., p. 151

F. Choay, op. cit., p. 64

P. Sica, op. cit., p. 207

P. Sica, op. cit., p. 199

M. Berman, L'esperienza della modernità, ed. Il Mulino, Bologna, 1985, p. 193

M. Berman, op. cit., p. 194

W. Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo: i passages di Parigi, ed. Einaudi, Torino, 1986, p. 17






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